d i F I L I P P O M E D A
(Voi. doppio).
Rapporti fra capitale e lavoro,
d i M A R C H E T T I .Seguiranno:
Problemi commerciali e finanziari dell'Italia, di ATTILIO CABIATI. L'esportazione dopo la guerra, di FILIPPO CARLI.
Ciascun v o l u m e Q U A T T R O C I r e .
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IL PROBLEMA. MONETARIO FIUMANO
(1).
L'immane guerra che per cinquautadue mesi ha sconvolto l'Europa e turbato in tutto il mondo il ritmo normale dell'umana attività non ha soltanto fatto sorgere problemi politici di capitale importanza, ma ha pure originato non meno gravi questioni monetarie le cui ripercus-sioni nelle economie nazionali hanno vivamente preoccupato gli statisti che presiedono alle sorti dei popoli e costituito sovente uno dei mag-giori ostacoli alla ricostruzione della perduta prosperità. In molti stati il problema si è presentato sotto un identico ed unico aspetto che non possiede neanche il pregio della novità essendosi sistematicamente ve-rificato dopo ogni guerra importante nei paesi lielligerauti od almeno in quello vinto ; lo si può sintetizzare nella ricerca dei mezzi idonei a ridurre l'esagerata circolazione cartacea, gonfiatasi durante la guerra e per causa della guerra, ed a ridonare alla moneta l'antico carattere fiduciario ed il perduto valore. Ben pili complicato appare, invece, in taluni altri paesi quali quelli che formarono la monarchia austro-ungarica ed alla sua distruzione poterono erigersi in Stati indipendenti oppure riunirsi alla madre-patria o magari attendono ancora di conoscere quale sorte sia loro riserbata. Sorgono qui delie questioni monetarie partico-larmente urgenti e talvolta anche originali: iu parecchi casi si deve sostituire una moneta grandemente rinvilita e comune ad altri Stati con una moneta meno deprezzata adottando un ragguaglio che non gravi soverchiamente il bilancio dello Stato che opera la conversione e non alteri troppo i rapporti economici prima esistenti consentendo lucri ingiusti od arrecando danni non meno ingiusti; in altri si deve
(1) Accogliamo con vivo compiacimento questo studio dol dott. Ettore RoBboch, il valoroso capitano dei mitraglieri, più volte ferito e decorato in tre anni di continue battaglie, che oggi consacra tutta la propria attività al riordinamento finanziario dello Stato fiumano, come direttore dell'Istituto di credito di quel Consiglio nazionale. I problemi della liquidazione monetaria austro-ungarica, sui quali egli ci fornisce dati copiosi, autentici e in parte poco noti, sono istruttivi ed interessantissimi anche dal punto di vista dell'economia generale, c si pre-stano a importanti constatazioni per gii insegnamenti che ne scaturiscono. I lettori della Riforma saranno quindi grati all'egregio autore di averne voluto procurar loro la primizia. ( N . d. D.)
addirittura creare una nuova moneta per unificare la circolazione, e costituire l'unità monetaria dopo quella politica. Particolare interesse offre, a questo riguardo, la Polonia clic, all'indomani della sua rinascita a nazione indipendente ha un medio circolante composto di tre diverse monete : corona austro-ungarica, marco tedesco e rublo russo, emesse da differenti Stati, ed aventi diverso valore nominale, c differente svaluta-zione ; non molto dissimile è la condisvaluta-zione della Rumania e della Jugo-slavia che hanno una circolazione formata rispettivamente di lei, corona austro-ungarica e ruhii, e di corona austro-ungarica e dinari. Addirit-tura tipico, poi, è il caso di Fiume, la cui situazione è complicata del continuo rinvio della soluzione politica ed aggravata dalle ripercussioni che i provvedimenti degli Stati vicini hanno avuto sulla sua circolazione. Sarebbe forse non inutile lo studiare attentamente tutti questi pro-blemi monetari sòrti nei diversi Stati ed esaminare i provvedimenti escogitati per risolverli, ma ciò aumenterebbe di troppo le dimensioni di questo modesto studio dedicato principalmente ad uno solo di tali problemi e cioè a quello fiumano che mi appare il più arduo ed il più interessante fra tutti per le numerose complicazioni che si sono susse-guite in questi venti mesi. Parecchie fra esse traggono origine da prov-vedimenti attuati in altre regioni dell'ex-monarchia e specialmente nella Venezia Giulia e nella Jugoslavia, la cui vicinanza alla città del Quar-naro ha fatto si che le vicende monetarie di questi due paesi vi ab-biano avuto le maggiori ripercussioni; appare quindi necessario accen-nare con discreta ampiezza alla politica che essi hanno seguito verso il medio circolante avanti di studiare la questione monetaria fiumana.
Ma, prima ancora, è opportuno ricordare che le necessità della guerra ed il suo prolungarsi originarono nell'Austria-Ungheria un'inflazione monetaria di gran lunga maggiore di quella che si è verificata in ogni altro Stato, eccezione fatta per la Russia bolscevica, cosicché alla data dell'armistizio la quantità di carta circolante era quattordici volte più grande di quella emessa nell'anno che precedette la guerra. Nè il torchio accennò a sospendere o diminuire la sua rovinosa produzione colla fine della guerra, chè, anzi, la sconfitta, lo sfacelo dell'impero, la rivolu-zione ed i torbidi che l'accompagnarono in più regioni, indussero i Governi repubblicani di Vienna e di Buda-Pest a far fronte agli innu-merevoli impegni che d'ogni parte li premevano ricorrendo in sempre più larga misura alla fabbricazione di carta moneta. Si ebbe cosi un crescendo continuo nell'emissione di banconote mentre la riserva aurea della Banca austro-ungarica — l'unico ente che possedesse il privilegio di emissione nell'ex-monarcliia — continuava a diminuire rapidamente sino a ridursi ad una derisoria percentuale della circolazione. Ciò
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pare chiaramente dal seguente specchietto i cui dati sono ricavati da pubblicazioni e documenti della stessa Banca austro-ungarica:
DATA Al 31 dicembre 1913 » 23 luglio 1914 » 31 dicembre 1914 » 31 dicembre 1915 » 31 dicembre 1916 » 31 dicembro 1917 » 31 ottobre 1918 » 31 gennaio 1919 » 30 giugno 19)9 » 31 dicambre 1919 » 31 marco 1920 » 23 maggio 1920 Circolazione Corone 2.493.641.100 2.129.759.250 5.136.693.718 7.162.355.402 » 10.888.619.049 18.439.694.767 » 32.000.000.000 circa 36.507.377.850 » 41.761.391.312 54.481.264.798 61.012.495.625 » 61.423.465 911 Riserva aurea Corone 1.240.972.547 » 1.237.878.950 » 1.055.069.069 684.885.870 » 290.024.194 265.136.860 n — 262.016.366 262.282.791 222.661.917 222.625.337 222.625.183 Dal 23 luglio 1914 al 23 maggio 1920 la circolazione aumentò del 2782 °/0 mentre la riserva aurea diminuisce dell' 82 "/„. Nello stesso periodo di tempo il rapporto fra circolazione e riserva scende da 58.1 % a 0.36 % !
Fra tutti i paesi belligeranti, solo la Russia può contrastare all'ex-monarchia danubiana il triste primato nella folle emissione di carta-moneta e Io si vede chiaramente dallo specchietto che segue.
Circolazione Riserva aurea Proporziono «/<, (in milioni)
iastria-l)Dgb«rm • 23 luglio 1914 K. 2.130 K. 1.238 58,1 a » • 23 maggio 1920 n 61.423,4 (') » 222,6 0,36 Italia . . - 31 luglio 1914 L. 2.764,3 L. 1.701 61,6
» . • - 29 febbraio 1920 » 17.576,4 » 2.108 13,7 Francia . - 31 luglio 1914 Fra. 6.683,2 Frs. 4.141,3 61,9
» - 29 aprile 1920 n 37.687,6 » 5.830,4 15,5 Inghilterra • 31 luglio 1914 Lst. £9,3 Lst. 40,1 137 » - 28 aprile 1920 » 468,2 » 140,5 30 Germania - 31 luglio 1914 Rm. 1.890,9 Rm. 1.356,8 58,1 » • 30 giugno 1920 n 67.108 (J) » 1.098,7 1,6 Russia - 20 luglio 1914 Rbl. 1.634,1 Rbl. 1.601,1 98 * - 25 ottobre 1917 9 18.917 (?) > • 31 dicembre 1918 » 55.263 (?) » • - 30 aprile 1920 1) 95.000 circa (?) (3)
(') Esclusi 3200 milioni di corone emesse dal Governo ungherese di Boia Kun nel 1919 e tutti i buoni di cassa emessi da molti comuni.
(l) Compresi 13.633 milioni di Km. in note dello Casse di Prestito.
(') La riserva aurea della Banca Imperiale RUSBB, trasportata ad Omsk dalle truppe di Koltckak, ammontava a Rbl. 651.535.835 nell'agosto 1919. Caduta in possesso dei bolscevichi non se ne ebbe più notizia degna di fede.
Una inflazione monetaria talmente gigantesca doveva necessariamente avere come conseguenza principale, una corrispondente svalutazione della corona a. u. rispetto alle unità monetarie degli Stati che meno larga-mente avevano fatto ricorso alle emissioni. Infatti dai listini dei cambi si apprende che alla data dell'armistizio la corona era quotata Fr. 0,30 circa alla Borsa di Ginevra e che il suo valore andò continuamente
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riducendosi per quindici mesi sino a scendere sotto i due centesimi nel gennaio 1920. Il ribasso ininterrotto ò dovuto alla sempre crescente emissione di carta-moneta oltreché all'emigrazione su vasta scala dei capitali da molte regioni del distrutto impero causata dal timore di eccessive imposte per le eventuali indennità da corrispondersi ai vin-citori e dalla paura che i nuovi governi socialisti applicassero rapida-mente il loro programma di socializzazione espropriatrice.
Una cosi grande svalutazione della moneta doveva per forza di cose rendere più acuto il già grave malessere economico di cui soffrivano tutte le regioni ex austro-ungariche e non poteva a meno d'impensierire i governanti di quei nuovi Stati che pur non emettendo una sola co-rona, vedevano inondate le loro Provincie dalle banconote che le offi-cine di Vienna e di Buda-Pest continuavano a fabbricare.
Sarebbe forse non privo di interesse il conoscere come fossero ripar-titi territorialmente i 32 miliardi di corone componenti la circolazione alla data dell'armistizio, ma non vi sono dati al riguardo. Solo nel corso del 1919 tutti i nuovi Stati effettuarono il censimento delle banconote esistenti entro i loro confini, ad eccezione dell'Ungheria che lo iniziò appena il 15 marzo 1920. Dalle notizie pubblicate estraggo i dati che qui riproduco, avvertendo che quelli distinti con un * sono esatti mentre gli altri sono approssimativi e si riferiscono alla seconda metà del febbraio 1920:
(lo milioni)
Repubblica Austro-Tedesca . . Corone timbrate 13.250 *
n n 9 . » non timbrate 750 14.000
Repubblica Czeco-Slovaeea . . » timbrate 7.000*
it n n m . n non timbrate 500 7.500
Reguo S. H. S » bollate 5.800 *
n H » non bollate eoo 6.400
Venezia Giulia e Trideutiua . . n coavertite 1.660 * » » n
.
, n non convertite 250 1.900 Fiume . . . . w timbrate Citii di Finn 123 *n » timbrate iugulili 2 0 0 * 323 *
Dalmazia italiana » nette 1.000 1.000
Repubblica Ungherese . . . . n • 15.000 16.000 Repubblica Polacca w convertite 4.000* 4.000 *
Regno di Rumania n timbrate 5.000*
» * » non timbrate 500 5.5)00
Stati uteri:
Germania » nette 1.500
Paesi Bassi, Svizzera e
Scandi-navia » » 500
Russia meridionale e Balcani . n » 500 2.500 Perdita approssimativa durante
la guerra » 500 500
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* * *
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Per l'Italia, la Romania, la Polonia e la Jugoslavia il problema della moneta poteva così sintetizzarsi :
1° difendere il paese dall'aumento della circolazione;
2° unificare la circolazione composta di varie differenti unità mo-netarie;
3" far riacquistare alla moneta il perduto valore.
Delle tre parti del problema la più urgente e la più facile era la prima, ed alla sua soluzione mirarono subito tutti i nuovi stati. Nei mesi di novembre e dicembre 1918 si ebbe un succedersi di divieti d'importazione di banconote a.-u., con relative sanzioni severissime per i contravventori, ma a ben poco valsero malgrado l'intensificata sorveglianza della polizia. L'inondazione monetaria continuò tranquil-lamente soprattutto in quegli stati che apparivano in migliori condi-zioni economiche ed in quelle regioni — come la Venezia Giulia ed il Trentino — ove si sperava fondatamente in una prossima e conve-niente conversione.
Si comprese allora da taluni Governi che ben altri provvedimenti occorrevano per mettere un freno all'invasione di banconote e fu la Jugoslavia che battè per prima la nuova via che doveva più tardi
es-sere seguita da tutti gli altri stati ad eccezione dell'Italia. Ai primi del gennaio 1919 fu decretata la timbratura di tutta la carta moneta a.-u. circolante entro i confini del regno S. H. S. e nello stesso mese venne iniziata ed estesa anche a quei territori che l'esercito serbo al-lora occupava in attesa del trattato di pace e perfino a quelli che erano presidiati da truppe italiane come Sussak e la regione che cir-conda Fiume. La timbratura richiese ben due mesi e quando essa fu ultimata i biglietti di banca timbrati vennero dichiarati sola moneta cartacea legale per le provincie a.-u. della Jugoslavia — non per la Serbia — e le banconote nette vennero esclusivamente considerate moneta estera.
Se dal punto di vista economico la timbratura era opportuna, tecni-camente essa fu quanto di peggio si potesse compiere.
Anziché adottare un unico timbro che sarebbe stato presto e facil-mente conosciuto dall'intiera popolazione ed avrebbe reso difficili le contraffazioni, si dispose che ogni ente avente carattere pubblico — uffici statali e comunali di qualunque genere e perfino banche — si trasformasse in ufficio di timbratura ed usasse il proprio timbro o
bollo per distinguere la moneta che gli veniva presentata. Vennero così impiegati parecchie centinaia di timbri differenti per forma, di-mensioni e dicitura, rendendo quasi impossibile stabilire se una banco-nota portasse un contrassegno autentico o imitato. Inoltre nessun con-trollo efficace fu esercitato durante un'operazione cosi importante ed affidata a tanta gente; evidentemente per i ministri del regno S. H. S. non esisteva neanche la possibilità che qualcuno pensasse a falsificare la nuova moneta. Se malgrado tante circostanze favorevoli le frodi non raggiunsero una cifra enorme, ciò non va attribuito ad ammirevole onestà degli improvvisati timbrato» o dei cittadini, ma alla scarsa fiducia che allora si aveva nella compattezza dello stato jugoslavo ed alla diffusa opinione che non fosse lontana la sua disgregazione. A ciò va anche ascritto il fatto che, malgrado la timbratura, la nuova corona S. H. S. non soltanto non riuscì a sottrarsi alla progressiva svaluta-zione della corona netta (senza alcun timbro e che venne per parecchi mesi quotata a Ginevra col nome di corona vecchia) ma giunse nel marzo 1919 a valere il 5 % meno di essa.
Complessivamente vennero timbrate banconote per un importo di circa 6250 milioni di corone, cifra che si accrebbe di qualche centi-naio di milioni quando la moneta jugoslava cominciò a fare aggio sulla corona netta. Tale fenomeno si iniziò nella seconda metà dell'anno scorso e fu dovuto in parte ad un maggiore ottimismo sulla situazione e sull'avvenire del regno S. H. S. ed in parte al fatto che ormai tutti gli stati sorti dallo sfacelo dell'impero, eccezion fatta dell'Austria te-desca e dell' Ungheria, avevano provveduto a timbrare od a convertire le banconote circolanti nei loro territori. Si ebbe allora nei paesi che possedevano una moneta meno deprezzata il sorgere di un' industria di falsificazioni di timbri, che trasformava le corone nette in monete fiumane, jugoslave, rumene, ecc., lucrando cosi la differenza di valore fra l'una e le altre. Ne parlerò più a lungo trattando del problema fiumano.
Colla timbratura il governo jugoslavo aveva provveduto, bene o male, a mettere una barriera all'inondazione monetaria; restava sempre la parte più scabrosa della questione e cioè l'unificazione della circola-zione, composta allora di dinari in Serbia e di corone timbrate nelle nuove provincie.
Di fronte ai 6500 milioni di corone circolanti, senza la minima co-pertura aurea, stavano al 24 luglio 1919 soli 535 milioni di dinari emessi dalla Banca di Stato Serba, a garanzia dei quali vi era una riserva di 63,5 milioni di dinari-oro, cosicché il valore dell'unità mo-netaria serba era quasi il triplo di quello (iella corona. Si comprende
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quindi come i serbi non intendessero a nessun costo di permettere che la corona venisse equiparata al dinaro come chiedevano croati e slo-veni; ciò avrebbe stabilito l'unificazione monetaria ma esclusivamente a spese del popolo serbo e senza un notevole vantaggio per le altre regioni del regno. Dato che il dinaro rappresentava appena ' / „ del totale del medio circolante equiparare ad esso la corona significava aumentare di ben poco il valore di quest'ultima mentre, al contrario, il dinaro sarebbe grandemente rinvilito, sino a toccare il corso della corona. Ben diverso era il progetto serbo : convertire le corone in di-nari non già alla pari, ma sibbene dando un dinaro ogni tre, quattro, o cinque corone, a seconda delle disposizioni più o meno benevoli verso i nuovi fratelli, i quali intanto protestavano con tutte le loro forze contro il preteso sfruttamento dello stato da parte dei serbi. La questione monetaria fu il più grave ostacolo all'unità jugoslava, tanto che due Ministeri andarono a picco per aver osato affrontarla, benché avessero avuto la precauzione di tentare di distrarre l'opinione pubblica agitando il panno rosso delle rivendicazioni adriatiche. Fra gli statisti jugoslavi prevalse allora l'opinione di rinviare ogni soluzione radicale pur continuaudo a studiare in qual modo vi si potesse giungere.
Soltanto nel novembre 1919 si ha un nuovo provvedimento mone-tario, di grande importanza benché sfiori appena il problema. Sospinto da ragioni fiscali più che economiche, il ministero Davidovic imitava un provvedimento attuato a Fiume due settimane prima e decretava la revisione delle banconote timbrate che sarebbero state contrasse-gnate mediante l'apposizione di una marca da bollo su ognuna di esse : si mirava in tal modo a rendere impossibile la falsificazione che da vari mesi procedeva indisturbata. Vennero soltanto esclusi i biglietti da 1 e 2 corone a causa del piccolo loro valore e del pessimo stato in cui erano quasi tutti ridotti.
Due modalità caratterizzarono la nuova operazione, una di ordine politico e fiscale l'altra.
La prima fu la limitazione della bollatura alla moneta cartacea tim-brata circolante allora entro i confini del regno escludendone in modo assoluto quella che si trovava all'estero; per impedirne l'infiltrazione venne anche stabilita un'intensa sorveglianza poliziesca, resa più age-vole dal fatto che i confini della Croazia verso l'Istria erano chiusi da due mesi. Vennero cosi escluse dalla bollatura perfino le banconote circolanti in regioni come Sussak e dintorni ove la timbratura era stata regolarmente compiuta da organi del governo jugoslavo coll'au-torizzazione dei comandi delle truppe italiane di occupazione.
Col pretesto di migliorare il corso della corona, ma iu realtà per rinsanguare lo stremato bilancio statale che presentava un enorme de-ficit il decreto stabili che il 20 % dell'importo presentato per la bol-latura sarebbe stato trattenuto dallo stato senza neanche indicare se ciò avvenisse a titolo di prestito" forzoso rimborsabile oppure di tri-buto straordinario. Ad ogni presentatore di banconote venne rilasciata, magro conforto, una ricevuta per la somma trattenuta. In realtà fu uua vera e propria imposta sul patrimonio monetario delle nuove Provincie che fruttò la bella somma di 1161 milioni di corone. Se questo importo di carta moneta fosse stato ritirato definitivamente dalla circolazione niun danno avrebbero avuto i cittadini colpiti poiché logi-camente la diminuzione della moneta circolante avrebbe originato un proporzionale aumento nel valore della corona e quindi nessuna spere-quazione vi sarebbe stata fra gli abitanti della vecchia Serbia e quelli delle altre regioni. Ma i ministri di tutti ì paesi si rassomigliano e come l'on. Nitti lanciando il VI Prestito Italiano prometteva che il suo ricavato avrebbe servito per diminuire la circolazione ed estinguere una parte dei debiti di guerra, mentre invece lo impiegava totalmente a pagare impegni di bilancio, cosi il signor Davidovic, prima ancora che la bollatura fosse terminata, aveva già rimesso in circolazione i due terzi dell'ingente somma trattenuta. Tale circostanza risulta dal resoconto del Ministero delle Finanze pubblicato dalla « Politika » di Belgrado ed è sufficiente a spiegare come il provvedimento adottato non abbia esercitato alcuna notevole influenza sul valore della corona. Iniziata il 15 novembre 1919, la bollatura durò sino alla fine del gennaio 1920 ed al termine di essa vennero messe fuori circolazione tutte le banconote non presentate, ad eccezione di quelle da 1 e 2 co-rone, e la corona bollata venne dichiarata moneta legale per le Pro-vincie austro ungariche della Jugoslavia, non per la Serbia che conservò il suo dinaro. Complessivamente alla bollatura, furono sottoposte co-rone 5.806.795.474 cosi ripartite fra le varie regioni:
Croazia e Slavonia . . Bauato, Backa e Baranja Slovenia K. 2.099.066.737 » 1.582.202.637 » 896.829.788 » 558.507.870 425.857.436 » 244.231.006 Bosnia e Erzegovina . Serbia e Montenegro . Dalmazia meridionale .
Confrontando questi dati con quelli riferiti in precedenza appare che non tutta la moneta timbrata venne presentata alla bollatura. Tenendo conto delle falsificazioni compiute fra il marzo ed il novembre 1919,
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la differenza sale a G00/700 milioni di corone: un quarto di essa rap-presenta l'importo dei biglietti da 1 e 2 corone, un altro terzo è co-stituita dalla moneta che si trovava fuori dei confini del regno S. H. S. e specialmente a Fiume e nella regione circostante; mentre i rima-nenti 250/300 milioni appartenevano a cittadini jugoslavi che si asten-nero dal presentarli non volendo assoggettarsi alla decurtazione del 20 °/0. L'astensione si verificò principalmente nel Banato ove il decreto del Ministero Davidovic venne, in pubbliche riunioni, dichiarato arbitrario ed illegale!
Il problema monetario rimaneva tuttavia da risolvere nella sua inte-rezza e sempre più manifesti apparivano i danni derivanti dal continuo rinvio di una soluzione. Il governo jugoslavo continuò a studiare la grave questione e tornò a proporre la conversione in dinari serbi al tasso di 4 corone bollate, equivalenti a 5 delle vecchie, per un dinaro. La risoluta opposizione che il progetto incontrò soprattutto in Croazia — ove il movimento separatista si diffondeva allora in modo inquie-tante — indusse a battere un'altra via che permettesse di avvicinarsi alla mèta senza provocare eccessive proteste. Nel febbraio 1920 veniva promulgata una nuova legge che manteneva in vigore, a tutti gli effetti, come moneta legale per le regioni giù austro-ungariche la corona ;