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5 Le performance dei Sistemi Sanitari Regionali

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Academic year: 2022

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EFFICIENZA E APPROPRIATEZZA DELL’OFFERTA SANITARIA

Figura 9a. Area “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria”: performance e livelli di disomogeneità regionali Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Agenas, Aifa, Corte dei Conti, Istat, Ministero della Salute, 2015

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EFFICIENZA E APPROPRIATEZZA DELL’OFFERTA SANITARIA

Figura 9b. Area “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria”: performance e livelli di disomogeneità regionali Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Agenas, Aifa, Corte dei Conti, Istat, Ministero della Salute, 2015

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Guardando all’efficienza della gestione, 12 Regioni hanno registrato nel 2014 un risultato positivo, con valori pro capite che vanno dai 43 euro delle Marche a 83 centesimi di euro della Toscana. Guardando alle Regioni con risultato di esercizio negativo prima dell’utilizzo delle coperture, l’entità dei disavanzi è molto superiore, con 4 Regioni che hanno accumulato perdite superiore ai 100 euro pro capite.

Un altro indicatore di efficienza gestionale, proxy del livello di produttività del sistema, può essere misurato come rapporto tra le entrate proprie registrate a bilancio e i dipendenti del sistema sanitario regionale. Questo indicatore mostra come vi sia un significativo livello di disomogeneità tra le Regioni: la Lombardia, regione con il sistema sanitario più produttivo, genera 8.400 euro per dipendente, 1.000 euro per dipendente in più rispetto all’Emilia Roma- gna, regione con la seconda miglior performance. Il valore generato dalla Lombardia, è anche dalle 2,7 alle 3,7 volte superiore rispetto a quello generato nelle Regioni del Sud (si va dalla Sicilia con un valore pari a 1.760 euro per dipendente alla Calabria con 842 euro per dipendente).

Una maggiore efficienza del sistema deriva anche dal tasso di utilizzo della apparecchiature diagnostiche: investire nell’acquisto di apparecchiature ma utilizzarle poco rappresenta infatti un’allocazione non ottimale di risorse che potevano essere investite altrove. Se consideriamo il numero di pre- stazioni effettuate in un anno da ciascun tomografo a risonanza magnetica, emerge come un tomografo in Piemonte realizza oltre 3.000 prestazioni in più rispetto allo stesso tomografo in Molise (4.400 prestazioni per tomografo in Piemonte vs. 711 in Molise). La media italiana si attesta sui 2.500 esami per apparecchiatura.

L’ultima misura di efficienza gestionale è rappresentata dal tasso di utilizzo dei posti letto ospedalieri. Il Trentino Alto Adige e il Molise raggiungono tassi di utilizzo superiori al 90% (nello specifico pari a 92% e 93%). Il Piemonte, citato precedentemente come la regione con la più alta produttività delle apparecchiature in dotazione, mostra invece un tasso di utilizzo dei posti letto inferiore alla media nazionale e pari al 77%.

La degenza media standardizzata per case mix varia dai 6 giorni in Toscana agli 8 giorni in Valle d’Aosta: entrambe le Regioni, per i valori registrati rappresentano degli outlier. Con riferimento alla degenza preoperatoria, Lazio e Molise registrano valori pressoché doppi rispetto al Piemonte (2,4 vs.

1,3 giorni). L’ultimo indicatore di efficienza organizzativa monitorato mostra da parte di Marche, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana una maggiore adeguatezza nell’utilizzo dei posti letto in dotazione ai reparti chirurgici ospedalieri con meno del 25% delle dimissioni con DRG medico da reparti chirurgici. Di segno opposto la performance della Calabria, che registra un valore pari al 40%.

Sul fronte dell’informatizzazione dei servizi sanitari la Lombardia è la Regione con la più alta penetrazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (14,3%). Percentuali elevate superiori al 10% si registrano anche in Trentino Alto Adige (12,3%) e Umbria (10,9%). Inferiori al 3% sono invece i valori registrati in Puglia, Molise e Calabria.

Le ospedalizzazioni per le patologie croniche rappresentano la quota maggiore di ricoveri inappropriati. Per le 3 patologie croniche monitorate, il diabete senza complicanze, la BPCO e l’asma, le Regioni non mostrano un comportamento uniforme: ad esempio il Trentino Alto Adige presenta la più alta ospedalizzazione per diabete (0,32 ricoveri per 1.000 abitanti) ma uno dei più bassi per BPCO (1,84 ricoveri per 1.000 abitanti) e per asma (0,07 ricoveri per 1.000 abitanti). Aggregando i dati relativi alle 3 patologie Piemonte, Toscana e Marche mostrano le più basse percentuali di ospedalizzazioni per patologia cronica.

Il consumo pro capite di antibiotici, che rappresenta una buona proxy dell’appropriatezza prescrittiva, è maggiore nelle Regioni del Sud: in Calabria la dose definita giornaliera per 1.000 abitanti è pari a 33, il doppio che in Liguria (16). Oltre alla Liguria, anche Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia registrano un consumo contenuto di antibiotici con una dose giornaliera inferiore ai 20 per 1.000 abitanti.

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La figura 10 mostra il punteggio ottenuto dalle Regioni nell’area “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria”. Emilia Romagna e Toscana ottengono i punteggi medi più elevati, con un valore pari a 7,7, seguite da Piemonte e Lombardia a pari merito con un punteggio pari a 7,5. Tra queste Regioni e le altre il gap appare significativo. La Sardegna, ultima in classifica è l’unica ad aver conseguito un punteggio inferiore a 4.

Figura 10. Sintesi dell’area “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria” (punteggio 1-10) Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

La difformità maggiore in questa area si registra per l’indicatore di informatizzazione dei servizi sanitari (61%). Anche se tutte le Regioni stanno investen- do nello sviluppo di soluzioni di Fascicolo Sanitario Elettronico, il gap nell’utilizzo è ancora molto forte.

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Figura 11. Quadro sinottico dei livelli di disomogeneità rilevate nell’area “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria”

Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

5.1.4 Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema

La quarta e ultima area riguarda la qualità del sistema, intesa come qualità clinica delle prestazioni erogate, qualità percepita dai cittadini per i servizi erogati e in generale per la capacità del sistema di rispondere alle aspettative degli utenti. I 10 KPI utilizzati sono:

1. Soddisfazione dei cittadini sul servizio sanitario, rilevazione utile a comprendere quanto i sistemi Sanitari Regionali riescono a rispondere alle aspettative dei pazienti. L’indicatore è stato monitorato attraverso una survey in cui è stato chiesto ai cittadini “Quanto ti soddisfa il Servizio Sanitario Pubblico nella tua Regione?”

2. Immigrazione sanitaria, proxy dell’attrattività di un sistema sanitario, misurata attraverso il tasso di mobilità attiva, cioè il rapporto tra il numero di pazienti residenti in altre Regioni dimessi e il totale di pazienti dimessi nella Regione. Sono state considerate le attività per acuti in regime ordinario e diurno, le attività di riabilitazione in regime ordinario e diurno, le attività di lungodegenza.

3. Rapidità di intervento dei mezzi di soccorso misurata attraverso l’indicatore LEA “Intervallo Allarme-Target dei mezzi di soccorso”, proxy della capacità di un sistema di fronteggiare le emergenze. L’indicatore misura il lasso di tempo che intercorre tra la chiamata dei soccorsi e l’arrivo dei mezzi di soccorso.

4. Mortalità a 30 giorni a seguito del ricovero per infarto acuto del miocardio (IMA), indicatore di esito nell’area cardiovascolare; la sopravvivenza di un paziente con infarto miocardico acuto dipende dalla tempestività e dall’efficacia del processo diagnostico-terapeutico che inizia con il ricovero.

5. Tempi di attesa per intervento chirurgico, valutati attraverso il numero mediano di giorni di attesa per gli interventi di frattura di tibia/perone e frattura del collo del femore corretti per la gravità della frattura stessa.

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6. Tempi di attesa per ricovero oncologico non urgente, valutati considerando i giorni di attesa per il ricovero per tumore al polmone, al colon-retto, all’utero, alla mammella e alla prostata.

7. Infezioni ospedaliere, monitorato e attraverso il verificarsi di infezioni cliniche in seguito a cure mediche o a intervento chirurgico.

8. Diffusione degli interventi di angioplastica primaria (PTCA). L’indicatore misura il numero di pazienti colpiti da IMA che vengono sottoposti a PTCA entro 48 ore dal ricovero rispetto al totale dei pazienti ricoverati per questa stessa patologia. La diffusione di questa pratica nelle ore im- mediatamente successive all’infarto permette di non intervenire successivamente con pratiche più invasive e aumenta il tasso di sopravvivenza dei pazienti.

9. Diffusione di pratiche laparoscopiche, indicatore impiegato per valutare l’utilizzo di pratiche meno invasive e che comportano tempi di ripresa inferiori per i pazienti; come proxy è stato considerato l’utilizzo di tecniche laparoscopiche per le colecistectomie in regime ordinario.

10. Posti letto in hospice per valutare l’attenzione che i sistemi rivolgono ai malati terminali.

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QUALITÀ DELL’OFFERTA SANITARIA E RESPONSIVENESS DEL SISTEMA

Figura 12a. Area “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema”: performance e livelli di disomogeneità regionali Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Agenas, Altroconsumo e Ministero della Salute, 2015

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QUALITÀ DELL’OFFERTA SANITARIA E RESPONSIVENESS DEL SISTEMA

Figura 12b. Area “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema”: performance e livelli di disomogeneità regionali Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Agenas, Altroconsumo e Ministero della Salute, 2015

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La soddisfazione dei cittadini in merito alla qualità del servizio sanitario varia molto tra regione e regione. Le Regioni del Nord, in particolare Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia mostrano livelli di gradimento molto alti per la qualità dei servizi ricevuti. Si può notare inoltre che le Regioni meno soddisfatte del proprio sistema sono anche quelle in cui si registra un peggior stato di salute della popolazione (area A del Meridiano Sanità Regional Index) e una minore capacità del sistema di rispondere ai bisogni di salute (area B del Meridiano Sanità Regional Index).

La buona qualità di un sistema sanitario attira anche cittadini residenti in altre Regioni. A tal proposito, guardando al tasso di immigrazione sanitaria, emerge come Molise ed Emilia Romagna riescano ad attrarre maggiormente pazienti provenienti da altre Regioni: il Molise riesce ad attrarre il bacino campano, mentre l’Emilia Romagna quello marchigiano, soprattutto per le attività per acuti in regime ordinario e diurno. La Sicilia e la Sardegna, anche a causa della loro collocazione geografica registrano il più basso tasso di mobilità attiva.

La qualità di un sistema dipende anche da come questo riesce a far fronte alle situazioni di emergenza. Ad esempio in Liguria e in Lombardia intercor- rono in media meno di 14 minuti tra la chiamata dei mezzi di soccorso e il loro arrivo, il doppio rispetto alla Calabria e alla Basilicata, che presenta il tempo di attesa maggiore con 27 minuti. Va sottolineato come la rapidità nell’arrivo dei mezzi di soccorso dipenda anche dallo stato della rete stradale, meno sviluppata nel Mezzogiorno.

Il tempestivo intervento nella diagnosi e cura di un paziente colpito ad esempio da un accidente cardiovascolare è fondamentale per la sua sopravvi- venza. Il tasso di mortalità a 30 giorni a seguito di infarto miocardico acuto si verifica soltanto in 10 casi su 100 ricoverati (media nazionale), dato che mostra una bassa difformità regionale (se si esclude la Valle d’Aosta è pari solo al 10%). Molti passi in avanti sono stati fatti nella gestione e cura del paziente cardiopatico al verificarsi dell’evento acuto, mentre maggiori difformità regionali e margini di miglioramento si riscontrano ancora nella gestione del paziente nella fase post acuta.

Elevati tempi di attesa per ricevere una determinata prestazione denotano, oltre che una non corretta organizzazione del sistema per far fronte ai bisogni della popolazione di riferimento, anche una scarsa consapevolezza dei rischi che si possono correre non intervenendo tempestivamente sui pazienti. Per essere operati ad esempio in Sardegna a tibia e perone occorrono 6,5 giorni, 3 in più rispetto a un paziente del Trentino Alto Adige. In Campania e Molise occorrono invece 7 giorni per essere operati al collo del femore, 4 giorni in più rispetto alla Valle d’Aosta. Anche per accedere ai ricoveri oncologici non urgenti la situazione italiana è molto variegata. Ad esempio in Basilicata occorrono 15 giorni per essere ricoverati per un tumore al polmone, 33 giorni in meno rispetto al Veneto; il ricovero per questa patologia presenta anche il maggior livello di disomogeneità regionale tra i tempi di attesa per il ricovero oncologico (31%). Per il tumore alla prostata occorrono 22 giorni per il ricovero in Trentino Alto Adige e 53 giorni nelle Marche.

L’insorgere di infezioni durante le cure ospedaliere o nella fase di post intervento chirurgico rappresenta una buona proxy per monitorare il rischio clinico all’interno delle strutture ospedaliere della regione. Ad esempio, la frequenza maggiore di infezioni dovute a cure mediche è stata registrata in Piemonte e Valle d’Aosta (rispettivamente 31,3 e 28,8 infezioni riscontrate per 100.000 dimessi), mentre il numero minore in Puglia e Sardegna (rispettivamente 2,6 e 2,5 infezioni riscontrate per 100.000 dimessi). Sul fronte delle infezioni post chirurgiche l’Emilia Romagna registra il numero maggiore con 408 infezioni riscontrate su 100.000 dimessi, mentre la Sardegna il numero più basso (90 infezioni riscontrate su 100.000 dimessi). Va sottolineato come il maggior numero di eventi registrati sia anche il frutto di una maggiore attenzione al monitoraggio di questi particolari eventi. Nonostante ciò, tale indica- tore è stato comunque inserito all’interno dell’Index perché di fondamentale importanza per giudicare la qualità dei servizi erogati ai cittadini.

La diffusione di interventi di angioplastica primaria e di pratiche laparoscopiche migliora il recupero del paziente che viene sottoposto in questi casi a pratiche meno invasive rispetto alle tecniche tradizionali. Le pratiche laparoscopiche per l’asportazione della colecisti sono ormai largamente diffuse:

da Nord a Sud queste pratiche vengono eseguite nel 90% dei casi. Nel caso di intervento di angioplastica primaria (PTCA) entro 2 giorni dal verificarsi dell’infarto si tratta anche di aumentare sensibilmente la speranza di sopravvivenza del paziente. In Valle d’Aosta e Liguria più del 45% degli infartuati vengono trattati con PTCA entro 2 giorni, mentre in Molise, Basilicata e Marche la percentuale scende sotto il 20%. Regioni come Emilia Romagna e Lombardia sono allineate alla media nazionale (39%).

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La presenza di posti letto in hospice denota l’attenzione che un sistema sanitario rivolge ai malati terminali, assicurando loro assistenza continuativa e una morte serena. Su questo indicatore il livello di disomogeneità regionale è significativo: si passa dalla Sardegna che prevede 3,8 posti letto per 100 pazienti deceduti per tumore, alla Campania con appena 0,3 posti.

La figura 13 mostra il punteggio che le Regioni hanno ottenuto nell’area “Qualità dell’offerta e responsiveness del sistema”. Come per l’area A, quella re- lativa alla salute della popolazione, il Trentino Alto Adige guida la classifica con un punteggio pari a 7,1 seguito da vicino da Lombardia, Emilia Romagna e Toscana. Come osservato per le altre aree analizzate, anche in questo caso due Regioni del Sud chiudono la classifica, Campania e Calabria, entrambe con un punteggio inferiore a 5.

Figura 13. Sintesi dell’area “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema” (punteggio 1-10) Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

L’immigrazione sanitaria, la disponibilità di posti letto in hospice e le infezioni ospedaliere, sono gli indicatori per cui si registra il maggior livello di diso- mogeneità regionale, con valori pari rispettivamente al 68%, 48% e 44%. Al contrario, sulla diffusione di pratiche laparoscopiche, le Regioni si mostrano assolutamente convergenti.

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Figura 14. Quadro sinottico dei livelli di disomogeneità rilevate nell’area “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema”

Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

5.1.5 Meridiano Sanità Regional Index

La media dei punteggi ottenuti dalle Regioni nei 4 sotto-indici che compongono il Meridiano Sanità Regional Index offre una visione di insieme delle aree analizzate.

L’Emilia Romagna (7,3) e la Lombardia (7,0) occupano le prime 2 posizioni. Seguono Toscana e Trentino Alto Adige con un punteggio pari a 6,9. Pun- teggi elevati pari a 6,7 e 6,6 sono ottenuti anche da Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Tutte le Regioni del Sud ottengono invece valori inferiori alla media nazionale.

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Figura 15. Posizionamento delle Regioni nel “Meridiano Sanità Regional Index” (punteggio 1-10) Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

Come mostrato nel corso dell’analisi vi sono aree di indagine in cui le difformità regionali sono più accentuate che in altre. Lo Stato di salute della popo- lazione, che ci vede ancora tra i migliori in Europa (come mostrato nel capitolo 3 di questo rapporto) mostra anche il più basso livello di difformità (15%), sintomo che in un confronto europeo tutte le Regioni italiane ottengono dei buoni risultati. Per quanto riguarda invece l’area dell’Equità e della Capacità di risposta ai bisogni di salute, la dimensione che più ci penalizza rispetto ad altri Paesi europei, il livello di difformità è il maggiore registrato. Questo indica che la performance media nazionale viene drasticamente ridimensionata dalle Regioni del Sud che sui temi della prevenzione, di gestione degli anziani e delle cronicità e della equità del sistema devono compiere molti passi in avanti.

Figura 16. Quadro sinottico dei livelli di disomogeneità rilevati nelle 4 aree del Meridiano Sanità Regional Index Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

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Le performance conseguite dalle singole Regioni sul Meridiano Sanità Regional Index derivano in forte misura dall’impostazione che ciascuna ammini- strazione regionale ha dato al proprio sistema. La spesa sanitaria sostenuta dalle Regioni esprime la quantità di risorse destinate ad un settore di così fondamentale importanza, quale quello della Salute. Mettendo in relazione tale spesa con le performance ottenute nel Meridiano Sanità Regional Index emerge come le Regioni con risultati migliori, siano anche quelle caratterizzate da un livello di spesa, pubblica e privata, maggiore. In più queste Regioni, tutte del Nord, sono anche quelle caratterizzate da un livello di ricchezza superiore. Le Regioni del Sud registrano risultati opposti, cioè performance peggiori e livelli di spesa pubblica inferiori.

C’è quindi una relazione molto forte tra la ricchezza di una Regione, le risorse che essa destina al settore della Salute e i risultati di performance che il sistema sanitario pubblico ottiene.

Figura 17. Relazione tra il Meridiano Sanità Regional Index 2015 e la spesa sanitaria pro capite (pubblica e privata), 2014 Fonte: The European House – Ambrosetti, 2015

Come evidenziato dall’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e dalla revisione dell’OECD sulla qualità dell’assistenza sanitaria in Italia, è necessario proseguire gli sforzi per rendere il sistema più sostenibile, ma bisogna anche rafforzare il ruolo dello Stato nell’indirizzo e verifica dei sistemi sanitari regionali, al fine di garantire un’erogazione omogenea almeno dei LEA su tutto il territorio nazionale e quindi un livello più omogeneo delle cure a tutti i cittadini, indipendentemente dalla Regione di residenza.

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5.2 LA SOSTENIBILITÀ DEI SISTEMI SANITARI REGIONALI

La sostenibilità diventa un elemento indispensabile di un sistema sanitario di tipo Beveridge. In una fase di rallentamento della crescita economica e di razionamento della spesa pubblica una maggiore sostenibilità può essere garantita da uno sviluppo equilibrato della sanità privata che può supportare la sanità pubblica.

Nel 2014 la spesa sanitaria totale media registrata nelle Regioni italiane è stata pari a 2.263 euro pro capite, in aumento dello 0,9% rispetto allo scorso anno. Una spesa superiore ai 2.600 euro è stata registrata in Valle d’Aosta (2.734 euro) e nelle Province Autonome di Trento (2.706 euro) e Bolzano (2.695 euro); Calabria, Sicilia e Campania sono invece le uniche Regioni ad aver registrato una spesa complessiva inferiore ai 2.000 euro pro capite (rispettivamente 1.945, 1.912 e 1.900 euro).

Come accade per la media nazionale, su tutto la penisola, la quota di spesa privata sulla spesa sanitaria complessiva è piuttosto limitata anche se, in alcune Regioni, tale fenomeno è molto più accentuato. In Sardegna e Sicilia la spesa privata rappresenta soltanto il 13% della spesa sanitaria totale, mentre in Valle d’Aosta e Lombardia il peso di questa componente arriva al 24%. La spesa privata supera la quota del 20% sulla spesa sanitaria totale anche in Veneto (23%), Piemonte ed Emilia Romagna (22%) e Friuli Venezia Giulia (21%).

Figura 18. Spesa sanitaria totale pro capite nelle Regioni (euro), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti e Istat, 2015

Il perdurare della crisi finanziaria e la difficile condizione economica delle famiglie ha mostrato i suoi effetti sulla spesa sanitaria privata pro capite, in calo del 2,5% rispetto al 2013.

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In valore assoluto, la spesa sanitaria privata sostenuta dalle famiglie residenti, pari in Italia a 434 euro pro capite, risulta maggiore in Valle d’Aosta (648 euro), Lombardia (589 euro) ed Emilia Romagna (558 euro). Altri 5 territori (Friuli Venezia Giulia, la Provincia Autonoma di Trento, il Veneto e il Piemonte) hanno sostenuto una spesa privata superiore ai 500 euro. Sotto i 300 euro è stata invece la spesa registrata in Sardegna (283 euro), Calabria (274 euro), Campania (260 euro) e Sicilia (241 euro).

Tutte le Regioni in Piano di Rientro2, ad eccezione del Piemonte, hanno registrato un livello di spesa inferiore alla media nazionale, così come tutte le Regioni del Centro-Sud ad eccezione della Toscana.

Figura 19. Spesa sanitaria privata pro capite nelle Regioni (euro), 2014 - Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Istat, 2015

C’è una forte relazione tra spesa sanitaria privata e pubblica: i territori con una spesa sanitaria privata superiore, hanno anche registrato una spesa sanitaria pubblica superiore alla media nazionale. Questo implica che la spesa privata non è stata usata per compensare una spesa sanitaria pubblica bassa, ma bensì ha permesso a queste Regioni l’ottenimento di migliori performance in virtù delle risorse disponibili per l’intero settore, come mostrato dal Meridiano Sanità Regional Index. Già lo scorso anno Meridiano Sanità aveva mostrato come in sede di monitoraggio della griglia LEA, le Regioni più adempienti erano state quelle caratterizzate da un maggior livello di spesa totale (pubblica e privata). Le Regioni con maggiori livelli di spesa sanitaria complessiva e migliori performance sono poi anche quelle caratterizzate da un PIL pro capite superiore alla media nazionale. La conclusione che le Regioni più performanti siano quelle caratterizzate da un maggior livello di spesa amplifica il rischio di non equità dei sistemi sanitari regionali.

2 Nel 2015 risultano in Piano di Rientro le Regioni Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

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Figura 20. Spesa sanitaria pubblica e privata nelle Regioni (euro), 2014 - Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti e Istat, 2015

Nel 2014 la spesa sanitaria pubblica3 si è attestata a 111 miliardi di euro, in aumento rispetto al 2013 dello 0,9%, che con una popolazione che nel 2014 ha raggiunto quota 60,8 milioni si traduce in 1.829 euro pro capite.

Le Province Autonome di Bolzano e Trento, la Valle d’Aosta e il Molise sono gli unici territori ad aver registrato una spesa sanitaria pubblica superiore ai 2.000 euro pro capite (rispettivamente pari a 2.211, 2.169, 2.086 e 2.084 euro). Inferiori a 1.700 euro invece sono i livelli di spesa registrati in Sicilia e Calabria (1.671 euro) e Campania (1.640 euro).

Nel gruppo di Regioni (8) che spendono meno rispetto alla media nazionale figurano tutte le Regioni del Sud, ad eccezione del Molise, e le Regioni sottoposte a Piani di Rientro, ad eccezione di Molise, Piemonte e Lazio.

Il divario Nord-Sud, anche se risulta tuttora evidente, si è ridotto rispetto allo scorso anno, anche se non è ancora tornato ai livelli del 2012: il gap tra la Provincia Autonoma di Bolzano e la Campania, rispettivamente i territori con i livelli di spesa maggiore e minore, si è attestato a 571 euro, contro i 652 euro dello scorso anno e i 500 euro del 2012.

3 La spesa sanitaria pubblica comprende le voci: Acquisto di beni, Manutenzioni e riparazioni, Assistenza Sanitaria di base, Spesa Farmaceutica, Spesa Specialistica, Spesa riabilitativa, Spesa Integrativa, Spesa Ospedaliera, Altre prestazioni, Altri servizi sanitari, Godimento di beni di terzi, Personale ruolo sanitario, Personale ruolo professionale, Personale ruolo tecnico, Personale ruolo amministrativo, Spese amministrative generali, Servizi appaltati, Ammortamenti e costi capitalizzati, Accantonamenti e Variazione rimanenze.

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Figura 21. Spesa sanitaria pubblica pro capite delle Regioni (in euro), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti e Agenas, 2015

Ad aver contribuito alla riduzione del divario Nord-Sud è stato sia l’aumento del livello di spesa sanitaria pubblica registrato nelle Regioni del Sud, sia la diminuzione dello stesso nelle Regioni del Nord che da sempre registrano livelli di spesa maggiori alla media nazionale. Nell’ultimo anno le Regioni con una spesa inferiore alla media hanno registrato una crescita media pari all’1,31%, mentre quelle con una spesa superiore alla media una riduzione dello 0,17%. L’evidenza è ancora più forte se si considerano i quartetti con la spesa sanitaria pubblica più bassa e più alta: il primo ha registrato una crescita pari all’1,5% mentre il secondo una decrescita pari al 2,3%.

Tra le Regioni con la spesa sanitaria pubblica pro capite più bassa, solo la Sicilia e il Veneto hanno mantenuto un livello di spesa pressoché stabile rispetto allo scorso anno.

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Figura 22. Spesa sanitaria pubblica pro capite delle Regioni al 2014 (euro) e variazione rispetto al 2013 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti, 2015

L’aumento della spesa sanitaria pubblica non si è tradotto ad ogni modo in un peggioramento dei risultati di gestione delle Regioni. Il 2014 infatti ha visto un miglioramento dei risultati economici regionali, sulla scia di quanto già accaduto negli ultimi anni.

Il disavanzo complessivo nazionale prima delle coperture è stato pari a 836 milioni di euro, ridottosi del 50% rispetto allo scorso anno (1,7 miliardi di euro); 9 Regioni hanno registrato un risultato di esercizio negativo, superiore ai 100 milioni di euro in 4 casi (le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Lazio e la Sardegna), mentre una Regione, la Basilicata, ha quasi raggiunto il pareggio di bilancio (-0,7 milioni di euro).

La Regione con l’avanzo maggiore è stata invece la Campania con un risultato di esercizio positivo pari a 200 milioni di euro.

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Figura 23. Risultato di esercizio dei sistemi sanitari regionali prima delle coperture (milioni di euro), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti, 2015

Tutte le Regioni in Piano di Rientro, eccetto la Calabria, hanno migliorato significativamente i propri risultati di gestione. Nel 2014 soltanto 3 delle 8 Regio- ni in Piano hanno registrato un utile di esercizio negativo, contro le 5 dello scorso anno. Chi presentava un risultato negativo lo scorso anno o ha ridotto il proprio deficit (Lazio e Molise), o è riuscita ad essere in attivo (Puglia e Piemonte); chi già presentava un risultato positivo ha migliorato ulteriormente in proprio avanzo.

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Figura 24. Risultato di esercizio delle Regioni in Piano di rientro prima delle coperture (milioni di euro), 2013 e 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti, 2015

Se si considerano anche le coperture previste dalle Regioni per ripianare i propri disavanzi, le Regioni con un utile di esercizio negativo passano da 9 a 3 (Molise, Liguria e Sardegna): ad esempio nel Lazio le coperture previste hanno consentito di garantire risorse di gran lunga superiori a coprire il disavanzo. Tra le Regioni in Piano di Rientro solo il Molise continua a presentare risultati negativi e a richiedere ancora la copertura dei disavanzi pregressi.

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Figura 25. Risultato di esercizio dei sistemi sanitari regionali dopo le coperture (milioni di euro), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti, 2015

Il miglioramento dei risultati di gestione si è tradotto in un aumento della compartecipazione del cittadino, passata rispettivamente da 2,9 a 3 miliardi di euro (+1,1%). L’aumento è frutto dell’incremento dei ticket sui farmaci, pari a 4,5%, che ha più che compensato la compartecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie ridottasi del 2,2%.

La compartecipazione complessiva risulta abbastanza bilanciata rispetto alle sue due componenti: su una spesa pro capite media nazionale pari a 49 euro, 25 euro sono attribuibili ai ticket sui farmaci e 24 euro ai ticket sulle prestazioni sanitarie. Questo bilanciamento non è però riscontrabile in tutte le Regioni: in Campania e Sicilia la spesa compartecipata sui farmaci è doppia rispetto a quella per le prestazioni sanitarie, mentre in Friuli Venezia Giulia, nella Provincia Autonoma di Trento e in Valle d’Aosta si verifica esattamente il contrario.

Veneto e Valle d’Aosta sono le Regioni con il livello di compartecipazione maggiore, con una spesa superiore ai 60 euro pro capite, mentre in Calabria, nella Provincia Autonoma di Trento e in Sardegna la spesa complessiva è inferiore ai 40 euro. Mentre nella Provincia di Trento il basso livello di spesa è frutto della riduzione della stessa del 5,6% rispetto allo scorso anno, in Calabria e Sardegna la spesa risulta ancora più bassa che nel resto d’Italia nonostante l’aumento registrato nel 2014 pari rispettivamente a 6,6% e 4,8%.

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Figura 26. Compartecipazione pro capite dei cittadini attraverso ticket sui farmaci e sulle prestazioni sanitarie nelle Regioni (euro), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Corte dei Conti, 2015

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6 IL VALORE DELLA PREVENZIONE PER IL SISTEMA

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6.1 GLI AMBITI DI AZIONE DELLA PREVENZIONE

La definizione e gli ambiti di intervento della prevenzione sono cambiati nel corso del tempo. Nel secolo scorso le attività di prevenzione erano finalizzate ad evitare lo sviluppo di uno stato patologico con interventi che impedissero l’insorgere della malattia (prevenzione primaria) ed evitassero o ritardassero la progressione della malattia e le complicanze (prevenzione secondaria). Negli anni si è ampliata la definizione di prevenzione primaria includendo la promozione della salute, e si sono evidenziate le attività di prevenzione secondaria (ricercare le malattie negli stadi iniziali) e terziaria (invertire, ritardare la progressione della malattia).

Le autorità internazionali ed europee hanno recentemente ribadito, attraverso la pubblicazione di documenti di indirizzo condivisi, l’opportunità per i sistemi sanitari di promuovere le politiche di prevenzione, definendo la prevenzione una priorità delle politiche sanitarie e un utile investimento per lo sviluppo sociale ed economico di ogni paese, ricordando che evitare malattie consente in molti casi risparmi diretti (ospedalizzazioni, farmaci, esami diagnostici) e indiretti (costi sociali e di perdita di produttività del lavoro). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che le politiche di prevenzione possano essere di aiuto per la sostenibilità e raccomanda l’attuazione delle politiche di prevenzione sanitaria e la protezione del livello di finanziamento dei servizi di prevenzione e sanità pubblica. Il 3° Programma UE in materia di salute (2014-2020) «Salute per la crescita» prevede di individuare, diffondere e promuovere l’adozione di buone pratiche convalidate per misure di prevenzione efficaci sotto il profilo dei costi. Auspici che devono necessariamente essere tradotti in buone pratiche nell’ambito di un’efficace organizzazione.

L’Italia già da diversi anni ha approvato documenti programmatici tendenti a dare impulso alle attività di prevenzione ai diversi livelli. Tra le priorità del Dicastero vi è la valorizzazione delle policy relative alla prevenzione, in tutte le sue forme e nei diversi ambiti ove essa può essere attuata.

Nel nostro Paese le attività di recupero di risorse da reinvestire nel sistema sanitario per garantire la sostenibilità nel tempo e non allontanarsi dai livelli di qualità e sicurezza garantiti fino ad oggi non possono prescindere da efficaci e efficienti interventi nel settore della prevenzione che sono compresi nei LEA, con una spesa programmata del 5%. La prevenzione sanitaria comprende interventi con impegno di personale del Servizio Sanitario Nazionale che riguardano:

attività di prevenzione rivolta alle persone (vaccinazioni,

- screening, prestazioni obbligatorie per la tutela della salute collettiva come in caso di

epidemie, gestione di immigrati, ecc.);

attività di igiene degli alimenti e della nutrizione;

-

prestazioni di igiene e sanità pubblica come sopralluoghi, attività autorizzative e ispettive anche in strutture socio-sanitarie, interventi per emer- -

genze, iniziative di informazione ed educazione sanitaria nella popolazione e comunità scolastiche, controlli ambientali (che pure per larga parte affidati al sistema ARPA vengono ad oggi finanziati dal fondo sanitario);

prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro per ridurre incidenti e malattie professionali;

-

1 Questo capitolo è stato realizzato in collaborazione con il Prof. Carlo Signorelli e la D.ssa Anna Odone.

(25)

156 sanità pubblica veterinaria;

-

servizio medico-legale (certificazioni e idoneità).

-

In un contesto come quello attuale, in cui le contingenze economiche e finanziarie minano la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, la scelta di puntare con decisione sulla prevenzione come volano di sviluppo per un sistema al bivio rappresenta una prova particolarmente sfidante che l’Italia ha dimostrato, negli ultimi anni, di cogliere. Infatti, dalla modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, la cultura della prevenzione si è progressivamente diffusa nel Paese attraverso la successiva approvazione di una serie di atti programmatici e legislativi, fino alla recente approvazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018. Tra i i principali atti:

Accordo di Cernobbio 2004;

-

Piano Prevenzione Attiva 2004-2006;

-

Intesa Stato-Regioni del marzo 2005;

-

Piano Nazionale della Prevenzione 2005-2009;

-

Piano Nazionale Vaccinazioni 2005-2007;

-

Piano Nazionale della Prevenzione 2010-2013;

-

Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014.

-

Con l’accordo di Cernobbio del 2004 per la prima volta in maniera esplicita lo Stato e le Regioni si attivavano per la “prevenzione attiva” relativamente a: rischio cardiovascolare, complicanze del diabete, screening oncologici e vaccinazioni, trovando un accordo “sulle linee di intervento necessarie per garantire servizi sanitari in modo efficiente e soddisfacente ai cittadini”. Il principio della “prevenzione attiva”, intesa come un insieme articolato di inter- venti offerti attivamente alla popolazione generale o a gruppi a rischio nei confronti di malattie di rilevanza sociale, con il coinvolgimento integrato dei vari soggetti del Servizio Sanitario Nazionale, emergeva rispetto ai tradizionali interventi di prevenzione, in quanto puntava non sull’obbligatorietà e sul controllo, ma sulla promozione ed adesione consapevole da parte del cittadino ai programmi di prevenzione.

Con l’Intesa Stato-Regioni nel marzo 2005, il Ministero della Salute e le Regioni convennero di vincolare la rilevante cifra di 440 milioni di euro per il finan- ziamento del Piano Nazionale di Prevenzione Attiva Nazionale. Dal 2005, il Piano Nazionale della Prevenzione del 2005-2009 e del 2010-2013 hanno interpretato la prevenzione come una risorsa strategica del sistema sanitario, individuando interventi efficaci da attuare su tutto il territorio nazionale in ambiti di intervento che si sono ampliati nel susseguirsi delle versioni del Piano, ma sempre riconoscendo una funzione centrale di coordinamento, una regionale di pianificazione e monitoraggio e una locale di attuazione e gestione.

(26)

Cosa significa prevenzione oggi in Italia

“Fare prevenzione è un insieme di azioni complesso, organizzato ed incessante. Comprende attività di cui spesso la gente non s’accorge, ma continuamente presenti, come la vigilanza igienica su urbanistica, edilizia privata e pubblica, approvvigionamento idrico e smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, preparazione, vendita e commercio di alimenti e bevande: tutti compiti affidati alle ASL, ai loro Dipartimenti di Prevenzione nonché ad organi tecnici delle Regioni e dello Stato. Ben più visibili le attività rivolte alla popolazione: campagne per realizzare i Piani di vaccinazione a tutte le età, la sorveglianza nutrizionale nelle scuole, screening delle malattie più rilevanti nelle fasce di popolazione a rischio, prevenzione delle abitudini al fumo, alle droghe ed al gioco, educazione della popolazione tutta a stili di vita salutari. Qui, accanto ai Dipartimenti di Prevenzione, entrano in azione anche i Distretti Sanitari, le case della salute, i medici di famiglia, più vicini alla vita quotidiana dei cittadini. Ma fare prevenzione significa anche svolgere studi e ricerche che preparano gli strumenti ed orientano le migliori strategie; nonché formare nelle università le varie figure (medici, ingegneri, tecnici, assistenti sanitari, tecnici della prevenzione, ecc.) che saranno i protagonisti delle attività di prevenzione. Occorre che i decisori sanitari nazionali e regionali recepiscano le evidenze scientifiche, favorendo e finanziando le campagne di prevenzione; occorre che gli operatori del servizio sanitario nazionale si impegnino per la buona riuscita delle campagne e che anche i cittadini facciano la loro parte, riducendo o abolendo i fattori di rischio individuali – fumo, alcool e droghe - correggendo le cattive abitudini alimentari, accettando di svolgere attività fisica quotidiana, tutte azioni che documentatamente riducono la frequenza di diverse malattie”

(Carlo Signorelli, Presidente della SItI)

6.1.1 Il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 e le declinazioni regionali

Sulla scorta delle esperienze maturate con i precedenti Piani, i punti di forza e le criticità rilevate, l’Intesa sul nuovo Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2014-2018 è stata approvata dalla Conferenza Stato Regioni il 13 Novembre 2014. Strumento fondamentale di pianificazione del Ministero, stabi- lisce gli obiettivi e gli strumenti per la prevenzione che devono essere adottati a livello regionale con i Piani regionali. Le Regioni e le Province Autonome hanno convenuto che per il PNP siano destinati 200 milioni di euro all’anno, oltre alle risorse previste da accordi per la realizzazione del Piano Sanitario Nazionale.

Il Piano Nazionale della Prevenzione, parte integrante del Piano Sanitario Nazionale, affronta le tematiche relative alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie e prevede che ogni Regione predisponga e approvi un proprio Piano.

I macro-obiettivi individuati dal PNP 2014-2018 sono:

1. ridurre il carico prevenibile ed evitabile di morbosità, mortalità e disabilità delle malattie non trasmissibili;

2. prevenire le conseguenze dei disturbi neurosensoriali;

3. promuovere il benessere mentale nei bambini, adolescenti e giovani;

(27)

158 4. prevenire le dipendenze da sostanze e comportamenti;

5. prevenire gli incidenti stradali e ridurre la gravità dei loro esiti;

6. prevenire gli incidenti domestici e i loro esiti;

7. prevenire gli infortuni e le malattie professionali;

8. ridurre le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute;

9. ridurre la frequenza di infezioni/malattie infettive prioritarie;

10. attuare il Piano Nazionale Integrato dei Controlli per la prevenzione in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria.

Il coordinamento dell’attuazione del PNP (2014-2018) è affidato alla Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute, che assicura il necessario raccordo operativo con le direzioni generali nell’ambito della sanità animale e dei farmaci veterinari e per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione.

Le Regioni entro il 31 dicembre 2014 avrebbero dovuto recepire con apposita delibera il PNP. Esse si erano impegnate inoltre ad adottare, entro il 31 maggio 2015, i Piani Regionali Prevenzione (PRP) per la realizzazione dei contenuti del PNP. Le date di recepimento del PNP e di emanazione dei singoli Piani Regionali della Prevenzione (PRP) sono riportati nel box sottostante.

Complessivamente, ad oggi, quasi tutte le Regioni hanno:

recepito l’Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome sulla proposta del Ministero della Salute concernente il Piano Nazionale per -

la Prevenzione per gli anni 2014-2018;

svolto un’analisi di contesto regionale per ciascun Macro Obiettivo del PNP ai fini della individuazione, in via preliminare, dei programmi regio- -

nali con i quali dovranno essere perseguiti tutti gli obiettivi centrali;

redatto e approvato i singoli Piani Regionali di Prevenzione (PRP);

-

fatto pervenire al Ministero della Salute i propri PRP.

-

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Piani Regionali della Prevenzione – Stato dell’arte (ottobre 2015) Abruzzo

Recepimento: 10 Aprile 2015 Approvazione PRP: 29 maggio 2015 Struttura PRP: 13 Programmi regionali Basilicata

Recepimento: 26 febbraio 2015 Approvazione PRP: 29 maggio 2015 Struttura PRP: 7 Programmi regionali Calabria

Documentazione non fatta pervenire al Ministero Campania

Recepimento: 31 Dicembre 2014

Approvazione PRP: Documentazione non fatta pervenire al Ministero Emilia-Romagna

Recepimento: 23 febbraio 2015 Approvazione PRP: 29 giugno 2015 Struttura PRP: 6 Programmi regionali Friuli Venezia Giulia

Recepimento: 30 dicembre 2014 Approvazione PRP: 26 giugno 2015 Struttura PRP: 16 Programmi regionali Lazio

Recepimento: 16 gennaio 2015 Approvazione PRP: 6 luglio 2015 Struttura PRP: 9 programmi regionali Liguria

Recepimento: 22 dicembre 2014 Approvazione PRP: 29 maggio 2015

Struttura PRP: Il PRP della Liguria è diviso in due Programmi globali, il primo comprende i macro-obiettivi che si possono abbinare alle fasi della vita, il secondo comprende quei macro-obiettivi poco differenziabili sulle fasce d’età per la loro impostazione.

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160 Lombardia

Recepimento: 22 dicembre 2014 Approvazione PRP: 29 maggio 2015 Struttura PRP: 13 programmi regionali Marche

Recepimento: 22 dicembre 2014 Approvazione PRP: 5 giugno 2015 Struttura PRP: 5 programmi regionali Molise

Recepimento: 22 aprile 2015 Approvazione PRP: 28 luglio 2015 Struttura PRP: 12 programmi regionali PA di Bolzano

Recepimento: 16 giugno 2015

Approvazione PRP: Documentazione non fatta pervenire al Ministero PA di Trento

Recepimento: 22 dicembre 2014 Approvazione PRP: 29 maggio 2015 Struttura PRP: 14 programmi regionali Piemonte

Recepimento: 29 dicembre 2014 Approvazione PRP: 3 giugno 2015 Struttura PRP: 10 programmi regionali Puglia

Recepimento: 30 dicembre 2014 Approvazione PRP: 27 maggio 2015 Struttura PRP: 7 macro-aree di intervento Sardegna

Recepimento: 29 dicembre 2014 Approvazione PRP: 16 giugno 2015 Struttura PRP: 10 programmi regionali

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Sicilia

Recepimento: 18 dicembre 2014 Approvazione PRP: 5 giugno 2015 Struttura PRP: 14 programmi regionali Toscana

Recepimento: 22 dicembre 2014 Approvazione PRP: 25 maggio 2015 Struttura PRP: 7 programmi regionali Umbria

Recepimento: 29 dicembre 2014 Approvazione PRP: 28 maggio 2015 Struttura PRP: 10 programmi regionali Valle d’Aosta

Documentazione non fatta pervenire al Ministero Veneto

Recepimento: 29 dicembre 2014 Approvazione PRP: 14 maggio 2015

Presso il Ministero della Salute è stato istituito un apposito Gruppo di Lavoro comprendente anche AGENAS e i rappresentanti delle Regioni per confrontare i contenuti dei PRP con quelli del PNP. E’ iniziata in Ottobre 2015 ed è ora in atto la fase di interlocuzione con i competenti Uffici del Ministero finalizzata all’eventuale rimodulazione cui seguirà la fase attuativa degli interventi programmati.

Fonte: Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), Ministero della Salute

6.2 LA SPESA SANITARIA IN PREVENZIONE IN ITALIA

6.2.1 Le stime italiane e il confronto internazionale

I dati OECD sulla spesa sanitaria sono stati oggetto di analisi nei Rapporti Meridiano Sanità 2013 e 2014 in cui si sottolineava la discrepanza tra le stime OECD di percentuale di spesa in prevenzione sul totale della spesa sanitaria rispetto ai dati reali forniti da AGENAS2. Infatti l’OECD collocava l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi europei con lo 0,5% del totale della spesa sanitaria destinato alla prevenzione; questo a fronte del dato del 4,2% (2013) e 4,1% (2014) di AGENAS.

2 Fonte: Meridiano Sanità. Le coordinate della salute.Rapporto Finale, 2013 e 2014.The European House-Ambrosetti. Meridiano Sanità. Le Coordinate della Salute. Rapporto, 2014.

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162

L’interpretazione di questa discrepanza, come dettagliato nei Rapporti Meridiano Sanità precedenti, sta nel fatto che le statistiche OECD paragonano Pae- si con differenti sistemi sanitari e diverse modalità di finanziamento delle diverse attività: per i Paesi dove le iniziative preventive sono condotte nell’ambito dell’assistenza primaria, molte attività di prevenzione potrebbero non essere disgiunte e quindi ricadere sotto altre voci nel rendiconto presentato. Quest’

interpretazione era stata suffragata da Capobianco e Sassi dell’OECD che ribadiscono: “le modalità di raccolta dei dati di spesa sanitaria nell’ambito del

«System of Health Accounts» sviluppato da OECD, OMS e Eurostat, non permettono di includere nella spesa per la prevenzione attività svolte in medicina generale, come in Italia o in Spagna, che quindi vengono incluse nelle spese per curative care”.

Ad oggi, complice la discussione sull’argomento tra massimi esperti di salute pubblica stimolata da Meridiano Sanità, le statistiche dell’OECD sono state aggiornate. Come risulta dalla Figura 1 l’OECD riporta per il 2013 una spesa in prevenzione per l’Italia del 2,9% sul totale della spesa sanitaria, collocan- dola al centro della classifica dei Paesi EU (Media UE 2,8%). Differente è il posizionamento dell’Italia se si considera la spesa in prevenzione a livello pro capite come indicato nelle figure seguenti.

Sempre secondo l’OECD ai primi posti si collocano Finlandia (5,9%), Paesi Passi e Belgio (3,2%). Tra i Paesi europei con la minor spesa percen- tuale in prevenzione ritroviamo Grecia (1,1%), Austria (1,9%) e Francia (2%). I dati al 2014 non sono disponibili dall’OECD per nessun paese europeo ad eccezione dell’Italia per la quale si riporta il dato di 2,85%, in linea con la stima dell’anno precedente. Dall’analisi dei dati OECD per l’Italia si registra un aumento percentuale del 12% rispetto al valore del 2000 (2,6% della spesa sanitaria destinato alla prevenzione). La differenza percentuale 2000-2013 riporta una riduzione della quote di spesa destinata alla prevenzione in Francia (-8,6%), Danimarca (-19,7%), Paesi Bassi (-40,8%) e un aumento – oltre all’Italia – in Austria (+20%) e Finlandia (+21%). Tuttavia, per i motivi sopraelencati, questi dati sono da interpretare con cautela.

Figura 1. Quota percentuale della spesa sanitaria destinata alla prevenzione nei Paesi UE-15 (dati di Regno Unito e Irlanda non disponibili), 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su dati OECD, 2015

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Meno positivo è il dato dell’Italia nel confronto europeo se si considera il dato di spesa pro capite: con 67,4 euro di spesa pro capite l’Italia si colloca al nono posto.

Figura 2. Spesa pro capite in prevenzione nei Paesi UE-15 (dati di Regno Unito e Irlanda non disponibili), 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su dati OECD, 2015

Si rileva che il dato di OECD non corrisponda ancora perfettamente all’indicatore rilevato a livello nazionale dei dati AGENAS, per cui la quota della spesa sanitaria destinata alla prevenzione in Italia nel 2013 è stata pari a 4,9 miliardi di euro, pari al 4,19 % della spesa sanitaria totale.

Figura 3. Ripartizione percentuale della spesa sanitaria nazionale tra i macro livelli di assistenza, 2013 - Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

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164

La figura 4 mostra la composizione della spesa sanitaria nazionale e la ripartizione della quota destinata all’assistenza collettiva in ambiente di vita e lavoro in 6 macro voci:

Servizio medico legale;

-

Igiene degli alimenti e della nutrizione;

-

Igiene e sanità pubblica;

-

Sanità pubblica veterinaria;

-

Attività di prevenzione rivolte alla persona;

-

Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro.

-

La voce preponderante all’interno della spesa sanitaria destinata all’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro è indubbiamente l’igiene e sanità pubblica che impegna un quarto delle risorse (25%). Molto importanti risultano anche le voci relative alla sanità pubblica veterinaria (23%) e l’attività di prevenzione rivolte alle persone (21%).

Figura 4. Ripartizione percentuale della spesa sanitaria nazionale per livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

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Figura 5. Composizione della spesa in prevenzione in Italia (milioni di euro), 2006-2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

Figura 6. Spesa del livello di assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro (milioni di euro), 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

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Figura 7. Spesa pro capite del livello di assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro (euro), 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

6.2.2 Le declinazioni regionali

L’analisi della spesa in prevenzione a livello regionale conferma l’elevata variabilità: la spesa varia dal 2,7% della spesa sanitaria totale della Provincia Autonoma di Trento al 5,9% della Valle d’Aosta.

Come per l’anno 2012, anche nel 2013 permane una certa distanza con la soglia del 5% stabilita dal Patto della Salute. Solo tre Regioni si collocano al di sopra del 5% (Valle D’Aosta, Molise e Calabria) e 11 al di sopra della media nazionale.

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Figura 8. Spesa per il primo livello di assistenza collettiva in ambiente di vita e lavoro nelle Regioni italiane (percentuale della spesa sanitaria nazionale), 2013 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

Le Regioni italiane differiscono sia per la quota di spesa sanitaria destinata alla prevenzione, sia per le politiche di allocazione della spesa tra le 6 macro-voci che compongono l’assistenza sanitaria in ambiente di vita e lavoro. Dieci Regioni Italiane investono in attività di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro una quota superiore alla media nazionale che si attesta al 12,3%: le Regioni che più investono in questa macro-voce sono Liguria (20,3%) e Toscana (27,5%).

La Valle D’Aosta, la Lombardia, l’Umbria, la Toscana, la Liguria, il Veneto, il Lazio, la Puglia e il Friuli Venezia Giulia, la Basilicata e la Sicilia, sebbene con intensità diversa in termini di valori assoluti, investono in attività di prevenzione destinate alla persona una quota superiore al 20%: su questa voce la Liguria alloca più del 42%.

Considerando le macro-aree geografiche non si osservano forti scostamenti fra Nord, Centro e Sud Italia: le scelte di allocazione appaiono sostanzial- mente allineate. Le uniche differenze ravvisabili riguardano la spesa per igiene e sanità pubblica e la sanità pubblica veterinaria, voci maggiormente consistenti in termini percentuali nelle Regioni del Sud. Le Regioni del Nord presentano una struttura media di allocazione incentrata su tre macro-voci:

igiene e sanità pubblica (22%), sanità pubblica veterinaria (23%) e le attività di prevenzione rivolte alle persone (24%). Infine, osservando complessiva- mente le scelte di allocazione delle risorse, si nota come le aree di “igiene e sanità pubblica” e “sanità pubblica veterinaria” siano quelle in cui le Regioni investono maggiormente.

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Figura 9. Allocazione della spesa sanitaria destinata alla prevenzione e quota prevenzione/spesa sanitaria totale in alcune Regioni italiane Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Agenas, 2015

6.2.3 Spesa e consumi dei vaccini in Italia

La spesa sanitaria pubblica per vaccini è allocata all’interno della voce relativa all’attività di prevenzione rivolta alle persone, che nel 2013 è stata pari a 1 miliardo di euro (nel 2012 era pari a 984 milioni di euro). Secondo l’ultimo Rapporto Osmed sull’uso dei farmaci in Italia, la spesa per vaccini in Italia nel 2014 è stata pari a 291 milioni di euro: poco meno del 30% della spesa per attività di prevenzione rivolte alle persone e in diminuzione del 10%

rispetto all’anno precedente.

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Analizzando questi dati ne deriva che nel 2014 la spesa pro capite per vaccini è stata di 4,8 euro (era 5,4 per l’anno 2013). Un valore decisamente ridotto se si considera che la spesa pro capite per farmaci in Italia (già comunque relativamente bassa rispetto agli altri Paesi europei) è pari a 438 euro3. Dei 26,6 miliardi spesi complessivamente per farmaci nel 2014, circa il 15% sono stati impegnati per l’acquisto dei farmaci cardiovascolari (4 miliardi di euro, un valore inferiore di 900 milioni di euro all’intera spesa in prevenzione in Italia), di quelli neoplastici (14,6%), di quelli gastro-intestinali e metabolici (14,2%) e del sistema nervoso centrale (12,1%). L’incidenza dei vaccini, sul totale della spesa farmaceutica, è dell’1,1%.

Figura 10. Composizione della spesa farmaceutica totale italiana per classe terapeutica (dimensione = spesa pro capite), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Osmed, 2015

Analizzando in maggior dettaglio la spesa in vaccini emerge che la quota maggioritaria è impegnata da quelli pneumococcici (29%) e gli esavalenti (26%).

3 Fonte: L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto Nazionale OSMED, 2015.

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Figura 11. Composizione della spesa in vaccini (percentuale su totale), 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Osmed, 2015

Figura 12. Vaccini: prescrizione per categoria terapeutica e per sostanza nel 2014 Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su Rapporto Osmed, 2015

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6.3 LA PREVENZIONE VACCINALE

6.3.1 L’efficacia della prevenzione vaccinale e il contesto internazionale4

Le evidenze scientifiche dimostrano che i vaccini sono, ad oggi, il più efficace degli interventi in campo medico mai scoperti dall’uomo5,6, secondi solo alla potabilizzazione delle acque in termini di riduzione della mortalità umana7 e in grado ancora oggi di evitare oltre 2,5 milioni di morti ogni anno8. I dati storici raccolti e analizzati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC), Agenzia Federale Americana per la Sanità Pubblica9 indicano che per 14 malattie infettive prevenibili con vaccini ci sono state riduzioni significative del numero di casi dopo pochi anni dall’inizio delle campagne vaccinali;

per 11 di esse la riduzione è stata superiore al 90% e per due di esse del 100%. Anche i dati storici italiani – riportati dal Rapporto Meridiano Sanità già nel 201310 confermano lo stesso trend. Si tratta di crolli verticali di malattie a volte mortali o in grado di generare cronicizzazioni e complicanze gravi come tumori (epatite B), paralisi permanenti (poliomielite e tetano), malformazioni congenite (rosolia). E’ emblematico il caso dell’epatite B - offerta universalmente in Italia a partire dal 1991 e con il plauso dell’OMS - che ha permesso di evitare migliaia di casi di tumori del fegato ed epatiti croniche;

malattie che, oggi, sono curabili con terapie molto costose. Gli studi di costo-efficacia sulle vaccinazioni - anche se non sempre di facile esecuzione - mostrano risultati unidirezionali. Un esempio viene offerto dalla vaccinazione antinfluenzale per la quale è stato calcolato che in Italia, vaccinando tutta la popolazione tra i 50 e i 64 anni, l’investimento massimo sarebbe di 76 milioni di euro con un risparmio per il SSN di 746 milioni di euro durante la stagione influenzale per attività di diagnosi, cura e ricoveri ospedalieri, con un rapporto costo/beneficio di 1 a 105.

A livello internazionale ed europeo, numerosi atti sono stati recentemente compiuti sia sul piano politico che tecnico per promuovere le politiche vacci- nali ed i programmi di immunizzazione. Il Global Vaccine Action Plan 2011-202011, approvato dai 194 Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel maggio 2012, è una direttiva per prevenire milioni di morti entro il 2020 attraverso l’accesso più equo ai vaccini esistenti per le persone in tutte le comunità a livello globale. Tra gli obiettivi strategici c’è quello di aiutare individui e comunità a comprendere il valore dei vaccini e a considerare la vaccinazione come un diritto e una responsabilità.

La declinazione europea, più recente del Piano, è lo European Vaccine Action Plan 2015–202012, approvato all’unanimità durante la 64esima sessione del Comitato Regionale per l’Europa dell’OMS nel settembre 2014, in cui vengono definiti i 5 obiettivi strategici e i 7 goal (correlati dai rispettivi indicatori e targets) per arrivare “ad un’Europa libera da patologie prevenibili da vaccini, dove ciascun paese garantisca equo accesso a vaccini sicuri, di qualità, a buon mercato nonché a servizi vaccinali efficienti durante l’intero corso della vita”.

4 Fonte: Signorelli C. Vaccines: building on scientific excellence and dispelling fasle myths. Epidemiol Prev. 2015; 39: 198-201.

5 Fonte: Ward BJ. Vaccine adverse events in the new millennium: is there reason for concern? Bull World Health Organ.2000; 78(2):205-15.

6 Bonanni P, Boccalini S, Battista T, Conversano M. Vaccini, politiche e strategie vaccinali. Due casi modello: HPV e influenza stagionale. In: Fondazione Smith Kline. Rapporto Prevenzione 2013 - L’economia della prevenzione. Il Mulino, Roma, 2013.

7 Fonte: Plotkin SL, Plotkin SA. “A short history of vaccination,” In: Plotkin S, Orenstein W, Offit PA. Vaccines, 5th edition, Philadelphia: Saunders, 2008.

8 Fonte: World health statistics report 2008. Geneva, World Health Organization, 2008. ISBN: 978 92 4 0682740.

9 Fonte: Centers for Disease Control and Prevention. Epidemiology and Prevention of Vaccine-Preventable Diseases. Atkinson W, Wolfe S, Hamborsky J, eds. 12th ed., second printing.

Washington DC: Public Health Foundation, 2012.

10 Fonte: Goad JA, Taitel MS, Fensterheim LE, Cannon AE. Vaccinations administered during off-clinic hours at a national community pharmacy: implications for increasing patient access and convenience. Ann Fam Med. 2013 Sep-Oct;11(5):429-36.

11 Fonte: World Health Organization. Global Vaccine Action Plan 2011-2020.

12 Fonte: The World Health Organization. Regional Office for Europe. European Vaccine Action Plan 2015–2020.

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Figura 13. Vision, Goal e obiettivi del Nuovo Piano europeo dei vaccini 2015-2020 Fonte: rielaborazione The European House – Ambrosetti su Organizzazione Mondiale della Sanità 2014

6.3.2 La leadership italiana nelle politiche vaccinali internazionali ed europee

Negi ultimi due anni l’Italia ha rivestito un ruolo di leader nella promozione delle politiche vaccinali a livello internazionale ed europeo. Durante il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea (1 Luglio-31 Dicembre 2014), il Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori dell’Unione Europea (EPSCO) – con un decisivo impulso del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che lo ha presieduto - ha adottato in

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Dicembre 2014 un documento conclusivo (Council Conclusion) sulle vaccinazioni come efficace strumento di sanità pubblica13. Le conclusioni del Con- siglio costituiscono un passo decisivo verso il rafforzamento delle politiche europee di sanità pubblica; la risoluzione infatti ribadisce l’importanza delle politiche vaccinali nei paesi della UE e la necessità che l’approccio ad esse sia globale includendo aspetti formativi, apporti dei diversi stakeholder (tra cui università e comunità scientifiche), condivisione delle strategie col personale sanitario, trasparenza degli studi e introduzione di nuovi vaccini quando esistono solide evidenze scientifiche. Le conclusioni adottate dal Consiglio costituiscono un tassello fondamentale nella definizione dell’agenda sanitaria europea nonché un passaggio politico importante a supporto degli Stati Membri impegnati nell’implementazione di programmi di immunizzazione. Il Consiglio sollecita la Commissione Europea affinché: i) risorse sufficienti siano allocate alla ricerca in ambito vaccinale, ii) le competenze tecniche e scientifiche delle agenzie europee siano più accessibili agli Stati Membri e iii) la collaborazione tra l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie Infettive (ECDC) e gli Stati Membri venga rafforzata con il fine di diffondere le buone pratiche e migliorare i programmi vaccinali a livello europeo.

Sempre nel contesto della Presidenza del Consiglio, il Ministero della Salute Italiano e l’Associazione Italiana del Farmaco (AIFA) hanno organizzato a Roma il 3 Novembre 2014 la conferenza internazionale ‘The State of Health of Vaccination in the EU’14 cui hanno partecipato alti rappresentati del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e i rappresentanti del Dipartimento di Salute del Governo degli Stati Uniti, della Commissione Europea, dell’Europe- an Center for Disease Prevention and Control (ECDC), dell’accademia, delle associazioni di pazienti, degli operatori sanitari e dell’industria farmaceutica.

Sono stati ribaditi i vantaggi dell’accesso gratuito ai vaccini, soprattutto per le fasce più fragili, della semplificazione burocratica, della firma del dissenso informato per i genitori che decidono di non vaccinare i propri figli e della promozione di iniziative finalizzate a incentivare l’accesso all’immunizzazione.

In una visione internazionale ancora più ampia, in Settembre 2014 presso la Casa Bianca e alla presenza del Presidente Barak Obama per l’Italia è stata formalizzata la leadership mondiale del piano d’azione per l’immunizzazione dalla Global Health Security Agenda, promossa dagli Stati Uniti d’America, all’interno della quale il nostro Paese è stato designato capofila delle strategie vaccinali a livello mondiale per i prossimi cinque anni15.

L’impegno del Ministero della Salute e del Ministro in prima persona a sostegno delle politiche vaccinali si è esplicitato con decisione anche sul fronte nazionale, dove, tra le iniziative promosse, si menziona il convegno ‘La sanità in Italia, falsi miti e vere eccellenza’, svoltosi il 22 Aprile 2014 a Roma e inaugurato dal Ministro. Inteso come una giornata di confronto tra istituzioni, mondo scientifico, media e cittadini sulla potenza dei luoghi comuni in sanità a danno della salute, ampio spazio è stato dedicato al tema della vaccinazioni e alle evidenze scientifiche che sfatano il falso mito che le offerte vaccinali siano dettate da ragioni commerciali invece che da bisogni sanitari e sociali16.

6.3.3 Il crescente fenomeno della vaccine hesitancy: evidenze e strategie

Lo scetticismo nei confronti delle vaccinazioni - definito in inglese come Vaccine Hesitancy - è un fenomeno, che – in crescita negli ultimi anni – ha compromesso le coperture vaccinali in molti paesi ad alto reddito, inclusa l’Italia. Fattori alla base del crescente fenomeno della vaccine hesitancy sono la distorta percezione del rischio di eventi avversi ai vaccini, sostenuta dalla facilità con cui informazioni non supportate da evidenze scientifiche sono diffuse sul web ed amplificata dall’eco dei movimenti anti-vaccinatori. Il motto che i vaccini sono vittime del loro successo ha molte verità: dove i vaccini

13 Fonte: Conferenza Stato-Regioni. Accordo tra il Ministro della sanità e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano sulle linee - guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l’assistenza in oncologia. Repertorio Atti n. 1179 dell’8 marzo 2001.

14 Fonte: talian Minisry of Health. The State of Health of Vaccination in the EU. Final report, 2014.

15 Fonte: Broeders M, Moss S, Nystrom L, Njor S, Jonsson H, Paap E, et al. The impact of mammographic screening on breast cancer mortality in Europe: a review of observational studies.

J Med Screen. 2012;19 Suppl 1:14-25.

16 Fonte: Ministero della Salute. La Sanita’ in Italia: falsi miti e vere eccellenze, Roma 22 Aprile 2015.

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