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Capitolo 2: Il caso Mastercard

2.10 La sentenza definitiva del Consiglio di Stato

Il provvedimento Antitrust n. 21768 sopra citato ha dato però luogo a tutta un serie di ricorsi effettuati in un primo momento da Mastercard e dalle licenziatarie, in un secondo momento dall’AGCM stessa. Il Tar del Lazio, con la sentenza del 16 novembre 201024 aveva accolto il ricorso presentato da Mastecard e dalle licenziatarie annullando il procedimento di sanzione emesso dall’Autorità Antitrust, in quanto, secondo il giudice amministrativo la decisione

62 dell’Autorità era viziata da un eccesso di potere per carenza di motivazione, anche considerando il rifiuto da parte dell’AGCM degli impegni che Mastecard aveva proposto.

L’AGCM ha impugnato tale sentenza, presentando ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio, che però ha confermato il risultato di quest’ultima anche se con argomentazioni parzialmente diversi, fondando la propria sentenza su difetti di istruttoria e di motivazioni insufficienti a loro parere a dimostrare l’impianto anticoncorrenziale che era stato sanzionato.

Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha evidenziato come l’atto dell’AGCM si fondasse su valutazioni diverse rispetto a quelle che furono contestate all’inizio del procedimento. In quanto in un primo momento fu accusata solamente per il livello elevato di MIF, mentre al termine della procedura gli fu contestata la mancanza di un’adeguata giustificazione per l’elevato livello di commissioni interbancarie applicate. Questo repentino cambiamento nelle giustificazioni da parte dell’Autorità Antitrust nel procedimento, secondo il Consiglio di Stato ha impedito alle parti oggetto del procedimento di riuscire a dimostrare la loro estraneità o giustificare i propri comportamenti anche sulla seconda accusa a loro successivamente contestata. Questo comportamento dell’AGCM è risultato idoneo ad invalidare il provvedimento sanzionatorio finale:” in quanto assunto in violazione delle prerogative partecipative e procedimentali che devono necessariamente assistere i procedimenti sanzionatori in materia Antitrust. Infatti, in base a un ormai consolidato orientamento, il parziale temperamento del principio di legalità in senso sostanziale che caratterizza l’operato delle Autorità indipendenti sia nell’attività di regolazione, sia in quella di controllo e sanzionatoria (temperamento che risulta giustificato dalla valorizzazione degli scopi pubblici da perseguire in particolari settori) impone, altresì - quale sorta di bilanciamento sistematico -, il rafforzamento delle garanzie di legalità in senso procedimentale che si sostanzia, tra l'altro, nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori economici nell’ambito dei procedimenti finalizzati all’adozione degli atti sanzionatori, al pari di quelli di regolazione”.25

Inoltre, il Consiglio di Stato ha rilevato la presenza di difetti di istruttoria e di motivazione anche nella fattispecie sanzionata inerente il fascio di intese verticali. Infatti, secondo il Consiglio di Stato, l’Autorità non è riuscita a provare che la determinazione della MIF derivasse da un accordo comune con lo scopo di riversare sugli esercenti l’onere delle commissioni, in quanto tali contratti prevedevano ma non obbligavano le banche ad utilizzare le MIF a livello

63 di circuito, essendo possibile anche una definizione di MIF a livello bilaterale. Tale MIF, sempre secondo il Consiglio di Stato, anche se rappresentava un rilevante costo per l’esercente non può essere sufficiente a delineare una violazione della concorrenza.

Il Consiglio di Stato, ha rigettato anche l’ipotesi affermata dall’AGCM inerente l’inserimento all’interno dei contratti stipulati tra le banche acquirer e gli esercenti, di clausole in grado di favorire la diffusione del circuito Mastercard, e quindi suscettibili di costituire un’intesa anticoncorrenziale. Tali clausole non sono state giudicate lesive della concorrenza “per oggetto”, in quanto non c’erano prove della loro reale lesività. Infatti, come ha affermato il Consiglio di Stato, il circuito tramite i contratti di licenza consentiva, ma non imponeva, l’adozione di MIF fissate dal circuito stesso, permettendo anche la possibilità che le banche interessate stipulassero accordi bilaterali per il livello di MIF applicate. Inoltre il Consiglio di Stato ha precisato che le clausole previste sia nei contratti di licenza che nei contratti tra

acquirer ed esercenti non costituissero oggetto di comportamento anti competitivo per le

ragioni di seguito riportate:

▪ Merchant Fees non differenziate per transazioni “on-us”: la presenza di tali clausole26 è giustificabile in quanto non sempre le transazioni “on-us” presentano per le banche interessante dei costi minori, in quanto nonostante la coincidenza tra banca acquirer e

issuer, spesso tale banca esternalizza il processo a terzi.

▪ Blending: tale clausola oltre a fissare delle Merchant Fees non differenziate per i diversi circuiti, presenta notevoli vantaggi agli esercenti in termini di correttezza operativa, evitandoli di istituire una gestione contabile delle commissioni per ogni circuito. ▪ Non discrimination rule: tale clausola, se per l’AGCM aveva l’unico scopo di impedire

all’esercente di differenziale il prezzo in caso di utilizzo delle carte di pagamento, per il Consiglio di Stato tale clausola trovava giustificazione in materia di logica commerciale e di garanzia a tutela del consumatore finale (grazie alla quale il cliente non può vedersi rifiutata la carta di pagamento o l’applicazione di un prezzo maggiorato imputabile allo strumento di pagamento utilizzato).

▪ Honour all cards rule: anche in questo caso trova giustificazione in profili di logica commerciale e di garanzia a vantaggio del consumatore. Inoltre a proposito di tale clausola la Commissione Europea nella propria decisione del 2007 si è così espressa: “la regola che impone l’obbligo di onorare tutte le carte nel sistema promuove lo

64 sviluppo in quanto garantisce l’accettazione universale delle carte, a prescindere dall’identità della banca emittente”.

Fatto ancora più importante, sulla quale evidenza è difficile sorvolare, riguarda l’intera impostazione che l’AGCM ha seguito per il proprio procedimento. Tale impostazione si è basata su due pilastri principali:

▪ Il primo pilastro, riguardava la definizione da parte del circuito Mastecard di un livello di MIF elevato con l’intento di favorire la massima diffusione del proprio circuito. ▪ Il secondo pilastro, riguardava i contratti di licenza stipulati tra il circuito stesso e le

proprie licenziatarie, che costituendo un fascio di intese verticali avrebbero avuto l’obbiettivo di non mettere in concorrenza i diversi circuiti e allo stesso tempo assicurare la massima diffusione del circuito Mastercard, in quanto più vantaggioso per i licenziatari visto i livelli di MIF più elevati.

Chiaramente questi due pilastri sulla quale è stato fondato il provvedimento Antitrust, si poggiavano sull’assunto del livello elevato di MIF applicato dal circuito. Ma l’evidenza ha dimostrato come il livello di MIF definita da Mastecard per la propria carta denominata “consumer standard” (tra le più diffuse) si attestava su un livello (0,92%) che è risultato essere tra i più bassi in ambito europeo (precisamente in base a una classifica decrescente, tale MIF si è posizionata al ventunesimo posto su 29 paesi considerati). Conclusioni simili anche per quanto riguardava le carte Maestro, il cui livello di MIF (0,44%) si è posizionato al quartultimo posto su 21 paesi europei esaminati.

In base a tutte queste motivazioni il Consiglio di Stato ha scelto di non accogliere il ricorso presentato dall’AGCM sulla sospensione (da parte del TAR del Lazio) delle sanzioni da essa emanate verso il circuito Mastecard e le proprie licenziatarie, in quanto non è stato provato il comportamento restrittivo della concorrenza “per oggetto” da parte dei soggetti analizzati.