• Non ci sono risultati.

Qualificazione della fattispecie: il fascio di intese orizzontali e verticali

Capitolo 2: Il caso Mastercard

2.7 Qualificazione della fattispecie: il fascio di intese orizzontali e verticali

In base agli elementi esposti precedentemente, l’AGCM ha qualificato la fissazione di una specifica commissione multilaterale per l’Italia e la tipologia di contratti di licenza stipulati tra lo stesso circuito e le banche acquirer come una fattispecie restrittiva della concorrenza, in quanto violavano il divieto previsto dall’articolo 101 del TFUE.

In particolare, i comportamenti lesivi della concorrenza attenevano alle regole fissate dal circuito, in quanto la MIF veniva definita direttamente dallo stesso circuito e rappresentava una soglia minima per la successiva definizione del prezzo sul mercato dell’acquiring. Tale regola era imposta nel contratto che le banche firmavano per diventare licenziatarie del circuito, il che comportava l’obbligo per le banche di accettare tali condizioni per diventarne licenziatarie.

21 [Cfr. doc. n. 118.]

22 [Cfr. verbale di audizione di Deutsche Bank del 14 aprile 2010, doc. n. 640.] 23 [Cfr. doc. n. 357.]

54 Inoltre, il circuito Mastecard è stato anche definito da parte dell’AGCM come un’associazione di imprese, la cui fissazione della MIF introdotta a livello nazionale nell’Aprile del 2007, rappresentando una voce omogenea e comune per tutte le licenziatarie senza alcuna giustificazione economica e applicata consapevolmente dalle banche licenziatarie, costituiva una deliberazione di associazione di imprese, contraria all’art 101 del TFUE, configurandosi come un intesa restrittiva della concorrenza. È importante notare, come in base alla giurisprudenza nazionale comunitaria, si ritiene che nell’ambito della tutela della concorrenza si possa qualificare un organismo come associazione di imprese la mera presenza di un’organizzazione che abbia il potere di manifestare una volontà comune imputabile a tutti i partecipanti, oltre all’esistenza di un vincolo giuridico atto a legale gli stessi.

Nel caso in esame, la forma associativa del circuito Mastecard era già stata espressamente riconosciuta nel caso comunitario “COMP/34.579 Mastecard” ed è stata successivamente dimostrata dalle evidenze che abbiamo analizzato precedentemente. Infatti, come abbiamo visto, tutti le licenziatarie risultavano titolari di azioni di classe M; azioni che possedevano il diritto di voto per la nomina di una parte dei componenti degli organi di governo societario responsabili anche della definizione delle MIF nazionali. Tali banche licenziatarie hanno eletto il board of directors nella fase antecedente la quotazione, board of directors che a sua volta ha eletto parte dei rappresentanti degli azionisti di classe A in carica al momento del procedimento in esame, che risultavano dipendenti di alcune banche licenziatarie del circuito stesso. Per questi motivi il circuito Mastecard è stato definito come un’associazione di imprese, la cui forma associativa permetteva di assumere decisioni o porre in essere azioni coordinate tra le imprese. Quindi le MIF definite dal circuito Mastecard a livello nazionale, secondo AGCM, erano qualificabili come il risultato di un’intesa nella forma di una deliberazione di associazione di imprese.

Ma non è solo l’intesa orizzontale sopra citata che è stata oggetto dell’attenzione AGCM, ma destinatari di un’attenta valutazione sono stati anche i contratti di licenza stipulati tra il circuito e le licenziatarie, in quanto quest’ultime hanno attuato dei comportamenti che hanno amplificato l’impatto delle MIF, garantendone l’applicazione in assenza di rischi competitivi a totale vantaggio sia delle licenziatarie stesse ma anche a favore del circuito. Quest’ultima fattispecie, definibile come intesa verticale, si basava sulla presenza di un nesso casuale tra le condotte che le singole banche acquirer tenevano con gli esercenti (attraverso i contratti di convenzionamento) e i contratti di licenza che collegavano le banche acquirer con il circuito. È proprio attraverso il contratto di convenzionamento tra le singole banche acquirer e gli

55 esercenti che venivano applicate la merchant fee. Quest’ultima, che rappresenta il costo finale nel mercato dell’acquiring è composta nella sua base minima dalla MIF oltre all’applicabilità di varie clausole. Si trattava di varie clausole tra cui:

• Una merchant fee non differenziata per circuiti diversi (blending)

• Una merchant fee prevista anche nel caso in cui le transazioni avvengano non in circolarità (on-us)

• L’obbligo di accettare tutte le carte del circuito, comprese quelle più onerose in termini di merchant fee.

• Divieto di differenziare il prezzo finale in base allo strumento di pagamento utilizzato.

Tutte queste clausole, imposte agli esercenti, avevano il comune obbiettivo di non mettere in concorrenza Mastecard con le concorrenti e di favorire inoltre, il circuito con la MIF più alta (Mastecard stessa). Tali clausole inoltre, che venivano adottate in toto o in alcuni casi anche in parte nel convenzionamento degli esercenti avevano l’ulteriore scopo di limitare il confronto competitivo nel mercato dell’acquiring che derivava a sua volta dall’obbiettivo che il circuito si poneva di diffusione del proprio marchio prevedendo una MIF elevata.

Più precisamente, il procedimento con la quale il circuito e le banche riuscivano a limitare la concorrenza, derivava dal fatto che il Mastercard estraeva, grazie alle MIF elevate, ricavi crescenti all’aumentare della diffusione e dall’utilizzo del proprio marchio. Inoltre, se le banche

issuer incassavano le MIF come ricavo, le banche acquirer trasferendo sulla merchant fee

l’identica MIF più le proprie commissioni, riuscivano a estrarre maggior profitto in misura crescente al crescere della probabilità che le transazioni fossero effettuate tramite il circuito

Mastecard. Tutto questo in assenza di rischi competitivi, visto che come abbiamo già detto, la

MIF veniva stabilità in modo omogeneo per tutte le banche direttamente dal circuito.

Le clausole elencate precedentemente riuscivano ad amplificare l’impatto restrittivo della MIF garantendo una maggior diffusione del circuito Mastecard, che importante ricordarlo, prevedeva delle MIF molto più elevate rispetto ai circuiti concorrenti. Scendendo più nel dettaglio, la clausola di blending, permetteva a Mastecard, ( in virtù di un livello di MIF più elevato) di non esporsi al rischio, lato acquiring, di una pressione competitiva sviluppata dagli esercenti (in quanto grazie alla clausola blending gli acquirer fissavano una unica merchant fee indipendentemente dai circuiti, sia contrattualmente che di fatto, con l’unico obbiettivo di non consentire all’esercente la possibilità di confrontare i circuiti e sviluppare un reale confronto

56 concorrenziale, mentre sul lato issuing, attraverso MIF elevate, Mastecard incentivava le banche issuer ad emettere le carte del proprio circuito).

Discorsi analoghi possono essere fatti sia per la clausola di non discriminazione tra i diversi strumenti di pagamento ( che vietava all’esercente di differenziare il prezzo in base al metodo di pagamento utilizzato) che per la clausola di non discriminazione tra le diverse carte di pagamento, clausole che avevano l’unico obbiettivo di favorire le carte emesse dal circuito

Mastecard, che prevedendo delle MIF più elevate si sarebbero trovate in una forte posizione di

svantaggio competitivo senza quest’ultime.

Curioso è l’aspetto della clausola on-us, che prevedeva la corresponsione della merchant fee anche quando la MIF in realtà non sarebbe stata dovuta, ovvero quando la banca issuer e

acquirer coincidevano, infatti quest’ultima previsione incentivava le stesse banche acquirer a

contrattualizzare gli esercenti con il circuito Mastecard.

Pertanto, i contratti di licenza stipulati tra il circuito Mastecard e gli acquirer rappresentavano un insieme di intese verticali, volte a favorire la diffusione del circuito tramite una restrizione della competitività nel mercato dell’acquiring grazie alla previsione delle clausole sopra citate, il che costituiva una fattispecie restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del TFUE.

57

Clausole contrattuali

Acquirer NDR HACR Merchant fee

non differenziate per transazioni on-us Blending contrattuale Blending di fatto Banca Sella SI NO NO NO SI

Barclays SI (solo per

Maestro) SI SI (solo per Maestro) NO NO Deutsche Bank SI SI SI (con alcune eccezioni per alcuni clienti) SI (Fino al 31/12/2008) SI Unicredit SI SI SI SI - BNL SI SI SI NO SI Intesa Sanpaolo SI SI NO NO SIS ICBPI SI SI SI SI SI BMPS SI SI SI SI (ad eccezione di Maestro) -

Tabella 7: Clausole contrattuali applicate dalle banche licenziatarie (Fonte: AGCM)