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Teorie e Tecniche dei Test di Personalità: un’esperienza didattica

Anna Laura Comunian Università di Padova

annalaura.comunian@unipd.it

Agli allievi che hanno partecipato all’esperienza dei gruppi ottimali

Abstract

Viene riportata l'esperienza didattica dei gruppi ottimali condotta all'interno dell'insegnamento di Teorie e Tecniche dei Test di Personalità. In particolare viene illustrato il metodo didattico della formazione dei gruppi ottimali. Vengono presentate le premesse teoriche e la documentazione pratica sull'esperienza condotta. Ne vengono discussi i risultati e presentata l'utilità del metodo a livello didattico ed applicativo. Introduzione

L’esperienza didattica prestata di seguito, pur basandosi su di una pluralità di costrutti teorici, si muove nell’ottica dello studio della personalità e delle relazioni interpersonali facendo riferimento soprattutto al contributo di Lewin (1972, 1980) e di Rogers (1976, 1983). L’approccio metodologico scelto parte dal postulato che il piccolo gruppo è come un organismo che nasce, cresce, raggiunge la maturità e muore. Il modello proposto è stato elaborato da Ives St-Arnaud (1989).

I processi di nascita, crescita e maturità del piccolo gruppo vengono analizzati in relazione ai concetti: a di energia residua ed energia disponibile, b) di energia di dialogo ed energia di solidarietà, c) di produzione e comunicazione, d) di possibilità di autoregolazione e di consenso. L’uso delle autovalutazioni favorisce l’analisi delle dinamiche presenti nel gruppo e il superamento di eventuali ostacoli che ne impediscono un funzionamento ottimale. Vengono usate diverse forme di autovalutazioni circa la nascita del gruppo, la sua crescita e maturità, autovalutazioni intese come momenti di verifica del processo di sviluppo del sistema-gruppo. L’autovalutazione e la successiva autoregolazione delle dinamiche presenti nel sistema- gruppo favoriscono la partecipazione attiva e creativa dei singoli (Comunian, 2004). Nella presente esperienza didattica, temi come nascita,crescita, e maturità del gruppo, ed aspetti, quali tipo di partecipazione, tipo di comunicazione, modalità di dialogo e raggiungimento del consenso, vengono proposti come condizioni di base del rendimento ottimale. Tali temi sono presentati come elementi fondamentali per l’interpretazione

della funzionalità di un piccolo gruppo in cui ogni componente interagisce in modo personale ed interpersonale (Comunian, 2007).

Il campo di applicazione del metodo in ambito didattico risulta vasto, ricco, e apre a numerose integrazioni. Particolare attenzione viene rivolta al periodo di autovalutazione e alla procedura di presa di decisione. La dinamica del piccolo gruppo è basata sull’interazione tra le persone che lo compongono, sulle forme diverse di comunicare e partecipare, sugli obiettivi posti e sugli ostacoli incontrati.

L’esperienza dei gruppi ottimali come metodo didattico

Come metodo didattico, l’esperienza dei gruppi ottimali viene realizzata nei seguenti momenti: a formazione dei gruppi ottimali, b) verifica della nascita, crescita e maturità del gruppo; c) uso delle autovalutazioni per l’analisi delle dinamiche e degli eventuali ostacoli al funzionamento ottimale. Le autovalutazioni sono da intendere come momenti di verifica del processo di sviluppo del gruppo e comprendono: momenti di auto- valutazione, di auto-regolazione, di partecipazione attiva e creativa.Come condizioni di base vanno considerati: il tipo di partecipazione, le modalità di comunicazione le modalità di dialogo e il raggiungimento del consenso. L'autoregolazione permette al gruppo di arrivare alla maturità. Da parte del singolo, nel dialogo con il gruppo, è necessario esaminare il modo con cui si possono superare le difficoltà che inevitabilmente sorgono. Allo scopo vengono usate griglie di autovalutazione riferite a funzioni relative all'energia di dialogo e a metodi facilitanti quali le funzioni di animazione, di chiarificazione, di organizzazione e di presa di decisione.

Principi riferiti al gruppo inteso come sistema

Il gruppo è inteso come “campo psicologico” (Lewin, 1972) è un sistema, un tutto organizzato che evolve secondo quattro principi, definiti in sintesi qui di seguito e illustrati più avanti. Il primo principio consiste nella nascita del sistema-gruppo. La nascita del sistema gruppo è intesa come la possibilità di percepire realmente uno scopo comune e la presenza di relazioni. Il secondo principio consiste nella crescita. Il gruppo si sviluppa secondo processi di crescita. Il terzo principio porta alla verifica che nel sistema gruppo si instauri interazione tra produzione e solidarietà. Il quarto principio permette di verificare se l’energia disponibile si è realizzata come energia di dialogo.

gli obiettivi e le risorse ( Comunian,2009). Nell’esempio nel caso specifico di Teorie e tecniche dei test di personalità, a cui si riferisce l’esperienza riportata nel presente lavoro, sono stati posti come obbiettivi nello studio di test quantitativi e di test qualitativi e la relativa applicazione nello studio del caso. Una volta esaminati i manuali dei test da approfondire, il relativo costrutto teorico e le varie possibilità applicative, si è proceduto al relativo lavoro all’interno dei gruppi ottimali. Ogni gruppo si poneva come scopo l’approfondimento di esempi e l’ applicazione dl test a cui seguivano commenti e verifiche, l’analisi della convergenza degli indici, lo studio del caso, e la ricerca bibliografica. I gruppi ottimali facilmente giungevano a discussioni costruttive e ad effettivo apprendimento dell’uso dei test. Ciò era favorito in particolare dell’energia di produzione e dell’energia di solidarietà propria dei gruppi ben funzionanti.

L’energia di produzione

Il processo di produzione che caratterizza il sistema-gruppo non si riferisce ad un compito proposto e agli obiettivi come quantificabili e osservabili. Il contenuto del processo di produzione viene definito in termini di campo psicologico in funzione dello scopo comune. E' più facile distinguere il processo di produzione in un gruppo che abbia un compito definito o si trovi a dover prendere decisioni concrete. Tuttavia tale processo è presente anche nei gruppi in cui lo scopo può essere, per esempio, lo stare bene insieme (gruppo di amici) oppure dare avvio alla conoscenza reciproca (gruppi d'incontro) o, più specificamente, la soluzione di un problema terapeutico (gruppo di terapia). Si parla di un processo di produzione in funzione di ognuno di questi diversi scopi. L'energia disponibile in relazione alla creatività, e al bisogno di produrre proprio di ogni membro, è all'origine di tale processo.

Una verifica del processo di produzione può essere condotta a partire dalla seguente domanda:"Sono presenti nel gruppo elementi o aspetti che in qualche modo impediscono di definire, perseguire o raggiungere uno scopo comune? Qualche forma di ostacolo interferisce negativamente sulla produzione del gruppo?”.

L’energia di solidarietà

Il termine solidarietà ha permesso di identificare un’altra importante proprietà del sistema-gruppo. Ogni interazione tra le persone riunite intorno ad uno scopo comune è di natura tale da far convertire una parte dell'energia affettiva delle persone (energia residua) in energia di solidarietà (energia disponibile). Nel caso particolare di gruppi che si pongono come scopo comune di sviluppare relazioni tra i membri, l'energia di solidarietà può condurre a forme di vera amicizia.

Nella teoria del gruppo ottimale, il termine solidarietà è stato scelto per descrivere quella parte di energia disponibile che risulta dall'interazione tra le persone. Il gruppo non possiede energia propria: per esistere e crescere, deriva l’energia dalle persone che lo compongono e che trasformano l'energia residua in energia disponibile. L'energia di solidarietà in particolare è legata all'energia affettiva propria alla soggettività di ogni

persona nel suo bisogno fondamentale di amare ed essere amata. Il terzo principio dei gruppi ottimali afferma che l'energia disponibile si scompone in due tipi di energia: l’energia di produzione e l’energia di solidarietà. L'energia di produzione genera un processo primario di produzione come processo fondamentale del sistema-gruppo. L'altro tipo di energia è quello che risulta dalle relazioni tra le persone, energia che caratterizza il sistema gruppo in rapporto alle relazioni come sistema socio-emotivo. L’energia disponibile viene distinta in energia di produzione e in energia di solidarietà come negli assunti teorici di Anzieu e Martin (1990). L’energia di solidarietà permette di mantenere la coesione. Inoltre assume la funzione di auto-regolazione che ha in sé le condizioni psicologiche necessarie per una buona produzione. L'energia di solidarietà, infatti, si riferisce non solo alle relazioni interpersonali, ma all'insieme dei fattori psico- sociali che si trovano e si esprimono in ogni particolare gruppo.

Esiste una differenza fondamentale tra il bisogno di produrre che genera l'energia di produzione e il bisogno di amare e di essere amato che genera l'energia di solidarietà. Nel primo caso il bisogno di produrre non esige l’instaurarsi di relazioni interpersonali, può essere soddisfatto anche in modo individuale. Quando, però, lo scopo comune mobilita l'energia di solidarietà dei membri, l'energia di produzione del gruppo diviene energia di cooperazione distinta e diversa dall'energia di produzione dei singoli individui. Nel caso del bisogno di amare e di essere amato, la situazione è di tipo affettivo ed interpersonale. Identificare ciò che caratterizza l'energia affettiva mobilitata dall'interazione tra membri di un gruppo è più difficile che identificare l’energia di produzione. Il bisogno di amare ed essere amati richiama la relazione interpersonale che a sua volta non è uno dei modi, ma è l'unico modo possibile per rispondere a tale bisogno fondamentale. Se l'energia disponibile è prodotta a partire dall’energia affettiva interpersonale, resta da definire ciò che la caratterizza nel sistema-gruppo. In altri termini, ci si chiede quale è la proprietà del sistema-gruppo che permette il passaggio dall'energia affettiva interpersonale all’energia disponibile nel gruppo? Gli studiosi del modello dei gruppi ottimali (Comunian,2004) hanno cercato di definire un processo di gruppo che integri la dinamica affettiva individuale, o interpersonale, e la realizzazione di legami dell’energia interpersonale trasformata in energia di dialogo. Non ci si può limitare all'analisi dell'energia affettiva solamente in funzione del bisogno di amare e di essere amati. Nel sistema-gruppo, ad eccezione dei gruppi in cui le affinità interpersonali ne caratterizzano l'insieme (famiglia, gruppo di amici, ecc.), non sempre un criterio affettivo comune è in primo piano; spesso la competenza dei membri rispetto

"solidarietà è in circuito". L'autoregolazione

Nella teoria dei gruppi ottimali vi è un doppio dinamismo che assicura lo sviluppo del gruppo. L'energia di produzione alimenta spontaneamente un processo di produzione fin dal momento in cui vi è la percezione di uno scopo comune. L'energia di solidarietà alimenta spontaneamente il processo di solidarietà fin dal momento in cui si stabiliscono interazioni tra persone. L'osservazione dei gruppi mostra che nonostante l'energia disponibile, gli ostacoli alla crescita sono numerosi. Spesso gli ostacoli che sorgono si intrecciano, si sommano, ingrandiscono e il gruppo si deteriora, fino a far dubitare della sua esistenza. Sono numerosi i casi in cui l'energia residua aumenta, a scapito dell'energia disponibile così che, nonostante il gruppo abbia conosciuto momenti di crescita particolarmente intensi, subentra l'apatia. Bisogna tener conto della fragilità del gruppo. Il gruppo “muore” se cessa di convertire l'energia delle persone (residua) in energia del gruppo (disponibile). Se l'apporto di energia deriva spontaneamente dalla percezione di uno scopo comune e dalle relazioni tra le persone, nessun meccanismo può assicurare la canalizzazione e la coordinazione di tale energia. Benché il sistema- gruppo abbia una tendenza naturale alla produzione e alla solidarietà, anche l’autoregolazione, che permette di mantenere coesione e integrazione, non è un meccanismo né spontaneo né innato. Se il gruppo non si autoregola è destinato all'apatia, alla morte. E’ assolutamente necessario per il gruppo imparare ad autoregolarsi concretamente con attenzione dinamica, vigile e creativa. Deve essere in grado di prevenire, reperire e rimuovere gli ostacoli che minacciano la produzione e la solidarietà. Per far questo è necessario trasformare l'energia da residua in energia di dialogo, energia che è all'origine e alla base del processo secondario di autoregolazione.

I quattro principi della comunicazione ottimale

Il primo principio della comunicazione ottimale consiste nel rivolgere attenzione alle persone riunite e riconoscere le risorse che ciascuno apporta al gruppo.

Le regole generali che sottostanno ad una buona comunicazione interpersonale possono favorire il gruppo a stabilire una buona comunicazione. Per esempio, l'autenticità, la considerazione positiva incondizionata, l'empatia formulata da Rogers (1983) così come l'atteggiamento di "conferma dell'altro" che Buber (1959) ha proposto come veicolo di una buona comunicazione interpersonale. Sono queste le basi su cui si facilita la comunicazione secondo la teoria dei gruppi ottimali. La vita concreta in gruppo impone tuttavia delle restrizioni alla comunicazione (Tuckman, 1965; Mills 1967; Shepherd 1964). Le relazioni nel gruppo ottimale non tendono esclusivamente a relazioni affettive calorose, ma verso legami di solidarietà. Questi, anche se è vero che fanno appello all'energia affettiva delle persone, sono pure definiti in relazione allo scopo comune. La natura di tali legami dipende anche dalla natura dello scopo. La relazione di

cooperazione è quella che, tra le altre, può aiutare i membri di un gruppo a ben comunicare tra di loro. Tre sono le condizioni che permettono una tale relazione: 1) che ci sia uno scopo comune, condizione già richiesta per una buona partecipazione, 2) che i partecipanti si percepiscano come mutuamente competenti in rapporto a tale scopo, 3) che il potere sia distribuito in funzione del campo di competenza di ciascuno.

Una volta che il gruppo è nato nelle migliori condizioni, è bene che i membri manifestino almeno intenzione o desiderio di solidarizzare. Le funzioni di partecipazione hanno un effetto positivo a tale riguardo, particolarmente quelle periferiche. Le posizioni del ricevente implica l'interesse, da parte di colui che le occupa, per i membri che sono nelle posizioni centrali (centro o emittente). Lo stesso membro che esprime la sua fatica per collaborare al raggiungimento dello scopo (posizione satellite) o colui che avverte di un ritardo (assente) manifestano attenzione alle persone e il desiderio di non dissociarsi dal gruppo.

Si può facilitare la solidarietà esercitando funzioni di solidarietà, che in quanto tali non sono legate alle une o alle altre tra le posizioni di partecipazione. Le funzioni di solidarietà si riferiscono ad un comportamento per mezzo del quale un membro contribuisce efficacemente alla creazione di un cerchio emittente-ricevente.

Un membro esercita una tale funzione quando:

- manifesta apertamente in modo verbale, o non verbale, di dare supporto a un membro del gruppo;

- si informa sulle emozioni e sentimenti degli altri in rapporto a ciò che avviene nel gruppo "qui e ora";

- esprime la soddisfazione che prova in seguito all'intervento di un altro membro; - si interessa ai membri che percepisce come satelliti esprimendo, quando è il

caso, l'interesse che avrebbe a conoscere il loro parere;

- accoglie caldamente un membro in ritardo senza colpevolizzarlo;

- condivide con gli altri le emozioni o i sentimenti che avrebbero come effetto la perdita di solidarietà del resto del gruppo.

Tali funzioni fanno porre una domanda importante: "Come condividere emozioni e sentimenti all'interno di un gruppo?"

Da parte della teoria dei gruppi ottimali non è facile rispondere a tale domanda poiché il tipo e la natura dello scopo possono richiedere più o meno condivisione. In un gruppo di terapia o in un gruppo in cui lo scopo è di conoscersi l'un l'altro, la condivisione dei sentimenti e delle emozioni non ha limite. In un gruppo di lavoro in cui non è necessario

gli elementi socio-emotivi che gli impediscono di oscillare liberamente sul suo asse di partecipazione purché possa farlo in modo oggettivo descrittivo e non in modo soggettivo valutativo; allo stesso tempo è utile che ognuno si mantenga alla distanza ottimale, anche se fattori emotivi spingessero a non essere solidali con altri. La possibilità di applicare questo principio dipende anche da fattori di personalità. Alcuni membri sono molto spontanei e tendono a dire tutto ciò che sentono, altri sono molto riservati e pensano che le reazioni socio-emotive non riguardino gli altri membri del gruppo. Non è il caso di livellare gli individui tutti allo stesso funzionamento, per assicurare una buona comunicazione nel gruppo. Al di là delle differenze individuali, ogni membro può scegliere quando condividere, o non condividere con gli altri quanto sente, nella misura in cui ciò contribuisca a definire, o a far mantenere, un cerchio emittente-ricevente ottimale. In alcuni contesti, il condividere le emozioni può aiutare a far emergere nuovi legami di solidarietà, in altri può avere l'effetto contrario e richiamare difese. Le reazioni degli altri membri non sono il solo criterio di confronto. Un individuo per motivi socio-emotivi può diventare incapace di oscillare sul suo asse di partecipazione e nello stesso tempo mantenere legami di solidarietà con gli altri come egli vive all'interno del gruppo. Un altro può astenersi dal condividere alcune emozioni perché riesce a liberarsene e a "metterle tra parentesi". Solamente un criterio di confronto riferito al gruppo può aiutare ciascuno a trovare un modo ottimale di comunicare con gli altri. La soglia minimale di ciò che si può condividere è stabilita in funzione del cerchio emittente-ricevente. Se fattori socio-emotivi più forti o profondi impediscono a uno o più membri di restare solidali, ne viene compromessa la comunicazione.

Il condividere le emozioni e i sentimenti può essere utile ma non necessario. L'applicazione del suddetto principio sulla comunicazione nel gruppo ottimale dipende molto dal grado di maturità personale dei membri ed in particolare dalla loro soglia di tolleranza alla frustrazione. Ogni riunione mette in atto una serie di frustrazioni personali. A causa di questi fattori legati alla personalità dei componenti, un gruppo dovrà spesso rinunciare a mantenere un cerchio emittente-ricevente ottimale. Dovrà accettare che alcuni membri temporaneamente non siano solidali né siano in grado di condividere le emozioni. Tuttavia un gruppo può progredire anche se qualche membro non è solidale o rimane nelle posizioni periferiche e se il cerchio emittente-ricevente è parziale o interrotto. Se il gruppo accetta una tale eventualità, è possibile che la comunicazione venga recuperata dopo un periodo più o meno lungo di tempo. Ad esempio, una persona che si senta accettata e rispettata, pur occupando le posizioni periferiche del suo asse di partecipazione, può mantenere legami di solidarietà con gli altri e continuare a far parte di un cerchio emittente-ricevente. Si è visto che nessuna posizione è in sé negativa per la crescita del gruppo. Un gruppo, consapevole di questo e che assume tale atteggiamento, ha maggiori possibilità di mantenere un cerchio emittente-ricevente ottimale e di progredire nel processo di solidarietà.

Un terzo principio può guidare un gruppo alla comunicazione ottimale: più i membri acquistano coscienza di gruppo più sono solidali tra loro e più si rivolgono all'insieme del gruppo che ai singoli individui o a chi presiede la riunione. Perché si ottenga una

comunicazione ottimale e che tutte le risorse siano messe a disposizione è necessario che ogni membro acquisti coscienza di gruppo e abbia la convinzione che solamente l'interazione renda il gruppo produttivo e possa condurre al rendimento ottimale. La coscienza di gruppo dipende molto da fattori personali e dal coinvolgimento di ognuno alla vita del gruppo. Essa è facilitata se i membri si abituano ad indirizzarsi all'insieme del gruppo. Ciò non esclude ci si indirizzi a questo o quest'altro partecipante quando si esercitano particolari funzioni di partecipazione. Il terzo principio riguarda soprattutto gli interventi dei membri che occupano la posizione centrale nell'asse di partecipazione. Se un individuo formula una proposta rivolgendosi a tutto il gruppo, più facilmente fa aumentare la solidarietà e la partecipazione. Per una comunicazione ottimale, cioè perché tutte le risorse siano messe a disposizione, è necessario che ogni membro acquisti coscienza di gruppo e abbia la convinzione che solamente l'interazione tra i membri può rendere il gruppo produttivo. La coscienza di gruppo dipende molto da fattori personali e dal coinvolgimento di ognuno alla vita del gruppo.

La necessità di canalizzare l'energia disponibile e di coordinare i processi primari costituisce l'oggetto del quarto principio: il gruppo mantiene la sua armonia nella misura in cui converte una parte della sua energia disponibile in energia di dialogo. Il concetto di energia di dialogo è preso dallo schema dinamico di Anzieu e Martin (1990) e designa le caratteristiche del sistema-gruppo che deve vigilare sulle proprie possibilità e modalità di dialogo. A differenza di Anzieu e Martin, la teoria dei gruppi ottimali non considera le dinamiche della comunicazione e delle relazioni interpersonali come