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La sicurezza negli appalti “interni” in generale

Nel documento La sicurezza sul lavoro negli Enti locali (pagine 119-123)

La sicurezza sul lavoro negli appalti pubblic

IV.1 La sicurezza negli appalti “interni” in generale

Fino all’emanazione del d. lgs. 626/1994 non esisteva nell’ordinamento alcuna normativa che disciplinasse nello specifico la prevenzione nel sistema degli appalti, cosicché la suddivisione delle posizioni di garanzia tra i soggetti coinvolti è rimasta per molto tempo essenzialmente di fonte pretoria1.

Il principale garante veniva individuato dalla giurisprudenza naturalmente nell’appaltatore, in ragione della sua indispensabile autonomia gestionale e organizzativa, e a tale assunto era pervenuta in forza del disposto dell’art. 1655 cc. secondo cui «L'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con

organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro».

Ciononostante, in alcuni casi era stato chiamato in causa anche il committente, a titolo di concorso: ciò in quanto l’ingerenza di questi nell’organizzazione dell’appaltatore veniva vista come un segnale dell’affievolimento dell’autonomia dell’imprenditore e, quindi, foriera della responsabilità concorsuale del committente2.

Inoltre, il committente veniva onerato di informare e coordinare le imprese operanti in forza dell’art. 5, c. 1, D.P.R. 547/1955, che recitava « I datori di

lavoro, i dirigenti e i preposti sono tenuti a rendere edotti i lavoratori autonomi dei rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro in cui siano chiamati a prestare la loro opera».

Con l’avvento della normativa di matrice comunitaria, tali principi furono trasposti prima nel d. lgs. 626/1994, quindi nel “decreto cantieri”, d. lgs. 494/1996, infine raccolti nel Testo unico. Il legislatore di allora, però, da un mero

1 Cfr. sul punto D.GUERRI,in F. GIUNTA,D.MICHELETTI (a cura di),Il nuovo diritto penale della

sicurezza nei luoghi di lavoro, Milano, 2010, p. 12.

S.CALLEGARI,in F. GIUNTA,D.MICHELETTI (a cura di),Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, Milano, 2010, pp. 276-279.

120 onere di non ingerenza passò all’imposizione di un vero e proprio obbligo di collaborazione tra committente e appaltatore, in un crescendo degli obblighi in capo alla committenza.

L’art. 7 del d. lgs. 626/1994, in forza del quale per la prima volta il committente diveniva destinatario di obblighi specifici, è oggi trasposto, con le modificazioni nel frattempo intervenute, nell’art. 26 del d. lgs. 81/2008.

In dottrina si è cercato di definire il perimetro dell’operatività della norma citata3.

Vi è, in primo luogo, un confine di tipo oggettivo, in quanto la norma si applica ai soli contratti indicati, ossia appalto, prestazione d’opera e somministrazione4.

È stato individuato, poi, un confine spaziale-funzionale: gli obblighi fanno riferimento ai soli contratti “interni”, con tali intendendosi quelli che hanno luogo nell’azienda del committente (e con ciò differenziandosi da quelli che soggiacciono alla normativa dei “cantieri temporanei o mobili”, v. § IV.2). La novella apportata dall’art. 1, c. 910, l. 296/2006 all’allora art. 7 d. lgs. 626/1994 ha però esteso l’ambito di applicabilità «all'intero ciclo produttivo dell'azienda

medesima», purché il committente «abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in

cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo».

Infine, vi sarebbe un confine di tipo soggettivo, poiché la norma in questione avrebbe come destinatario il solo datore di lavoro imprenditore5.

Inquadrata la norma, quattro sono i tipi principali di obbligo per il committente delineati nell’art. 26 T.u.:

1) l’obbligo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da svolgere (art. 26, c. 1, lett. a);

3 D.GUERRI,cit., p. 18.

4 Diversamente dall’art. 7 del d. lgs. 626/1994 che si limitava al contratto di appalto.

5 Si può così argomentare sul dato letterale della norma « Il datore di lavoro, in caso di

affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo»

Parla del solo imprenditore anche P. PASCUCCI, La tutela della salute e della sicurezza dei

lavoratori pubblici: cosa cambia dopo le riforme del 2008/2009?, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2009, pp. 553 – 627.

121 2) l’obbligo di informazione degli appaltatori e dei lavoratori autonomi sui rischi specifici e sulle particolari misure adottare per contenerli (art. 26, c. 1 lett. b);

3) l’obbligo di cooperazione e di coordinamento con gli altri datori di lavoro e lavoratori autonomi (art. 26, c. 2);

4) l’obbligo di promozione del coordinamento (art. 26, c. 3).

1) La prima incombenza recepisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è onere dell’appaltante individuare un appaltatore tecnicamente idoneo per i lavori richiesti, pena una responsabilità per culpa in

eligendo. Scopo di tale principio è evitare che la ditta affidataria sia individuata esclusivamente attraverso il criterio del prezzo più basso, il che potrebbe essere indice del fatto che siano stati trascurati gli investimenti per la sicurezza6.

Ovviamente tale adempimento evita l’integrazione della contravvenzione di cui all’art. 54, c. 4, ma va tenuto conto che l’indagine sugli appaltatori secondo i criteri normativamente imposti non evita a priori l’insorgere della responsabilità in capo al committente per fatti di lesione o morte occorsi ai lavoratori7.

2) Il secondo obbligo richiama largamente quanto già affermato dall’art. 5 D.P.R. 547/1955, anche se il precedente storico riguardava solamente gli obblighi di informazione nei confronti dei lavoratori autonomi, oggi estesa agli appaltatori.

Le informazioni che il datore-committente è tenuto a fornire riguardano i soli rischi concernenti l’ambiente di lavoro e la propria attività, restando esclusi quei rischi che derivano dall’attività propria degli appaltatori, i quali ovviamente il committente non sarà tenuto a conoscere8.

3) La legge richiede ai datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori di:

a) cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;

b) coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell'opera complessiva.

6 D.GUERRI,cit., p. 23. 7 D.GUERRI,cit., p. 25. 8 S.CALLEGARI,cit., p. 284.

122 Va dato atto che, comunque, la giurisprudenza ritiene che l’obbligo di cooperazione imposto dalla normativa antinfortunistica non può intendersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell’appaltatore tutte le volte in cui costui ometta, per qualsiasi ragione, di adottare le misure di prevenzione prescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori, poiché la cooperazione, se così si intendesse, si risolverebbe in un’inammissibile ingerenza del committente nell’attività propria dell'appaltatore al punto di stravolgere completamente la figura dell’appalto. Il rapporto tra committente e appaltatore va inteso, allora, nel senso che l’obbligo della cooperazione tra committente e appaltatore è limitato all’attuazione delle misure prevenzionali rivolte ad eliminare i pericoli che, per effetto dell’esecuzione delle opere appaltate, vanno a incidere sia sui dipendenti dell'appaltante sia su quelli dell’appaltatore9.

4) Il quarto obbligo si sostanzia nella redazione del Documento unico di valutazione dei rischi interferenziali (D.u.v.r.i.): il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui sopra, elaborando tale documento indicandovi le misure adottate per eliminare i rischi predetti o, ove ciò non sia possibile, per ridurli al minimo. Tale documento deve essere allegato al contratto di appalto o d’opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture.

Come si è detto, questo obbligo non si applica ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

Infine, va dato atto dell’ingresso nell’ordinamento civilistico, regolante i contratti in questione, dei precetti di ordine pubblico per la cui violazione viene comminata la nullità del negozio. Infatti, ai sensi dell’art. art 26, c. 5, nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, devono essere specificamente indicati a pena di nullità (ex art. 1418 c.c.) i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze.

Inoltre, viene a chiare lettere indicato che i costi di cui sopra non sono soggetti a ribasso, escludendo così in radice una pericolosa negoziazione sulle spese necessarie per la salute dei lavoratori.

9 Cassazione penale, sez. IV, 21/05/2009, n. 28197.

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