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Studi sistematici sul mito di Mussolini

2. Studi sul mito di Mussolini dagli anni Ottanta in poi

2.1. Studi sistematici sul mito di Mussolini

Nella storiografia recente è emerso il tentativo di fare un discorso complessivo sul mito del duce214. Lo storico francese Didier Musiedlak, nell’opera Il mito di Mussolini, pubblicata nel 2009, affronta in modo sistematico il risvolto dell’itinerario politico e della storia personale del personaggio ai fini della mitizzazione della sua figura e dell’evoluzione del potere decisionale. La struttura del testo ripercorre due linee separate di analisi: nella prima parte il succedersi degli avvenimenti sono presentati nell’ottica di ricostruire i connotati principali del mito del duce, mettendo in evidenza il contributo fondamentale e costante dell’attività svolta da Mussolini stesso per “ricomporre la sua immagine”; mentre, nella seconda parte, si procede alla trattazione delle questioni della cultura di Mussolini e del carisma, ritenendo opportuno discernere nelle discussioni e nelle polemiche della letteratura e della storiografia215 gli influssi mitici per delucidare la «genealogia

214 Per un discorso generale sul mito si vedano R. A. Segal, Anthropolgy, folklore and myth, New York, Gerland, 1996; A. Carandini, Archeologia del mito. Emozione e ragione fra primitivi e

moderni, Torino, Einaudi, 2002; A. Baeumler, F. Creuzer, J. J. Bachofen, Dal simbolo al mito, a

cura di G. Moretti, Milano, Spirali, 1983; R. Butman, Il dibattito sul mito, Roma, Silva, 1969; C. Bonvecchio, Immagine del politico. Saggi su simbolo e mito politico, Padova, CEDAM, 1995; J. Furio, Il mito, Milano, ISEDI, 1973; J. Ries, Le costanti del sacro: Mito e Rito, Tomo 2, Milano, Jaca Book, 2008; V. Verra, Linguaggio, mito e storia. Studi sul pensiero di Herder, a cura di C. Cesa, Pisa, Edizioni della Normale, 2006.

215 Ai fini della comprensione dei rapporti tra fascismo ed istituzioni e tra i vari organi dello Stato sono fondamentali gli studi di storia generale del periodo tra le due guerre e la ricerca sulla conquista del potere dal PNF e sul suo ruolo nella struttura istituzionale. Tra i riferimenti imprescindibili di storia generale si vedano L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, cit.; D. Veneruso, L’Italia fasicsta (1922-1945), Bologna, Il Mulino, 1981; G. Carocci, Storia del Fascismo, Milano, Garzanti, 1972; E. Santarelli, Storia del movimento e del regime fascista, Roma, Editori Riuniti, 1967; F. Catalano, L’Italia dalla dittatura alla democrazia 1919-1948, Milano, Feltrinelli, 1970. Per un’analisi del fascismo nel contesto della storia d’Italia, si veda G. Candeloro, Storia

dell’Italia moderna, I-XI, Milano, Feltrinelli, 1981-1983. Si vedano anche i volumi di Renzo De

Felice, già citati nelle note del testo (nota 44, p. 9), sulla biografia di Benito di Mussolini, dove sono affrontati, oltre alla centralità della figura del duce, aspetti dell’edificazione dello stato fascista, dell’impianto istituzionale e burocratico, della politica estera, del ruolo dei gerarchi e dell’opinione pubblica. Tra le opere che trattano la prima fase dell’affermazione al potere del fascismo cfr. A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, cit.; R. Vivarelli, Il dopoguerra in

Italia e l’avvento del fascismo, Istituto italiano per gli studi storici, 1967; Id., Il fallimento del liberalismo. Studi sulle origini del fascismo, Bologna, Il Mulino, 1981; N. Tranfaglia, Dallo stato liberale al regime fascista 1938-1945, Milano, Feltrinelli, 1973. Per una dettagliata ricostruzione

delle modifiche e delle innovazioni nei meccanismi istituzionali che danno vita all’organizzazione dello stato fascista e un nuovo funzionamento dei rapporti tra le istituzioni, si veda A. Acquarone,

L’organizzazione dello stato totalitario, cit. Sul ruolo e sul contributo del PNF nel sistema politico

intellettuale» e i «rapporti che intercorsero tra il Duce, lo Stato e il Partito», affinché si possa «“decostruire” un personaggio particolarmente ribelle»216.

L’interpretazione di Musiedlak si distingue notevolmente dalle tesi tradizionali che attribuiscono un ruolo secondario alla tecnica comunicativa di Mussolini rispetto ad altri fattori come la propaganda del regime, la cultura di massa, le condizioni psico-fisiche della popolazione e i fenomeni della modernità politica. Ciò è dovuto al fatto che lo storico è interessato a investigare prevalentemente che tipo di relazione vi è tra il mito del duce e il potere politico acquisito da Mussolini. Infatti, la mediazione in diverse forme e linguaggi di sé di Mussolini è considerata un fattore decisivo della conquista del potere e del suo rafforzamento217. Pertanto, la rappresentazione mitica di “uomo d’eccezione” e di figura “dai tratti eroici”, che Mussolini si è impegnato a costruire intorno alla sua immagine, non è strumentale all’ampliamento del potere e al dominio sulle masse, ma essenziale per «[affermare] la propria legittimità di uomo di stato [in posizione di superiorità] mediante la costruzione del proprio mito attraverso il quale si è posto, incarnazione del destino d’Italia»218. Quindi, a tale scopo corrispondono i tentativi

di rendere quanto più possibile lineare il suo passaggio dal socialismo al fascismo; trarre dalla sua vita tutti gli elementi convenienti ed appropriati, come ad esempio

E. Gentile, Storia del partito fascista. 1919-1922. Movimento e milizia, Roma-Bari, Laterza, 1989; Id., Partito, Stato e Duce nella mitologia e nella organizzazione del fascismo, in K.D. Bracher, L. Valiani (a cura di), Fascismo e nazionalsocialismo, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 265-294. La rassegna bibliografica sopracitata è tratta da M. Flores, N Gallerano, Introduzione alla storia

contemporanea, cit., pp. 221-225.

216 D. Musiedlak, Il mito di Mussolini, cit., p. 6. Dello stesso autore cfr. anche D. Musiedlak, Lo

stato fascista e la sua classe politica 1922-1943, Bologna, Il Mulino, 2003.

217 Tra le opere dedicate all’analisi della retorica di Mussolini si segnalano S. Albertini, Dante in

camicia nera: uso e abuso del divino poeta nell’Italia fascista, in «The Italianist», 16, Leeds, Maney

Publishing, 1966, pp. 117-142; M. Cortelazzo, Lingua e retorica di Mussolini, oratore socialista, in «Lingua Nostra», XXXVI, Firenze, Le Lettere, 1975, pp. 73-77; E. Golino, Parole di Duce. Il

linguaggio totalitario del fascismo, Milano, Rizzoli, 1994; G. Klein, La politica linguistica del fascismo, Bologna, Il Mulino, 1986; G. Lazzari, Le parole del fascismo, Roma, Argileto Editori,

1975; AA. VV, Credere, obbedire, combattere. Il regime linguistico nel Ventennio, Bologna, Edizioni Pendragon, 2003; A. Simonini, Il linguaggio di Mussolini, Milano, Bompiani, 1978; C. McPhail, The Crowd and Collective Behavior: Bringing Symbolic Interaction back, Berkeley, University of California Press, Vol. 29, 4, 2006, pp. 433-464. Bibliografia tratta da M. Van Scharen,

La retorica di Mussolini: analisi di discorsi dell’anno 1925, Tesi di Laurea, Universiteit Gent,

Faculteit Letteren & Wijsbegeerte, 2008-2009, dal sito https://lib.ugent.be/fulltxt/RUG01/001/414/670/RUG01-001414670_2010_0001_AC.pdf,

03.09.2018.

«il mito della Romagna”, con la difficile realtà ambientale e sociale che ha fatto da sfondo ai suoi anni di formazione»; aggiornare «la storia della sua famiglia, riportando aneddoti del fratello Arnaldo, della madre Rosa e del padre Alessandro»; accerchiarsi di collaboratori dotati della sua stessa maestria «per realizzare l’affresco»219.

Musiedlak riscontra nel mito che viene creato durante il regime il «segno del successo» dell’impresa del duce, divenuto così enfatico da asfissiare il fascismo. Perciò, aggiunge lo storico, sono da considerare una caratteristica dell’uomo politico Mussolini l’indiscutibile popolarità esistita durante il regime e proseguita dopo la morte, di cui sono una testimonianza il destino delle spoglie, e l’abilità nell’affermarsi al potere «per il suo carisma e per l’originalità della sua cultura», riuscendo a trasmettere «una rappresentazione simbolica della realtà», che consente al mito di essere divulgato mediante il fascismo e di arrivare a mobilitare le masse. Oltre a ciò, costituiscono una peculiarità del potere politico di Mussolini l’autorità nell’edificazione dello stato fascista e totalitario e «la centralità della sua figura e del suo mito», che producono il fenomeno del mussolinismo e celano «il ruolo svolto dall’immensa macchina del PNF, [e] le conquiste istituzionali condivise dal Duce e dal Partito»220.

Anche Stephen Gundle, Christopher Duggan, Giuliana Pieri, attraverso un metodo diverso di studio del mito di Mussolini da quello predominante nella storiografia, offrono una visione globale sul culto di Mussolini che si basa sull’analisi dell’assetto della genesi, del meccanismo di funzionamento e del declino. Secondo la loro interpretazione, la natura del culto del duce è comprensibile soltanto se si prende in considerazione il fatto che si tratta di un fenomeno “complesso” e “sfaccettato” alla cui genesi contribuiscono numerosi fattori. Tra questi sono da tenere in conto la cultura dell’eroismo presente nel nazionalismo italiano, l’attesa verso l’approdo nella storia dell’individuo eccezionale per cambiare il futuro della nazione, la preservazione di forme religiose nell’Italia rurale e l’emergere del nuovo sistema delle celebrità. Pertanto, il culto

219 Ibidem.

della personalità del duce scaturisce dall’intreccio di varie tendenze, dal nazionalismo alla politica di massa, dalla religiosità popolare alla cultura visiva, dalla celebrità al consumismo, manifestatasi nel contesto sociale, politico e culturale. Tenendo presente queste componenti e il potere personalizzato di Mussolini, gli autori attribuiscono al regime fascista l’aspetto di un “modernismo politicizzato spettacolare”, che pone al suo centro il culto della personalità221. Al

contrario di Simonetta Falasca-Zamponi, che considera lo spettacolo del fascismo essenziale per contrastare i mali della modernità, ritengono che al cuore del culto della personalità vi sia una salda interazione fra «anti-modernismo politico, pratiche dell’avanguardia artistica, innovazione tecnologica e celebrità e consumo»222. Da

ciò, constatano che sostanzialmente il culto di Mussolini è «ricco di inconsistenza e di contraddizione» perché in un dato periodo storico è un fenomeno estremamente efficace e cardinale nella sfera pubblica, ma appena vengono meno gli elementi che lo hanno generato e mantenuto in vita decade e tramonta223. Tuttavia, per Stephen Gundle, Christopher Duggan, Giuliana Pieri, il culto del duce durante il regime assolve ad una serie di funzioni, tra cui dare forma al regime; legittimare la dittatura e il superamento della democrazia; fornire un tipo di comunicazione “personalizzata” alle masse, diversa dal fascismo; convogliare le frustrazioni popolari; infine, integrare le masse in un sistema di consenso organizzato224. Il

fenomeno dell’esaltazione dell’eccezionalità del duce a loro avviso è in grado di alimentare la fede nel potere del leader politico soprattutto nei fascisti, invece per un'altra parte della popolazione suscita entusiasmo specialmente l’essere riuscito a diventare «l’incarnazione della nazione e di un progetto di modernità». Perciò, trova

221 S. Gundle., Ch. Duggan, G. Perri, The cult of the Duce: Mussolini and the Italians, cit., p. 3; M. Belpoliti, Il corpo del Capo, cit., pp. 4, 22.

222 Ivi, p. 4. Per un’interpretazione del declino del mito di Mussolini cfr. anche R. J. Bosworth, The

italian dictatorship. Problems and perspectives in the interpretation of Mussolini and Fascism,

London, Oxford University Press, 1998, pp. 58-81. 223 Ivi, pp. 3-4.

224 Ivi, p. 1. Per una panoramica sull’immagine di Mussolini emersa dal settimanale più diffuso in Italia nella prima metà del Novecento, «Domenica del Corriere», cfr. A. Mauri, L’immagine di

Mussolini. Le copertine della “Domenica del Corriere” 1923-1940, dal sito

www.officinedellastoria.info, 05.09.2018. Negli anni, afferma Mauri, l’immagine di Mussolini passa per tre fasi distinte, da restauratore dell’ordine, a uomo del popolo, e dal 1935, a condottiero del popolo: vestito con l’uniforme, la mascella sporgente e la retorica scandita.

largo riscontro nella popolazione, la quale partecipa alla riorganizzazione della sfera pubblica con simboli, riti e miti del fascismo225.

Gli stessi autori spiegano inoltre che i mezzi di comunicazione di massa, i vari segretari del PNF (Augusto Turati, Giovanni Giurati, Achille Starace), i collaboratori e Mussolini medesimo rivestono indubbiamente un ruolo fondamentale nello strutturare e istituzionalizzare il culto della personalità. Tuttavia, vi è anche «partecipazione genuina e spontanea», come ad esempio da parte degli artisti, e si sviluppano indipendenti traiettorie, come il prestarsi della sua icona alle logiche commerciali del mercato. Non molto diversamente da Piero Melograni, ritengono che la popolarità di Mussolini, al di là dell’importanza e della centralità del culto, dopo la metà degli anni Trenta, si corrode sotto «l’alleanza con la Germania, il controllo sociale, le leggi razziali, la corruzione, le sconfitte militari e l’aggravarsi delle condizioni economiche»226. Mentre, in merito all’era post-

mussoliniana, sostengono che gli esiti dello «sforzo di promuovere la fede nell’unicità di Mussolini come genio italiano» si prolungano anche dopo il fascismo. E infatti, notano gli autori, nella nuova Repubblica non tutte le tracce della personalità di Mussolini sono cancellate. I manufatti che richiamano la sua figura permangono negli edifici, nell’arte e nella cultura di massa, e la sua leggenda circola ancora nella popolazione. Nel paese, in seguito alla seconda guerra mondiale, si diffonde persino della “nostalgia politica”, e nella coscienza collettiva più dell’immagine del «dittatore che ha portato il paese alla sconfitta e alla guerra civile» rimane l’immagine dell’“uomo privato”: «padre, marito, amante»227. Un

caso esemplare dell’influenza del mito di Mussolini è anche la piattaforma sviluppata con l’avvento dell’era digitale e il successo del mercato di oggettistica del Duce e del Ventennio, dopo gli anni ’80. In conclusione, secondo Stephen Gundle, Christopher Duggan, Giuliana Pieri, l’attrattiva e la tolleranza verso i simboli del fascismo dipendono pure da «una riappropriazione postmoderna» e non di rado dalla riflessione apolitica sul valore artistico delle opere del passato228.

225 S. Gundle., Ch. Duggan, G. Perri, The cult of the Duce: Mussolini and the Italians, cit., p. 2. 226 Ibidem.

227 Ivi, p. 5. 228 Ibidem.

2.2. Chiavi di lettura sull’evoluzione del mito di Mussolini nel periodo della