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propone infatti come modello di libro di lettura dell’Italia unita, da utilizzare per l’educazione dei giovani44.

Anita Gramigna vede addirittura in Cuore l’idealizzazione dell’infanzia e nel Romanzo di un maestro un ritratto veritiero della situazione della scuola italiana e dei ragazzi da istruire e da educare di fine Ottocento45.

Se Cuore infatti era destinato agli alunni, Il Romanzo di un maestro era chiaramente destinato agli insegnanti: «Cuore descrive la scuola ideale per una società che deve divenire moderna, per un mondo che, grazie ad essa, sarà migliore»46, perché attraverso l’equivalenza tra infanzia e popolo si cerca di attuare il progetto educativo basato principalmente sul sacrificio e sulla bontà dei giovani da plasmare. E si può aggiungere, sempre con la Gramigna, che il «forte interesse per la questione sociale passa quindi attraverso l’analisi del tema scolastico che rappresenta anche la chiave di volta di un progetto di rinnovamento», anche se non sempre si dimostra la dovuta attenzione al mondo della scuola e si determina quasi un «tradimento» di mancata scolarizzazione, come per certi aspetti traspare nel brano La festa solenne, tratto dal Romanzo di un maestro e pubblicato in "Lettere e Arti", in cui la maestra Strinati ricorda alle autorità «il cattivo stato dei locali scolastici»

dopo aver fatto un «discorsetto sulla necessità dell’istruzione» con l’approvazione del collega maestro Ratti, il quale poi nota come il sindaco alla festa della scuola sia sempre presente ma poi dimentichi per essa banchi e cartelloni da sistemare nelle aule, anche se ricorda i valori di patria e

44 In proposito si veda Giuseppe Zaccaria, Cuore di Edmondo De Amicis, in Alberto Asor Rosa, Letteratura italiana,Opere vol. III, Dall’Ottocento al Novecento, Torino, Einaudi, 1983, pp. 981-1000.

45 Anita Gramigna, Il romanzo di un maestro di Edmondo De Amicis, Firenze, La Nuova Italia, 1996.

46 Ivi, p. 48.

famiglia. Si comprende pertanto l’importanza estrema della scuola nel progetto di formazione della nuova Italia, ma spesso la realizzazione di esso non ha i dovuti finanziamenti ed è lasciata all’iniziativa dei maestri, come il Romanzo deamicisiano denuncia.

Erano proprio i maestri la base e il fondamento di questo progetto educativo, proponendosi come i punti di riferimento essenziali e basilari nell’educazione unificante di tutti quegli analfabeti che popolavano i paesi.

Non a caso erano proprio loro, insieme all’istruzione elementare, l’oggetto di maggior interesse della Massoneria dell’epoca sul versante educativo, per poter realizzare una educazione laica che, senza tralasciare il senso del divino e l’attenzione ai valori etici, si proponeva però di escludere ogni intervento della chiesa all’interno della scuola.

«La soluzione pedagogica e la teorizzazione dell’educazione come istituzione centrale della costruzione dell’apparato sociale diventa un passaggio necessario e nevralgico […]. L’azione educativa diviene l’organo centrale di una struttura teorica che, conformemente alle sue premesse, spinge a trasportare i termini della riforma intellettuale verso una riforma delle coscienze»47. E ancora Todaro: «Il laicismo massonico si proponeva altresì di alimentare un progetto pedagogico e politico che colorava di speranze le tinte di un particolare momento storico»48.

Si riteneva anche dovere di ogni massone cooperare efficacemente alla diffusione della cultura, arrivando ad ipotizzare la realizzazione di una scuola modello da parte di ogni loggia, anche se l’unico intervento possibile sarebbe

47 Cfr. Letterio Todaro, Cultura positivistica ed espressioni massoniche nell’Italia post-unitaria, in AA.VV., Annuali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche, Brescia, Editrice La Scuola, 2004, pp. 170-185.

48 Ivi, p. 184.

stato quello di contribuire ad indirizzare le scuole esistenti. Al riguardo il Gran Maestro Adriano Lemmi «fece della questione scolastica, uno dei cardini dell’impegno massonico per la laicizzazione dello Stato»49.

Sia De Amicis, sia Panzacchi sembrano condividere queste idee educative di area massonica, anche se solo per De Amicis l’affiliazione è più verosimile, per quanto riconducibile a una loggia a Montevideo in Uruguay50; circa Panzacchi invece non esistono riscontri ufficiali51, anche se risulta essere molto vicino alla massoneria bolognese tanto da essere ricordato nel libro di Carlo Manelli52 tra gli esponenti massonici cui furono dedicate scuole nella provincia bolognese. In effetti a Ozzano Emilia a una decina di chilometri da Bologna, nel paese natale di Panzacchi, la scuola media è a lui dedicata.

D’altra parte la frequentazione dei letterati che gravitano presso la libreria Zanichelli53 implica contatti con molti elementi massonici, primo fra tutti Giosue Carducci, addirittura uno dei fondatori nel 1866 della loggia felsinea, e anche Giovanni Pascoli affiliato alla loggia Rizzoli nel 1882.

Inoltre è importante sottolineare che le idee di Panzacchi, manifestate ad esempio in Consiglio Comunale a Bologna il 20 dicembre 1895 in occasione dell’emanazione di una circolare ministeriale che consiglia

49 Fulvio Conti, Massoneria, scuola e questione educativa nell’Italia liberale in AA.VV., Annuali di Storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche, Brescia, La Scuola, 2004, pp. 11-28.

50 Dall’Archivio del GOI.

51 Presso l’Archivio centrale del GOI a Roma non risultano documenti ufficiali di affiliazione, tuttavia si deve considerare che molti di essi sono andati dispersi e che in alcuni casi potevano anche non esserci riscontri scritti.

52 Carlo Manelli, La Massoneria a Bologna, Bologna, Edizioni Analisi, 1986, p. 211.

53 In proposito si veda Marco Veglia, La vita vera – Carducci a Bologna, Bologna, Bononia University Press, 2007, pp. 121-126, 217-223.

l’insegnamento della religione nelle scuole elementari, dimostrano questa sua vicinanza alle idee massoniche in ambito educativo, poiché sono quasi la rielaborazione espositiva, anche se con l’inserimento di qualche similitudine variata, di quanto era già stato esposto in precedenza sul "Bollettino del Grande Oriente della Massoneria in Italia" in cui si indicava la posizione ufficiale del sodalizio su tali questioni.

Dal Bollettino del GOI:

La religione non è una scienza; nelle scuole che s’insegni il leggere, lo scrivere, i conti, il lavoro, la morale, secondo i grandi precetti di natura che formano la base a tutte le religioni e basta. Chi vuole i propri figli istruiti nel cattolicesimo, nel protestantesimo, nell’ebraismo, nel maomettismo, ecc., può valersi delle chiese, sinagoghe, moschee, ecc.

Quindi l’estensore della nota precisava che la soluzione non poteva risiedere semplicemente nel rendere facoltativo l’insegnamento della religione, poiché la scelta di fatto non sarebbe stata libera, bensì condizionata da innumerevoli fattori sociali, economici e culturali. Un padre – esemplificava – può desiderare che i suoi figli divengano razionalisti, ma è operaio, e perché non gli manchi il lavoro sarà costretto a subire la violenza dell’insegnamento religioso nelle scuole.

No, no, libertà senza privilegi: la religione non è una scienza, il suo luogo è nei templi e non nelle scuole54.

E così si esprime Panzacchi in Consiglio Comunale:

Noi uomini moderni abbiamo rispettato i principi della vita moderna […]. E se con sottili indagini si potesse misurare la quantità dell’istruzione religiosa che è entrata nella nostra città, dopo che noi la

54 Fulvio Conti, Massoneria, scuola e questione educativa nell’Italia liberale in Annali di Storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche, in AA.VV., Annuali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche, Brescia, Editrice La Scuola, 2004, p. 13.

rendemmo laica la nostra scuola, dovreste in buona fede felicitarvene […]. Ma ad ogni modo oggi ci troviamo di fronte ad un richiamo di legge, in conformità della quale la Giunta, in cui abbiamo fiducia, viene a proporci il ripristino del catechismo in limiti compatibili con la libertà della coscienza e l’autorità della famiglia […]. Noi liberali accettiamo dunque le proposte della Giunta e consigliamo i nostri avversari a contentarsene; e se ne contenti anche il consigliere Acri, il quale tira fuori sottigliezze e inquietudini circa la legittimità del mandato dei maestri. Crede proprio il consigliere Acri che ci sia bisogno della composizione delle mani, come nei primi tempi apostolici, per autorizzare un galantuomo, un buon maestro di scuola riconosciuto idoneo dai suoi superiori diretti o dal Consiglio provinciale scolastico, a insegnare ai bambini i dieci comandamenti e gli altri precetti? […].

Vi ho sentito parlare di case che sono antri, ove i padri e le madri bestemmiano e maltrattano senza mai fare risplendere sulla dolce infanzia un raggio di amore e di religione. – Vadano i preti in questi antri, strappino i poveri bambini al mal governo delle indegne famiglie:

imitino S. Filippo Neri, don Bosco: facciano di quei poveri esseri buoni cristiani, buoni cittadini; si rendano in tal guisa degni del loro ministero e della civiltà. È affar loro, il nostro dovere lo abbiamo già compiuto. – Di questo dobbiamo essere convinti tutti al termine di questa discussione, compresi i nostri avversari. Noi ci acconciamo alla legge, non tralasciando di vagheggiare il meglio, essi se ne rallegrino perché in armonia colle loro aspirazioni. – Ma se vanno più oltre e pretendono di più, essi susciteranno in noi delle legittime diffidenze e ci daranno il diritto di sospettare che più che a un vantaggio spirituale della nostra scuola, con questa agitazione mirano a conquistare un successo politico.

(Applausi vivissimi: l’oratore è pure stato applaudito durante il suo discorso) (dagli Atti del Consiglio Comunale di Bologna del 1895).

E in questo modo Panzacchi viene a confermare quanto aveva già espresso il consigliere Murri, che aveva evidenziato quale fosse stato l’intento dei liberali moderati, l’area politica in cui militava anche Panzacchi: restituire l’insegnamento religioso ai suoi due centri naturali, cioè la casa e la Chiesa, per raggiungere l’ideale di una scuola laica, affidandole il compito di fare dei

fanciulli i futuri cittadini degni di una nazione grande, senza combattere l’educazione religiosa, ma anzi considerarla ben insegnata da altri.

Il problema dell’insegnamento della Religione nella scuola elementare era molto sentito e per certe associazioni e aree politiche sembrava costituire un problema, ritenendo che la scuola dovesse educare soprattutto ad altri valori morali, quali l’onore, la patria, la famiglia.

Infatti se con la legge Casati (1860) l’insegnamento della Religione diventa obbligatorio nella scuola elementare, invece nel 1877 la legge Coppino toglie la Religione dagli insegnamenti obbligatori per arrivare poi nel 1895 alle indicazioni ministeriali di Baccelli favorevoli al suo insegnamento. Il sentimento religioso doveva essere diffuso ma si contestava il modo di insegnarlo attraverso i sacerdoti, infatti molti «contestavano l’educazione catechistica in quanto contraria ad un metodo che, laicamente, doveva fondare la propria validità sul ragionamento e non sui dogmi. Dell’istruzione religiosa rifiutavano il metodo e non il contenuto o meglio rifiutavano la presenza nella scuola pubblica di parroci» come Anita Gramigna evidenzia55.

Lo stesso De Amicis nel libro Cuore sembra evitare un coinvolgimento diretto della religione nella scuola e limita il problema dell’educazione ai valori etici attraverso esempi altamente edificanti, di ravvedimento spirituale, come Ferruccio in Sangue romagnolo, o di abnegazione nelle vicende della Piccola vedetta lombarda o del Tamburino sardo, nel nome dell’amore di patria. Questa era la religione della scuola di De Amicis, celebrata nei racconti mensili e costituita dai valori civili della famiglia, della patria, della dedizione e del sacrificio, nel duplice volto di come dovrebbe essere in Cuore e di come in realtà è nel Romanzo di un

55 Anita Gramigna, Il romanzo di un maestro di Edmondo De Amicis, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 218-219.

maestro. Similmente, si comporta Panzacchi: non nega il valore della religione, ma pensa che sia meglio indirizzarla in un contesto diverso da quello della scuola.

Al di là di questa tematica educativa Panzacchi e De Amicis non solo collaborano insieme in riviste: ad esempio nel primo numero del "Nabab" nel dicembre 1884, a conferire autorevolezza alla testata, c’è il contributo Passaggio della linea dell’equatore di De Amicis, tratto dal romanzo Sull’Oceano, che uscirà nel 1889; ma pure si frequentano.

Al riguardo Corrado Ricci ricorda una visita di De Amicis a Bologna e la passeggiata serale di Panzacchi con l’amico e i figli, protagonisti involontari di un simpatico episodio da cui traspaiono ancora una volta le convinzioni educative dei due amici, che pongono i valori civili e la patria al primo posto, ancor meglio esemplificate in questo passo di un discorso di De Amicis:

«Studiano i fanciulli, perché sanno che l’indole, la cultura, l’educazione morale d’un popolo non si possono in alcuna cosa meglio riconoscere che nell’andamento delle sue scuole pubbliche e nella condotta delle sue scolaresche […]. Studiate, vi dicono, perché sono questi gli anni irrevocabili in cui voi determinate da voi stessi il vostro avvenire, poiché la strada del mondo non è altro che il sentiero allungato della scuola»56.

L’aneddoto di Corrado Ricci evidenzia appunto la preoccupazione di De Amicis e di Panzacchi nei confronti dei ragazzi, affinché crescano nel rispetto della patria e nell’ammirazione di quanti con la loro opera le rendono onore:

Una sera, in Bologna, Edmondo De Amicis, e i suoi due figli uscivano da una visita al negozio dello Zanichelli, accompagnati da Enrico

56 Edmondo De Amicis, Ai ragazzi, Milano, Treves, 1895, pp. 20-25.

Panzacchi, da Raffaele Belluzzi, da me e non ricordo da chi altri.

Sotto il portico del Pavaglione la comitiva incontrò l’ingegnere, il quale, chiamato dal Belluzzi, fu presentato al De Amicis per quel valentuomo che veramente era. Ma il valentuomo si mostrò subito contrariato di parer tale, perché, udito che nella giornata l’autore del Cuore e i figliuoli avevano visitato la Pinacoteca, scattò subito così: – Allora avete visto quella porcheria della Santa Cecilia di Raffaello!

L’inaspettata esclamazione sbalordì il De Amicis; seccò il Panzacchi che aveva fatto da cicerone (ben inteso, entusiasta); irritò il Belluzzi, il quale meglio di tutti aveva compreso lo scopo didattico del viaggio che il De Amicis faceva fare ai figli: viaggio d’istruzione anzi di ammirazione della bellezza e del genio artistico d’Italia […].

Tutti gli altri tacevano comprendendo che il De Amicis soffriva su tutto pei figliuoli, ai quali, fino allora, il nome di Raffaello era suonato come quello d’un genio divino, indiscusso.

Enrico Panzacchi cercò di deviare il discorso, ma, come succede a chi vuol rimediare alle male fatte degli altri, fece la frittata più larga del piatto, chiedendogli: – Come va che stasera non sei a teatro? Cui l’altro, pronto: – Perché fanno quella cretinata dell’Aida! E lì, giù, un’altra serie di male parole contro Verdi, contro il suo modo d’orchestrare, contro le sue volgarità, contro i suoi cori, diceva lui, da osteria […]. Edmondo De Amicis si piegò sul Panzacchi e gli disse seccatissimo:

– Ma quello è un matto! Porta via Ugo e Furio che non odano più tali bestemmie. I due ragazzi apparivano, infatti, sconcertati. Enrico Panzacchi li chiamò e, affrettando il passo, li condusse fuori dal tiro…

della ferocia dell’ingegnere. La sua voce baritonale si udiva benissimo.

Egli riabilitava Raffaello e Verdi, tranquillando così il De Amicis, il quale non poteva tollerare che due grandi italiani fossero trattati in quel modo, specialmente in presenza di anime giovani, che potevano uscirne turbate nel loro sentimento57.

57 Corrado Ricci, Ricordi bolognesi, Bologna, Aldo Forni editore, 2004 (ristampa anastatica dell’edizione Zanichelli del 1924), pp. 32-35.

Infine si ricorda che come De Amicis collabora a riviste per l’infanzia, quali "La ricreazione" pubblicata dall’editore Perino o "Il giornalino della domenica" diretto da Luigi Bertelli, alias Vamba, e pubblicato da Bemporad, così anche Panzacchi scrive nel "Giornale illustrato per i ragazzi" edito da Perino dal 1886 al 1888 e diretto da Onorato Roux, che continua le pubblicazioni come "Il paradiso dei bambini" dal 1888 al 1894.

Gli intenti, illustrati nel programma, confermano la diffusione del progetto educativo anche in un ambito di intrattenimento:

Il "Giornale illustrato per i Ragazzi" sarà una lieta promessa per i piccoli lettori italiani, una promessa di cose belle, buone ed utili, che verrà scrupolosamente mantenuta, grazie all’attiva cooperazione dei nostri migliori scrittori. Questo giornale diventerà l’eco fedele dei bimbi d’Italia, i quali troveranno in esso la desiderata distrazione dopo la scuola, nella lettura di piacevoli narrazioni ispiranti l’amore alla famiglia e la facile riconferma di quello che insegnano i maestri nella lettura degli articoli di storia, di scienza e di arte consiglianti l’amore allo studio. La Direzione non risparmierà tempo né cure, per incontrare sempre più nel favore dei piccoli lettori58.

58 Silvana Marini, Alberto Raffaelli, Riviste per l’infanzia fra ’800 e ’900, Firenze, Cesati editore, 2001, pp. 35-40.