1.3 Il ruolo della Corporate Reputation nella creazione di valore.
1.3.1 La reputazione organizzativa: tra credibilità e fiducia.
Il successo dell’impresa è fortemente connesso alla capacità di raccogliere i contributi di soggetti diversi206. La competitività dell’impresa appare dunque condizionata sensibilmente dalle risposte che questi soggetti danno ad una serie di interrogativi circa l’affidabilità dei prodotti/servizi dell’impresa, la credibilità delle sue affermazioni, le condizioni di lavoro offerte ai suoi dipendenti e così via.
In proposito una buona reputazione rappresenta un fattore di attrazione nei riguardi delle risorse detenute dai vari interlocutori dell’impresa. La credibilità e l’affidabilità riconosciute dai pubblici nei confronti dell’impresa, consentono di innescare dinamiche virtuose di generazione di risorse attraverso altre risorse. La reputazione dell’impresa è influenzata dalla diffusione e, a volte, dall’amplificazione da parte degli stakeholder più attivi, di storie che nascono da taluni eventi o anche da esperienze dirette e indirette, considerate indicative della credibilità e responsabilità dell’impresa207.
Come accennato e come si avrà modo di vedere nel prosieguo del lavoro, la reputazione è un fenomeno complesso poiché alla sua formazione contribuiscono una serie di variabili. L’opinione pubblica dimostra di possedere uno sguardo penetrante che non si arresta alla considerazione dei valori più tradizionali, che pure restano una dimensione trainante della reputazione, ma articola il suo giudizio in maniera ampia e bilanciata su un insieme di componenti coinvolte208.
205 Cfr. Sabate J.M., Puente E. (2003), “Empirical Analysis of the Relationship Between Corporate Reputation and
Financial Performance: A Survey of the Literature”, Corporate Reputation Review, Vol. 6, No. 2, p. 176.
206 Cfr. Ravasi D. (2002), “Pressioni ambientali e reputazione aziendale”, Economia & Management, N. 6, novembre-
dicembre, pp. 56-57.
207 Cfr. Ravasi D. (2002), “Pressioni ambientali e reputazione aziendale”, Economia & Management, N. 6, novembre-
dicembre, p. 57.
La percezione di valore da parte dei vari interlocutori passa attraverso le esperienze che trasmettono valore e che, a loro volta, contribuiscono a determinare una parte significativa della reputazione e ad accompagnare la premonizione di ciò che sarà209. Per l’impresa diventa dunque fondamentale rispondere pienamente alle aspettative create nei suoi interlocutori e, in proposito, le organizzazioni possono influenzare il comportamento dei vari stakeholder presenti all’interno dell’arena socio- politica, attraverso azioni o promesse di azioni che siano credibili, alla luce di quelle passate e della loro coerenza210.
In particolare, al fine di spiegare le dinamiche che portano alla creazione di talune risorse, l’impresa deve ampliare il proprio raggio di osservazione, ponendo attenzione ai legami potenzialmente realizzabili con i vari interlocutori.
In proposito, l’attenzione viene posta sul ruolo acquisito dalle relazioni tra l’impresa e i pubblici di riferimento. Le relazioni rappresentano infatti processi ricorsivi di creazione di fiducia a partire dalla dotazione fiduciaria generata nelle interazioni pregresse211. Le varie forme di relazione, quali “luoghi” elettivi di creazione del valore212, assumono rilevanza in funzione della capacità di rafforzare le relazioni con gli stakeholder ed è in tale direzione che acquisiscono valore e rilievo in termini di capitale relazionale.
Grazie ad una comprensione approfondita delle dinamiche di interazione attivabili tra impresa e stakeholder, gli attori sociali possono dunque intervenire consapevolmente all’interno di spazi di manovra nei quali richiamare valori positivi di affidabilità e attenzione verso gli interlocutori, che si sentono così accolti e tutelati, anche sul piano emotivo, e nei cui confronti possano anche riconoscersi. Accanto alla evocazione di valori condivisi, l’organizzazione deve altresì preoccuparsi di diffondere un clima tale da innescare circuiti favorevoli, nell’ambito dei quali favorire i presupposti all’ottenimento di fiducia.
Le organizzazioni di successo creano infatti elevati livelli di identificazione da parte dei pubblici di riferimento e costruiscono reputazioni favorevoli, esprimendo l’autenticità organizzativa in modo emozionalmente attraente per gli stakeholder213.
La reputazione esprime infatti la reazione affettiva ed emotiva che gli interlocutori associano all’impresa214. Ciò trova conferma nell’ambito degli studi di marketing esperienziale, in cui la
209
Cfr. Alemanno A. (2008), “L’importanza di chiamarsi ‘Onesto’”, Largo Consumo, n. 2, p. 22.
210 Cfr. Mahon J.F., Wartick S.L. (2003), “Dealing with Stakeholders: How Reputation, Credibility and Framing
Influence the Game”, Corporate Reputation Review, Vol. 6, No. 1, p. 28.
211 Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 17.
212 Cfr. Costabile M. (2001), Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, p. 5.
213 Cfr. Fombrun C.J., Van Riel C.B.M. (2003), Fame & Fortune: How Successful Companies Build Winning
Reputations, Prentice Hall/Financial Times, Upper Saddle River, NJ, p. 174.
214
Cfr. Fombrun C.J. (1996), Reputation. Realizing Value from the Corporate Image, Harvard Business School Press, Boston.
relazione conferisce spessore e profondità alla customer experience215, e impone il dovere di emozionare216 il cliente, quale viatico per conquistare la fiducia capace di diventare, in un’ottica di lungo periodo, loyalty217. La componente emozionale, congiuntamente agli aspetti più razionali, assolutamente non oscurati bensì completati dalla prima, diventa un driver di valore. Ciò che rileva ai fini della presente trattazione è l’impatto di simili stati emozionali sul consumer behaviour, intervenendo sui differenti momenti del processo informativo, della valutazione delle alternative di scelta e del momento di acquisto e fruizione218. Riuscire a far leva sulle emozioni e, in particolare, riuscire a generarne di positive, consente all’organizzazione di creare una sorta di attitudine disposizionale219 a volgere a suo vantaggio una serie di azioni favorevoli e durevoli da parte dell’interlocutore coinvolto nella relazione.
La capacità di entrare in sintonia con l’interlocutore rappresenta un fattore funzionale al perseguimento di finalità di profitto e di crescita nel lungo periodo. Inoltre, un potente richiamo emotivo esercitato presso i pubblici di riferimento abilita l’organizzazione ad accrescere la fama di credibilità di cui essa può godere220.
La trasmissione di questo senso di affidabilità, che genera identificazione negli stakeholder, richiede, in genere, da parte dell’organizzazione uno sforzo attraverso il quale riuscire a conquistare la simpatia e la predisposizione dei pubblici di riferimento. Inoltre, in presenza di una solida reputazione può accadere che gli sforzi richiesti all’organizzazione per conquistare la benevolenza dei pubblici siano più contenuti. Ciò è stato messo in evidenza nell’ambito delle conclusioni emerse da ricerche empiriche221, le quali hanno evidenziato che la presenza di un buon livello di reputazione, dal punto di vista dell’impegno sociale sostenuto dall’organizzazione nell’ambito di attività di Corporate Social Responsability (CSR), agisce come un fattore che va a moderare l’atteggiamento di sospetto e di scetticismo attraverso cui parte dei consumatori osservano le azioni compiute dall’organizzazione impegnata socialmente.
215
Cfr. Metallo G., Tortora D. (2007), “Il ruolo delle emozioni nello sviluppo della reputazione dell’insegna commerciale. Il caso del dettaglio tradizionale”, Esperienze d’impresa, N. 2, pp. 7-26.
216 Gli obiettivi di tipo emozionale sono conseguiti nel momento in cui la comunicazione di marketing susciti sensazioni
e provochi emozioni gradevoli e intense per il destinatario. Da ciò scaturirebbe un coinvolgimento di tipo edonistico basato sull’emozione e riferisce di uno stato mentale risultante da una valutazione soggettiva circa il ruolo di un particolare input sensoriale. Ciò tuttavia non deve comportare, ai fini dell’accrescimento della fiducia nell’organizzazione, un mero stato di gratificazione fine a se stesso poiché esulerebbe da considerazioni di carattere funzionale, volte ciò a consentire all’organizzazione di alimentare nel tempo la propria fiducia. Cfr. Pastore A., Vernuccio M. (2006), Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, Apogeo, Milano, p. 103.
217 Cfr. Metallo G., Tortora D. (2007), “Il ruolo delle emozioni nello sviluppo della reputazione dell’insegna
commerciale. Il caso del dettaglio tradizionale”, Esperienze d’impresa, N. 2, pp. 7-26.
218 Cfr. Metallo G., Tortora D. (2007), “Il ruolo delle emozioni nello sviluppo della reputazione dell’insegna
commerciale. Il caso del dettaglio tradizionale”, Esperienze d’impresa, N. 2, pp. 7-26.
219 Cfr. Gambini P. (2004), Introduzione alla psicologia. Volume primo: i processi dinamici, Franco Angeli, Milano. 220Cfr. Metallo G., Tortora D. (2007), “Il ruolo delle emozioni nello sviluppo della reputazione dell’insegna
commerciale. Il caso del dettaglio tradizionale”, Esperienze d’impresa, N. 2, p. 15.
221
Cfr. Bhattacharya C.B., Sen S. (2004), “Doing Better at Doing Good. When, Why , and How Consumers Respond to Corporate Social Initiatives”, California Management Review, Vol. 47, No. 1, p.14.
Pertanto la presenza di una buona reputazione influenza la percezione e le azioni degli interlocutori, che reagiscono in modo più favorevole nei riguardi delle cause sociali sostenute dall’organizzazione, e influenza altresì la loro consapevolezza in merito a ciò che l’impresa sostiene222.
Il fondamento logico dal quale occorre dunque partire è che una buona reputazione rende psicologicamente più facile per un interlocutore effettuare la scelta, attraverso la riduzione del rischio percepito e/o la evocazione di associazioni positive di tipo informativo, valutativo ed emozionale223, ovvero agisce come un “performance bond” collocato da un’organizzazione che accresce il valore della propria offerta224.
Una reputazione forte e duratura poggia dunque sulla bontà delle iniziative promosse e sui messaggi che vengono trasmessi da parte dell’azienda225. Le iniziative e i messaggi diffusi devono essere significativi per i vari stakeholder ma soprattutto coerenti e in sintonia con i valori distintivi e con ciò che riferisce della personalità dell’organizzazione.
La corporate personality rappresenta infatti una componente attraverso la quale poter accrescere la reputazione organizzativa. Diventa pertanto necessario e critico promuovere e proteggere la personalità organizzativa per sviluppare e mantenere una forte reputazione. Il processo di promozione della personalità organizzativa include gli sforzi di comunicazione diretti all’audience interna ed esterna, in modo tale da far si che l’organizzazione comunichi in modo chiaro e coerente, aiutando i pubblici a formulare associazioni positive.
Nell’ambito del paragrafo precedente si è fatto riferimento all’esistenza di “altre” tipologie di capitale che, affiancandosi a quello economico e a quello fisico, contribuiscono ad alimentare performance competitive superiori, e quindi a creare valore attuale e potenziale. Tali forme innovative di capitale racchiudono una categoria di beni, quella dei beni immateriali, che si è dimostrata sempre più importante nella gestione dell’impresa226. Orbene è evidente che tali beni presentano caratteristiche del tutto diverse da quelli che trovano puntuale rappresentazione in bilancio; trattasi in effetti di risorse immateriali che normalmente non sono interessate da rilevazioni contabili e di cui spesso è difficile tenere contezza.
222 Cfr. Bhattacharya C.B., Sen S. (2004), “Doing Better at Doing Good. When, Why , and How Consumers Respond to
Corporate Social Initiatives”, California Management Review, Vol. 47, No. 1, p.17.
223
Cfr. King S. (1991), “Brand Building in the 1990s”, Journal of Marketing Management, Vol. 7, No. 1, pp. 3-13.
224 Cfr. Dowling G. (2006), “How Good Corporate Reputations Create Corporate Value”, Corporate Reputation
Review, Vol. 9, No. 2, p. 138.
225 Cfr. Alemanno A. (2008), “L’importanza di chiamarsi ‘Onesto’”, Largo Consumo, n. 2, p. 23. 226
Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
La convinzione della loro importanza è emersa nell’ambito degli studi compiuti da Penrose227, dai quali si è sviluppata la teoria evolutiva dell’impresa, intesa come un insieme di capacità sedimentate che evolve per adattarsi all’ambiente.
Spesso tuttavia, nonostante il riconoscimento dell’importanza delle risorse immateriali al vantaggio competitivo e alla sopravvivenza dell’impresa, esse trovano scarsa considerazione da parte del management228. Una gestione attenta al patrimonio di risorse intangibile richiede a monte la consapevolezza circa le potenzialità connesse alle risorse immateriali.
A tal riguardo, la prospettiva delle risorse è un approccio che considera il processo di generazione del valore non come un processo di trasformazione di input (risorse) in output (risultati), ma di trasformazione di risorse in risorse229, spesso con un effetto moltiplicatore sul patrimonio intangibile dell’organizzazione230. Il valore in esse contenuto è infatti espresso in termini di valore- potenzialità, in riferimento alla proprietà di autoalimentarsi e di generare altre risorse immateriali231, collegando il successo dell’impresa alla capacità di generare risorse232. L’impiego delle risorse immateriali in altre parole, a differenza di quanto accade con le risorse materiali, non comporta un loro esaurimento ma bensì un loro accrescimento.
La prospettiva delle risorse mette in evidenza pertanto come queste ultime siano alla base della creazione del vantaggio competitivo ed entrino a far parte del patrimonio aziendale contribuendo al valore complessivo dell’organizzazione233. Esse sono preziose in quanto uniche, scarsamente imitabili, realizzabili nel lungo periodo, difendibili nel tempo e non negoziabili sui mercati, contrariamente a quanto avviene appunto per le risorse materiali234.
Le risorse immateriali sono sedimentate all’interno degli schemi cognitivi degli interlocutori che, a vario titolo, interagiscono con l’organizzazione e pertanto non sono direttamente controllabili dall’impresa in quanto esistenti all’esterno della stessa.
227 Cfr. Penrose E. (1973), La teorie dell’espansione dell’impresa, Milano, Franco Angeli.
228 Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
generativo della fiducia, Egea, Milano, pp. 11 e segg.
229
Per approfondimenti sulla logica auto poietica del Resource-Based Management si veda: Vicari S., “Verso il
Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale generativo della fiducia,
Egea, Milano, pp. 19-20.
230 Cfr. Baccarani C. (1995), “Riflessioni sulla fiducia”, Ugolini M., La natura dei rapporti tra imprese nel settore delle
calze da donna, Cedam, Padova.
231 Cfr. Vicari S. (1991), L’impresa vivente, Etas Libri, Milano, p. 105. 232 Cfr. Busacca B. (1994), Le risorse di fiducia nell’impresa, Utet, Torino.
233 Cfr. Barney J.K. (2001), “Resource-based Theory of Competitive Advantage: A Ten Years Retrospective of
Resource-Based View”, Journal of Marketing, Vol. 27, No. 6, pp. 643-650.
Le risorse fondamentali dell’impresa sono costituite da conoscenza che consentono al sistema impresa di funzionare235. Tra le risorse immateriali cruciali per lo sviluppo dell’impresa, la fiducia e la reputazione rivestono un ruolo fondamentale in quanto contribuiscono ad alimentare i processi di creazione del valore, quali premesse per il successo duraturo236, e a consolidare il vantaggio competitivo nel tempo. La fiducia consiste in uno schema cognitivo che, pur appartenendo a soggetti esterni all’impresa, rappresenta una risorsa propria dell’organizzazione237.
Dal punto di vista dell’impresa, le fondamentali risorse di fiducia basate sul sistema cognitivo dei consumatori, sono rappresentate dall’immagine di marca o di azienda, dalla fedeltà della clientela, dalle relazioni con i clienti238. Anche tali risorse sono attivate da relazioni circolari che generano un processo di reciproca alimentazione. L’immagine rappresenta uno dei principali fattori di formazione delle preferenze e concorre a determinare i meccanismi di fedeltà che ne rafforzano il posizionamento nello spazio percettivo del cliente. A sua volta la fedeltà è essenziale in quanto contribuisce alla stabilità delle relazioni che, nella misura in cui confermano le aspettative maturate dalla domanda, generano fiducia e accrescono l’immagine (brand image).
In base a tali assunzioni, la fiducia quindi rappresenta uno schema cognitivo di previsione del comportamento di altri soggetti, che nasce dalla tendenza a cercare conferme a quanto già sperimentato. La fiducia si alimenta quindi di informazioni, di conferme o smentite allo schema cognitivo costruito da un individuo. La conferma dello schema cognitivo è, in particolare, presupposto alla creazione di ulteriore fiducia, da cui discende una inerzia comportamentale che rende difficile modificare i comportamenti sottostanti la fiducia maturata239.
La fiducia è una risorsa fondamentale che può essere considerata un sostituto dell’informazione, un riduttore della complessità e della contingenza240. Essa rappresenta quindi una forma di conoscenza241 che consente ai soggetti di ridurre lo sforzo necessario alla scelta, in quanto è
235 Vicari S. (1995), (a cura di), Brand Equity. Il potenziale generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 12. Busacca B.,
“Il valore della fedeltà del cliente”, in Busacca B., Castaldo S. (1996), Il potenziale competitivo della fedeltà alla marca
e all’insegna commerciale, Egea, Milano, 9.
236 Cfr. Siano A. (2001), Competenze e comunicazione del sistema d’impresa, Giuffrè Editore, Milano. Vicari S. (1995),
(a cura di), Brand Equity. Il potenziale generativo della fiducia, Egea, Milano.
237 Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 13.
238 Busacca B., “Il valore della fedeltà del cliente”, in Busacca B., Castaldo S. (1996), Il potenziale competitivo della
fedeltà alla marca e all’insegna commerciale, Egea, Milano, pp. 10-11.
239 Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 16.
240 Cfr. Siano A. (2001), Competenze e comunicazione del sistema d’impresa, Giuffrè Editore, Milano, p. 222.
241 Cfr. Pastore A., Vernuccio M. (2006), Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il management, Apogeo,
Milano, p. 102. Vicari S. (1995), (a cura di), Brand Equity. Il potenziale generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 12. Busacca B., “Il valore della fedeltà del cliente”, in Busacca B., Castaldo S. (1996), Il potenziale competitivo della
accordata fiducia come conseguenza dell’inerzia cognitiva dei pubblici esterni242. Una volta maturato un certo livello di fiducia nei riguardi dell’impresa, i pubblici tendono a cercare nello schema cognitivo opportunità di conferma o di smentita, in occasione delle future ipotesi di interazione relazionale.
Le relazioni di fiducia sono importanti in quanto fidelizzano l’interlocutore all’impresa e attivano il potenziale generativo della reputazione243. Per alcuni sono definibili più come risorse relazionali244 in quanto traggono i geni della loro origine all’interno dell’humus relazionale.
Orbene, perché si generi fiducia è necessario che esista un certo livello di comunicazione tale da favorire la presenza di una interazione stabile tra le parti.
La rilevanza della funzione comunicazione è da ricercare nell’elemento costitutivo della rete di relazioni, che collega l’organizzazione agli interlocutori con i quali instaura delle relazioni di partnership o più semplicemente si interfaccia, e pertanto assume rilievo nell’ottica delle risorse immateriali245. Nella prospettiva del marketing relazionale diviene centrale il processo di generazione del valore attraverso le risorse immateriali che emergono e che, grazie alla comunicazione, vengono alimentate e sostenute246.
Al riguardo e come si avrà modo di vedere nella fase conclusiva del presenta lavoro, la comunicazione assolve un ruolo cruciale nel processo di generazione e accrescimento delle risorse di fiducia e reputazione247, in quanto collega l’impresa ai vari stakeholder nei confronti dei quali, in un ottica di scambio mutualistico, riceve e trasferisce risorse.
Il potenziale generativo insito nelle relazioni dell’impresa consente di attivare ulteriori relazioni248, in quanto gli interlocutori soddisfatti attivano, nell’ambito delle reti di relazioni di cui sono parte, un meccanismo basato sul passaparola249 nei confronti di potenziali interlocutori, a loro volta parti attive di altri network relazionali250.
Fiducia251 e reputazione252 rappresentano una parte delle risorse immateriali cruciali per il successo dell’impresa. Prescindendo da qualsiasi pretesa di individuazione esaustiva delle risorse immateriali
242
Cfr. Vicari S., “Verso il Resource-Based Management”, in Vicari S. (a cura di), (1995), Brand Equity. Il potenziale
generativo della fiducia, Egea, Milano, p. 17.
243 Cfr. Mauri A. (2002), “Le prestazioni dell’impresa come comunicazione ‘di fatto’ e il ruolo del passaparola”,
Sinergie, N. 59.
244
Cfr. Costabile M. (2001), Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, p. 19.
245 Cfr. Mazzei A. (2004), Comunicazione e reputazione nelle università, Franco Angeli, Milano.
246 Cfr. Grandinetti R. (2001), “Produzione e marketing dei servizi universitari”, in Strassoldo M. (a cura di), L’azienda
università, Isedi, Torino.
247
Cfr. Fiocca R. (2001), “Evoluzione d’impresa e nuovi connotati della comunicazione”, Studies in Communications
Sciences, n. 1, pp. 72-73.
248 Cfr. Costabile M. (2001), Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, p. 73.
249 Cfr. Alemanno A. (2008), “L’importanza di chiamarsi ‘Onesto’”, Largo Consumo, n. 2, p. 22. 250
Cfr. Costabile M. (2001), Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano.
importanti per l’impresa, decisamente interessante, ai fini della presente trattazione, appare riflettere sui processi dinamici che conducono alla generazione delle risorse in parola.
La risorsa fiducia può essere intesa come un’aspettativa positiva che un soggetto ha circa il comportamento tenuto dalla controparte nell’ambito di una relazione, maturata in funzione delle esperienze pregresse. In altre parole, la fiducia è la volontà di Ego di accettare di rendersi vulnerabile all’azione non controllabile di Alter; volontà basata su aspettative positive maturate da Ego nei confronti di Alter253. Elementi essenziali perché si possa parlare di fiducia in una relazione sono individuati nel fatto che chi da fiducia espone a rischio qualcosa di importante ed è necessario che le parti siano libere di scegliere, nel senso che da una parte si sceglie se e quanto rendersi vulnerabili e dall’altra se tradire o meno la fiducia che è stata data254.
Orbene della fiducia si potrebbe anche fare a meno, per esempio attraverso il controllo continuo del comportamento tenuto dalla controparte. Tuttavia quando ciò avviene è perché manca la fiducia, comportando inevitabilmente dei costi connessi appunto al controllo.
In effetti, ciò che rende la fiducia una risorsa sociale di valore per l’organizzazione degli scambi economici, è che la sua presenza consente di ridurre i costi di controllo e di sanzione connessi ai