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Le nuove disposizioni relative alle MIF del Regolamento 751/2015 UE

Capitolo 2: Il caso Mastercard

3.4 Le nuove disposizioni relative alle MIF del Regolamento 751/2015 UE

Tutti i massimali previsti per le commissioni interbancarie applicabili alle varie tipologie di transazione del presente regolamento sono basati sul cosiddetto “merchant indifference test”.

77 Tale test come abbiamo già visto consente di determinare un livello di commissione interbancaria che rende indifferente l’esercente dall’accettare carta o contanti per concludere una transazione. In questo modo si dovrebbe stimolare l’uso efficiente degli strumenti di pagamento mediante la promozione di quelle carte che offrono benefici commerciali più elevati; evitando inoltre che all’esercente siano addebitati costi sproporzionati con il conseguente aumento dei prezzi alla clientela.

Vari sono gli argomenti disciplinati dal regolamento 751/2015 UE inerente le commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta. Per una più chiara esposizione ed analisi verranno analizzate singolarmente.

3.4.1 Le commissioni interbancarie per le operazioni tramite carta di debito e di credito Il Parlamento e Consiglio Europeo, tenendo conto anche dei risultati della valutazione d’impatto, in cui in alcuni Stati Membri le commissioni interbancarie si sono assestate ad un livello addirittura inferiore rispetto al livello di indifferenza per l’esercente, ha previsto che i prestatori dei servizi di pagamento non possono addebitare per ogni operazione effettuata tramite carta di debito una commissione interbancaria superiore allo 0,2% del valore dell’operazione. Permettendo però agli Stati membri (proprio in virtù dei risultati della valutazione d’impatto) per quanto riguarda esclusivamente le operazioni nazionali, di poter definire o un massimale a percentuale per le commissioni interbancarie inferiore allo 0,2% sopra citato o anche prevedere un importo fisso di commissione quale limite all’importo della commissione risultante applicabile. Oppure di consentire ai prestatori dei servizi di pagamento una commissione interbancaria per operazione non superiore a 0,05 € (inoltre tale commissione può anche essere combinata con una percentuale massima non superiore allo 0,2%, a condizione che la somma delle commissioni interbancarie del circuito non superi mai lo 0,2% del valore totale annuo). Mentre negli Stati Membri che non hanno adottato l’Euro il valore corrispondente nella moneta nazionale alla data dell’8 giugno 2015, deve essere aggiornato ogni 5 anni a meno di significativi cambiamenti nei tassi di cambio che richiedono un aggiornamento immediato. Invece, per quanto riguarda le operazioni tramite carta di credito, la commissione interbancaria per ogni operazione non può essere superiore allo 0,3% del valore della transazione stessa. Anche in questo caso è stata prevista la possibilità per le operazioni nazionali di stabilire delle commissioni interbancarie ad un massimale inferiore a quello definito.

78 Nel caso in cui fossero effettuate delle operazioni con carta che non sono distinguibili come operazioni tramite carta di credito o di debito27, ovvero nel caso in cui le scelte effettuate dal titolare carta non sono note né al circuito né alla banca acquirer, è stato deciso di applicare a tali transazioni il livello di MIF previste per le transazioni con carta di debito.

Inoltre, con lo scopo di applicare i massimali sopra esposti, alle transazioni effettuate sia con carta di debito che di credito, è stato sancito il divieto di elusione. In virtù di tale divieto, ogni remunerazione concordata, inclusa la compensazione netta, costituita sia esplicitamente o con effetto analogo alla commissione interbancaria (che una banca issuer riceve dal circuito, da una banca issuer o da un qualunque altro soggetto in relazione alle operazioni di pagamento con carta) è considerata come parte integrante della commissione interbancaria. Per verificare l’intenzione di elusione di tale normativa è necessario tener di conto in particolare degli utili realizzati dalle banche issuer grazie anche ai programmi speciali condotti congiuntamente dalle banche issuer e circuiti; oltre ai redditi che gli schemi di carte di pagamento traggono dai servizi di trattamento, licenze e altri compensi.

3.4.2 Regole commerciali

Con il regolamento 751/2015 UE è stato previsto che all’interno dei contratti di licenza o indirettamente nelle regole dei circuiti, sono vietate restrizioni (o regole aventi effetto equivalente) territoriali all’interno dell’Unione Europea. Prevedendo anche particolari requisiti o obblighi da soddisfare per poter ottenere la licenza o l’autorizzazione specifica al fine di essere autorizzati ad operare a livello transfrontaliero.

Inoltre con tale regolamento sono state vietate tutte quelle regole (del circuito) o clausole (dei contratti di licenza) che hanno l’obbiettivo di impedire ad una banca issuer di riunire in co-

branding uno o più marchi di strumenti di pagamento.

È stata regolamentata anche la possibilità per le banche issuer di poter emettere carte di pagamento multi marchio in co-branding. Infatti sono state vietate tutte quelle regole o clausole che impediscono ad un emittente di riunire in co-branding uno o più marchi di strumenti di pagamento. Inoltre il titolare carta, al momento della stipula del contratto con il prestatore di servizi di pagamento, può richiedere di avere due o più marchi di pagamento diversi sulla propria carta, purché il prestatore di servizi di pagamento offra tale servizio. Sempre a tutela

79 del cliente è stato previsto l’obbligo a carico dei circuiti, soggetti emittenti, soggetti convenzionatori, soggetti incaricati del trattamento delle operazioni di non inserire sullo strumento di pagamento o nei dispositivi utilizzati presso l’esercente meccanismi software o dispositivi automatici volti a limitare la scelta del marchio da parte del titolare carta che utilizza uno strumento di pagamento multi marchio in co-branding.

Per quanto riguarda l’applicazione di commissioni differenziate, il soggetto convenzionatore ha l’obbligo di applicare al proprio cliente commissioni interbancarie differenziate in base alle diverse categorie e i diversi marchi di carte di pagamento (a meno che non siano gli stessi esercenti a chiedere per iscritto ai soggetti convenzionatori di vedersi applicate commissioni interbancarie non personalizzate).

Inoltre, sono state abolite tutte quelle clausole nei contratti di licenza o nelle regole del circuito che impedivano agli esercenti di orientare i consumatori verso l’uso di un particolare strumento di pagamento preferito dall’esercente. Di contro, nel caso in cui l’esercente orienti il cliente verso l’uso di uno specifico strumento di pagamento, il cliente non deve essere tenuto al pagamento nei confronti dell’esercente, delle spese da esso sopportate per l’accettazione di quel particolare strumento di pagamento.

3.4.3 Disposizioni inerenti la clausola “onora tutte le carte”

La regola “onora tutte le carte”, come abbiamo già visto è volta a tutelare il titolare della carta, in quanto grazie a tale clausola l’esercente non può rifiutare nessuna carta appartenente al circuito con cui è convenzionato. Però tale clausola può essere definita anche come una “vendita abbinata”, visto che ha anche il compito di legare l’accettazione delle carte alla quale si applicano commissioni interbancarie basse all’accettazione di carte alla quale vengono applicate elevate commissioni interbancarie. Quindi un’ipotetica soppressione di tale clausola, permetterebbe agli esercenti di limitare l’accettazione delle carte a quelle che prevedono un livello di MIF ridotto. Di conseguenza, riducendo i costi a carico dell’esercente verrebbero ridotti anche i prezzi al dettaglio della merce a tutto vantaggio del cliente finale. Quindi per esempio, gli esercenti che accettano carte di debito non sarebbero obbligati ad accettare carte di credito e viceversa. Tuttavia, visto l’obbiettivo di tutelare il titolare carta e la sua capacità di utilizzare carte di pagamento ogni qualvolta possibile, è stato previsto di obbligare gli esercenti

80 ad accettare tutte le carte alla quale si applica la stessa commissione interbancaria regolamentata, solo se emessa dallo stesso circuito e appartenenti alla stessa categoria.

Tale limitazione dovrebbe favorire la concorrenza di quel settore di carte di pagamento alla quale si applicano commissioni interbancarie non regolamentate, visto che agli esercenti è stata permessa la possibilità di rifiutare tale tipologia di carte. Quindi tale disposizione dovrebbe spingere i soggetti bancari a rivedere al ribasso le commissioni interbancarie applicate, per scongiurare il rischio che le proprie carte siano rifiutate dagli esercenti, proprio in virtù dell’alto livello di commissioni applicate.

3.4.4 La separazione tra i circuiti e i soggetti incaricati del trattamento delle operazioni I consumatori, quando utilizzano la propria carta per la conclusione della transazione non sono a conoscenza della commissione interbancaria pagata dall’esercente per la tipologia di carta che utilizzano. Di contro, le banche issuer cercano di incentivare l’uso delle carte tramite un serie politiche promozionali (bonus, sconti, travel vouchers, coperta assicurativa etc.) cui costi vengono scaricati sugli esercenti attraverso commissioni interbancarie elevate. Per contrastare tali pratiche, il regolamento 571/2015 UE ha adottato delle misure che, oltre a stabilire vari livelli massimi di commissioni interbancarie in base alla categoria della carta, cercano di rendere più efficiente il funzionamento di tale mercato anche nei comparti non regolamentati del settore dei sistemi di pagamento (o meglio, per evitare il trasferimento di attività dal settore regolamentato a quello non regolamentato) prevendendo tutta una serie di misure.

Tali misure riguardano la separazione tra circuiti e infrastrutture che dovrebbero favorire una maggior concorrenza, in quanto tutti i soggetti che si occupano del trattamento delle operazioni si troverebbero a competere per attirare i vari titolari delle carte (considerando che i costi di trattamento delle operazioni costituiscono una quota significativa dei costi di accettazione). Per raggiungere tale obbiettivo è stato previsto che i circuiti e i soggetti che si occupano del trattamento delle operazioni devono essere indipendenti sotto il profilo organizzativo, contabile e decisionale. Ad esempio non dovrebbero prevedere tra di loro un trattamento preferenziale o lo scambio di informazioni privilegiate non disponibili agli altri concorrenti. In quanto, tali comportamenti potrebbero comportare una frammentazione del mercato, ostacolando l’ingresso sul mercato europeo di nuovi operatori e rallentando l’innovazione del sistema dei pagamenti.

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Conclusioni

Come abbiamo visto nel corso di questa analisi, nell’ultimo decennio è aumentata fortemente l’attenzione da parte delle Autorità Antitrust nazionali e della Commissione Europea verso il funzionamento dei sistemi di carte di pagamento, in particolar modo verso le commissioni interbancarie multilaterali (MIF). Tali commissioni, definite a livello cooperativo dalle banche licenziatarie (issuer) e applicate all’esercente, potrebbero essere impostate ad un valore troppo elevato con l’obbiettivo di estrarre benefici economici a discapito dei destinatari finali del sistema.

Se il pensiero della letteratura è unanime sul fatto che la definizione di una Multilateral

Interchange Fee ad un livello ottimale consente di poter sfruttare le esternalità di rete (ottenendo

così un aumento delle transazioni e il raggiungimento di un maggior benessere per tutti i partecipati alla transazione); vi è molta discordia circa il fatto che un sistema basato su incentivi privati sia in grado di raggiungere un livello di MIF socialmente ottimale. Inoltre non vi è accordo su quale siano gli esiti in termini di MIF che conduca la concorrenza tra circuiti. Infatti, come abbiamo visto nel caso Mastercard inerente il procedimento italiano, il circuito è stato accusato di aver messo in atto sia un’intesa orizzontale che un’intesa verticale con la complicità delle banche acquirer licenziatarie. Anche se poi il Consiglio di Stato ha assolto sia il circuito che le banche licenziatarie dal provvedimento dell’AGCM, per la prima volta, con tale provvedimento è stato evidenziato il problema della definizione delle MIF in Italia. Anche se Mastecard precedentemente era già stata sanzionata a livello comunitario dalla Commissione Europea (la quale vietò l’applicazione delle MIF per le transazioni cross-border) il caso italiano ha mostrato in maniera limpida l’incapacità della sola libera concorrenza nel riuscire a definire un livello di MIF socialmente ottimale. Infatti secondo il provvedimento della Commissione Europea ma anche quello dell’AGCM, la definizione della MIF ricadeva nel divieto imposto dall’ art. 101 del TFUE. In particolare abbiamo notato come Mastercard, nonostante avesse un livello di MIF pari al doppio rispetto alla principale concorrente Visa, sia riuscita nel corso degli anni ad aumentare in maniera costante la propria quota di mercato. Tale fatto, che ad un’analisi superficiale può risultare contrario ai risultati che si otterrebbero in una situazione di libera concorrenza (commissioni maggiori hanno comportato un aumento della propria quota di mercato) è in realtà giustificabile nella caratteristica di tale mercato, ovvero nella propria peculiarità definibile come two-sided market. Un sistema di pagamento a 4 parti, non può essere descritto e spiegato secondo le normali teorie della concorrenza, perché in

83 questo particolare contesto la definizione di concorrenza deve essere completamente rivista. Tale affermazione deriva dal fatto che le banche licenziatarie concorrono con il fine di attirare non una ma ben due domande, sebbene tali domande appartengono allo stesso prodotto. Infatti la domanda di carte di pagamento risulta influenzata dalla possibilità di poter utilizzare tali carte presso gli esercenti; mentre la domanda di convenzionamento da parte degli esercenti risulta influenzata da quanti utilizzatori di carte potenziali esistono.

In questo modo infatti, il circuito Mastercard, prevedendo delle commissioni interbancarie più elevate rispetto alle concorrenti (ricordiamo che le MIF sono ricavi per le banche issuer) favoriva l’emissione delle proprie carte da parte delle licenziatarie, in quanto tali banche registravano maggiori ricavi grazie al livello di MIF più elevato. Di contro le banche acquirer, visto il gran numero di titolari di carte aderenti al circuito Mastercard, possedevano un maggior potere contrattuale nel convenzionamento con gli esercenti (grazie anche, come abbiamo analizzato, ad alcune clausole particolari) nonostante tale convenzionamento prevedesse delle commissioni a carico dell’esercente più elevate.

Per questo motivo a livello comunitario è stata sentita l’esigenza di definire un benchmark volto alla quantificazione secondo criteri oggettivi, dimostrabili e giustificabili di un corretto livello di multilateral interchange fee. Tale benchmark è stato individuato nel Merchant Indifference

Test. Questo test è stato sviluppato dalla letteratura accademica, ed è volto a calcolare un livello

di commissione interbancaria che renda gli esercenti indifferenti alla scelta di accettare carte di pagamento o contanti. Il MIT è stato usato in un primo momento dalla Commissione Europea per svolgere uno studio strumentale per il calcolo di un valore ottimale di MIF, cui risultati potessero essere utilizzati nei specifici casi di applicazione della legge sulla concorrenza (precisamente per quanto riguarda la condizione di esenzione al paragrafo 3 dell’art 101 del TFUE). Successivamente tali risultati sono stati utilizzati come fonte per l’emanazione del regolamento europeo 751/2015 UE che per la prima volta ha regolamentato il livello di MIF, imponendo un livello massimo di 0,20% per le carte di debito e 0,30% per le carte di credito. Se tale regolamento ha avuto il merito di regolamentare per la prima volta il livello di MIF imponendo un tetto massimo alle stesse, non può essere ritenuto sufficiente. Infatti se da un lato, l’aver stabilito un valore massimo ha messo fine alla possibilità prima concessa di poter prevedere delle MIF oggettivamente oltre ogni giustificazione, tale valore massimo pone però diversi dubbi. La previsione di un tetto massimo, permette alle banche di applicare tali valori, anche quando il reale costo di issuing è inferiore (importante notare come l’evoluzione

84 tecnologica nei sistemi di pagamenti stia riducendo in maniera costante il proprio costo in tutte le fasi di tale mercato). Per questo motivo, secondo il proprio parere, sarebbe più opportuno imporre un livello di MIF proporzionale a quelli che sono i reali costi sopportati dalle banche

issuer per la fase di emissione della carta, affinché le banche issuer non lucrino eccessivamente

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