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La ristrutturazione del passivo esistente

Nel documento Banche, crisi aziendale e turnaround (pagine 152-157)

DIMENSIONI DELLA BANCA

IV. 3 La ristrutturazione del passivo esistente

Qualora la crisi sia stata giudicata recuperabile, e dunque un intervento di liquidazione sia ritenuto non necessario o non opportuno, o anche qualora, di fronte ad uno stato di “grave” difficoltà non siano ancora state formulate decisioni definitive, la banca è generalmente chiamata a modificare le condizioni del rapporto in essere con l’azienda finanziata, attraverso un intervento di ristrutturazione del debito, che generalmente non ha luogo in modo “isolato” tra l’azienda ed il singolo finanziatore ma in modo “concertato”, ossia collegialmente tra i creditori finanziari (o quelli che che, di essi, abbiano deciso di supportare finanziariamente il rilancio) – da un lato – e l’azienda in crisi, dall’altro.

In presenza di un piano di turnaround, e dunque in tutti i casi in cui la crisi sia tale da richiedere misure di intervento di carattere radicale, l’accordo di ristrutturazione sarà contenuto in un più ampio “piano di salvataggio”, alla cui redazione concorreranno un soggetto industrialmente competente (per gli aspetti strategici) ed un advisor dotato di specifiche competenze e relazioni in ambito finanziario, e che generalmente avrà le caratteristiche della merchant bank o anche della boutique finanziaria101.

I piani di ristrutturazione del debito – basati su accordi stragiudiziali raggiunti tra le parti – si caratterizzano per essere assai poco standardizzabili ed, al contrario, fortemente ancorati alle specifiche situazioni, nelle soluzioni che propongono. In tutti i casi, però l’advisor

101 Per “boutique finanziaria” si intende generalmente una struttura professionale che svolge attività di consulenza nel campo del corporate finance, e che si caratterizza per essere formata da professionisti di lungo corso che, con provenienze variegate, hanno maturato nel tempo una forte expertise e solide relazioni nell’ambiente bancario e finanziario, e dunque una “influenza” che permette loro di contribuire in misura significativa, attraverso l’attivazione delle opportune “convergenze”, al successo di operazioni in sé difficoltose, come i salvataggi di aziende la cui sopravvivenza è a rischio. Le boutique finanziarie, intese come società di consulenza, gestiscono poi frequentemente le attività di acquisizione di partecipazioni di holding finanziarie, costituite con l’apporto diretto di fondi da parte di soggetti dei quali i professionals che le formano hanno acquisito la fiducia. È il caso, ad esempio, sulla piazza milanese, di Tamburi & Associati, che gestisce la

incaricato102 assume un ruolo critico di promozione del piano verso i soggetti interessati (i

cui interessi in gioco sono talvolta ingenti) e di interfaccia comunicazionale tra l’azienda in crisi ed il variegato consesso delle controparti in gioco.

Nella definizione del piano di ristrutturazione, primo luogo è opportuno separare concettualmente i debiti di natura finanziaria da quelli di natura operativa, connessi alle forniture, ovvero alle prestazioni lavorative. La ristrutturazione del debito finanziario, che in larga parte coincide col debito bancario103, richiede che vengano considerate

congiuntamente le posizioni di una pluralità di creditori, cui l’azienda è vincolata da contratti dotati di caratteristiche anche molto diverse (natura dei finanziamenti erogati, durata, garanzie, tipo di piano di ammortamento etc.) e a cui verrà proposta una soluzione che prevede generalmente una o più delle seguenti fattispecie:

- la postergazione delle scadenze, con la definizione convenzionale di un nuovo piano di rimborso. L’estensione temporale della durata dei finanziamenti è variabile, ma generalmente va dai tre agli otto anni; spesso il nuovo piano di ammortamento prevede che rate più contenute all’inizio del periodo di risanamento, e via via crescenti per i periodi per i quali è atteso un rafforzamento dell’azienda. Talvolta il nuovo piano di rimborso prevede un periodo di pre-ammortamento (in cui vengono corrisposti i soli interessi, rinviando al futuro il rimborso del capitale); nei casi “estremi” la stessa corresponsione degli interessi viene sospesa, e gli interessi stessi capitalizzati. Le banche chiedono generalmente, come contropartita del sacrificio, un rafforzamento, ove possibile delle garanzie prestate dal debitore. Il piano di rimborso può anche contenere un “piano di ristoro”, che renda i creditori beneficiari di eventuali eccedenze di cassa che avessero a prodursi;

102 L’incarico di advisory viene conferito dalle banche più esposte o, nei casi meno gravi, dalla stessa proprietà. L’advisor dovrebbe comunque godere della fiducia sia dei creditori che degli azionisti dell’azienda dissestata, e tenere una condotta il più possibile imparziale ed equilibrata nella conduzione delle trattative.

- la rinuncia a parte dei crediti: è una soluzione che viene percorsa nei casi in cui si ritenga che un rientro totale dell’esposizione non sia compatibile con l’entità dei flussi di cassa che ci si attende saranno generati dall’azienda creditrice. Altre volte tale rinuncia si applica agli interessi, già maturati o ancora da maturare;

- la datio in solutum, cioè l’accettazione, in luogo del rimborso del capitale, del trasferimento della proprietà di un bene o di un altro diritto reale (in questo caso, occorre tenere presenti le possibili implicazioni sulla condizione di par condicio creditorum);

- in presenza di obbligazioni, la remissione del prestito in essere in cambio di titoli (ancora obbligazionari) di nuova emissione, che siano compatibili con la condizione dell’azienda;

- la sostituzione dei finanziamenti in essere con obbligazioni convertibili o cum warrant, per un importo anche parziale rispetto al valore originario del credito, che permettano ai creditori di trarre vantaggio dall’eventuale esito positivo del processo di risanamento e rilancio, attraverso la sottoscrizione di titoli azionari ad un prezzo vantaggioso rispetto al valore “post-salvataggio” dell’azienda. In questo modo, i creditori possono essere compensati del rischio sopportato nel sostenere l’azienda quando essa versava in condizioni critiche, sempre che la ristrutturazione giunga a buon fine;

- in alcuni casi, l’acquisizione di quote di equity da parte dei creditori finanziari non rappresenta una opzione per il futuro (come nell’ipotesi di cui al punto precedente) ma una scelta immediata: le banche rinunciano (in tutto o in parte) alle proprie posizioni di creditori per diventare azioniste dell’azienda, e dunque, in una certa

misura, “imprenditrici industriali”104. È una soluzione, questa, che viene adottata, il

più delle volte, come extrema ratio, e cioè si profila l’alternativa di una procedura concorsuale, con prospettive di tempi di rientro estremamente lunghi e di quote di recupero delle posizioni molto limitate 105. Di fronte a questo scenario, la banca

accetta di modificare il patto cui l’azienda è vincolata nei suoi confronti nel modo più radicale possibile: vengono, infatti, ridefiniti gli stessi confini dei due principali gruppi di portatori di interessi, con i creditori che diventano, almeno in parte, azionisti. La stessa combinazione di rischio/rendimento atteso che caratterizza la nuova posizione delle banche aderenti si trasforma radicalmente, poiché le banche neo-azioniste si aspettano ora un maggior rendimento, sotto forma di dividendi ma soprattutto di capital gains (a seguito della crescita del valore economico del capitale della partecipata), a fronte di un rischio nettamente più elevato.

Criteri sensibilmente diversi valgono nella ristrutturazione del passivo di natura operativa. I fornitori, se gravemente insoddisfatti e sfiduciati sulle prospettive dell’azienda cliente, possono interrompere le forniture fino a paralizzare l’operatività aziendale. Ricorrendo a tale azione di “rappresaglia”, o semplicemente minacciandola, i fornitori sottolineano il loro potere contrattuale nel pretendere un piano di rientro delle rispettive posizioni che sia accettabile.

Generalmente, il trattamento che si riserva ai diversi fornitori è assai variegato, in funzione della forza, assoluta e relativa, di ciascuno. Ai fornitori più piccoli si offre generalmente lo stralcio delle posizioni pregresse ed il pagamento garantito per quelle future, mentre con i

104 Cfr.: Fazio, A., “La partecipazione delle banche al capitale delle imprese”, in “Bancaria”, n. 7, 8/1993; Conti, V., Maccarinelli, M., Ratti, M., “La partecipazione delle banche al capitale delle imprese”, in “Banca, Impresa e Società”, n.1/1994.

105 Si consideri altresì che dei 63 gruppi ammessi all’amministrazione straordinaria a partire dall’introduzione di detto istituto nel 1979, nel 1996 solo 20 risultavano essersi concluse. La durata media delle procedure chiuse variava dagli 8 ai 15 anni, mentre per quelle aperte la durata complessiva veniva prevista in 13 anni dallo studio di Masciandaro e Riolo (op. cit.).

fornitori più forti viene di solito concordato un piano di rientro sul pregresso chiedendo, ove possibile, credito per le future forniture.

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