DIMENSIONI DELLA BANCA
IV.6 Le altre operazioni di finanza straordinaria
Tra le altre operazioni di finanza straordinaria, rientrano le fusioni per incorporazione, e più in generale le operazioni di fusione ed acquisizione, e tutte quelle forme di intervento che alterino la struttura proprietaria dell’impresa. Le fusioni, nell’ambito del gruppo di controllo dell’impresa, hanno frequentemente luogo per razionalizzare e snellire la struttura di gruppo, attraverso l’eliminazione delle subholding “svuotate” dalle operazioni di dismissione, che vengono fuse nella holding capogruppo.
Per questa via, si giunge ad una semplificazione delle strutture di gruppo, ed alla eliminazione della duplicazione di alcune funzioni (direzione generale, organi di staff), con conseguenti risparmi sui costi.
Le operazioni sulla struttura proprietaria si osservano assai frequentemente nell’ambito dei processi di risanamento delle aziende in crisi. L’avvicendamento alla proprietà è spesso un indispensabile viatico del cambiamento, per l’ostilità al nuovo che spesso caratterizza l’assetto proprietario storico, come peraltro abbiamo già avuto modo di osservare ripetutamente. Quando la proprietà è rigidamente legata a visioni dimostratesi anacronistiche e superate, è impensabile un risanamento che non prenda l’avvio da un riassetto della proprietà.
Tra gli strumenti utilizzati per la soluzione di problemi connessi al reengineering della compagine proprietaria, rientrano gli interventi di equity finance a supporto dell’impresa, la cessione di quote sul mercato azionario, il buy out, specie nelle sue forme particolari del family buy – out e del management buy out.
Gli interventi di equity finance si sostanziano nella partecipazione al capitale di rischio da parte di soggetti istituzionali, comprese le merchant banks, di cui si è già detto. L’ingresso nel capitale da parte di tali soggetti può aver luogo rilevando le quote dei vecchi azionisti, a prezzi generalmente molto bassi, o addirittura simbolici, ovvero mediante la sottoscrizione
di un aumento di capitale, e in quest’ultimo caso produrrà anche l’effetto “collaterale” di un auspicabile rafforzamento patrimoniale della società.
Il family buy out rappresenta una “declinazione” particolare dell’operazione di leveraged buy out, utile soprattutto nei casi in cui la crisi – o anche solo il declino – siano originati da conflitti all’interno di una compagine societaria di tipo familiare. L’azienda viene di fatto rilevata da quei membri della famiglia che intendano proseguire, con rinnovato slancio, l’attività aziendale, con il supporto di uno o più soggetti finanziari disponibili a “levereggiare” l’operazione. In questo modo, la compagine societaria si riduce ma ritrova coesione intorno alle sorti dell’azienda risananda.
Analogo è lo schema per le operazioni di management buy in, che vedono come protagonisti, anziché membri della compagine proprietaria, managers esterni che ravvisino nell’azienda declinante (o in crisi) un potenziale di risanamento interessante e, riuscendo ad attirare all’iniziativa i capitale di cui essa necessita, la rivelino per avviare un new deal nella gestione della medesima.
Altre operazioni di finanza straordinaria che è dato osservare frequentemente nelle aziende in condizioni di difficoltà, rientrano nella categoria delle operazioni di mergers and acquisitions, e tra esse ricordiamo gli spin off, gli split off, le operazioni di equity carve out, le scissioni, i buy-back azionari125 e che peraltro rientrano anche nella già citata
categoria delle operazioni di asset resctructuring.
Tutti gli interventi sopra citati sono accomunati dalla capacità di incidere in misura rilevante sull’assetto strategico e strutturale dell’impresa. Essenziale è il ruolo che, in essi, riveste
125 Con il termine spin-off, si intende la separazione dall’azienda madre di una linea di business, alla quale viene attribuita autonomia giuridica e gestionale. Per split-off si intende invece la “frammentazione” della società originaria in una pluralità di rami d’azienda, a ciascuno dei quali corrisponderà un nuovo soggetto giuridico (scissione “multipla”, detta anche “demerger”). L’equity carve out è una forma particolare di spin-off, posta in essere soprattutto nell’ottica di attirare nuovi capitali al business oggetto di detta operazione. I buy back azionari consistono nel riacquistare sul mercato azioni proprie, nei limiti posti dall’ordinamento giuridico, quando si ritenga che i corsi azionari siano eccessivamente depressi rispetto all’effettivo valore intrinseco del titolo. Cfr.: Capizzi, V., “Le attività e i servizi originati dalle ristrutturazioni e dai riassetti societari” in: Forestieri, G, “Corporate e investment banking”, EGEA, 2003.
l’advisor, che promuove e “sponsorizza” le operazioni negli ambienti finanziari, occupandosi di gestire l’intero processo. Il rapporto tra l’azienda e l’advisor (tipicamente una banca d’affari o una “boutique finanziaria”), nasce con il conferimento di un incarico ad hoc (il cosiddetto “mandato”) e si sviluppa attraverso la ricerca di eventuali partners, la definizione della struttura dell’operazione (di volta in volta differente, trattandosi di operazioni non standardizzabili), la gestione degli aspetti negoziali, fino al perfezionamento del deal ed eventualmente alla gestione della fase post-contrattuale. Determinante per il buon esito del processo di riassetto societario è la scelta di un advisor adeguato all’obiettivo perseguito. Le principali caratteristiche che si ritiene qualifichino positivamente un advisor sono le seguenti:
- capacità di problem solving e flessibilità operativa, stante il carattere non standardizzabile dell’attività svolta;
- reputazione, basata sul track record delle operazioni già concluse e sulla credibilità dei professionisti che vi operano;
- radicamento sul territorio e solidità delle relazioni ivi intessute; la capacità di attivare prontamente un network di relazioni privilegiate a sostegno dell’operazione con un’ampia schiera di professionisti e soggetti istituzionali può rivelarsi determinante ai fini dell’esito dell’operazione;
- competenze evolute, sia di tipo finanziario/analitico che di natura strategico/industriale.
Un caso di crisi d’impresa e successivo turnaround nel quale le operazioni di finanza straordinaria hanno avuto – sia positivamente che negativamente – un ruolo di primo piano è quello di Aprilia S.p.A., l’azienda di Noale che pure aveva conquistato un solido
posizionamento nella produzione di motocicli (in particolare nel segmento degli scooters, cavalcando l’onda di una tendenza diffusasi nel giro di pochi anni).
Le origini della crisi di questa azienda vengono unanimemente ricondotte ad una politica di acquisizioni rivelatasi, nel tempo, avventata. Nel 2000, una Aprilia che aveva già dato segni di qualche debolezza economica, ma restava matrimonialmente piuttosto solida, aveva portato a termine l’acquisizione di Moto Guzzi e Laverda (con un investimento di 130 miliardi di lire per la sola Moto Guzzi). Prezzi elevati, incapacità di gestione di tali brand (secondo molti semplicemente non sinergici rispetto al business preesistente di Aprilia che, precedentemente focalizzata sul mercato degli scooter, tentava l’incursione nel mercato delle motociclette di grossa cilindrata e per appassionati, caratterizzato da logiche competitive e tecnologie molto differenti), insufficienze distributive hanno appesantito Aprilia conducendola rapidamente ad una situazione di crisi da cui sarebbe uscita con una operazione di acquisition (a fine 2004) e successivo rilancio da parte della Piaggio & C. S.p.A., sotto la guida di Roberto Colaninno. Il rilancio di Aprilia da parte di Piaggio, avvenuto, tra l’altro, attraverso:
- politiche di contenimento dei costi di produzione sulla basate delocalizzazione in Paesi a basso costo della manodopera;
- politiche di “efficientamento” della rete distributiva;
- una adeguata ristrutturazione finanziaria sulla base di un piano di turnaround, supportato dalle banche creditrici anche attraverso una sostanziosa conversione di parte dei rispettivi crediti in equity.
Nel corso dello svolgimento del processo di turnaround, numerosi rumors di mercato si sono poi susseguiti su possibili ulteriori operazioni straordinarie orientate al risanamento, come la possibile cessione di Moto Guzzi e Moto Laverda. Per l’alienazione della prima, una trattativa con Ducati (che peraltro era stata precedentemente “in corsa” anche per
l’acquisizione dell’intera Aprilia) era stata condotta fino ad uno stadio alquanto avanzato, ma non è poi giunta a conclusione. Il percorso culminato di risanamento di Aprilia è poi culminato nella fusione per incorporazione (a fine 2005) della stessa società in Piaggio (della quale cui tutt’ora restano azioniste le banche, per piccole quote). Advisors congiunti furono di Piaggio nel percorso di risanamento di Aprilia furono la merchant bank Interbanca (Gruppo Antonveneta) e la boutique finanziaria milanese Caretti & Associati.
Oggi Piaggio è consolidato leader europeo nella costruzione e commercializzazione di veicoli motorizzati a due ruote, con un fatturato di oltre 1,6 miliardi di euro, una marginalità operativa superiore al 7% (nonostante il risanamento non abbia palesato in modo completo i suoi effetti) ed una solida situazione patrimoniale, avendo oltretutto evitato cessioni di marchi tese alla generazione di liquidità ed avendo trattenuto tutti i brand acquisiti con l’operazione Aprilia, ivi compreso Laverda, incorporato con l’omonima azienda. Piaggio è così, oggi, in grado di offrire una gamma completa di motocicli, presidiando sia il segmento dei veicoli da città, sia quello delle motociclette di alta gamma ed elevata cilindrata, destinate ad un pubblico di appassionati.
Di seguito evidenziamo attraverso grafici e tabelle, basati su dati di bilancio, il progressivo ma vistoso “deterioramento” delle condizioni economiche e patrimoniali del Gruppo Aprilia per come riflesso nei bilanci, prima della incorporazione in Piaggio S.p.A., avvenuta nell’autunno del 2005:
(200.000) (100.000) 0 100.000 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000
Aprilia S.p.A. - Dati consolidati di Conto Economico
Valore della produzione EBITDA
EBIT Risultato netto
Valore della produzione 519.498 563.869 633.733 643.045 576.982 598.873 584.577 357.808 EBITDA 33.094 7.760 11.840 (7.479) (32.252) (4.829) (23.554) (68.815) EBIT 21.386 (6.574) (7.276) (37.022) (70.689) 3.769 (57.972) (131.312) Risultato netto 31.431 17.174 15.877 1.435 (20.941) (7.772) (43.054) (151.718)
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Dati in Euro migliaia; fonte: bilanci consolidati depositati
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Attivo immobilizzato netto 57.494 87.875 105.646 161.145 170.648 148.960 155.322 115.637
% 56,46% 47,86% 68,56% 59,21% 64,63% 52,01% 58,53% 71,45% Capitale circolante netto 44.331 95.737 48.439 111.023 93.392 137.421 110.027 46.217
% 43,54% 52,14% 31,44% 40,79% 35,37% 47,99% 41,47% 28,55%
CAPITALE INVESTITO NETTO 101.825 183.612 154.085 272.168 264.040 286.381 265.349 161.854
Patrimonio netto 71.277 72.570 84.618 94.720 73.884 76.504 34.187 40.990
% 70,00% 39,52% 54,92% 34,80% 27,98% 26,71% 12,88% 25,33% Posizione finanziaria netta 30.547 111.041 69.467 177.448 190.156 209.877 231.162 120.864
% 30,00% 60,48% 45,08% 65,20% 72,02% 73,29% 87,12% 74,67%
TOTALE FONTI DI FINANZIAMENTO 101.825 183.612 154.085 272.168 264.040 286.381 265.349 161.854
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
IFN A BREVE (54.212) 8.006 (43.837) (20.598) 44.117 17.921 80.921 12.136
IFN A M/L TERMINE 84.760 103.035 113.304 198.046 146.039 191.956 150.241 108.728
TOT. INDEBITAMENTO FINANZIARIO 30.547 111.041 69.467 177.448 190.156 209.877 231.162 120.864
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
debiti verso banche a breve 13.622 59.217 113 90.111 135.350 93.766 122.405 35.937
debiti verso banche a m/l termine 84.760 103.035 113.304 198.046 146.039 81.014 40.241 8.728
debiti v/altri finanziatori 8 17.181 287 7.370 111 78 394 14
debiti obbligazionari 0 0 0 0 0 110.942 110.000 100.000
(liquidità) 67.842 68.392 44.238 118.079 91.344 75.923 41.878 23.815
Aprilia S.p.A. - andamento dell'indebitamento finanziario consolidato (100.000) (50.000) 0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
IFN A BREVE IFN A M/L TERMINE TOT. INDEBITAMENTO FINANZIARIO Dati in Euro migliaia; fonte: bilanci consolidati depositati
Aprilia S.p.A. - indebitamento lordo ed onerosità del debito
0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 300.000 350.000 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 0,00% 2,00% 4,00% 6,00% 8,00% 10,00% 12,00% 14,00%
DEBITI FINANZIARI LORDI ONEROSITA' DEL DEBITO
Dati in Euro migliaia; fonte: bilanci consolidati depositati
Si osserva una evoluzione coerente con quanto esposto sul piano teorico:
- crescita delle immobilizzazioni, nonché dell’attivo corrente e del Capitale Circolante Netto, a ridosso del palesarsi della crisi;
- incremento dell’indebitamento finanziario a breve, compensato peraltro da una anomala crescita della liquidità;
- riduzione progressiva della marginalità operativa, compensata nei primi anni dall’incremento partite non operative e/o non ricorrenti;
- elevata onerosità del debito, non giustificabile alla luce della sola dinamica macroeconomia del costo del denaro;
- elevato valore dei conti d’ordine (relativi a garanzie prestate da terzi ed operazioni su cambi).
Nel 2004, la riduzione dell’attivo immobilizzato e dell’attivo circolante è connessa soprattutto a svalutazioni operate in un’ottica di “pulizia di bilancio” finalizzata a segnare validamente il punto di partenza del processo di turnaround, nonché nell’ottica di determinare correttamente il valore dell’azienda ai fini dell’esecuzione dell’aumento di capitale e dell’esercizio della conversione in equity del debito bancario.
Alcune osservazioni conclusive
Tanto dall’osservazione empirica quanto dall’analisi teorica emerge che tra le principali cause di insuccesso dei piani di ristrutturazione aziendale vi è l’eccessivo peso dato alla parte finanziaria, per l’urgenza imposta da scadenze non più differibili, a discapito di una adeguata analisi strategico-industriale che individui correttamente le radici della crisi e permetta di sostituire le scelte rivelatesi fallimentari con altre “virtuose”.
In questo ambito, una posizione ferma dell’advisor nel pretendere una credibile analisi industriale, possibilmente attivando una collaborazione con società di consulenza strategica specializzate in situazione di crisi, potrebbe rappresentare un importante contributo a creare le giuste premesse affinché il piano si traduca in risultati tangibili e non resti un mero esercizio di tecnica contabile e finanziaria, come troppe volte è dato di osservare126.
Altro atteggiamento che si è rivelato poco produttivo nella definizione dei soggetti – amministratori e dirigenti – incaricati di guidare il turnaround è la ricerca a tutti i costi di un “capro espiatorio”, con la estromissione acritica e preconcetta dell’imprenditore dalla gestione. Esclusi i casi in cui l’imprenditore abbia tenuto comportamenti fraudolenti o anche gravemente scorretti verso il sistema finanziario, la sua permanenza – sia pure con poteri ridimensionati – in azienda può essere una fonte preziosa di conoscenza ed esperienza specifica cui il nuovo management può attingere, a condizione, naturalmente, che non si riscontrino atteggiamenti di ostacolo al new deal aziendale.
Cruciale è la scelta del nuovo management: la fiducia del sistema finanziario non deve rappresentare, come spesso accade, l’unico criterio di “selezione”, essendo determinante per il rilancio dell’azienda una comprovata capacità ed esperienza del settore specifico,
126 L’assenza dell’analisi industriale è ancora più grave se si considera che, nel caso in cui venga richiesta l’immissione di nuova finanza, questa verrà calcolata sulla base di flussi di cassa prospettici in larga parte irrealistici, proprio perché scevri di una adeguata analisi della stessa operatività aziendale. Crf. Zara, C., op. cit.
nonché la presenza di quelle doti di leadership che, in situazioni critiche, sono determinanti per creare nell’organizzazione la fiducia e la coesione necessarie alla motivazione ed all’impegno che uno sforzo di risanamento richiede.
Ove le prospettive di rilancio siano buone, soprattutto in relazione alla attrattività del settore, la banca dovrebbe evitare di irrigidirsi su posizioni di chiusura riguardo all’immissione in azienda di nuova finanza. Quel che è importante, è che vengano definite le destinazioni d’uso della nuova finanza, e che l’uso effettivo delle risorse sia periodicamente verificato, così come, in generale, il complessivo andamento del piano e la rispondenza dei risultati agli obiettivi, onde poter apportare gli interventi correttivi che si rendessero necessari.
Appare invece giustificabile il rifiuto di erogare nuova finanza successivamente alla firma dell’accordo, ove detta erogazione non fosse prevista all’interno di esso. Solitamente richieste di questo tenore vengono giustificate con l’esigenza di massimizzare la ripresa, o con mancati o ritardati introiti delle dismissioni. Ma, a meno che non si siano verificati mutamenti di circostanze non prevedibili al momento della stipula dell’accordo di ristrutturazione, tali ulteriori richieste sono il risultato di errori di pianificazione o di insufficiente perizia nel condurre il risanamento: circostanze di cui il management è responsabile ed a cui esso stesso deve porre rimedio.
Estremamente importante è la qualità del flusso informativo che viene attivato tra l’azienda e le banche che ne supportano il risanamento nel corso della implementazione del piano. Se la direzione assunta dall’azienda devia sensibilmente dai binari fissati dal piano, il management va convocato prontamente per fornire adeguate giustificazioni, in vista della
predisposizione di interventi correttivi, o di interventi difensivi a favore dei soggetti bancari coinvolti, primo tra tutti l’attivazione dei meccanismi di protezione previsti dai covenants, fino, ove necessario, ad aggredire il patrimonio di un debitore dimostratosi inattendibile in modo definitivo.
APPENDICE