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La fase negoziale e doveri di informativa

2. Prospettive di recupero aziendale: lo studio della strategia

2.4. La redazione del piano

2.4.1. La fase negoziale e doveri di informativa

Negli accordi di ristrutturazione dei debiti l’esternalizzazione della crisi d’impresa, ancor prima che con l’avvio delle negoziazioni e la pubblicazione dell’accordo presso il registro delle imprese, avviene quando l’imprenditore in crisi comunica ai suoi creditori, attraverso una lettera riservata, la volontà di aprire un tavolo per le negoziare la situazione debitoria creatasi. Come visto in precedenza le modalità di svolgimento delle trattative sulla situazione debitoria non sono univoche (supra, 2.1.3.): può trattarsi di negoziazioni individuali, tra l’imprenditore e il suo creditore, oppure di negoziazioni “plurilaterali”, in cui la mediazione avviene tra l’imprenditore e diversi suoi creditori, eventualmente suddivisi per interesse economico o giuridico. Si può considerare l’ampio ventaglio di possibilità come il risultato dell’apertura della norma di cui all’art. 182 bis L.F.: il legislatore, non disciplinando in alcun modo la fase negoziale, ha riconosciuto all’imprenditore che intendesse presentare un’istanza per l’omologazione di un accordo d’impresa l’ampia autonomia negoziale di cui esso già gode nella normale pratica commerciale. Ciò nonostante, ai fini del successo dell’iniziativa, è necessario che le trattative, fin dal primo contatto, avvengano seguendo il criterio della trasparenza e della credibilità.

Come accennato, il primo contatto deve essere destinato alla produzione di una sorta di “confessione” attraverso la quale l’imprenditore dichiara le sue difficoltà e richiede di negoziare la sua posizione. Annunciando il futuro invio di ulteriore comunicazione, egli anticiperà quindi, con la comunicazione, la volontà di risanare l’attività133 d’impresa attraverso la redazione di un piano.

L’imprenditore deve comprendere ed accettare che non tutti i suoi creditori possono essere a conoscenza di quale sia lo stato di salute dell’impresa: se questo è probabile per gli istituti bancari134 che generalmente supportano l’impresa nell’attività di finanziamento e di funzionamento richiedendo i bilanci sociali e i rendiconti finanziari

133 Ci si disinteressi qui della finalità del piano

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ai fini di verificare la solvibilità dell’imprenditore-correntista, e possono, se del caso, verificare la regolarità degli incassi, ciò non vale per i fornitori con i quali i rapporti sono prettamente di stampo commerciale, dove l’unico scambio di informazioni di tipo finanziario avviene nel momento in cui la posizione debitoria viene o meno saldata. Ma ancora, se il ceto bancario generalmente vanta, nei rapporti con l’impresa, scadenze mensili su mutui e altre informazioni derivanti dai diversi rapporti accesi, i fornitori possono vantare scadenze che nelle normali pratiche commerciali superano anche i 60 giorni, a significare che l’informazione diretta ai fornitori viaggia a una velocità molto più lenta. Da questo assunto si comprende l’utilità di inviare quella che prima è stata definita “ulteriore documentazione”. Si tratta di bilanci, rendiconti di cassa, previsioni sui flussi di cassa, e di ogni altro documento che possa tornare utile a comprendere quale sia lo stato di salute dell’impresa, nonché le sue prevedibili evoluzioni. Ad accompagnare questi documenti la presentazione dell’impresa e del suo business. In questo modo si consente alle controparti di conoscere la storia, le strategie e gli errori dell’impresa e li si metterà in condizione di negoziare informati. Si tratta di buona fede ex art. 1337 c.c., corollario della fase pre-contrattuale.

L’asimmetria informativa deve essere rimossa (rectius, ridotta) anche successivamente, quando le trattative entrano nel vivo. E questo specificatamente quando le negoziazioni procedono su tavoli diversi. Per buona fede è onere dell’imprenditore rendere noto alle altre parti quali siano le condizioni dei contratti già conclusi, per consentire di comprendere quali siano le modalità di rientro accordate dagli altri suoi creditori. Si ritiene che la par condicio creditorum venga così conseguita: parametro non è qui la posizione giuridica o l’interesse economico, ma il raffronto tra diversi poteri contrattuali.

In queste fasi è inevitabile che l’imprenditore trasmetta alle controparti informazioni riservate e confidenziali. A tal proposito è utile che lo stesso, prima ancora di trasmettere ogni notizia che non sia di pubblico dominio, stringa un accordo di riservatezza con i suoi creditori, facendo si che eventuali divulgazioni di informazioni riservate possano essere ricondotte alla responsabilità contrattuale, rendendole più facilmente individuabili e punibili rispetto alla responsabilità aquiliana.

Circa le negoziazioni, non è da considerarsi fondato l’obbligo a contrarre dei creditori alle condizioni proposte dal debitore. È onere dell’imprenditore ottenere il consenso dei

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creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e non lo si ritiene reversibile in un “obbligo morale” del creditore che, in assenza del suo consenso, potrebbe potenzialmente impedire l’omologazione dell’accordo. Si rammenta infatti che, trattandosi di fase negoziale, anche i creditori hanno il diritto di tutelare le proprie ragioni.

Oltre all’art. 1337 c.c., sono poche altre le fonti a disposizione delle parti che disciplinano la fase negoziale. Si fa qui riferimento al “Codice di comportamento ABI” e alle “Linee guida per il finanziamento delle imprese in crisi” predisposto dall’Università degli studi di Firenze in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e con Assonime.

Il primo documento, la cui adozione è obbligatoria per gli istituti di credito, è stato redatto nel 2000 dall’ABI. Si tratta di un documento che disciplina il comportamento che il ceto bancario deve tenere nella delicata fasi della crisi d’impresa. In particolare si rammentano:

 art. 3, secondo il quale ciascun ente creditizio che ha l’interesse proprio di attivare la procedura o che ritiene utile una sua attivazione può proporre, assieme al debitore, un incontro con gli altri istituiti bancari per l’avvio delle negoziazioni. Sarà in tale incontro che il proponente dovrà rendere disponibili agli altri partecipanti le informazioni in suo possesso che hanno creato in lui il convincimento dell’apertura delle trattative;

 art. 4, secondo il quale ogni aderente, al quale si ritiene una partecipazione attiva, dovrà, attraverso una comunicazione scritta, fornire tutte le informazioni rilevanti sui rapporti in essere con il debitore e non trarre in alcun modo

vantaggio dalle altrui informazioni alle quali ha avuto accesso135. Sono stabiliti obblighi di riservatezza e di tempestività.

Il secondo è un documento più recente redatto in bozza nel 2014 e pubblicato l’anno successivo dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Vi si possono individuare un’esposizione delle procedure negoziali e un’esemplificazione dei comportamenti virtuosi da tenere durante le trattative.

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