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CAPITOLO II Codice del 1988: fondamenti e nuovi presuppost

3. La questione degli “eterni giudicabili”: un problema centenario

Il termine “eterni giudicabili” fu coniato per la prima volta nel 1908 da Bruno Franchi riferendosi a quegli imputati che, a causa di un’infermità di mente quale epilessia, idiozia, isteria e stati depressivi, non ricordassero il fatto compiuto o non fossero in grado di comparire all’udienza89. Questo portava a

un continuo rinviarsi delle udienze fino a che l’imputato non si trovasse a morire in condizione di eterno giudicabile; inoltre la lunga permanenza all’interno del manicomio criminale era in ogni caso a spese dello Stato. Franchi alludeva con l’espressione “eterni giudicabili” a due categorie: la categoria dei cc.dd. guaribili, coloro che sarebbero potuti guarire, la cui guarigione era però impossibilitata e la cui malattia era aggravata dall’idea di essere carcerati senza processo; e la categoria dei cc.dd. innocenti, i quali avrebbero il diritto alla dichiarazione della loro innocenza e ad essere allontanati dai manicomi criminali90. Entrambe le categorie erano annoverabili fra gli “eterni giudicabili” ed era riscontrabile per queste una particolare forma di rappresentanza giuridica che consentisse di procedere con lo svolgimento del processo ai fini dell’accertamento obiettivo della reità materiale. Se questa

89 B. FRANCHI, Gli «eterni giudicabili»: i creduti simulatori, i

guaribili, gli innocenti, in Scuola positiva, 1908, p. 679, cit.

fosse stata constata, si sarebbe arrivati al proscioglimento; in caso contrario, questi soggetti sarebbero rientrati nella categoria dei cc.dd. alienati.

Con il codice del 1930 la questione degli “eterni giudicabili” si evolse e restò irrisolta nonostante la dottrina avesse spesso segnalato la necessità di un intervento del legislatore; infatti non erano previsti accertamenti periodici sullo stato di mente dell’imputato91.

Il codice del 1988 ha invece disposto, con l’art. 72, accertamenti peritali sullo stato di mente dell’imputato con scadenza semestrale o quando comunque il giudice ne ravvisi l’esigenza; così da avere un controllo costante sulla condizione dell’imputato e quindi su un suo possibile miglioramento che possa legittimare la revoca dell’ordinanza di sospensione.

Non era tuttavia ancora possibile giudicare risolto il problema degli “eterni giudicabili”, infatti come analizzato nel paragrafo precedente, più volte è stata chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale dato che i periodici accertamenti peritali erano ritenuti superflui e gravosi nei casi di infermità irreversibile. Ci si riferiva agli eterni giudicabili come a quei soggetti la cui condizione di incapacità cronica a partecipare coscientemente al processo determinava una

sospensione sine die di quest’ultimo, impedendo la pronuncia di una qualsivoglia sentenza92.

Il problema non era solo economico, ma riguardava anche la personalità dell’imputato, data l’invasività degli accertamenti peritali; inoltre, essendo la malattia di natura irreversibile, questi controlli semestrali non scongiuravano per l’imputato lo stato di “eterno giudicabile” dato che non poteva né essere giudicato né essere escluso dal processo. A maggior ragione, prendendo in considerazione l’art. 159 c.p. era possibile ravvisare lo stato di eterno giudicabile per tutti quegli imputati il cui stato di infermità mentale fosse considerato di natura irreversibile, dato che l’art. 159 comma 1 c.p. prevedeva la sospensione della prescrizione a seguito della sospensione del procedimento93.

Si tratta dunque di una situazione molto complicata che implica più diritti dell’imputato, ad esempio, troviamo da un lato il bisogno di assicurare l’esercizio del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione e più precisamente il diritto all’autodifesa e dall’altro il diritto alla ragionevole durata del processo ex art. 111 Costituzione.

92 H. BELLUTA, Il tema degli “eterni giudicabili” torna davanti alla

corte costituzione, in penalecontemporaneo.it, 2014, p. 1.

3.1 L’intervento della Corte costituzionale in merito agli effetti della sospensione del procedimento sul piano sostanziale

È necessario allora considerare l’aspetto relativo agli effetti della sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato che si producono sul piano sostanziale; facendo riferimento in particolare all’art. 159 c.p. che disciplina la sospensione del corso della prescrizione, e precisamente al comma 1, che prevede la sospensione del corso della prescrizione tutte le volte in cui la sospensione del procedimento o del processo è imposta da una particolare disposizione di legge.

Per cominciare, è possibile affermare che la prescrizione costituisce una delle cause di estinzione del reato, basandosi

ex art. 158 c.p., sul decorso di un determinato periodo di

tempo a partire dal giorno della consumazione del reato oppure da quello in cui è cessata l’attività del colpevole, se si tratta di tentativo, o di permanenza se si tratta di reato permanente senza che sia intervenuta sentenza di condanna. Ogni volta che il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato, si verifica un vulnus al dovere dello Stato di procedere all’accertamento di un fatto penalmente rilevante e all’individuazione del responsabile con conseguente irrogazione della sanzione, ma tale scelta è stata fatta poiché da un lato, emerge l’affievolirsi delle ragioni che giustificano la pena con il passare del tempo dalla

commissione del reato e, dall’altro, vi è il correlativo accrescersi delle difficoltà della ricostruzione probatoria del fatto, con pregiudizio anche alle possibilità di difesa dell’imputato e dunque l’interesse sotteso alla disciplina della prescrizione è anche quello di evitare che un soggetto possa essere esposto, a tempo indeterminato, al processo e alla sanzione penale94.

L’art. 159 comma 1 c.p. prevede però la sospensione del corso della prescrizione nel caso in cui venga sospeso il procedimento o il processo penale per incapacità di partecipare coscientemente al processo da parte dell’imputato, fino a quando non sia revocata l’ordinanza di sospensione deliberata ex art. 71 c.p.p.; la ratio del legislatore sembra quella di voler garantire il diritto di difesa dell’imputato non solo nella sua accezione di difesa tecnica, ma anche come possibilità di partecipare personalmente al procedimento che lo riguarda, facendo riferimento a una partecipazione consapevole e ritenendo dunque opportuna la sospensione del termine di prescrizione95.

Sono interessanti alcune sentenze della Corte costituzionale96 che hanno preso in esame gli effetti sfavorevoli della sospensione della decorrenza del termine di prescrizione sul

94 F. GIUNTA, D. MICHELETTI, Tempori cedere. La prescrizione del

reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, 2003, p. 15.

95 G. LEO, Il problema dell’incapace «eternamente giudicabile»: un

severo monito della Corte costituzionale al legislatore, in Penalecontemporaneo.it, 2013, p. 1.

piano degli interessi presidiati dai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo.

Tali problemi si ravvisavano soprattutto quando si ha a che fare con patologie di lunga durata e con stati di incapacità considerati di natura irreversibile. In particolare, con ordinanza del 2012, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 159 comma 1 c.p. nella parte in cui prevedeva la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p. laddove fosse accertata l’irreversibilità dell’incapacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo, per contrasto con gli artt. 3, 24, comma 2, e 111 comma 2 della Costituzione. Evidenziandosi come la ratio della sospensione del termine di prescrizione del reato dovesse rispondere alla logica secondo cui “contra non

valentem agere non currit praescriptio”, contro chi non può

agire non corre prescrizione. E dato che l’impossibilità di procedere, nel caso concreto, non era ascrivibile all’incapacità del sistema giudiziario di pervenire a una verità processuale entro i termini imposti dall’ordinamento e che la situazione di stallo doveva essere contenuta nei limiti della transitorietà e temporaneità questo appariva non compatibile con i provvedimenti di sospensione del processo per tutta la vita dell’imputato97.

Con l’art 159 comma 1 c.p. si ravvisava la violazione del principio di ragionevole durata del processo, nel duplice significato di “garanzia oggettiva”, come funzionamento dell’amministrazione della giustizia, in considerazione dei gravi inconvenienti connessi ad una eccessiva dilatazione temporale del procedimento e nel significato di “garanzia soggettiva”, intesa come diritto dell’imputato ad essere giudicato in tempo ragionevole ex art. 6 CEDU; infatti una pena inflitta all’esito di un processo svolto a considerevole distanza di tempo dai fatti, molto difficilmente avrebbe potuto svolgere la funzione rieducativa prevista dalla Costituzione98. La norma era altresì lesiva dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e del diritto di difesa che imporrebbe l’effettiva partecipazione dell’imputato al procedimento; effettività che risultava preclusa dal decorso di un periodo di tempo tale da rendere molto difficile l’individuazione di temi validi di indagine o l’assunzione di mezzi di prova a supporto delle linee difensive alternativamente percorribili. Sottolineandosi la difficoltà dell’imputato che, rientrato in possesso delle facoltà mentali, si trovi a doversi difendere da una contestazione che avesse ad oggetti fatti accaduti molti anni prima99.

98 G. ROMEO, Gli «eterni giudicabili»: di nuovo alla consulta il

problema della sospensione del processo e della prescrizione nei casi di capacità processuale esclusa da infermità mentale irreversibile, in penalecontemporaneo.it, 2013, p. 2.

99 L. SCOMPARIN, L’eterno giudicabile, in Cass. pen., fascicolo n.5,

La Corte costituzionale ha dichiarato la questione inammissibile100, pur segnalando una reale anomalia insita nelle norme concernenti la sospensione della prescrizione estintiva dei reati e la sospensione del processo per incapacità dell’imputato. La Corte ha quindi ravvisato, in caso di natura irreversibile dell’infermità mentale sopravvenuta al fatto, una situazione di imprescrittibilità del reato, ma l’inammissibilità della questione era stata motivata con l’incapacità di trovare una soluzione obbligata in grado di risolvere le perplessità sollevate dal rimettente e con il bisogno di rispettare competenze e prerogative del legislatore101.

Quel protrarsi indefinito nel tempo della sospensione del processo, con la conseguenza della tendenziale perennità della condizione di giudicabile dell’imputato, dovuto all’effetto sospensivo della prescrizione, presentava il carattere dell’irragionevolezza dato che entrava in contraddizione con la ratio sia della prescrizione dei reati, che della sospensione del processo: l’attenuarsi progressivo dell’interesse della comunità alla punizione del comportamento penalmente illecito da una parte e il diritto di

100 Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che la questione fosse dichiarata inammissibile, mettendo in luce, in particolar modo, che il diritto dell’imputato all’autodifesa dovesse ritenersi prevalente sul diritto di essere giudicati.

101 L. SCOMPARIN, La nuova causa di improcedibilità per incapacità

irreversibile dell’imputato: il traguardo di una soluzione attesa e i residui dubbi sui margini dei poteri proscioglitivi del giudice, in Legislazione penale, 2017, p. 3, cit.

difesa che pretenderebbe una cosciente partecipazione dell’imputato al procedimento dall’altra.

La Corte concluse, però, affermando che tale problema non era risolvibile dalla Corte costituzionale dato che non era possibile identificare una conclusione costituzionalmente obbligata di tale anomalia, ed essendo invece molteplici le possibilità di intervento normativo quali il rimedio della pronuncia di una sentenza che, a seguito di prognosi di irreversibilità dell’infermità mentale dell’imputato, dichiari l’impromobivilità o improcedibilità dell’azione, con possibilità di revoca nel caso in cui, prima della maturazione dei termini prescrizionali, tale prognosi fosse smentita. Oppure la previsione del compimento di un dato numero di accertamenti o la decorrenza di una data frazione del termine prescrizionale, prima della declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p.102

Vi era anche chi suggerì l’eliminazione dell’effetto sospensivo della prescrizione all’esito della pronuncia di sospensione del processo per incapacità; lo sganciamento del decorso della prescrizione dalla incapacità processuale avrebbe, tra l’altro, causato molti più effetti dello sganciamento dell’incapacità processuale dal vizio totale di mente103.

102 Corte cost. sentenza n. 23 del 2013, cit.

103 A. FAMIGLIETTI, Sospensione del processo per incapacità

dell’imputato: linee ricostruttive e permanenti incertezze, in Processo penale e giustizia, fascicolo n. 1, 2014, p. 130, cit.

Dunque la Corte costituzionale non dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 159 c.p., ma la sentenza doveva comunque essere un monito per il legislatore.

Di fronte a stati di incapacità dell’imputato di natura irreversibile, la ripetizione continua dell’esame peritale finiva per essere solamente un costoso rituale e anche la pendenza del processo rappresentava un costo sempre meno ragionevole con il passare del tempo e con la connessa presa di coscienza dell’irreversibilità dell’incapacità; la situazione di stallo che si generava a causa di patologie irreversibili, davano luogo al fenomeno dei cc.dd. “eterni giudicabili”, situazione che si perpetrava fino alla morte dell’imputato104. La Corte accennò anche al fatto che il legislatore avrebbe dovuto tenere conto del problema della “tenuta” della diagnosi di irreversibilità dato che sarebbe venuta meno la possibilità di effettuare continue verifiche sulla condizione della patologia e sarebbe stato meno facile abbattere il rischio di simulazioni ed errori.

Secondo altra dottrina, invece105, la Corte avrebbe potuto attuare un intervento meramente demolitorio, con il risultato di non sospendere il corso della prescrizione in costanza dell’impedimento a comparire ritenuto di natura irreversibile, liberando l’imputato dal giogo del procedimento penale una

104 G. LEO, Il problema dell’incapace «eternamente giudicabile»: un

severo monito della Corte costituzionale al legislatore, in Penalecontemporaneo.it, 2013, p. 2.

105 O. MAZZA, L’irragionevole limbo processuale degli imputati

volta spirato il termine prescrizionale del reato, senza la necessità di un intervento manipolatorio del legislatore; si sarebbe così risolto il problema degli eterni giudicabili e sarebbe rimasto solo in caso di reati imprescrittibili.

Data l’inerzia del legislatore nei successivi due anni, la Corte tornò sulla questione nel 2015,106 ravvisandosi l’incoerenza di un giudice costituzionale che in un primo momento aveva attribuito la questione alla competenza del legislatore e in un secondo momento segue invece una delle strade percorribili107.

Il Tribunale ordinario di Milano aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 27 comma 3, e 111 della Costituzione, una questione di legittimità costituzionale dell’art 159 comma 1 c.p. nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p. laddove venisse accertata l’irreversibilità dell’incapacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo.

Nel caso specifico, le periodiche perizie susseguitesi nel tempo, avevano confermato l’esistenza di condizioni patologiche tali da determinare un’incapacità processuale dell’imputato di tipo irreversibile. L’applicazione della disciplina della sospensione del corso della prescrizione alle

106 Corte cost. sentenza n. 45 del 2015.

107 M. DANIELE, Il proscioglimento per prescrizione dei non più eterni

giudicabili: la sorte degli imputati affetti da incapacità processuale irreversibile dopo la sentenza 45/2015 della Corte costituzionale, in Penalecontemporaneo.it, 2015, p.1.

ipotesi in cui l’impedimento è legato a una incapacità processuale irreversibile dell’imputato, avrebbe violato il principio di uguaglianza, dato che sarebbe stato riservato lo stesso trattamento a situazioni difformi. Inoltre venne ravvisata una violazione ex art. 24 e 27 comma 3 della Costituzione perché nel primo caso, nell’improbabile ipotesi in cui l’incapacità fosse venuta meno, l’imputato si sarebbe trovato costretto a difendersi nell’ambito di un processo per fatti molto risalenti nel tempo, divenendo difficile un’adeguata strategia difensiva; nel secondo caso, la pena inflitta a seguito di un processo svolto a distanza di molto tempo non avrebbe svolto la funzione rieducativa imposta dalla Costituzione108.

L’Avvocatura generale dello Stato ha riconosciuto la sussistenza in “astratto” della rilevanza della questione sollevata, dato che l’imputato si troverebbe in una condizione di infermità permanente e totale, ma ha altresì rilevato che in “concreto” non avrebbe trovato alcun riscontro l’assunto del Tribunale secondo cui il legislatore sarebbe rimasto inerte così da legittimare l’intervento “sostitutivo” della Corte, dal momento che era trascorso poco tempo dalla sentenza monito del 2013.

Dall’altra parte, invece, l’art. 159 comma 1 c.p., come già accenntato, avrebbe violato il principio di uguaglianza sotto il profilo di un’irragionevole disparità di trattamento tra

l’imputato affetto da patologia irreversibile, che non può usufruire della prescrizione e gli imputati che invece possono beneficiare del decorso del tempo ed essere assolti per prescrizione del reato, non essendo affetti da grave malattia. La Corte ha giudicato fondata la questione costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Milano, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 159 comma 1 c.p. nella parte in cui, ove lo stato mentale dell’imputato fosse tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo fosse stato conseguentemente sospeso, non escludeva la sospensione della prescrizione quando fosse accertato che tale stato era irreversibile109. È stata ribadita l’irragionevolezza del protrarsi nel tempo della sospensione del processo, con la conseguenza della tendenziale perennità della condizione di giudicabile dell’imputato, dovuta all’effetto sospensivo della prescrizione. Nell’ipotesi di irreversibilità dell’impedimento risultavano frustrate le finalità insite nelle norme della sospensione sia sostanziale che processuale.

La sospensione infatti può essere rappresentata come una parentesi, una volta aperta questa deve anche chiudersi, altrimenti si andrebbe a modificare la sua natura, alterandosi la fattispecie alla quale si applica110, evidenziandosi inoltre

109 Corte cost. sentenza 45 del 2015, cit.

110 M. DANIELE, Il proscioglimento per prescrizione dei non più eterni

giudicabili: la sorte degli imputati affetti da incapacità processuale irreversibile dopo la sentenza 45/2015 della Corte costituzionale, in Penalecontemporaneo.it, 2015, p.2.

l’incompatibilità della sospensione della prescrizione con una situazione destinata a protrarsi per sempre.

Una volta rimosso l’ostacolo al fluire della prescrizione, anche la sospensione del procedimento sarebbe limitata nel tempo; il procedimento, dopo il decorso del termine di prescrizione, è destinato dunque a concludersi con una sentenza di improcedibilità per estinzione del reato, evitando così che il procedimento penale si protragga per tutta la durata della vita dell’imputato in stato di incapacità.

Tuttavia questa soluzione non è sembrata appagante per tutti, si è sottolineata la frustrazione delle pretese punitive dello Stato che si sarebbe ritrovato nella condizione di non poter sottoporre a processo l’imputato e di dover assistere alla naturale estinzione del reato; l’intervento sulla prescrizione infatti rischiava di far venire meno le finalità oggettive del processo penale, quali l’accertamento del fatto e in caso di condanna, l’irrogazione della pena111. Rimaneva anche il problema degli imputati, affetti da incapacità irreversibile, accusati di reati imprescrittibili, questi mai avrebbero abbandonato lo stato di eterno giudicabile e sarebbero stati sottoposti a periodici accertamenti per sempre, l’unica causa estintiva sarebbe quindi stata quella ex art. 150 c.p., la morte del reo112.

111 I. GUERINI, Imprescrittibilità di fatto e processo eterno: la Corte

costituzionale si pronuncia sulla prescrizione del reato commesso dall’eterno giudicabile, in Legislazione penale, 2015, p. 12.

112 M. DANIELE, Il proscioglimento per prescrizione dei non più eterni

Reputandosi quindi preferibile una definizione del procedimento con sentenza di non doversi procedere per incapacità irreversibile dell’imputato, rendendosi allora necessario l’intervento del legislatore.

4. La riforma Orlando: Fine degli “eterni giudicabili”

Dopo un lungo lavoro che ha visto coinvolte commissioni ministeriali di studio e un progetto delle commissioni giustizia di Camera e Senato, è stato approvato l’originario disegno di legge n. 2067 “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all’ordinamento penitenziario per l’effettiva rieducazione della pena”.

La sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 2015 fu infatti una soluzione – tampone113, chiara era la sottolineatura da parte dei giudici costituzionali che la scelta della soluzione più opportuna spettava al legislatore anche perché la Corte si

irreversibile dopo la sentenza 45/2015 della Corte costituzionale, in Penalecontemporaneo.it, 2015, p. 2.

113 L. SCOMPARIN, La nuova causa di improcedibilità per incapacità

irreversibile dell’imputato: il traguardo di una soluzione attesa e i residui dubbi sui margini dei poteri proscioglitivi del giudice, in Legislazione penale, 2017, p. 3, cit.