• Non ci sono risultati.

LA PREVENZIONE SECONDARIA ATTRAVERSO GLI SCREENING

6 IL VALORE DELLA PREVENZIONE PER IL SISTEMA 1

6.6 LA PREVENZIONE SECONDARIA ATTRAVERSO GLI SCREENING

I programmi di screening (diagnosi precoce) rientrano nelle prestazioni LEA (definiti con decreto del presidente del Consiglio dei ministri il 29 novembre 2001) nella macro area ‘Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, nella sezione dedicata alle attività di prevenzione rivolte alla per-sona.

Lo screening è un esame sistematico, condotto con mezzi clinici, strumentali o di laboratorio per individuare lo stadio preclinico di una patologia nella popolazione generale o in un sottogruppo identificato come a rischio. Un programma di screening organizzato è un processo complesso, che agisce su una popolazione asintomatica invitata attivamente a sottoporsi al test. Per attuare un programma di screening è necessario che ne sia stata dimostrata l’efficacia in termini di riduzione dell’incidenza o della mortalità della patologia oggetto dell’intervento. Lo screening si propone quindi di ridurre la mor-talità per causa specifica nella popolazione che si sottopone regolarmente a controlli per la diagnosi precoce di neoplasie o lesioni precancerose61. In quanto intervento organizzato di sanità pubblica, lo screening ha caratteristiche peculiari. Si tratta di un processo, controllato nella qualità, che coinvolge più discipline e professioni. Deve inoltre garantire la massima equità e prevedere un bilancio tra effetti positivi e negativi e una stima dei costi. La realiz-zazione del programma di screening richiede anche un’adeguata informazione della popolazione, che deve essere coinvolta attivamente e informata sui benefici e i possibili rischi. Deve quindi essere effettuata una valutazione epidemiologica non solo della prestazione sanitaria, ma anche della partecipa-zione e dell’impatto su incidenza e mortalità.

I programmi di screening oncologico, inseriti nei LEA sono quelli indicati dalle linee guida per la prevenzione diagnostica e assistenza in oncologia ap-provate dalla Conferenza Stato-Regioni62. I tumori oggetto di screening sono:

1. Carcinoma della mammella 2. Carcinoma della cervice uterina 3. Carcinoma del colon retto

I dettagli circa le metodiche di screening per ciascuno sono indicati nella tabella sottostante.

Figura 35. Caratteristiche dei tre programmi di screening oncologico inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione

I riferimenti normativi italiani a sostegno della pianificazione, attuazione e monitoraggio dei programmi di screening oncologici si sono susseguiti negli ultimi dieci anni in linea con le direttive internazionali ed europee. Il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-201863, nello specifico, include la

62 Fonte: Conferenza Stato-Regioni.Accordo tra il Ministro della sanità e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano sulle linee - guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l’assistenza in oncologia. Repertorio Atti n. 1179 dell’8 marzo 2001.

216

diagnosi precoce dei tre carcinomi nei macro obiettivi prioritari individuando tre obiettivi centrali: 1. Aumentare l’estensione reale dei programmi di screening alla popolazione target; 2. Aumentare i soggetti a rischio sottoposti a screening oncologico;

3. Riorientare/avviare i programmi di screening per il cancro della cervice uterina introducendo il test HPV-DNA.

Figura 36. Screening oncologici: quadro logico del nuovo Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Ministero della Salute, 2014

I dati che permettono di valutare il recepimento e l’implementazione su scala regionale e locale degli obiettivi enunciati dal PNP riguardano l’estensione e l’adesione ai programmi di screening.

Per

- estensione di un programma di screening si intende la percentuale di soggetti che ricevono l’invito a partecipare al programma sul totale della popolazione bersaglio (target);

Per

- adesione ad un programma di screening si intende la percentuale di soggetti che aderiscono all’invito.

In Italia, i dati sugli indicatori di processo e di impatto dei tre programmi di screening regionali sono raccolti, analizzati e diffusi dal Gruppo italiano scre-ening mammografico (Gisma), dal Gruppo italiano screscre-ening del cervico-carcinoma (Gisci) e dal Gruppo italiano screscre-ening colorettale (Giscor). I risultati sono pubblicati a cadenza annuale nei Rapporti curati dall’Osservatorio Nazionale Screening che ha il compito di monitorare la diffusione e la qualità di questi programmi64. Inoltre, il Sistema di Sorveglianza Passi permette di stimare la reale copertura della popolazione per i tre programmi di screening raccogliendo anche dati circa il ricorso allo screening spontaneo, i fattori predittivi della pratica dello screening e le attività di promozione.

6.6.1 Lo screening mammografico

Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, basate sui dati raccolti dai Registri Tumori, il tumore al seno colpisce 1 donna su 11 nell’arco della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 40% di tutti i tumori che colpiscono le donne, nonché la prima causa di morte per tumore nella popolazione femminile.

In Italia, nel 2015 si sono registrate oltre 56.600 nuove diagnosi di tumore al seno, corrispondenti ad un tasso di incidenza standardizzato di 161,3 casi per 100.000. Complessivamente, a livello nazionale, l’incidenza del tumore al seno nel sesso femminile è aumentata negli ultimi quindici anni (da 137/100.000 nel 2000, per un aumento complessivo del 18% al 2015, corrispondente ad un aumento del 1,3% annuo, figura 37.A).

A. Casi incidenti di tumore alla mammella e tassi standardizzati (per 100.000), 2000-2015

B. Decessi e tassi di mortalità standardizzati (per 100.000), 2000-2015

218

Le ragioni di questo aumento risiedono in due generi di fattori: da un lato il progressivo invecchiamento della popolazione (ricordando che il rischio di patologia neoplastica aumenta con l’aumentare dell’età); dall’altro il miglioramento e la diffusione dei programmi di diagnosi precoce e screening. L’aumento dell’incidenza legato a migliorate capacità di diagnosi precoce è confermata dall’analisi dei dati di mortalità che – al contrario dell’incidenza di patologia – sottolineano come nell’ultimo decennio si sia assistito in Italia, in linea con gli altri paesi europei, ad un progressivo calo della mortalità per carcinoma mammario.

Il calo della mortalità – a fronte di un aumento dell’incidenza - quantifica l’impatto dei programmi di screening; in Italia, il tasso di mortalità standardizzato per età è passato dal 38,9/100.000 nel 2000 a 28,4 decessi per 100.000 nel 2015, corrispondenti ad una riduzione del 27% (figura 37.B). La sopravvi-venza delle donne affette da tumore della mammella in Italia è migliorata sensibilmente, la mortalità per cancro alla mammella si è ridotta notevolmente e la sopravvivenza stimata a 5 anni è pari all’87%.

Un recente studio ha quantificato l’impatto dei programmi di screening mammografico sulla riduzione della mortalità per cancro alla mammella in Euro-pa sommando tutte le evidenze disponibili provenienti da analisi osservazionali di trend: si stima che, complessivamente, l’introduzione su larga scala di programmi di diagnosi precoce porti ad una diminuzione della mortalità del 25-31% nelle donne invitate allo screening e del 38-48% nelle donne che si sottopongono effettivamente allo screening.

In Italia si registra dal 2009 al 2013 un incremento nel numero di donne italiane invitate a effettuare la mammografia: percentuale che passa dal 55% (2009-10), al 56% (2011-12) al 57% con il dato più aggiornato al 2013. Complessivamente, nel 2013, 2.696.888 donne sono state invitate allo screening mammografico, con una distribuzione per classi di età simile ai due bienni precedenti (figura 38). La valutazione dei principali indicatori raccol-ti e il confronto con gli standard di riferimento derivanraccol-ti dall’esperienza di programmi sia italiani sia europei, confermano il buon andamento complessivo dell’attività italiana di screening. L’adesione supera il livello accettabile del 50%, il tasso di richiami mostra una riduzione nell’ultimo biennio, il rapporto tra diagnosi istologiche benigne e maligne nelle donne sottoposte a biopsia chirurgica o intervento è pienamente al di sotto della soglia raccomandata e tende lentamente a ridursi61.

Figura 38. Dati nazionali di attività di screening mammografico 2009-2013

I dati del Sistema di Sorveglianza Passi 2011-14 evidenziano che in Italia 7 donne su 10 fra i 50 e i 69 anni, si sottopongono a scopo preventivo allo screening mammografico all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale65. I dati mostrano una profonda variabilità territoriale nell’ade-sione ai programmi di screening con un evidente gradiente nord-sud (figura 39), che si riflette profondamente nella distribuzione territoriale di mortalità per questa patologia (figura 40).

Figura 39. Copertura screening mammografico totale, organizzato e spontaneo (2011-2014) Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Sorveglianza Passi, 2015

220

Figura 40. Copertura screening mammografico totale per regione di appartenenza (tassi standardizzati 2011-2014) Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Sorveglianza Passi, 2015

6.6.2 Lo screening colorettale

A livello globale il carcinoma del colon-retto è la terza neoplasia maligna per frequenza nel sesso maschile (costituisce il 10% del totale delle neoplasie a livello mondiale) e la seconda nel sesso femminile66. Circa l’80% dei carcinomi del colon-retto insorge a partire da lesioni precancerose che, se diagnosticate tempestivamente attraverso i programmi di screening, possono essere tempestivamente trattate, migliorando la prognosi di malattia. In Italia, il carcinoma del colon-retto è in assoluto il tumore a maggiore insorgenza nella popolazione italiana, con quasi 61.000 diagnosi nel 2015. Tra i maschi si trova al terzo posto, preceduto da prostata e polmone (14% di tutti i nuovi tumori), nelle femmine al secondo posto, preceduto dalla mammella, con il 14% delle diagnosi neoplastiche67. Le diagnosi di tumore colon-rettale sono in aumento, in entrambi i sessi: dal 2000 ad oggi si è registrato un aumento del 54% nella popolazione maschile e del 28% nella popolazione femminile. Nel 2015 l’incidenza standardizzata per età di tumore colon-rettale è di 96 nuovi casi per 100.000 nella popolazione maschile (corrispondenti ad un aumento complessivo del 13% rispetto al 2000) e di 68,5/100.000 nella popolazione femminile (tasso d incidenza che si è mantenuto relativamente stabile negli ultimi anni) (figura 41.A-C). Per quanto concerne i dati di mortalità, si registra un trend in progressivo calo in entrambi i sessi - a dimostrazione di come l’introduzione nelle varie Regioni

66 Fonte: World Health Organization. International Agency for Research on Cancer. Globocan 2012: Estimated can Incidence, Mortality and Prevalence wordwide. 67 Fonte: Ministero della Salute, 2014.

di programmi di screening abbia contribuito positivamente al controllo di questa patologia. I tassi di mortalità (standardizzati per età) nel 2015 sono 31,4/100.000 nella popolazione maschile e 23/100.000 nella popolazione femminile, corrispondenti, ripetitivamente ad una diminuzione percentuale annua del 1,2% e 1,9% (figura 41.C-D).

A. Casi incidenti di tumore al colon-retto e tassi standardizzati (per 100.000), 2000-2015 - Popolazione maschile

B. Decessi e tassi di mortalità standardizzati (per 100.000), 2000-2015 - Popolazione maschile

C. Casi incidenti di tumore al colon-retto e tassi standardizzati (per 100.000), 2000-2015 - Popolazione femminile

D. Decessi e tassi di mortalità standardizzati (per 100.000), 2000-2015 - Popolazione femminile

222

La ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof) è il più utilizzato fra i test preventivi per la diagnosi precoce del tumore colorettale. La colonscopia/ rettosigmoidoscopia è un esame secondario alla ricerca del sangue occulto fecale, che ne completa la procedura diagnostica qualora il Sof risultasse positivo; pertanto non costituisce di per sé un indicatore di adesione al programma di screening.

Secondo i dati dell’Osservatorio Italiano Screening, rispetto ai bienni precedenti, nel 2011-12 l’attività di screening ha visto una notevole espansione, arrivando a invitare sul totale della popolazione circa sette milioni e ottocentomila soggetti, con un’adesione all’invito che però non supera il 45%. Nel 2013 gli invitati sono stati più di quattro milioni e trecentomila, con un’adesione del 44%. L’adesione è maggiore nelle donne rispetto agli uomini (49% vs. 45% per programmi con ricerca del sangue occulto fecale per il biennio 2011-2012) e nei soggetti di età superiore ai 60 anni rispetto alle fasce di età comprese tra i 50 e i 60 anni.

Mediamente in Italia, ogni 5 persone positive al test per la ricerca del sangue occulto fecale (Sof), una non ha aderito alla successiva colonscopia di approfondimento. Poiché con un Sof positivo il rischio di carcinoma o adenoma avanzato è molto alto (dal 30% al 40%), è essenziale sviluppare strategie efficaci di comunicazione del rischio, per garantire livelli elevati di adesione all’approfondimento.

Come si evince anche dai dati aggiornati al 2014 raccolti da sistema di Sorveglianza Passi, per quanto nel quadriennio 2010-2014 la copertura dello screening totale sia aumentata significativamente in tutto il Paese grazie soprattutto all’aumento della quota dello screening organizzato, la copertura nazionale dello screening colorettale resta ancora piuttosto bassa: meno del 4% del campione nella fascia di età 50-69 anni riferisce di aver eseguito uno degli esami per la diagnosi precoce dei tumori colon-rettali a scopo preventivo, nei tempi e modi raccomandati. Vi è una forte variabilità da Nord a Sud, a sfavore delle Regioni meridionali dove la quota di persone che si sottopone a screening è inferiore al 20% mentre supera il 60% fra i residenti al Nord (figure 42 e 43).

Figura 42. Copertura screening colorettale totale, organizzato e spontaneo (2011-2014)

Figura 43. Copertura screening colorettale totale per regione di appartenenza (tassi standardizzati2011-2014). (Nota: Le Asl piemontesi sono escluse dalle stime a causa della non confrontabilità dei programmi di screening adottati)

Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Sorveglianza Passi, 2015

6.6.4 Lo screening alla cervice uterina

Il tumore cervicale è al secondo posto nel mondo, dopo la mammella, tra i tumori che colpiscono le donne. La probabilità di sopravvivenza a 5 anni è aumentata negli ultimi 20 anni (dal 63 al 72%). Superato il primo anno dalla diagnosi la probabilità di sopravvivere per altri 5 anni aumenta notevol-mente (dal 77% al 92%).

Nel 2015 si sono registrati circa 1500 nuove diagnosi di tumore cervicale, per un tasso standardizzato di incidenza pari a 4,2 nuovi casi/100.000. L’incidenza del tumore cervicale ha registrato un trend in diminuzione dal 2000 ad oggi pari ad una riduzione percentuale del 47%. Analogamente, la mortalità è in calo: 1,9/100.000 nel 2015, si è ridotta del 50% rispetto al valore del 2000 (figura 44.A-B).

224

A. Casi incidenti di tumore alla cervice e tassi standardizzati (per 100.000), 2000-2015

B. Decessi e tassi di mortalità standardizzati (per 100.000), 2000-2015

Figura 44. A-B Incidenza e mortalità del tumore alla cervice - Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Istituto Nazionale Tumori e ISS, 2015

L’inclusione nei LEA dello screening cervicale (pap test) e la progressiva implementazione dei programmi di prevenzione secondari a livello regionale e locale hanno certamente contribuito al consolidarsi di questi trend in diminuzione, senza dimenticare che anche programmi di prevenzione primaria del tumore alla cervice (vaccinazione anti-HPV) – attivati in Italia dal 2008 – si stanno consolidando a livello territoriale.

Nel 2013 – secondo i dati più aggiornati messi a disposizione dell’Osservatorio Nazionale Screening – 1.661.945 donne hanno aderito allo screening per il tumore della cervice con un lieve ma progressivo aumento rispetto ai due bienni precedenti 2010-2012 (4.474.335) e 2007-2009 (4.505.369). L’adesione all’invito è superiore tra le donne con più di 45 anni rispetto alle più giovani61.

Dai dati Passi 2011-2014 risulta che in Italia, 8 donne su 10, in età fra 25 e 64 anni, si sottopongono a scopo preventivo allo screening cervicale. La copertura dello screening cervicale non è uniforme sul territorio nazionale: c’è un chiaro gradiente Nord-Sud e, nelle Regioni meridionali, solo 6 donne su 10 si sottopongono a Pap test o Hpv test a scopo preventivo; la Calabria è la Regione con la quota più bassa. Secondo Passi lo screening cervicale a scopo preventivo avviene quasi in ugual misura dentro e fuori i programmi organizzati dalle Asl: lo screening organizzato e quello spontaneo catturano entrambi circa il 40% della popolazione target femminile. Nelle Regioni del Centro-Nord, tuttavia, dove l’offerta di programmi organizzati è maggiore, è anche più alta la quota di donne che vi si sottopone rispetto alla quota di donne che lo fanno come iniziativa spontanea; accade il contrario nelle Regioni meridionali.

Figura 45. Copertura screening cervicale totale, organizzato e spontaneo (2011-2014) - Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Sorveglianza Passi, 2015

Figura 46. Copertura screening cervicale totale per regione di appartenenza (tassi standardizzati2011-2014) Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Sorveglianza Passi, 2015

226