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La formazione nella gestione delle risorse umane

La formazione quale variabile strategica nella gestione delle risorse umane: modelli applicat

2.1 La formazione nella gestione delle risorse umane

Le politiche di formazione rientrano nel sistema di gestione delle risorse umane partecipando attivamente a quel processo di creazione di valore dell’azienda attraverso la costituzione il mantenimento e lo sviluppo delle competenze principali (core competencies) e distintive (distinctive competencies) delle proprie risorse umane.

Si tratta di una leva gestionale relativamente giovane, infatti, nelle aziende italiane si comincia a parlare di formazione a partire dalla metà degli anni sessanta, sulla base di modelli quali il TWI (Training Within Industry) importato dagli Stati Uniti, insieme al modello delle Relazioni Umane. Tuttavia, negli anni Sessanta fare formazione significa essenzialmente soffermarsi a progettare e realizzare corsi di formazione sulla base di una limitata analisi dei bisogni formativi, senza considerare un’adeguata valutazione dei risultati, che è praticamente assente o là dove esiste non và oltre il semplice giudizio di gradimento del corso espresso dai partecipanti. All’inizio degli anni ottanta si comincia a parlare di processo di formazione articolato su diverse fasi tra cui: analisi dei bisogni, progettazione, erogazione e valutazione dei risultati. Tuttavia, manca la concatenazione diretta tra la valutazione dei risultati e l’analisi dei fabbisogni. Ogni ciclo tende ad essere a sé stante ed a chiudersi con la valutazione, per cui di volta in volta si riparte con una nuova ed indipendente analisi dei bisogni. In sostanza,

l’attività di formazione è ricca di interventi ma aventi carattere episodico senza una struttura coordinata, sistemica e di continuità.244

Il ruolo della formazione, negli ultimi anni è profondamente cambiato, risultando essere molto più ampio di quanto suddetto, poiché non si pone come semplice strumento volto a colmare eventuali esigenze operative ed organizzative, ma tende a realizzare e sviluppare una nuova “cultura d’impresa”.245

Inoltre, un legame particolare va evidenziato tra organizzazione, gestione delle risorse umane e strategia aziendale. In effetti, dal punto di vista teorico, si possono riconoscere alcuni orientamenti teorici in merito al legame tra gestione delle risorse umane - politiche di formazione e strategia d’impresa, del tipo:

- la gestione delle risorse umane si colloca all’interno della pianificazione strategica in un processo top down che parte dalla definizione dell’ambiente e della strategia aziendale;

- le risorse umane hanno un ciclo di vita e ciò richiede una gestione del personale unitaria ma differenziata;

- la prestazione è una variabile che dipende da quattro elementi: selezione, valutazione, ricompensa e sviluppo;

- la formazione non è una funzione specifica ma uno strumento a disposizione del management per implementare la strategia deliberata.246

Generalmente, un lavoratore inizia la sua attività professionale con un proprio bagaglio di conoscenze e competenze acquisite all’esterno (attraverso la scuola e l’apprendimento esperienziale). Tuttavia tale asset di partenza, a volte, per l’azienda non è sufficiente e diventa necessario, dover intervenire attraverso un’attività formativa mirata e calibrata sulla base delle proprie esigenze. Infatti, si è passati dalla teoria neoclassica in cui si ipotizzava un

244 Cfr.A

UTERI E. (2001), Management delle risorse umane, Guerini e Associati, 3^ Ed., Milano,p.167.

245 Cfr. C

ARNEVALE C. (2003), La valutazione degli investimenti in formazione, FrancoAngeli, Milano,p.36, dove: «La leva formativa, infatti, non è solo uno strumento di risposta ad esigenze operative ed organizzative, al fine di adattare le risorse umane alle strategie aziendali (approccio lineare), o di integrarle con le altre componenti del sistema-impresa (approccio interdipendente), ma assume un ruolo di supporto alla leadership aziendale nei processi di trasformazione e sviluppo di quei valori, intorno ai quali si è costituita l’organizzazione. Tale ruolo è tanto più importante quanto più la cultura aziendale risulta basata su linee conservatrici ed in pieno contrasto con le esigenze poste da un continuo dinamismo esterno». Ed ancora Cfr. CORVI E.(1994: 55-121), in cui: «Ma se è la “cultura” che determina sostanzialmente la filosofia d’impresa, sorge immediato il quesito di come si forma la cultura d’impresa, chi ne è l’artefice (cultura – risorse umane)», ed ancora: «In generale, si può affermare che la cultura è l’insieme dei valori di norme condivise all’interno di un’organizzazione, di atteggiamenti, di stile e metodi di direzione, di dichiarazioni esterne e di modelli di comportamento, di modi di interpretare le sfide ambientali e di reagirvi con coerenza alla luce della filosofia aziendale consolidatasi nel tempo. Tutti questi significati riflettono la cultura d’azienda, ma non corrispondono all’essenza della cultura, che si riferisce, invece, a un livello più profondo, vale a dire agli assunti di base e alle convinzioni condivise dai soggetti che operano nell’impresa».

246 Cfr. C

adattamento da parte dell’azienda alla disponibilità ed alle caratteristiche dei lavoratori, a teorie neo-istituzionalistiche in cui si capovolge completamente il rapporto risorsa umana- azienda e quindi, la risorsa umana deve adattarsi alla specificità dell’impresa.

Tutto ciò influisce sul mercato del lavoro dando luogo ad una trasformazione “specifica” o “debole” o “idiosincratica” e ad una trasformazione generale o forte. Nel primo caso, la trasformazione implica l’acquisizione di caratteristiche professionali strettamente legate al contesto tecnico, organizzativo e culturale di un’impresa. In tal caso, le caratteristiche se non implementate nella impresa specifica perdono di valore e addirittura non vi è la possibilità di trasferirle attraverso il mercato del lavoro.247 La trasformazione è generale o forte quando implica l’acquisizione di caratteristiche professionali che mantengono il loro valore in diversi contesti organizzativi e che sono quindi trasferibili attraverso il mercato senza deprezzarsi o addirittura rivalutandosi. Esiste, tuttavia, una relazione tra la formazione scolastica istituzionale e la trasformazione professionale ottenuta attraverso i processi formativi e le esperienze aziendali. La formazione scolastica, assieme ad altre caratteristiche sociali e culturali del lavoratore, indicherebbe solamente il grado di addestrabilità (trasformabilità) della risorsa umana.

I successivi sviluppi degli anni ottanta e novanta hanno messo in evidenza l’esigenza da parte delle risorse umane di puntare non solo sulla job competition intesa come ingresso in certi mercati del lavoro, ma anche sulla “employability security”, che è governata dai mercati in generale e che significa possibilità di stare in questi mercati. Tale processo/sistema di security si realizza e sviluppa con processi di formazione e sviluppo non esclusivamente focalizzati sul job (o sul ruolo o sulla funzione), ma soprattutto sull’imprenditorialità, sull’orientamento all’apprendimento continuo, sul networking interno (team) ed esterno (cluster).

Secondo l’economista Thurow i lavoratori non competono tra loro direttamente per il salario (wage competition) ma per i posti (job competition) che consentono l’acquisizione di professionalità che assicura, in prospettiva futura, la copertura di posti con migliori caratteristiche qualitative e retributive. 248

Le politiche di formazione influiscono anche sul sistema di remunerazione e incentivazione, sia per la gratificazione psicologica, sia per le conseguenze che possono avere a medio-lungo

247

Ad esempio una mansione specifica non trasferibile in un’altra impresa può essere quella di capacità di far funzionare una attrezzatura specifica che solo una data azienda possiede; Cfr. COSTA G. (1997), op. cit., p. 261.

248 Cfr. T

HUROW LESTER C. (1982), Alle origini dell’ineguaglianza, Vita e Pensiero, Milano, p. 90, in cui si legge: «La coda è un terreno di competizione, ma i lavoratori competono sulla base delle loro caratteristiche di fondo piuttosto che non sulla loro disponibilità ad accettare salari più bassi. […] Come vedremo, la funzione formativa del mercato del lavoro rende la repressione della diretta concorrenza sul salario conveniente. »

termine sugli aspetti inerenti la retribuzione e la potenziale collocazione del lavoratore nel mercato interno ed esterno del lavoro.249