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RISULTATO NETTO D'ESERCIZIO

Nel documento Banche, crisi aziendale e turnaround (pagine 66-69)

La prima grandezza da osservare criticamente nell’analizzare un bilancio è il fatturato. Le vendite vanno analizzate in chiave tendenziale, per evincerne se la posizione competitiva dell’azienda si stia rafforzando, consolidando ovvero erodendo. La variazione del fatturato nel tempo va interpretata con attenzione poiché, ad esempio, un dato di crescita delle vendite non sempre ha un significato positivo: l’azienda potrebbe aver riportato una crescita inferiore a quella del settore di appartenenza, e dunque, a dispetto dell’aumento delle vendite, aver subito un peggioramento della sua posizione competitiva, a vantaggio della concorrenza.

In prima battuta, un’azienda può considerarsi in una situazione di equilibrio economico quando consegue un risultato economico positivo (ossia un utile). La generazione di un utile, ove il bilancio sia correttamente redatto, testimonia, in modo sintetico, che l’azienda ha creato ricchezza nel corso dell’esercizio: ricavi maggiori dei costi significano che l’ “output” realizzato, in termini di valore, presenta un valore maggiore degli input impiegati, ossia dei fattori complessivamente assorbiti dal processo produttivo aziendale, permettendo altresì di adempiere agli obblighi di tipo fiscale lasciando un margine netto positivo. Tuttavia tale utile potrebbe derivare da componenti non caratteristiche della gestione, ossia non attinenti la normale operatività dell’azienda, essendo ad esempio originato da componenti eccezionali o comunque non operative (nel primo caso, ad esempio, sopravvenienze attive, nel secondo plusvalenze): ne segue che la formazione di un fondato

giudizio sull’andamento economico dell’azienda richiede che siano analizzati dei margini intermedi, quali quelli evidenziati in tabella38.

Il “valore aggiunto” sintetizza, in qualche modo, il valore che l’azienda crea trasformando i fattori diretti della produzione – ad eccezione della forza lavoro - in prodotti. Il “margine operativo lordo” (indicato nella prassi internazionale anche con l’acronimo anglosassone E.B.I.T.D.A. – Earnings Before Interests, Taxes, Depreciation and Amortization) è un indicatore interessante, poiché fornisce una prima indicazione della capacità di “autofinanziamento” della gestione operativa: esso infatti sintetizza la differenza tra i ricavi ed i costi operativi cosiddetti “monetari”, cioè che generano entrate ed uscite di cassa nell’immediato o comunque nel breve periodo, escludendo invece gli oneri “non monetari”, ossia quei costi cui non è collegata una manifestazione numeraria (innanzitutto ammortamenti ed accantonamenti)39. Tali costi “non monetari” vengono invece considerati nel

successivo margine, che sintetizza dunque tutte le voci – positive e negative – relative all’andamento della gestione operativa: il Risultato Operativo, noto anche come M.O.N. (Margine Operativo Netto), noto nella pratica internazionale come E.B.I.T. (Earnings Before Interests and Taxes). Sono dunque questi due ultimi gli indicatori che permettono di esprimere un giudizio sull’andamento delle gestione operativa.. Normalmente, oltre al valore assoluto, essi vengono espressi in percentuale del valore della produzione, onde conoscere la “marginalità” dell’azienda. Una buona marginalità, oltre ad essere positiva, deve essere tale da permettere la copertura degli oneri extra-operativi, sicché possa residuare un margine netto (utile) non solo positivo, ma tale da remunerare adeguatamente i mezzi finanziari investiti nell’impresa40.

In termini percentuali, non è possibile stabilire in astratto delle soglie minime oltre le quali considerare accettabile o “buona” la redditività. In generale un M.O.N., o addirittura un M.O.L.

38 un altro interessante margine è quello cosiddetto “di contribuzione”, che sintetizza la differenza tra il valore della produzione ed i costi variabili della produzione, evidenziando quanto residua per la copertura dei costi fissi di struttura.

39 In realtà a qualsiasi tipologia di costo è legata una manifestazione numeraria, per cui per costi “non momentari” si intendono quelli che presentano una manifestazione numeraria nettamente distinta dalla dinamica della competenza economica (ad esempio, gli ammortamenti di oneri pluriennali si riferiscono a costi che hanno avuto una manifestazione finanziaria “puntuale”, rispetto ad una competenza economica “diffusa” nell’arco di più esercizi).

40 Per quanto i mezzi investiti nell’impresa a titolo di equity non richiedano di essere puntualmente remunerati (diversamente da quanto accade per i finanziamenti a titolo di debito), il capitale netto presenta comunque un “costo opportunità” (connesso ai possibili impieghi alternativi a parità di rischio) e va pertanto adeguatamente remunerato. In merito si veda: Briely, Myers, Sandri, “Principi di finanza aziendale”, Mc Graw Hill (1990).

negativo, è un chiaro indice di carenze della gestione operativa. In particolare, un M.O.L. negativo indica che i ricavi conseguiti non sono tali da consentire la copertura nemmeno dei soli costi cosiddetti monetari, sicché la situazione è tale che, in assenza di riserve di liquidità, potrebbero determinarsi tensioni sul piano della tesoreria. Tuttavia, anche a questo tipo di considerazioni non può attribuirsi una valenza assoluta, poiché in talune fasi della vita aziendale, e segnatamente nella fase di avvio dell’attività, è da considerarsi pienamente fisiologico che la marginalità operativa sia negativa, o anche pesantemente negativa.

Nel caso in cui la redditività operativa sia positiva, per valutare se essa sia da ritenersi adeguata, è necessario considerare le caratteristiche specifiche del settore di appartenenza dell’impresa. Ad esempio, le aziende dell’industria pesante sono generalmente molto capital intensive, e dunque presentano di solito un M.O.L. elevato e un Reddito Operativo molto più contenuto, a causa della notevole “erosione” operata dagli ammortamenti. Al contrario, aziende molto labour intensive, ad esempio le aziende con processi produttivi largamente artigianali, presentano livelli percentuali del M.O.N. prossimi a quelli del M.O.L..

In ogni caso, un giudizio sulla redditività aziendale non può prescindere da:

- un confronto tra i dati del bilancio oggetto di analisi e le risultanze degli esercizi immediatamente precedenti, onde far emergere il trend che caratterizza la gestione nel medio periodo, ed evincerne se l’azienda è in una situazione di stabilità, di sviluppo ovvero di declino;

- un confronto tra i dati del bilancio che si analizza e quelli contenuti nei corrispondenti bilanci dei principali competitors, onde formarsi un giudizio comparativo sull’andamento dell’azienda nel contesto competitivo di riferimento. Risultati negativi o mediocri possono, ad esempio, essere giudicati meno severamente se l’intero settore attraversa un periodo critico; tuttavia se le criticità settoriali non sono cicliche ma indicative di un declino irreversibile, l’azienda potrebbe dover considerare l’opzione di abbandonare un settore stagnante, onde arrestare un inevitabile depauperamento del proprio patrimonio.

In ogni caso, la redditività dell’azienda va valutata in stretta correlazione con l’entità dei mezzi investiti nella gestione. È infatti evidente che, affinché possa verificarsi la condizione di una adeguata remunerazione dei mezzi investiti nell’azienda, occorre che sussista un accettabile rapporto di proporzionalità tra la entità dei mezzi investiti e quella dei flussi economici (e finanziari) generati dalla gestione.

I margini vanno dunque messi a confronto con il Capitale Investito, il quale a sua volta viene calcolato rielaborando lo Stato Patrimoniale secondo lo schema che si è già discusso al primo capitolo del presente lavoro, e cioè:

STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO SINTETICO

Crediti operativi a breve ……….. Passività finanziarie a breve ………..

Magazzino ……….. Passività finanziarie a m/l termine ………..

ltre attività operative a breve ……….. (Liquidità) ………..

Debiti operativi a breve) ……….. POSIZIONE FINANZIARIA NETTA ( C) ………..

CAPITALE CIRCOLANTE NETTO OPERATIVO (A) ………..

Nel documento Banche, crisi aziendale e turnaround (pagine 66-69)