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Il mito di Mussolini tra ideologia e cultura fascista

Un vasto dibattito sulla cultura e sull’ideologia del fascismo vede storici di orientamento liberaldemocratico e di sinistra, dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni Settanta, come Benedetto Croce, Norberto Bobbio, Franco Venturi, Eugenio Garin, confutare l’esistenza di un’ideologia fascista o di un progetto culturale volto alla trasfigurazione sociale87. Il rapporto tra fascismo e società viene concepito del tutto fragile. Infatti, la dittatura è considerata un regime privo di radicamento sostanziale, «che [– secondo Bobbio –] celebra cerimonie in cui non crede»88. Sul versante opposto risultano le tesi di Renzo De Felice, oggetto di critica e di polemica89, elaborate a partire dalla ricostruzione della monumentale

87 A. Tarquini, Storia della cultura fascista, cit., pp. 11-16. Cfr. N. Bobbio, Il regime fascista (I) e F. Venturi, Il regime fascista (II), in AA. VV, Trent’anni di storia italiana (1915-1945), Torino, Einaudi, 1961, pp. 149-166 e 183-197, tratto dalla nota 4 di P. G. Zunino, L’ideologia del fascismo.

Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, cit., p. 12. L’interpretazione di Bobbio e

Venturi, ritiene Zunino, si basa su «una contrapposizione del tutto lineare tra lo stato fascista “legale” e la società “reale” dell’antifascismo. Il primo, si potrebbe aggiungere, legale ma illegittimo; la seconda illegale ma legittima» (Ivi, pp. 15-16). Vi è una ricca riflessione degli storici sul fascismo e una conoscenza interdisciplinare sul fenomeno, (prodotta dalle ricerche degli storici a livello internazionale), da cui scaturiscono varie interpretazioni sul fascismo e diversi schemi, che mirano a rappresentare ed analizzare la sua sostanza per spiegare le questioni politiche, sociali ed economiche ad esso connesse. L’impostazione del problema da parte degli studiosi spesso è condizionata dal loro schieramento politico. Per una sintesi delle interpretazioni storiografiche del fascismo elaborate nelle varie discipline e per la produzione scientifica degli studiosi condizionati politicamente cfr. C. Casucci (a cura di), Il fascismo. Antologia di scritti politici, Bologna, Il Mulino, 1982; R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, cit.; A. James Gregor, Il fascismo:

interpretazioni e giudizi, Roma, A. Pellicani, 1997; AA. VV, Storiografia e fascismo, Milano, F.

Angeli, 1985; M. Tarchi, Fascismo. Teorie, interpretazioni e modelli, Roma-Bari, Laterza, 2003. Per una panoramica sulla storiografia del fascismo, si vedano G. Corni, Fascismo. Condanne e

revisioni, Roma, Salerno, 2011; A. Del Bocca, M. Legnani, M. G. Rossi (a cura di), Il regime fascista. Storia e storiografia, Roma-Bari, Laterza, 1995; C. Baldoli, La storiografia sul fascismo nel passaggio di secolo, «Italia Contemporanea», 2016, pp. 188-193. Sull’evoluzione degli studi sul

fascismo nella storiografia si veda anche il numero monografico Fascismo: itinerari storiografici

da un secolo all’altro, «Studi Storici», 2014, n.1, pp. 1-348.

88 P. G. Zunino, L’ideologia del fascismo. Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, cit., p. 16.

89 Per un’analisi critica del lavoro storiografico di Renzo De Felice, delle principali novità introdotte dallo studioso nell’interpretazione del fascismo e dell’influenza esercitata nel campo storiografico cfr. E. Gentile, Renzo De Felice. Lo storico e il personaggio, Laterza, Roma-Bari, 2003; P. Simoncelli, R. De Felice: la formazione intellettuale, Le Lettere, 2001; L- Goglia, R. Moro (a cura di), Renzo De Felice. Studi e testimonianze, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002; G. M. Ceci, Renzo De Felice. Storico della politica, Rubettino, 2008; G. Santomassimo, L’opera di Renzo

de Felice. Questioni e polemiche, in Lezioni sul revisionismo storico, Brescia, Fondazione Luigi

biografia di Mussolini, pubblicata in diversi volumi a cominciare da Mussolini il rivoluzionario nel 196590, in cui si profila non solo la radice di un’ideologia e di

una cultura fasciste, ma anche una base sociale del fascismo e una forma di consenso91, secondo una «prospettiva di analisi, più propensa a prendere in considerazione gli aspetti del fascismo come ideologia, movimento e regime»92. Ma anche a livello internazionale tra studiosi europei ed americani si sviluppa un importante dibattito sul fenomeno fascista che allarga la visione e le conclusioni in merito alla cultura prodotta negli anni del regime93. Tra questi è da citare l’indagine

90 Le ricerche di Renzo De Felice più articolate sul fascismo e sulla biografia di Mussolini sono pubblicate in otto volumi, negli anni tra il 1965 e il 1997, suddivisi tenendo conto dell’identità politica del protagonista e degli aspetti più rilevanti del fascismo, quindi: Mussolini il rivoluzionario (un volume); Mussolini il fascista: La conquista del potere, 1921-1925/L’organizzazione dello stato fascista (due volumi); Mussolini il duce: Gli anni del consenso, 1929-1936/Lo stato totalitario 1936- 1940 (due volumi); Mussolini l’alleato: L’Italia in guerra, 1940-1943 (Dalla guerra “breve” alla guerra lunga; Crisi e agonia del regime)/La guerra civile (tre volumi).

91 M. Canali, Il revisionismo storico e il fascismo, «Cercles. Rivista d’Història cultural», ISSN: 1139-0158, núm. 14, 2011, pp. 82-109.

92 E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., pp. 84-87. De Felice rientra nel novero degli «studiosi che hanno inquadrato il problema del fascismo nel fenomeno della moderna società di massa (J. Ortega y Gasset, E. Lederer, W. Kornhauser), considerandolo una nuova forma di radicalismo nazionalista, sostanzialmente diverso dalle destre tradizionali e con un proprio autonomo dinamismo (S. M. Lipset, K. Manheim, T. Parsons», E. Gentile - Enciclopedia italiana – V Appendice (1992), voce Fascismo, http://www.treccani.it.

93 Le interpretazioni sul fenomeno fascista si elaborano in Italia nei primi anni della sua ascesa al potere. Dopo il ’25, cominciano a essere pubblicate svariate opere anche all’estero. Tale produzione possiede in gran parte un’impronta giornalistica ed informativa sul piano politico, perciò le tesi elaborate dagli studiosi risultano abbastanza labili dal punto di vista scientifico. In questo periodo, scrivono sul fascismo soprattutto gli antifascisti in esilio, investigando in particolare sulle sue origini. Gaetano Salvemini pubblica in America e in Inghilterra, negli anni 1927-1928, l’opera The

Fascist Dictatorship in Italy, soffermandosi sugli elementi che consentono al PNF di conquistare il

potere. Tra gli strumenti principali utilizzati dal fascismo per arrivare al potere viene annoverata la violenza brutale, intesa come prassi diretta a eliminare il dissenso e non come fenomeno irrazionale dettato dall’intensità del conflitto politico. Segue, l’elemento della personalità di Mussolini: manipolatoria, teatrale e demagogica; incline a ricorrere alla violenza per fini politici. Da ultimo, l’acquiescenza verso il fascismo della classe politica liberale. Annotando il carattere dittatoriale e aggressivo del fascismo, Salvemini mira a sensibilizzare i paesi europei sul pericolo fascista, perciò la sua analisi risponde a scopi primariamente politici. Un'altra opera importante è Nascita e avvento

del fascismo di Angelo Tasca, pubblicata nel 1938, concentrata sulla disquisizione degli anni 1919-

1922. In essa si rimarca e si analizza il ruolo della corrente massimalista del partito socialista nello spianare la strada al fascismo, il cui peso (acquisito nel lungo periodo che va dal protagonismo di Mussolini nel 1912 fino alla reazione fascista, ed intensificato sotto l’influsso della rivoluzione russa) si ritiene determinante per l’affermazione del fascismo. Per esplorare le origini del fascismo in Italia viene rovesciato l’angolo della visuale. Storici illustri come Benedetto Croce e Gioachino Volpe ricostruiscono la storia dell’unità d’Italia, partendo dalla crisi dello stato liberale. Nell’analisi di Croce, il fascismo è il prodotto della crisi causata dalla guerra, i cui effetti esimono il liberalismo da ogni incidenza sul piano delle origini del fascismo, considerato un fenomeno a sé stante e una parentesi storica. Secondo Volpe, al contrario, la condizione storica dell’affermazione del fascismo è il nazionalismo, quindi si sviluppa in conseguenza di una tradizione storica radicata sin dal

di Ernest Nolte fondata sull’individuazione di un comun denominatore alle origini del fascismo, del nazismo e dell’Action française. Quello che accumuna questi tre movimenti politici, ritiene Nolte, è il fatto di scaturire dal timore «della borghesia europea nei confronti della rivoluzione bolscevica» e di manifestare «una reazione conservatrice e moderna»94. Se per un verso il fascismo dimostra di voler conservare l’ordine esistente contrapponendosi ai tentativi rivoluzionari della sinistra, per altri versi è portatore di una cultura moderna, in quanto borghese e rivoluzionaria, proliferata, come la Rivoluzione francese, dal contrasto con il mondo antico e i suoi valori tradizionali. Pertanto, non si inserisce completamente nella corrente di pensiero conservatrice, ma si ispira al filone inaugurato da Marx e

Risorgimento. Più tardi, Luigi Einaudi analizza quale tipo di influenza esercita la politica economica dello Stato liberale nel rapporto con il paese della classe dirigente. In base alle conclusioni tratte da Einaudi, un punto di svolta nella relazione tra Stato e società si trova nella scelta protezionistica del 1887 perché lo Stato smette di conciliare la difesa dei diritti individuali all’interesse generale, e alla politica nazionale, generando malcontento e una minore presa nella popolazione. Pertanto, alla prova della mobilitazione popolare e della conseguente maggior partecipazione alla politica delle masse, fallisce a causa della sua intrinseca debolezza. All’estero, l’avvento del fascismo si ritiene connaturato alle peculiarità della realtà italiana, caratterizzata dalla crisi del dopoguerra, dal minor sviluppo delle istituzioni in senso democratico e dalle carenze organizzative a livello della struttura burocratica e della direzione politica, ma anche dal carattere “instabile” degli italiani: «“santi e peccatori”, intrisi di forti ma incostanti passioni e bisognosi data la loro scarsa coscienza politico- sociale, di un governo forte, inconcepibile in paesi come l’Inghilterra, gli Stat Uniti, la Francia». Cfr. G. Salvemini, The Fascist Dictatorship in Italy, New York, 1927; London 1928; A. Tasca, La

naissance du fascisme: L’Italie de 1918 à 1922, (sotto lo pseudonimo A. Rossi) Paris, Gallimard,

1938; G. Volpe, L’Italia in cammino: l’ultimo cinquantennio, Milano, Treves, 1927; B. Croce,

Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Bari, Laterza, 1928; L. Einaudi, La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana, Bari-New Haven (Conn.) 1933, tratto da R. Vivarelli, Storia e storiografia. Approssimazioni per lo studio dell’età contemporanea, cit., pp. 58-63. Tra le opere sul

fascismo pubblicate all’estero si segnalano P. H. Box, Three Masters Builders and Another: Studies

in Modern Revolutionary and Liberal Statesmanship, Philadelphia, 1925; H. W. Shneider, Making the Fascist State, New York, 1928, tratto da R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, cit., pp.

7-8.

Dopo la metà degli anni Trenta, quando a livello internazionale il fascismo viene percepito come pericolo per l’ordine europeo, il dibattito sull’accezione del fenomeno nel contesto storico diviene sempre più intenso. Tuttavia, in un contesto in cui il movimento antifascista acquisisce sempre più rilevanza, molte delle conclusioni tratte e delle interpretazioni sul fascismo corrispondono ai fini politici della lotta al fascismo. Molti dei contenuti di tale letteratura entrano a far parte della propaganda antifascista e istituiscono «un patrimonio di idee e di valori morali e politici» essenziali nella lotta (dal carattere ideologico in senso democratico) al fascismo. Le tematiche sviluppate prima della seconda guerra mondiale e durante sono fondamentali perché costituiscono il nucleo centrale delle tre interpretazioni del fascismo più accreditate nella storiografia dei primi decenni dal dopoguerra, le quali sinteticamente consistono nella rappresentazione del fascismo quale derivato della crisi morale, del ritardo nello sviluppo della struttura sociale, politica ed economica dell’Italia (“autobiografia della nazione”), infine del logoramento del capitalismo e della lotta di classe (R. De Felice, op. cit., pp. 11-12).

Nietzsche95. Successivamente, Zeev Sternhell96, storico di origine israeliana, vede

nelle origini dell’esperimento politico fascista una «reazione contro la cultura illuministica» e il prodotto dell’incrocio tra nazionalismo e socialismo espresso dal sindacalismo rivoluzionario nel fin de siècle, da cui è nata un’ideologia rivoluzionaria con alla base l’intento di plasmare l’uomo nuovo e un’altra civiltà. Dunque, il fascismo è considerato il diretto discendente dei processi della modernità capace di offrire alla società di massa un riscontro sul rapporto che intercorre nella comunità nazionale «fra l’individuo e la collettività»97.

Negli anni Settanta, l’ideologia e la cultura fasciste sono al centro di altre ricerche di storici americani come A. James Gregor98, Philip V. Canninstraro99 ed Edward Tanenbaum100, che approfondiscono le varie correnti di pensiero, il ruolo della propaganda e delle istituzioni, nonché le espressioni artistiche. Mentre Gregor individua e conferma l’esistenza di un’ideologia fascista, Tanenbaum esclude la costruzione di una cultura propriamente fascista negli anni del regime. Invece, Canninstraro riconosce un doppio profilo nella cultura fascista (conservatore e moderno), al pari di Nolte, ma lo considera un fattore legato alla politica del consenso, che si manifesta sullo sfondo di una tensione perenne tra le due parti integranti della cultura fascista e gli obiettivi di unità nazionale. Quindi dietro allo sviluppo di una cultura fascista, a cui contribuiscono gli intellettuali – indotti «a servire gli interessi politici e sociali del fascismo»101 – e partecipano le masse (dalla diffusione del teatro, della radio e del cinema) vi sono finalità strumentali di controllo, di mobilitazione e di moltiplicazione del consenso102.

95 Cfr. E. Nolte, Il fascismo nella sua epoca. I tre volti del fascismo, Milano, Sguarco, 1993 [ed. orig. Der Faschismus in seiner Epoche. Die Action française, Der Italianische Faschismus, Der

Nationalsozialismus, München, Piper, 1963].

96 Cfr. Z. Sternhell, La destra rivoluzionaria, Milano, Corbaccio, 1997 [ed. orig. La Droite

révolutionnaire. 1884-1914. Les origines françaises du fascisme, Paris, Seuil, 1978].

97 A. Tarquini, op. cit., pp. 27-28.

98 Cfr. A. J. Gregor, L’ideologia del fascismo, Milano, Il Borghese, 1974. 99 Cfr. P. V. Canninstraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, cit.

100 E. R. Tannenbaum, L’esperienza fascista. Cultura e società in Italia dal 1922 al 1945, Milano, Mursia, 1974.

101 P. V. Canninstraro, La fabbrica del consenso, cit., p. 9. 102 A. Tarquini, Storia della cultura fascista, cit., pp. 28-29.

Un posto centrale nell’ideologia e nella cultura fascista è rivestito dal mito di Mussolini, che rispecchia la posizione di guida nel sistema politico del “capo del governo e duce del fascismo”: due funzioni saldate nel mussolinismo, la cui presenza si estende progressivamente dall’ambito politico all’ambito culturale del paese, e raggiunge oltre allo spazio pubblico anche quello privato 103. L’esaltazione delle qualità eccezionali, la coltivazione del mito - «il fattore più importante del consenso degli italiani al fascismo»104 - e del culto diffondono la fede in un

103 Per la produzione storiografica sulla ricostruzione della vita di Mussolini, si vedano in particolare i volumi della monumentale biografia di R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 18831920, Torino, Einaudi, 1965; Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966;

Mussolini il fascista. L’organizzazione dello Stato fascista 19251929, Torino, Einaudi, 1995; Mussolini il Duce. Gli anni del consenso 1929-1936, Torino, Einaudi, 1974; Mussolini il Duce. Lo Stato totalitario 1936-1940, 1981; Mussolini l’alleato. L’Italia in guerra 1940-1943: dalla guerra breve alla guerra lunga, Torino, Einaudi, 1990; Mussolini l’alleato. L’Italia in guerra 1940-1943: crisi e agonia del regime, Torino, Einaudi, 1990; Mussolini l’alleato. La guerra civile 1943-1945,

Torino, Einaudi, 1997. Tra gli studiosi più importanti che si sono occupati della biografia di Mussolini si segnalano R. J. B. Bosworth, Mussolini. Un dittatore italiano, Milano, Mondadori, 2002; R. Collier, Duce! Duce! Ascesa e caduta di Benito Mussolini, Milano, Mursia, 1983; N. Farrell, Mussolini, Firenze, Le Lettere, 2006; D. M. Smith, Mussolini, Milano, Rizzoli, 1981; P. Milza, Mussolini, Roma, Carocci, 2000; A. Lepre, Mussolini l’italiano. Il duce nel mito e nella

realtà, Milano, Mondadori, 1995; A. Petacco, L’uomo della provvidenza. Mussolini, ascesa e caduta di un mito, Milano, Mondadori, 2004. Per una panoramica degli studi più noti a livello storiografico

sul mito di Mussolini, si veda D. Biondi, La fabbrica del Duce, cit.; P. Melograni, The Cult of the

Duce in the Mussolini’s Italy, in «Journal of Contemporary History», Vol. 11, n.4, Special Issue: Theories of Fascism, 1976, pp. 221-237; L. Passerini, Mussolini immaginario, Roma-Bari, Laterza,

1991; P. V. Canninstraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Laterza, Roma-Bari, 1975; L. M. Bechelloni, Fascismo e politica dell’immagine. Note per una ricerca, in «Mezzossecolo. Materiali di ricerca storica», n.6, Franco Angeli, Annali 1985/1986; J. M. Haberman, Politica e sport. Il corpo nelle ideologie politiche dell’800 e dell’900, Restignano, Il Mulino, 1988. Sulla rappresentazione di Mussolini fornita dalla popolazione cfr. T. M. Mazzatosta, C. Volpi, L’Italietta fascista (lettere al potere 1936-1943), Bologna, Cappelli, 1980; A. Vacca,

Duce! Tu sei un Dio. Mussolini e il suo mito nelle lettere degli italiani, Milano, Baldini & Castoldi,

2013; Ch. Duggan, Storia emotiva dell’Italia fascista, Roma-Bari, Laterza, 2013. Per un’analisi politico-culturale del mito di Mussolini, si vedano in particolare R. De Felice, L. Goglia, Mussolini.

Il mito, cit.; E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit.; Id. Il mito dello Stato nuovo, Roma-

Bari, Laterza, 1999; Id. La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma, Carocci, 2001; D. Musiedlak, Il mito di Mussolini, cit.; A. M. Imbriani, Il mito di Mussolini

tra propaganda e culto di massa. Le origini (1923-1926), in «Prospettive italiane», X, 1988, pp.

492-515; Id., Gli italiani e il duce. Il mito e l’immagine di Mussolini negli ultimi anni del fascismo

(1938-1943), Napoli, Liguori Editore, 1992; M. Dondi, Piazzale Loreto 29 aprile: aspetti di una pubblica esposizione, in «Rivista di storia contemporanea», Fasc. 2, 1990. Sugli atteggiamenti

popolari di opposizione nei confronti di Mussolini cfr. V. Alberto, Duce truce. Insulti, barzellette,

caricature: l’opposizione popolare al fascismo nei rapporti segreti dei prefetti (1930-1945), Roma,

Castelvecchio, 2011.

104 E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., p. 128. Sulla tematica del consenso cfr. S. Colarizi, L’opinione degli italiani sotto il regime. 1929-1943, Roma-Bari, Laterza, 1991; R. De Felice, Mussolini il Duce, Vol. I: gli anni del consenso (1929-1936), cit., p. 3; Id. Mussolini il Duce, vol. II: Lo stato totalitario 1936-1940, cit., p. 215; V. De Grazia, Consenso e cultura di massa

Mussolini vero leader eccezionale della storia dell’Italia. Dal riconoscimento del carisma nella personalità di Mussolini105 viene consolidata la dittatura e legittimato

il potere centralizzato, nonché si incanala un nuovo modo di comunicare con le masse e di convogliare le frustrazioni e lo sconforto popolare106. «L’Italia del ventennio [pullula] di immagini del “duce”» impresse «nei muri degli edifici di ogni parte d’Italia»107.

Sebbene siano pochi gli studi che diano conto del quadro complessivo della diffusione del mito di Mussolini e dell’evoluzione delle pertinenti sfaccettature, le ricerche sulla cultura fascista, specialmente dagli anni Settanta in poi, sono fondamentali per l’interpretazione del suo sviluppo nel regime fascista. Nell’analisi di Canninstraro, l’immagine di Mussolini risulta costruita dall’alto, è un prodotto propagandistico, essenziale alla stabilità, alla coesione e alla conquista del consenso nel regime fascista, e al dominio personale del duce. In questa prospettiva, gli attributi popolari, come quelli di un essere straordinario, elaborati intorno alla figura del duce, sono il risultato di precise direttive dell’Ufficio stampa, alle dipendenze del Capo del governo, e del coinvolgimento dei mezzi di comunicazione per la loro diffusione fra le masse. Attraverso varie iniziative della «fabbrica del consenso», dall’impostazione di una strategia comunicativa, alla censura dei dettagli sulle malattie o sull’avanzare dell’età di Mussolini, dalle fotografie che lo ritraggono

105 L’esaltazione di Mussolini è considerata da Zunino il sunto della reciprocità tra categorie che formano una “nuova legalità” e conferiscono legittimazione al fascismo. I capisaldi si riscontrano nel «necessario intreccio di forza e consenso, una democrazia “organica”, e “gerarchica”, il centralismo statale e il populismo». La figura di Mussolini si contraddistingue per l’avocazione a sé di tutte le qualità eccezionali esistenti: detiene il comando assoluto in virtù della sua grandezza, è inviato da Dio, ed instaura un rapporto con il popolo attraverso le sue radici popolane, l’empatia (capacità di capire cosa vuole il suo popolo) e il senso della giustizia (Cfr. P. G. Zunino, L’ideologia

del fascismo. Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, cit., pp. 202-210).

106 S. Gundle, Ch. Duggan, G. Perri, The cult of the Duce: Mussolini and the Italians, cit., p. 1. 107 G. Di Genova (a cura di), «L’uomo della provvidenza». Iconografia del duce 1923-1945, Bologna, Edizioni Bora, 1997, p. 22. Vedi anche il film “Una giornata particolare” con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, del 1977, diretto da Ettore Scola, dove è ben ricostruita l’onnipresenza del duce nella sfera famigliare e nella sfera pubblica attraverso scenari che suggeriscono l’essenzialità dell’album fotografico del duce per una casalinga e della mobilitazione popolare per l’incontro della folla con il duce, in un giorno di celebrazioni, il 6 maggio 1938, organizzate in onore della visita di Adolf Hitler a Roma, durata dal 3 al 8 maggio 1938. Cfr. E. Boria, Cartografia e potere: segni e rappresentazioni negli atlanti italiani del Novecento, Torino, UTET Università, 2007, p. 161; T. Keizch, A. Levantesi, Una giornata particolare: un film di Ettore

vicino al popolo, alla valorizzazione delle origini e del luogo di nascita, gli italiani sono influenzati nell’atteggiamento «verso il loro leader»108. Pertanto, lo sviluppo

del mito di Mussolini – inserito nel vasto contesto della «fascistizzazione della vita pubblica»109 – corrisponde a fini strumentali del regime. L’osservazione del mito di Mussolini dal punto di vista della propaganda può spiegare il fatto che esso corrisponde a «una grossolana falsificazione» ed è molto lontano dal reale110, ma non fornisce risposte su come è recepito a livello di massa, anche se offre spunti agli storici per valutare l’inconsistenza e lo sradicamento accanto al popolo111.

Nello stesso periodo, solo un anno più tardi, Piero Melograni112 dedica