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4. Aspetti fiscali

4.2. La transazione fiscale ex art 182 ter L.F

4.2.2. Presupposti e limitazioni

Il fatto che la procedura sia proponibile nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione (e del concordato preventivo) consente di creare un parallelismo utile a individuare i soggetti che potranno attivarla che tuttavia non si dimostra essere tanto agevole. Infatti così facendo si riconduce la procedura ex art. 182 ter L.F. alle questioni viste nel paragrafo 2.3.2.. Essendo la transazione fiscale collegata agli accordi, ne potranno fare accesso tutti i soggetti che possono ricorrere agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F., e quindi sicuramente i soggetti fallibili e, per effetto della L. 111/2011, anche gli imprenditori agricoli senza alcun limite dimensionale.

È il comma 6° dell’articolo 182 ter L.F. ad ammettere la proponibilità della transazione fiscale nell’ambito di un accordo di ristrutturazione e a ben guardare questo recita che <<il debitore può effettuare la proposta di cui al primo comma anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipula…>>, secondo il quale <<con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre…>>. Il rilievo creato è necessario al fine di comprendere in quale momento la proposta possa essere presentata. La questione non si pone nei confronti delle procedura “ordinarie” (sia con riferimento agli accordi che al concordato), ma con riferimento alle procedure anticipiate. Sul presupposto che la proposta di transazione fiscale di cui al 1° comma debba essere necessariamente accompagnata dal piano di cui all’art. 160 L.F., negando quindi che il riferimento al 1° comma interessi la sola proposta e non il piano, si deve notare che sia la procedura anticipata del concordato in bianco che quella della proposta di accordo non richiedono la presentazione di un piano. L’argomentazione parrebbe sufficiente ad escludere la configurabilità dello scenario all’interno delle procedure anticipate, tuttavia, come si è evidenziato in precedenza, il comma 6° fa riferimento alle trattative che precedono la stipula di un accordo e rammentando che nell’ambito nella proposta di accordo l’imprenditore è tenuto a certificare che sono in corso le trattative utili alla stipula dell’accordo si potrebbe obiettare alla conclusione. E su questa questione intervengono la necessità del piano prima presupposta e la necessità di coerenza del sistema delle

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procedure, tali da indurre lo scrivente a ritenere che la transazione fiscale possa proporsi solamente all’interno delle procedure ordinarie.

Il riferimento alla proposta di cui al primo comma si rivela utile nel momento in cui ci si chiede quali siano i debiti che possono essere oggetto di transazione, nonostante non si possa negare la sua infelice scrittura. La dilazione, o il pagamento parziale dei debiti, è proponibile per i tributi amministrati dalle agenzie fiscali e per i relativi accessori, e, in seguito al D.L. 185/2008, i contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e i relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche non iscritta a ruolo. L’infelicità della norma sta proprio in questa disposizione perché successivamente questa ammette la transabilità, entro certi limiti, anche per la parte assistita da privilegio. Ad essere oggetto della transazione fiscale sono i tributi amministrati dalle agenzie fiscali, e non come nella transazione dei ruoli i tributi iscritti a ruolo che generavano gettito solo per lo Stato. Inoltre il termine <<agenzie fiscali>> fa indurre che il riferimento sia rivolto non sono all’Agenzia delle Entrate, ma anche all’Agenzie del Demanio e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli . Rientrano così nel perimetro della transazione fiscale le imposte sui redditi, l’Irap, l’imposta di registro, l’imposta di bollo, le imposte catastali e ipotecarie, l’imposta di successione e donazione, i dazi i importazione e di esportazione, le addizionali , le sovrimposte e le imposte sostitutive di detti tributi purché, appunto, gestite dalle agenzie fiscali. Il riferimento agli accessori fa certamente includere gli interessi, le indennità di mora e, secondo l’interpretazione prevalente, avvallata anche dall’Agenzia delle Entrate, le sanzioni amministrative. Ne sono escluse invece l’Ici, la Tarsu, la Tosap, l’imposta sulle pubblicità e sulle pubbliche affissioni e i tributi costituenti risorse dell’Unione Europea. Con riferimento all’Iva e alle ritenute operate e non versate si è ammessa solo la dilazione. Nello specifico è pacifico che questa interessi solo l’importo capitale, così da ammettere lo stralcio, parziale o totale, dei valori accessori dovuti.

Circa la natura chirografaria o privilegiata del credito si può agevolmente desumere dal dettato che, per i crediti di natura chirografaria, la mancata iscrizione a ruolo non ne pregiudica la transabilità. Si deve ricorrere all’interpretazione invece per i crediti privilegiati acconsentendo, sulla base della ratio riscontrata, allo medesima previsione. A riguardo si sottolinea che seppur il 1° comma faccia richiamo ai soli crediti

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privilegiati, sulla base dell’art. 77 del DPR 602/1973 , si deve allargare il suo significato in modo tale da ricomprendere i diritti di prelazione in genere.

Dalla transazione sui debiti (crediti) fiscali si distingua, per necessità espositiva, la transazione contributiva, con la quale si fa riferimento alla transazione, ammessa dal legislatore, sui contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Si cita il D.M. 4/2009, secondo il quale è ammessa la transazione dei crediti per contributi, premi e accessori di natura chirografaria e privilegiata , iscritti o meno a ruolo. È invece esclusa la transazione per i crediti oggetto di cartolarizzazione e i crediti dovuti in esecuzione delle decisioni assunte dagli

organi comunitari in materia di aiuti di Stato. Stante la contestuale indicazione di questi contributi ai tributi amministrativi, sia con riferimento ai crediti chirografari che privilegiati, si rimanda alle argomentazioni sopra riportate.

È importante sottolineare che il sopracitato decreto ministeriale ammette, all’art. 1 comma 1°, la proponibilità della transazione contributiva da parte dei soli imprenditori fallibili senza considerare gli imprenditori agricoli. A parer di chi scrive, essendo i decreti ministeriali subordinati alla legge, si deve ritenere ammissibile la proposta anche da parte degli imprenditori agricoli.

Circa la quantificazione della proposta il comma 1° della norma fallimentare indica una delle soglie minime da osservare, operando una distinzione tra i crediti chirografari e i crediti assistiti da diritto di prelazione. Si osservi tuttavia che il comma 6°, che introduce la transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione, fa riferimento alla <<proposta di cui al primo comma>> e non al primo comma. Il rilievo si pone necessario nel momento in cui ci si chiede se i limiti fissati siano da applicare anche nell’ambito degli accordi di ristrutturazione. Guardando agli attributi degli accordi ex art. 182 bis L.F. la legge nulla ha stabilito circa le modalità di fissazione del contenuto degli accordi, stabilendo infatti che l’imprenditore istante deve presentare la documentazione di cui all’art. 161 L.F. ma senza operare alcun rimando all’art. 160 L.F., svincolando così gli accordi di ristrutturazione dalla par condicio creditorum che caratterizza invece i concordati preventivi e il fallimento. L’assunto si dimostra avere fondamentale importanza perché l’attuale dettato ex art. 182 bis L.F. è tale da ammettere la possibilità che un credito assistito da un qualsiasi diritto di prelazione goda di un trattamento diverso e soprattutto “peggiore” rispetto ad un credito

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chirografario. Se quindi l’argomentazione proposta sembra diretta a proporre la non applicabilità dei limiti fissati dal comma 1° ex art. 182 ter L.F, si deve rilevare che il decreto ministeriale 4/2009 fissa dei limiti minimi alla proposta di transazione contributiva, pattuendo nello specifico, all’art. 3, una soddisfazione minima del 100% per i crediti assistiti da privilegio ex art. 2778 1° comma n. 1) c.c. e per i crediti per premi, del 40% per i crediti privilegiati ex art. 2778 1° comma n. 8) c.c. e del 30% per i crediti chirografari. La dilazione, inoltre, non può essere superiore alle 60 rate mensili sulle quali gravano gli interessi calcolati al tasso legale. La questione gira attorno al disposto del decreto ministeriale. Si noti infatti che anche queste limitazioni, come quelle indicate dalla norma fallimentare, stridono con gli accordi di ristrutturazione che appunto non richiedono il rispetto della par condicio creditorum. Ed è altrettanto grave che il medesimo non indichi alcuna statuizione circa gli accordi, limitandosi a rendere il suo dettato applicabile nell’ambito della transazione ex art. 182 ter L.F:. Ma se si accetta di applicare le sue disposizioni sulla soddisfazione minima dei contributi anche all’interno degli accordi ci si deve chiedere se la graduazione indicata possa incrociarsi con il dettato di cui al 1° comma della norma fallimentare. Il risvolto pratico è molto importante: se già si accetta di applicare agli accordi le limitazioni di cui al decreto ministeriale, la disposizione del primo, disponendo di una graduazione alla quale appoggiarsi, riacquista appetibilità?