• Non ci sono risultati.

La formazione in psicologia a prova di genere.

Giuseppe Stanziano

Dipartimento di Teorie e Metodi delle Scienze Umane e Sociali. Università Federico II, Napoli.

Introduzione

Le questioni inerenti l’identità di genere e l’orientamento sessuale costituiscono un caposaldo ineludibile nella formazione dello psicologo, sia in termini teorici, come crocevia obbligato dello sviluppo identitario dei soggetti, sia in riferimento alla prassi clinica, come elemento essenziale per la comprensione dello psichismo e per la strutturazione di forme di intervento psicologico. La tematica dell’identità di genere attraversa puntualmente e aldilà di specifici orientamenti disciplinari, tutti i principali costrutti della psicologia, dall’intra-psichico, si pensi ad esempio alla primaria relazione materna, con il progressivo processo di separazione e individuazione che implica uno stretto e prioritario rapporto con un originario materno femminile in cui nasce la psiche, ad un discorso più ampiamente inter-psichico, con maggiore attenzione ai comportamenti e ai modelli relazionali, contrassegnati dalla specificità del genere, come variabile sempre caratterizzante. Ribadito questo aspetto decisivo del sapere psicologico, il percorso formativo in psicologia appare inevitabilmente bisognoso di un’attenzione costante alle tematiche della differenza di genere, che inscrivono la teoria e la prassi psicologica nella specificità dei corpi; un corpo anatomico, differente per genere nelle sue manifestazioni organiche, e attraversato dalla sessualità, che caratterizza le dinamiche psichiche e comportamentali, oltre all’influenza dei ruoli sociali.

La complessità che il genere e la sessualità mettono in gioco nel discorso sul soggetto, anche e soprattutto in ambito psicologico, richiede un’articolazione teorica che, superi gli steccati squisitamente disciplinari delle specifiche scienze umane, e rilanci la riflessione in termini più largamente culturali, al fine di stimolare interrogativi capaci di intercettare e provare a comprendere la variegata morfologia che la sessualità e la differenza di genere rivelano nello scambio sociale. Pertanto, un presupposto necessario ad un intervento formativo sensibile alle questioni della differenza, è la consapevolezza

psicologia, soprattutto in ambito didattico e formativo, un’occasione di confronto dei propri strumenti conoscitivi con la difficile trama che il genere e la sessualità intessono. Queste riflessioni hanno caratterizzato il progetto di un ciclo di seminari di formazione sulle tematiche dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, unite alla volontà di stimolare soprattutto un dibattito aperto, che dal vertice concettuale esplicitamente psicologico, provi a promuovere interrogativi particolarmente attuali del vivere sociale e culturale.

L’intervento formativo

Il primo compito che ci siamo posti, costituendo un gruppo di universitari interno all’Ordine degli psicologi della Regione Campania, è stato di stimolare una riflessione sulle tematiche del genere e dell’orientamento sessuale, individuando uno strumento formativo capace di supportare contributi teorici e disciplinari con aspetti più esplicitamente emotivi, ma al contempo orientare la riflessione verso un dibattito attuale, che in maniera stringente rimandasse a temi “caldi” e vicini al vivere quotidiano. Ci è sembrato che il cinema fornisse una buona mediazione tra queste esigenze, permettendo uno sguardo sui vissuti, mediato dalla finzione cinematografica, in grado di calare le parole della teoria negli scenari del reale. Il cinema percorre il confine tra il sogno, come immagine onirica, e la realtà, con la rappresentazione effettiva di sequenze visive; in questo movimento sospeso tra la finzione creativa e la percezione delle immagini reali proiettate sullo schermo, esso mobilita le emozioni e una partecipazione affettiva densa di identificazioni e proiezioni da parte dello spettatore.

La prima fase del progetto formativo, svolta nel primo semestre del 2010, è stata dedicata in particolare alle tematiche dell’orientamento sessuale, riservando un secondo momento, previsto nel 2011, alle questioni più direttamente connesse all’identità di genere10. I sei incontri seminariali svolti, hanno trattato specifiche questioni che intrecciano la tematica dell’orientamento sessuale, sia con la specificità del sapere psicologico, sia con il dibattito sociale e culturale più ampio. Il programma dei singoli incontri ha previsto un’introduzione teorica e scientifica alle tematiche in oggetto, a cura dello stesso gruppo organizzativo, la proiezione del film selezionato e un dibattito aperto con la platea, moderato da esperti esterni al gruppo.

10

L’attività formativa presentata, e tutt’ora in corso, è promossa dall’Ordine degli Psicologi della Regione Campania, con il patrocinio del dottorato in “Studi di Genere” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dall’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Napoli.

- Finalità dell’intervento formativo

L’intervento formativo è rivolto in primis agli psicologi professionisti e in formazione11, ma la partecipazione è stata estesa anche agli studenti di altri corsi di laurea. Tra gli obiettivi dell’intervento, vi è anche un intento di sensibilizzazione sulle questioni della differenza, considerati i recenti episodi di violenza a carattere omofobico, che hanno colpito in maniera allarmante anche la città di Napoli.

Il bisogno di una formazione in psicologia, consapevole delle questioni dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, deriva dalla necessità di scongiurare pregiudizi e stereotipi, che spesso accompagnano, in maniera riduttiva e poco scientifica, molte convinzioni diffuse a vario livello in ambito psicologico. Tra queste vi è di certo una tendenza a definire e ricercare cause eziologiche e interpretazioni riduttive sulle origini dell’omosessualità, e più in generale dell’orientamento sessuale; eludendo in tal modo la complessità delle vicende dello sviluppo identitario e psichico. Ad esempio convinzioni come “l’omosessualità maschile dipende da una scarsa presenza della figura paterna”, oppure “da una madre troppo presente”, tratte più da una vulgata popolare del pensiero psicologico che da effettive ricerche scientifiche, rischiano di trasformarsi in presupposti assunti come validi da giovani psicologi in formazione, e forse talvolta anche da più maturi colleghi poco consapevoli, pregiudicando la possibilità di una effettiva e adeguata comprensione dei soggetti, e compromettendo l’efficacia di interventi di sostegno e aiuto. In merito alla impossibilità di affermare in maniera certa e inequivocabile perché un soggetto è divenuto quello che è e non altro, appaiono illuminanti le indicazioni tratte da un testo di Freud del 1910, “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci”, non a caso proprio nell’ambito di alcune riflessione sull’omosessualità e lo sviluppo psichico: Anche disponendo in misura amplissima di materiale storico e maneggiando nel modo più sicuro i meccanismi psichici, un’indagine psicoanalitica non riuscirà mai a illuminarci sulla necessità che l’individuo sia divenuto quello che è e nessun altro. (S. Freud, 1910) Certo, si potrebbe obiettare, che queste parole ricadono nell’ambito della psicoanalisi, come affermato dallo stesso autore, tuttavia possono essere assunte da monito per tutte le discipline che mirano alla comprensione

tese al cambiamento dell’orientamento sessuale, che appaiono come vere e proprie ingiunzioni sui comportamenti dei soggetti, definite su modelli stereotipati del maschile e del femminile.

- Metodologia dell’intervento formativo

1. - Alcune lezioni di genere - Il bisogno di supportare l’attività formativa a carattere esperienziale, come può essere intesa la visione del film, con strumenti didattici più tradizionali, deriva dalla necessità di ancorare il dibattito sollecitato ad una cornice teorica più solida, in cui reperire informazioni su studi e ricerche già consolidati. Pertanto è stata prevista una pubblicazione specifica, curata dall’Ordine degli Psicologi della Regione Campania, composta da sei saggi dedicati ai focus teorici proposti, in cui è stata presentata una rassegna della letteratura scientifica internazionale di taglio psicologico, sugli argomenti suggeriti. In tal senso è stato possibile favorire un confronto più consapevole sulle questioni trattate, proponendo ai partecipanti una lettura introduttiva e allo stesso tempo concisa, in grado di fornire dei minimi strumenti concettuali, necessari per la comprensione di tematiche complesse. La possibilità di disporre di materiale didattico preliminare alla visione del film, ha avuto anche una funzione di orientamento della discussione, in grado di mostrare la specificità di un approccio psicologico agli argomenti; oltre ad essere un contenimento alle possibili e infinite divagazioni che costituiscono un rischio tipico del confronto aperto. 2. - Il cinema come strumento proiettivo - Come già descritto, la visione di

film dedicati alle questioni in oggetto è stata utilizzata per sollecitare soprattutto una componente emozionale più partecipata.

3. – Valutazione e monitoraggio - L’attività formativa è stata affiancata da un monitoraggio dei risultati in termini di partecipazione e gradimento con la somministrazione di un questionario, in entrata e in uscita; in modo da modulare l’intervento formativo in corso, anche tenendo conto delle aspettative e delle caratteristiche del pubblico12.

4. – resoconti - Ai partecipanti è stato richiesto di redigere delle relazioni scritte su ogni giornata, in modo da stimolare una riflessione a posteriori sulle tematiche emerse.

5. – osservatori silenti - ogni incontro ha previsto la presenza di due osservatori silenti, che hanno restituito, con resoconti scritti supervisionati in gruppo, uno spaccato emozionale dell’intero andamento del percorso formativo.

12 La motivazione alla frequenza del programma formativo, è stata descritta con una predominanza dei seguenti termini: “curiosità”, “interesse”, “approfondimento”. Il 98% dei frequentanti considera le tematiche proposte affrontate in maniera adeguata.

- Descrizione dei focus teorici e del dibattito proposto

1. L’omofobia. L’ipotesi interpretativa introdotta, tende a fornire una definizione del concetto a partire da un orientamento psicodinamico, per cui l’omofobia è descritta come uno spettro di fantasie, idee, sentimenti e credenze, consce e inconsce, attraverso le quali un soggetto manifesta un comportamento evitante e avversativo rispetto a ciò che viene sentito come omosessuale. Il film proposto è stato C.R.A.Z.Y. (2005) diretto da Jean-Marc Vallée, che ripercorre le fasi di crescita di un giovane omosessuale dalla nascita all’età matura con la progressiva accettazione di sé, soffermandosi sulle conflittuali dinamiche familiari e relazionali, che la paura e il rifiuto della sessualità attivano. Il dibattito seguente al film ha favorito in particolare una riflessione sull’avversione che molti uomini manifestano verso l’intimità tra uomini, come elemento perturbante diffuso nello scambio sociale, che spesso si esprime attraverso battute di spirito e atteggiamenti sprezzanti. Le ipotesi interpretative proposte hanno suggerito la possibilità di intravedere in questi atteggiamenti, una possibile difesa dall’intimità, vissuta come una vicinanza minacciosa, che attiverebbe fantasie omosessuali passive con angosce di penetrabilità corporea. 2. Il transessualismo. L’identità di genere è presentata come un concetto complesso, ed è descritta come una convinzione profonda, permanente e precoce del soggetto di sentirsi maschio o femmina. La rappresentazione del proprio corpo, il corpo anatomico e sessuato, è parte dell’identità, tuttavia la definizione di genere non può essere ricondotta tout court alla conformazione esterna dei propri genitali; come il transessualismo ammonisce ponendo la difficile e spinosa questione del “non sentirsi nel proprio corpo”. Un discrimine concettuale è anche ribadito in merito all’identità sessuale, che rimanda all’orientamento e alla scelta dell’oggetto sessuale. Tali precisazioni teoriche appaiono fondamentali per un corretto discorso sulla differenza di genere e rivelano le frequenti confusioni teoriche, spesso associate a pregiudizi e luoghi comuni, presenti anche nella platea coinvolta nel processo formativo, per cui le sessualità non eterosessuali appaiono come un insieme confuso e indiscriminato. Il film “La mia vita in rosa” (1997) di Alain Berliner, con le delicate sequenze

dell’omosessualità maschile. In tal senso è evidenziata una sorta di “invisibilità” di tale orientamento, che sembra destare meno attenzioni anche nella società. A sottolineare questo aspetto mancante del discorso sul lesbismo, è utile l’incipit del testo freudiano del 1920, “Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile”: L’omosessualità femminile, che non è certo meno frequente di quella maschile, pur essendo di gran lunga meno vistosa, non solo è stata ignorata dalla legge, ma è stata anche trascurata dalla ricerca psicoanalitica. Ripercorrendo il testo citato, argomenti di dibattito sono state alcune riflessioni freudiane: l’universale bisessualità originaria degli esseri umani, l’eterosessualità esclusiva come limitazione nella scelta dell’oggetto, l’omosessualità come una delle varianti della sessualità e, in particolare, il dubbio e discutibile tentativo terapeutico di modificare l’orientamento sessuale del soggetto, criticato da Freud come inutile e dannoso.

Il film “Women” (2000) di Jane Anderson ha proposto tre immagini diverse di lesbiche dagli anni ’60 ad oggi.

4. L’omogenitorialità. L’immagine genitoriale è definita dalla paternità e dalla maternità, in cui sono chiamati in causa elementi maschili e femminili, che concorrono attraverso un complesso scambio di identificazioni e proiezioni, alla costituzione dell’identità del figlio-a. Tuttavia, l’articolata dinamica inconscia mette in gioco per ognuno dei genitori aspetti maschili e femminili, per cui le intrigate vicende dello sviluppo identitario si complicano, non ammettendo un semplicistico parallelismo femminile-materno e maschile-paterno. Cosa accade quando i genitori sono due uomini o due donne? Domanda forse impropria, in virtù della complessità delle vicende dello sviluppo psichico, per cui non è possibile formulare prescrizioni nette e definitive. Tuttavia forse è possibile chiedersi cosa non inevitabilmente accade. Alcune recenti ricerche scientifiche (Lesbian and gay parenting, del 2005 per l’American Psychological Association, disponibile online www.apa.org/pi/parent.html) hanno ad esempio costatato, attraverso la valutazione psicodiagnostica di un campione di figli di persone omosessuali, che non si riscontra, nel campione esaminato, una presenza maggiore di disturbi psichiatrici e problemi comportamentali significativi, rispetto a quelli rilevati in media in soggetti cresciuti in famiglie eterosessuali. Inoltre, lo sviluppo dell’identità di genere nel campione esaminato è risultato del tutto paragonabile a quello di bambini cresciuti in famiglie eterosessuali, così come l’orientamento sessuale.

La visione del film “Baby love” (2008) di Vincent Gareq, in francese “Comme les autres”, ripercorre il desiderio di paternità di un uomo omosessuale, fino alla sua difficile realizzazione. La discussione seguente ha esaminato le possibili ragioni e le resistenze, che il pregiudizio etero normativo solleva in merito alla genitorialità.

5. Omosessualità e fede. Il rapporto tra omosessualità e le diverse confessioni religiose è sempre stato controverso. In particolare, le istituzioni religiose cattoliche, in alcune manifestazioni, appaiono oggi fortemente discriminatorie e omofobe. Attraverso la visione del film “Latter days” (2003) di Jay Cox, è discusso il difficile rapporto tra l’aspetto intimo della spiritualità e l’orientamento sessuale, considerando le prescrizioni morali e i divieti che una certa vulgata religiosa propone.

6. Omosessualità e diritti. Attraverso un breve excursus della letteratura scientifica dedicata, è stato ripercorso lo sviluppo storico e sociale dei movimenti politici lgbt, che rivendicano maggiori diritti e la fine delle discriminazioni in base all’orientamento sessuale e alla differenza di genere. Il film documentario “Improvvisamente l’inverno scorso” (2008) di G. Hofer ripercorre la stagione di dibattito sociale e culturale in Italia nel 2007, in riferimento alla proposta di legge sulle unioni di fatto.

- Risultati

L’analisi testuale delle relazioni prodotte dai partecipanti ha permesso di individuare dei cuori semantici salienti, sollecitati dall’esperienza formativa. Queste indicazioni sono state utilizzate nella riflessione successiva all’intervento, per il riconoscimento di aree sensibili, sia emotivamente che cognitivamente, come presupposti per una più consapevole programmazione formativa sul genere e l’orientamento sessuale.

Il materiale emerso dalle osservazioni supervisionate, ha messo in luce specifiche dinamiche emozionali, sia del gruppo organizzativo che della platea, favorendo una riflessione sulle risorse e i limiti di un percorso formativo con questi presupposti.

Non mi interessa, ma non posso dimenticarlo: prime riflessioni sull’esperienza. L’osservazione silente ad orientamento psicoanalitico è uno strumento con una storia ormai lunga e consolidata nella psicologia dinamica. Soggetto di numerosi e accreditati studi internazionali, essa rivela un potenziale conoscitivo in grado di mettere a fuoco ciò

campo specificamente psicoanalitico, risale alle prime osservazioni dell’infante, divenendo un mezzo d’elezione nello studio e nella ricerca in ambito evolutivo. Tuttavia la messa a punto di un sapere osservativo sempre più maturo, ha favorito un’estensione di tale strumento anche ad ambiti diversi dall’infant e in contesti più ampi, tra i quali il gruppo, in virtù, forse, anche dell’apparente semplicità di applicazione. L’osservazione ad orientamento psicoanalitico non richiede dotazioni strumentali tecnicamente sofisticate: non ci sono specchi unidirezionali, registratori video e audio o dispositivi elettronici. Eppure le cose non sono così semplici, poiché è nello sguardo attivo e partecipe di chi osserva, che si va sedimentando la temperie emozionale che ruota intorno all’osservatore e che lo fa risuonare, rendendolo partecipe. Di questo sguardo come strumento di conoscenza, sarà poi, a posteriori, attraverso un’attenta supervisione, riconosciuto il potenziale euristico, provando ad articolare ipotesi interpretative in grado di restituire un senso dell’esperienza osservativa e una possibilità di significato a ciò che è stato visto. Pertanto, si potrebbe dire una semplicità di applicazione strumentale inversamente proporzionale alla difficoltà di utilizzo.

Con questi presupposti è stata utilizzata l’osservazione silente nell’intervento formativo descritto, con la consapevolezza che più che un mezzo duttile e facilmente adattabile, si andava incontro ad una complessità concettuale che ha richiesto dedizione e attenzione; confortati dalla supervisione della prof.ssa Nunziante Cesàro e del prof. Valerio che hanno curato la direzione scientifica del progetto.

L’osservatore silente si pone al margine del contesto osservato, mantenendo una posizione sospesa tra un dentro il campo osservativo, partecipandovi con il suo sguardo, e un fuori, con la sua astinenza. Su questa ambiguità della posizione osservativa, spaziale e psichica, si depositano le fantasie persecutorie del gruppo, che riconosce, di solito, nell’osservatore un estraneo che scruta e giudica (Nunziante Cesàro, 2003). Questa dinamica tipica dell’osservazione silente nei gruppi è elusa nel caso in questione, in quanto gli osservatori silenti si collocano in un’aula grande, confondendosi tra la platea che sta per assistere al film. Eppure questa dimensione perturbante, caratteristica dell’osservazione, non tarda a riproporsi nei vissuti dei due osservatori, che come riportato nei resoconti, si aggirano un po’ spaesati in sala prima dell’inizio del film, come “uno spettatore tra spettatori”, per poi concludere: “scelgo di sedermi da solo nella seconda serie di file, verso il fondo della sala”. In questa posizione “solitaria” e spaesata, l’osservatore diviene cassa di risonanza per il gruppo delle tante mani alzate nel dibattito, che non ricevono la parola nel turno dei tanti interventi previsti, ma anche dei fremiti di alcuni partecipanti che si agitano sulla sedia dissentendo da altre affermazioni udite, ma non trovando il coraggio di intervenire in un’aula grande. L’occhio astinente dell’osservatore diviene, per il gruppo in supervisione, uno strumento sensibile che rileva la voglia concitata di partecipazione della platea, di fronte ad un dibattito che fin da subito sembra particolarmente intenso e che non riesce ad appagare il bisogno di dire qualcosa di ognuno. Questa sensazione di non aver previsto uno spazio adeguato per il dibattito, resterà una costante del gruppo, che ad un certo punto ipotizza di istituire dei gruppi di discussione più ristretti; opzione metodologica che sarà sperimentata nella seconda serie di seminari di formazione, prevista nel 2011.

Il primo periodo di incontri è caratterizzato da uno sguardo incuriosito su chi è presente in sala, dall’introduzione alla prima osservazione: “La trepidazione è palpabile nell’attesa dell’inizio … mi guardo intorno incuriosita, pochi sono i visi conosciuti, molti giovani, molti ragazzi, alcuni credo essere omosessuali”. Negli incontri di supervisione si discute su questo tentativo di identificare i presenti, sulla valenza del guardarsi intorno circospetto, teso a riconoscere identificazioni nette e polarizzate, come a sezionare la platea. “Chi è psicologo e chi no? Chi è omosessuale?” La forte spinta all’identificazione, appare come un ancoraggio protettivo, teso a definire appartenenze, di fronte alla complessità delle tematiche e degli aspetti emotivi sollecitati, che mettono in gioco la variabilità delle componenti sessuali che contraddistinguono l’identità di genere e la definizione dell’orientamento sessuale. Il “chi sei?” di fronte all’estraneità dell’altro, assume il senso di una bisogno identificativo, sollecitato dagli interrogativi che la visione e la percezione di sessualità altre pongono. Pertanto, il riconoscersi e il definirsi, assumono una funzione protettiva rispetto a ciò che, in maniera persecutoria, è considerato altro.

Queste riflessioni rivelano il paradosso della ricerca di identità chiuse e nette, classificabili in maniera definitiva, e aprono il discorso su un aspetto più complesso della dinamica identitaria, per cui ciò che si configura come altro da sé, pone le sue radici nel profondo della propria identità, in quello scambio costante tra dentro e fuori,