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La formazione nella Pubblica Amministrazione

La formazione in Italia nei settori pubblico e privato: descrizione del settore e analisi dello scenario competitivo

4.2 La formazione nella Pubblica Amministrazione

4.2.1 La formazione nella P.A. – dati ed elaborazioni

A partire dagli anni ’90 la pubblica amministrazione è stata sottoposta ad un processo di rinnovamento che ha riguardato diversi ambiti e settori, dal processo di riordinamento degli enti locali con la legge 142/90, alla riforma dei procedimenti amministrativi L. 241/90, introducendo principi come autonomia, responsabilità, certezza dei tempi, partecipazione. Interviene, in questo processo di rinnovamento, il decreto Cassese 29/93 che sancisce la separazione dei poteri: politico da una parte e gestionale dall’altra.357

Questo decreto ha rappresentato un passaggio fondamentale nella gestione dell’aziende pubbliche. Nel 1993 si introduce, con la legge 81, l’elezione diretta dei sindaci, mentre la legge 77/95 attua la riforma dell’ordinamento contabile degli enti locali con l’introduzione del controllo di gestione e delle tre E (Efficacia, Efficienza ed Economicità), a fondamento dell’azione amministrativa.

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I dati relativi alla presente paragrafo relativi ai processi formativi nella P.A. sono stati elaborati dall’analisi delle seguenti pubblicazioni:

- 9° Rapporto sulla formazione nella Pubblica Amministrazione – documento presentato al Forum P.A. 2006;

- Rapporto Formez dati 2005 - Book PA 2006 Asfor.

Le leggi Bassanini 59/97 e 127/97 conferiscono funzioni e compiti alle Regioni ed agli Enti Locali, per la riforma amministrativa e la semplificazione amministrativa. Nel 2000 la legge 267/2000 sancisce il nuovo testo unico sull’ordinamento degli enti locali. Nel 2001 viene promulgato con la legge 165/2001 il testo unico del pubblico impiego.

Ed è proprio con questo testo unico che si intensifica l’aspetto formativo, poiché all’art 1, comma 1, lett c), le amministrazioni pubbliche vengono invitate a: «Realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato». Pertanto, tutte le riforme apportate hanno consentito di attuare una trasformazione:

a) da un approccio burocratico – legalistico ad un approccio di tipo manageriale;

b) da una logica fondata sul rispetto degli adempimenti normativi si è passati ad una logica fondata sul processo produttivo delle azioni;

c) da una visione incentrata sull’esecuzione dei compiti ad una che privilegia il perseguimento degli obiettivi.

In questo contesto l’aspetto formativo diventa l’anello mancante capace di completare e agevolare il processo di rinnovamento, riferibile non solo all’accrescimento delle competenze organizzative delle amministrazioni pubbliche, ma in grado di indurre una metamorfosi nella cultura d’azienda pubblica, la quale finora aveva una concezione del tutto autoreferenziale e poco attenta, a volte, alla finalità per cui esistesse o fosse stata creata.

Il ministro Frattini intuisce tale esigenza e durante il semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea lancia un messaggio forte alla pubblica amministrazione: «Una formazione che sia davvero senza confini, sui grandi temi che la dirigenza pubblica nel nostro paese deve esportare verso l’Europa e gli altri Paesi, un programma di formazione che sia un programma di cultura, che possa diffondere la nostra identità nazionale, il nostro contributo di esperienze fondamentali che non ha assolutamente nulla da invidiare alle migliori esperienze, a cui pure guardiamo, di altri paesi europei».

In Italia la formazione nel settore pubblico nasce come momento limitato esclusivamente ad interventi di addestramento del personale, demandato ad istituzioni quali la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Infatti, è a quest’ultima, istituita con l’art. 150 del DPR 3/57, che viene affidato il compito istituzionale di: «[…] attuare corsi di preparazione, di formazione per impiegati in prova, di aggiornamento per gli impiegati con qualifiche inferiori, a direttore di sezione ed equiparati, di perfezionamento per i direttori di sezione ed equiparati, di integrazione per il passaggio, nei casi previsti dalla legge, dalla carriera di concetto a quella

direttiva degli impiegati non provvisti del diploma di laurea, di specializzazione scientifica e di qualificazione tecnica per i servizi propri di ciascuna carriera ed amministrazione».

Con le riforme degli anni Novanta, invece, cambia completamente la finalità della formazione, indirizzandosi verso obiettivi quali: elemento essenziale nel coadiuvare le amministrazioni, miglioramento nella qualità dei servizi, dei rapporti con l’utenza, dello sviluppo del paese.358 Un primo passo nella definizione di una politica di formazione per le amministrazioni pubbliche viene sancito dall’art. 7 del D.Lgs. 29/93, chiedendo di adeguare i programmi formativi: «[…] al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione». Con la L. 53/2000, si introduce il concetto di formazione continua: «lungo tutto l’arco della vita», in armonia con la vigente legislazione europea, finalizzata ad accrescerne conoscenze e competenze professionali. Inoltre, lo Stato, le Regioni e gli Enti locali devono assicurare un’offerta formativa che deve avere determinate caratteristiche, ossia deve essere articolata sul territorio, integrata ed accreditata, in modo da consentire a tutti i lavoratori, sia pubblici che privati di partecipare a percorsi formativi “personalizzati”, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. In realtà, tutta questa personalizzazione non si è attuata, ma sono stati posti in essere semplicemente dei percorsi formativi volti a certificare, tramite i famosi crediti, attività formative a volte molto disomogenee, poco pianificate e ancor meno rispondenti sia ai bisogni formativi sia alle esigenze organizzative delle strutture pubbliche. A titolo esemplificativo si considerino gli ECM nel settore sanitario promossi, a volte, solo ed esclusivamente per raggiungere il quantum dei crediti formativi da effettuare per ciascun anno.

La formazione del personale delle amministrazioni pubbliche viene sancita recentemente con l’inserimento nel testo unico 165/2001, dell’art. 7 – bis, introdotto dalla legge di collegato alla finanziaria n. 3/2003.359

358 Si veda a tal proposito, B

ORGONOVI E. (2002), Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano.

359 Articolo 7-bis - Formazione del personale (aggiunto dall’art.4 Legge n.3/2003)

1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle università e degli enti di ricerca, nell'ambito delle attività di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari.

2. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di ogni anno il piano di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze. Decorso tale termine e, comunque, non oltre il 30 settembre, ulteriori interventi in materia di formazione del personale, dettati da esigenze sopravvenute o straordinarie, devono essere specificamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze indicando gli obiettivi e le risorse utilizzabili, interne, statali o

Tale integrazione normativa al testo unico introduce uno strumento importantissimo nella pianificazione dell’intervento formativo, il PAF ossia il Piano Annuale della Formazione, che deve essere elaborato tenuto conto dei fabbisogni rilevati, (infatti la prima fase della pianificazione formativa è l’analisi dei bisogni formativi), delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi e della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche.360

Il piano deve indicare gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, le metodologie didattiche da implementare, rispetto ai diversi destinatari. In sostanza, è con tale intervento normativo che si definiscono i contorni della pianificazione formativa nella Pubblica Amministrazione. Prima di giungere alla definizione di questo processo normativo in ambito formativo è necessario, però, analizzare altri due interventi propedeutici effettuati da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica attraverso le proprie Direttive che hanno dato un ulteriore impulso al processo. La prima, nota come direttiva Frattini, è la “Direttiva alle amministrazioni pubbliche in materia di formazione del personale”, del 24 aprile 1995, n. 14, nella quale l’azione formativa viene considerata quale “elemento essenziale per una equilibrata gestione del personale in servizio, al pari della verifica delle dotazioni organiche, delle conseguenti iniziative di reclutamento e di mobilità e dell’introduzione di sistemi valutativi e premianti”. Si tratta di indicazioni che interessano, in particolar modo, la dirigenza, tuttavia, in questa direttiva si introducono elementi innovativi tra cui l’orientamento al servizio e la gestione per progetti, si inizia a delineare la strada per favorire l’interazione culturale e progettuale con il sistema privato “dando vita a momenti formativi e di aggiornamento continui”, ed infine, si invitano le pubbliche amministrazioni a rendere possibile un “confronto con le altre realtà pubbliche dell’Unione Europea”. La direttiva introduce a questo punto un limite di spesa per gli investimenti in formazione che deve essere almeno pari all’1% della spesa complessiva del personale di ciascuna amministrazione in coerenza con gli standard europei. Maggiore enfasi alla formazione viene data con la seconda direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001, relativa alla “Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni”, in cui la