• Non ci sono risultati.

2. Prospettive di recupero aziendale: lo studio della strategia

2.5. Il professionista attestatore: la relazione

2.5.2. La relazione del professionista

L’analisi del piano che il professionista deve svolgere è propedeutica alla redazione della relazione che il legislatore, con l’art. 182 bis comma 1° L.F., ha disposto debba essere depositata, congiuntamente al piano, presso, si deve intendere (infra, 3.1.0.) il Tribunale del luogo presso il quale ha la sede principale la società.

Si tratta di uno scritto che secondo la norma citata deve attestare la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo. Quest’ultimo requisito è però disposto che venga valutato con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori entro centoventi giorni dall’omologazione o dalla scadenza, a seconda che i relativi crediti siano scaduti o meno. Attraverso il rimando all’articolo 67 comma 3° lettera d) L.F. che il legislatore compie ai fini dell’individuazione del esperto attestatore vengono poi individuati requisiti che questi, indipendentemente dallo strumento in cui si inserisce la relazione qui discusa, deve verificare sussistano: la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Sono quindi tre i requisiti che, ai fini dell’omologazione , il legislatore dispone debbano essere accertati:

 la veridicità dei dati aziendali;

 la fattibilità del piano;

162 In tal senso CNDCEC, (Circolare 30/2013), Il ruolo del professionista attestatore nella composizione

102

 l’attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità a soddisfare i creditori estranei.

Al fine di verificare la compresenza dei tre requisiti qui indicati è necessario che l’attestatore interloquisca con il management, attinga informazioni da documenti interni o da riviste di settore, dai concorrenti o da imprese di mercati affini, dai fornitori e clienti. Si richiede all’attestatore di divenire un profondo conoscitore del mercato in cui opera l’azienda e delle prevedibili evoluzioni degli scenari perché egli è chiamato a verificare che le indicazioni del piano siano conformi alla realtà. Non potrà, ad esempio, attestare l’attendibilità del piano in continuità aziendale di un’impresa che propone di continuare a operare nel mercato replicando lo stesso ed obsoleto business che l’ha portata a ricorrere alla ristrutturazione dei debiti. Una volte assunte tutte le informazioni del caso egli potrà compiere la sua analisi, sottolineando che egli non deve studiare la costruzione del piano ma svolgere uno studio critico dello stesso dando esposizione, nella relazione, al tipo di attività che egli ha posto in essere.

Il primo passo, ancor prima delle analisi, vuole che egli comprenda chi è il redattore del piano e che valuti l’adeguatezza della forma dei prospetti scelti e dei risultati posti in evidenza, nonché l’espressa previsione di obiettivi intermedi utili ai fini del controllo. L’accertamento della veridicità dei dati aziendali presuppone che il professionista attestatore compia una serie di indagini dirette ad accertare che questi dati siano, appunto, veritieri. È a tal proposito necessario comprendere quali siano i dati aziendali e quando questi di possano definire veritieri.

Circa il primo aspetto, il Tribunale di Firenze163 ha chiarito che i dati cui si fa riferimento siano i dati indicati nel piano, sul quale successivamente l’attestatore dovrà verificarne la fattibilità.

La veridicità, a detta del Tribunale di Benevento164, deve essere ricondotta alla “rappresentazione veritiera e corretta” di cui all’art. 2423 c.c.. La relazione al D.Lgs. 127/91 statuisce che per veridicità non si può che intendere la “verità oggettiva di bilancio”. Se però su quest’ultima sarebbe necessario chiarire cosa si intenda per “verità oggettiva”, la rappresentazione veritiera e corretta sembra più facilmente definibile

163 Si veda la sentenza del 9 febbraio 2012 disponibile su www.ilcaso.it 164 Si veda la sentenza del 23 aprile 2013 disponibile su www.ilcaso.it

103

come quella rappresentazione di valori che rispondano ad elementi attivi o passivi reali nel rispetto dei principi giuridici e contabili vigenti. L’attività che qui è richiesta presenta molte affinità con la revisione legale. È prevedibile che il professionista rivolga la sua attenzione alle poste di bilancio più sensibili e critiche, così ad esempio egli esaminerà il ciclo attivo o passivo, verificherà la consistenza della cassa o dei conti correnti, l’esistenza del magazzino o che sussista un titolo diretto a confermare la proprietà degli immobili, accertandosi in ogni caso della loro esistenza e del loro stato. Lo studio può interessare anche poste del passivo quali debiti o fondi. In ogni caso deve essere comprovato non solo che la posta esista, ma che sia stata correttamente rilevata e valutata. E nel suo esame può trovare appoggio sui libri sociali, sui supporti contabili della società, eventualmente accompagnati da una attestazione degli amministratori con la quale questi dichiarano la veridicità dai dati forniti, senza però che questa esenti da responsabilità l’attestatore ove venisse, in tribunale, accertata la falsità dei dati aziendali forniti.

Rammentando che il piano ha natura prospettica la veridicità non deve essere verificata solo sulla spalla di partenza e sugli altri dati storici indicati nel piano: si richiede che l’attestatore svolga una attenta analisi rivolta a riscontrare anche la veridicità dei dati prospettici forniti dal bilancio. Egli è tenuto a verificare che i contratti indicati nel piano siano realmente stati pattuiti e che vi sia coerenza tra le clausole in essi indicati e quanto indicato nel piano. Si comprenda che in quest’ottica la verità assume un significato più ampio, che ingloba il concetto di coerenza. Va a fissare che anche le clausole indicate nei contratti siano correttamente riportate nel piano, impedendo che le stesse rimangano incise in un documento, il contratto, del quale il giudice nulla può valutare. Così se il piano di ammortamento di un finanziamento prevede che il rimborso deve avvenire a rate immediate e costanti, il piano non può riportare che il rimborso avvenga, per esempio, in un’unica e finale soluzione.

La veridicità interessa anche le ipotesi alla base del piano e le formule utilizzate. Se per le seconde si tratta di accertare le queste siano state correttamente applicate, per le prime si deve ritenere che compito dell’attestatore è confutare che le previsioni, si pensi a quelle relative all’andamento della domanda o dei prezzi, siano quantomeno condivisibili e ragionevoli. Così se non può ritenersi che siano veritiere le previsioni circa una diminuzione dei prezzi ove la generalità degli interlocutori del professionista

104

preveda un loro aumento, un lieve scostamento tra i pareri assunti, anche se di segno contrario, non può invece denigrare il valore delle previsioni.

Una volta espletate le attività dirette ad accertare la veridicità dei dati aziendali l’attestatore è tenuto a redigere un paragrafo della relazione in cui egli indica espressamente l’esito della sua analisi. In caso di esito positivo egli potrà convenire di procedere il suo studio del piano. Diversamente, ove la veridicità non fosse riscontrata quale qualità intrinseca del documento non vi saranno le condizioni per le quali il professionista attestatore (responsabile) sia tenuto a continuare la verifica del piano limitandosi ad attestare la “falsità” dei dati aziendali.

Analogamente allo stato di crisi, anche la fattibilità soffre dell’assenza di un dettato normativo tale da indicare quando un piano debba ritenersi, o meno, fattibile. Ciò comportando che sul medesimo piano soggetti diversi, nel caso di specie redattore ed attestatore, possano convenire a giudizi di segno opposto. In tale sede di discuterà nel giudizio di fattibilità del professionista attestatore, essendo questo quello rilevante ai fini dell’attestazione.

Si ritiene ragionevole definire la fattibilità come l’idoneità del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati. Si tratta quindi di valutare che il piano sia idoneo a garantire la continuità aziendale o, se liquidatorio, la soddisfazione dei creditori nelle misure indicate. Valutare la fattibilità significa quindi valutare che le sussistano le condizioni poste alla base del piano e che queste siano condivisibili165:

 se il piano prevede la continuità aziendale l’attestatore deve verificare che sussistano le condizioni per l’approvvigionamento, per la produzione e per la commercializzazione delle merci, la disponibilità dei fornitori strategici a continuare i rapporti commerciali, la manodopera, la presenza di una rete di vendita sufficientemente ampia, la presenza degli impianti e delle attrezzature, e il loro grado di deperibilità, diventano fattori chiave sul giudizio. Si intenda: non è sufficiente che il macchinario sia parte del complesso produttivo: è necessario che questo sia anche in grado di operare per il periodo previsto perché al termine della sua vita utile questo dovrà necessariamente essere sostituito, provocando

105

un impegno finanziario da parte dell’impresa. Eventuali investimenti devono essere supportati da previsioni su futuri apporti di capitatale di rischio o di terzi;

 se il piano è di tipo liquidatorio l’attestatore deve verificare che le previsioni sui flussi di cassa generati dalle dismissioni, e il relativo timing, siano ragionevoli: egli non è tenuto a contestare il valore di realizzo ma, piuttosto, a valutare che i valori indicati nel piano non rispondano a mere esigenze contabili o che la dismissione ipotizzata non sia eccessivamente rapida rispetto alla normale tempistica richiesta per la compravendita degli assets.

La fattibilità non deve essere misurata solo in ordine alle finalità del piano ma anche sulle previsioni del piano. Si pensi alle previsioni sui flussi di cassa della gestione caratteristica o alle previsioni sul rating dell’impresa.

Non si deve trascurare che ove la prevedibile evoluzione normativa sia tale da inficiare sulla realizzabilità dei progetti industriali è doveroso negare che sul piano reale il piano si possa ritenere fattibile.

Non è necessario che il piano sia redatto fino ad indicare espressamente il conseguimento dell’equilibrio: la letteratura si è espressa in maniera favorevole su quei piani che inducano il lettore, e quindi l’attestatore, al convincimento che ponendo in essere le azioni indicate sul piano si segni la via per il risanamento. Così, l’attestatore potrà, se del caso, valutare positivamente anche quel piano che esponga una diminuzione del livello di indebitamento o la produzione di flussi di cassa positivi e quantomeno sufficienti a rimborsare i finanziamenti contratti, o il progressivo miglioramento dei risultati economici. Ugualmente, l’attestatore potrà valutare positivamente un piano che esponga analiticamente i risultati dei primi anni e che, successivamente a questi, ipotizzi rendimenti stabili e rientro della posizione debitoria. Si ritiene utile che anche la fattibilità del piano sia espressamente indicata nella relazione.

L’attuabilità dell’accordo deve essere misurata in un senso più ampio della fattibilità del piano. Il legislatore ha infatti posto come requisito all’omologazione dell’accordo che il piano sia idoneo a soddisfare, nei termini previsti, i creditori estranei. In quest’ottica si deve comprendere che non necessariamente un piano fattibile è associabile ad un

106

accordo attuabile. E proprio nei termini della soddisfazione dei creditori estranei si deve misurare l’attuabilità cosicché il piano che si riveli idoneo a rimuovere lo stato di crisi, ripristinando l’equilibrio economico e finanziario di lungo termine di un’impresa, ma non dimostri la disporre della capacità di creare le condizioni166 necessarie a soddisfare i creditori esterni provoca la non attuabilità dell’accordo.

Inoltre, essendo un accordo omologabile solo in presenza delle maggioranze richieste si ritiene che l’attuabilità debba essere riscontrata sulla effettività dei consensi ottenuti. Il che, si ritiene, non comporta che la maggioranza richiesta sia presente già nel momento in cui l’attestatore redigerà la sua relazione, ma che sussistano le condizioni tali per cui, anche con il successivo sopraggiungere di consensi, l’accordo possa ritenersi attuabile.

Sino ad ora si sono distintamente argomentati i requisiti disposti dal legislatore ai fini dell’omologa. Ciò non significa che questi siano indipendenti: il convincimento del professionista attestatore in merito alla “omologabilità” dell’accordo matura man mano che questi procede con il suo lavoro di analisi. E di questa condizione l’attestatore non può ritenersi convito nemmeno dopo aver completato l’analisi sul piano così come è stato redatto. Egli infatti, con il rilascio dell’attestazione, accerta, ponendo alcuna condizione, che a suo parere vi è una ragionevole certezza per la quale la probabilità che il piano abbia successo è superiore alla probabilità che il piano non abbia successo. Si dovrebbe ora comprendere cosa si intenda per “successo” del piano perché al di là una serie di parametri, i covenants, i creditori, secondo la tesi negoziale, possono legare la risoluzione del contratto (infra, 3.3.1.). Interessa qui notare che il successo potrebbe essere legato al raggiungimento di un determinato volume di vendite, oppure alla realizzazione di un flusso di cassa minimo. E su questi parametri l’attestatore è tenuto a valutare, mediante gli stress test, che nell’eventualità non si verifichino una o più ipotesi di base previste dal piano questo consentirebbe comunque di raggiungere le finalità proposte. Sarà allora onere dell’attestatore individuare le variabili chiave che determinano il successo del piano e modificarle in pejus al fine di accertare la solidità del piano. È anche sulla base di questi risultati che l’attestatore dovrà redigere la sua relazione, dichiarando espressamente e senza alcuna condizione il suo convincimento circa la veridicità dei dati e l’attuabilità dell’accordo.

107