• Non ci sono risultati.

5. Il fenomeno delle “contestazioni a catena” e il tentativo d

5.2. La risoluzione dei contrasti interpretativi riguardo alle

Le critiche mosse all' indomani dell' entrata in vigore della nuova disciplina si sono concentrate soprattutto sul criterio di rigido automatismo adottato nella prima parte dell' art. 297 comma 3 c.p.p. Infatti la norma, non richiedendo alcun accertamento in merito alla sussistenza di un colpevole ritardo del pubblico ministero nella contestazione successiva di fatti connessi, finisce per reprimere con l' istituto della retrodatazione anche le contestazioni fisiologiche163.

Com' era preventivabile, la norma è stata ritenuta dalla dottrina

163 In senso critico, L. LUDOVICI, La disciplina delle “contestazioni a

catena”,cit., p. 20, ad avviso del quale: «Se (…) il cumulo materiale tra diversi

periodi custodiali esita in un prolungamento indebito del sacrificio alla libertà personale patito dall' imputato soltanto laddove il loro confluire in un unico

tempus custodiae sia stato inibito da scelte (più o meno consapevoli) delle

autorità procedenti, è evidente che la retrodatazione non ha nessuna ragione di operare ove non siano ravvisabili profili subiettivi di rimproverabilità sul versante dei tempi di esercizio dell' azione cautelare».

lesiva del parametro costituzionale della ragionevolezza sia perché riconosce operatività alla retrodatazione tanto nel caso di emissione di più provvedimenti custodiali frutto di una condotta “colpevole” della pubblica accusa, quanto nel caso in cui, al contrario, l' impulso cautelare fosse stato impresso in maniera tempestiva; sia perché ancora l' operare dell' istituto alla circostanza, «occasionale» e «disancorata da qualunque valutazione cautelare»164 che la notizia di reato, come gli elementi legittimanti l' adozione della seconda misura, fossero o meno emersi in epoca antecedente al rinvio a giudizio disposto per il primo reato165.

Sulla base di analoghi rilievi, è stata, quindi, sollevata questione di legittimità costituzionale dell' art. 297 comma 3 c.p.p. in relazione all' art. 3 Cost. Ebbene, con la sentenza interpretativa di rigetto 89 del 1996, la Consulta fa uscire indenne dal vaglio di costituzionalità la norma, facendo il punto sulla ratio della retrodatazione (specialmente quella automatica). Invero, i giudici della Corte, nel sottolineare come il fine del legislatore del 1995 fosse quello di «comprimere entro spazi sicuri il termine

164 In tal senso, V. GREVI, Pluralità di ordinanze cautelari per «fatti diversi» e

computo dei termini di custodia cautelare nel nuovo art. 297 comma 3 c.p.p.: una disciplina di assai dubbia ragionevolezza,in Cass. pen., 1995, p. 3102. 165 L. LUDOVICI, La disciplina delle “contestazioni a catena”, cit., pp. 25-26.

di durata massima delle misure cautelari» al fine di impedire «la diluizione dei termini in ragione dell' episodico concatenarsi di più fattispecie cautelari», hanno ritenuto che alla luce di questa finalità, la disciplina censurata non potesse essere considerata irragionevole, tanto nella parte in cui prevede delle ipotesi di retrodatazione automatica, quanto nella parte in cui introduce una deroga a tale meccanismo nelle sole ipotesi di ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto connesso oggetto del primo provvedimento166.

Anche e soprattutto alla luce di questa sentenza, non sembrano esservi dubbi circa il fatto che scopo dell' istituto della retrodatazione «permanga, anche a seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 332 del 1995, quello di neutralizzare le conseguenze pregiudizievoli di eventuali comportamenti abusivi – presunti o meno che siano – posti in essere dalle autorità titolari del potere cautelare»167.

Quest' assunto è stato confermato da due sentenze successive, una delle Sezioni unite e l' altra della Corte costituzionale.

Il supremo collegio, con la sentenza n. 21957 del 2005, ha

166 Corte cost., sent. 28 marzo 1996, n. 89, Cass. pen., 1996, p. 2094. 167 L. LUDOVICI, La disciplina delle “contestazioni a catena”, cit., p. 29.

definitivamente chiarito che nelle ipotesi previste nella prima parte dell' art. 297 comma 3 c.p.p. la retrodatazione «opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell' emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l' esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l' esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure»168. Con questa pronuncia è stata sconfessata l' impostazione espressa nel 1997 dalle Sezioni unite che, incrinando l' interpretazione avallata dalla Corte costituzionale, avevano ritenuto che la “desumibilità degli atti”, richiamata dall' ultimo periodo del comma 3, fosse il criterio applicativo dell' intera previsione dell' art. 297 comma 3 c.p.p.169

Nel ribadire che al ricorrere delle condizioni esplicitate dal legislatore la retrodatazione opera automaticamente, le Sezioni unite del 2005 individuano la ratio di questo automatismo nell' esigenza – appunto – di mantenere la durata della custodia cautelare entro i limiti stabiliti dalla legge. Nella stessa pronuncia le Sezioni unite hanno chiarito che

168 Cass., Sez. Un., 22 marzo 2005, n. 21957, Rahulia, in Cass. pen., 2005, p. 2885.

l' unificazione del termine di decorrenza si applica altresì nei casi di contestazioni per fatti diversi non connessi, qualora si accerti che al momento dell' emissione del primo provvedimento cautelare erano già desumibili dagli atti gli elementi posti a fondamento delle ordinanze successive170. Nella medesima ottica di contenimento della durata della custodia, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 408 del 2005, ha confermato quest' ultima conclusione delle Sezioni Unite, dichiarando costituzionalmente illegittimo l' art. 297 comma 3 c.p.p. nella parte in cui non impone la retrodatazione della custodia anche in relazione a fatti diversi non connessi «quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della

170 Critico nei confronti della parte della motivazione della sentenza della Corte di Cassazione ove si stabilisce che, al di fuori dei casi di connessione qualificata, riacquista rilevanza ai fini della retrodatazione «l' artificioso ritardo» o «la colpevole inerzia» del pubblico ministero nell' esercizio del potere cautelare, L. LUDOVICI, La disciplina delle “contestazioni a catena”,

cit., p. 32, ad avviso del quale «se l' operare della retrodatazione viene

disancorato da qualsiasi valutazione – sia pure astratta e condotta a priori – circa la tempestività degli organi delle indagini nel ricorso allo strumeno cautelare, difficilmente si riesce a comprendere il perché del diverso operare della retrodatazione a fronte del tipo di legame esistente tra i reati. A destare perplessità sotto il profilo della ragionevolezza è, cioè, la scelta di prevedere condizioni più gravose ai fini dell' accesso alla retrodatazione nel caso in cui le ordinanze plurime riguardino reati non avvinti da connessione qualificata: l' esigenza di «mantenere la durata della custodia cautelare nei limiti stabiliti dalla legge» non è, infatti, meno pregnante per il solo fatto che i reati siano stati commessi in circostanze del tutto occasionali ed estemporanee piuttosto che, ad esempio, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso».

precedente ordinanza».

A sostegno della declaratoria di incostituzionalità, il giudice delle leggi ha affermato che «in una cornice normativa, quale è quella dianzi delineata, attenta a a calibrare l' intera disciplina dei termini di durata delle misure limitative della libertà personale, e di quelle custodiali in particolare, sulla falsariga dei valori della adeguatezza e proporzionalità, nessuno spazio può residuare in capo agli organi titolari del potere cautelare di scegliere il momento a partire dal quale possono essere fatti decorrere i termini custodiali in caso di pluralità di titoli e di fatti reato cui essi si riferiscono». Partendo da tale premessa, la Consulta è giunta alla conclusione che «l' esclusione della retrodatazione dei termini di durata in relazione a reati diversi non avvinti da una connessione cosiddetta qualificata, risulta pertanto del tutto ingiustificata nelle ipotesi in cui, al momento dell' emissione della prima ordinanza, erano già desumibili dagli atti gli elementi che hanno legittimato l' emissione delle ordinanze successive» dato che «la durata della custodia viene così a dipendere non da un fato obiettivo (rispettoso, dunque, del canone dell' uguaglianza e della ragionevolezza) quale quello

dell' acquisizione di elementi idonei e sufficienti per adottare i diversi provvedimenti cautelari, ma da una imponderabile valutazione soggettiva degli organi titolari del potere cautelare»171.