3. La “crisi perenne” delle biblioteche pubbliche italiane: analisi storica ed istituzionale
4.4 La spinta alla partecipazione: gli utenti diventano membri
Secondo la new librarianship di Lankes, le persone delle quali si occupano i bibliotecari vengono ora definite membri, in contrapposizione a termini sinora comunemente utilizzati come “utenti” o “clienti”. Il termine “membro” risulta quello più indicato poiché implica il senso di appartenenza di un individuo ad una comunità, ad un gruppo sociale, con i quali ne condivide le proprietà e le responsabilità [LANKES 2014 p. 17].
I membri non sono semplicemente i destinatari dei servizi ma contribuiscono all'esistenza della biblioteca pubblica e ne diventano veri e propri “partner”: concettualmente la biblioteca pubblica non può più essere identificata soltanto come uno spazio aperto al pubblico ma deve essere concepita come uno spazio cittadino, organizzato per conto dei cittadini e dunque soggetto ad una serie di leggi e regolamenti; in cambio, i cittadini acquisiscono il diritto di partecipare alla creazione di conoscenza assieme ai bibliotecari, che in tale contesto assumono il ruolo di facilitatori e puntano alla costruzione di una nuova partnership con i membri della comunità.
Nella visione lankesiana la spinta alla partecipazione assume un'azione politica in quanto
Fig. 3. Le tappe della trasformazione dai sistemi correnti al modello della Biblioteconomia Partecipativa proposto da LANKES - SILVERSTEIN - NICHOLSON [2007 p. 29].
volta all'acquisizione della conoscenza come acquisizione di potere da parte degli individui; i bibliotecari hanno il dovere di facilitare i processi di apprendimento, di coinvolgere i membri in corsi di alfabetizzazione per migliorare le loro capacità di base nella ricerca di informazioni e, in tale contesto, l'alfabetizzazione viene intesa come empowerment nel significato letterale di “dare potere”, dunque come un'azione che permette di acquisire competenze, di rendere capaci gli individui di creare conoscenza, di trasformare questa conoscenza da un atto individuale ad un bene comune in grado di contribuire al miglioramento della società (LANKES [2014 p. 64-79]).
In linea con l'adesione alla modello della biblioteca partecipata di Lankes, TAMMARO [2015] rileva che il “concetto di comunità” sia alla base del cambio di paradigma delle biblioteche, con particolare riferimento all'ecosistema digitale che caratterizza la società contemporanea: il concetto di comunità comprende infatti un “insieme di persone unite insieme da relazioni e vincoli che li rendono riconoscibili” nel quale le biblioteche partecipate in grado di esercitare un forte impatto “sono quelle che sono agenti attivi di innovazione e creatività nella loro comunità, cioè il ruolo di intermediazione non è neutro o passivo” (TAMMARO [2015 p. 33]).
Riferendosi nello specifico ai servizi digitali che le biblioteche dovrebbero offrire, Tammaro precisa che la progettazione dei servizi centrata sull'utente (user centered design) risulta superata poiché essenzialmente finalizzata alla modernizzazione dei servizi via Web, mentre per le biblioteche appare più appropriata l'adesione al modello del disegno partecipato dei servizi (participatory design) perché è quello che coinvolge tutti i portatori di interesse e si concentra anche sugli aspetti organizzativi e politici della comunità. Non a caso il modello del participatory design si fonda su due approcci filosofici:
1) di advocacy, volto alla promozione della biblioteca digitale e alla dimostrazione della volontà di essere sempre pronta a rispondere ai bisogni dei suoi utenti-membri;
2) di empowerment, volto ad offrire a ciascun utente-membro la possibilità di esercitare il proprio potere di partecipazione (TAMMARO [2015 p. 34]).
TAMMARO [2017] sostiene inoltre che in questa particolare fase ibrida a livello di sistemi socio-tecnologici, i servizi digitali delle biblioteche stiano vivendo una seconda fase di sviluppo più marcatamente “sociale” in virtù del cambiamento di prospettiva già individuato da Lankes, che evidenzia un nuovo rapporto partecipativo fra le comunità di utenti e le biblioteche.
In merito al ruolo sociale delle biblioteche digitali come infrastrutture incentrate sulla comunità si è espressa anche CALHOUN [2016] elaborando un quadro concettuale di funzioni che potrebbero contribuire a tale scopo e che, come fa notare TAMMARO [2017 p. 137], in realtà non
sono molto diverse da quelle già svolte dalle biblioteche “tradizionali” essendo infatti le seguenti: - dare sostegno alla libera circolazione delle idee e all'accesso all'informazione;
- potenziare e informare gli individui;
- dare supporto all'insegnamento, all'apprendimento e all'avanzamento della conoscenza;
- offerta di vantaggi economici (derivanti da innovazione di tecnologie e metodi, produzione di contenuti, trasferimento di nuova conoscenza);
- conservazione delle risorse scientifiche e culturali per le generazioni future.
In sostanza, secondo TAMMARO [2017] la peculiarità più interessante del nuovo modello di biblioteca digitale partecipativa non deriva tanto da un cambiamento di funzioni o dall'accrescimento dell'offerta di contenuti e collezioni multimediali, bensì dall'ampia adozione delle piattaforme tecnologiche attualmente in uso che rappresentano un mezzo per facilitare le comunità di utenti a diventare partecipative e creative. Di conseguenza, le biblioteche digitali si differenziano dalle biblioteche tradizionali in quanto puntano ad essere creative ed innovative. Considerando la creatività come la “combinazione di elementi che già esistono in modo nuovo e adeguato, fino a diventare una nuova creazione, che è utile per risolvere un problema o per migliorare una situazione” (TAMMARO [2017 p. 138]), e l'innovazione come un processo successivo alla creatività e che “si riferisce alla selezione di quelle idee creative che sembrano più utili ed al loro sviluppo ed eventuale applicazione pratica” (TAMMARO [2017 p. 138]), nel contesto delle biblioteche il prodotto creativo acquisisce valore laddove se ne riscontri un'effettiva utilità sociale. In tal senso le biblioteche digitali assumono un preciso ruolo sociale in quanto “nascono per facilitare la creatività, partendo dalla responsabilità di lunga data delle biblioteche di deposito e preservazione della memoria culturale e scientifica della civiltà, come modo per stimolare l'innovazione” (TAMMARO [2017 p. 140]).
Inoltre esse innovano tre aspetti delle biblioteche:
1. da luogo a spazio, in quanto le biblioteche digitali non si identificano con un preciso luogo fisico ma rappresentano un'infrastruttura per la conversazione per favorire il processo cognitivo di creazione della conoscenza. Le biblioteche offrono uno spazio virtuale protetto che può diventare il contesto creativo in cui gli utenti condividono le risorse digitali e gli strumenti per utilizzare tali risorse (TAMMARO [2017 p. 140-142]);
2. da collezione a connessione, poiché il focus non è sulla collezione ma sul processo comunicativo e creativo di costruzione di conoscenza, promuovendo l'acquisizione delle competenze informative di base quali “la capacità di lettura, scrittura ed interazione con altri utenti in una vasta gamma di
piattaforme, strumenti e media dalla scrittura all'oralità, attraverso la scrittura, stampa, la televisione, la radio, il cinema, fino ai social network” [THOMAS 2007], mediante la transliteracy. Ciononostante Internet rappresenta la struttura informativa ideale per l'acquisizione delle competenze di transliteracy come “forma di apprendimento collettivo”, grazie alla crescente familiarità di utilizzo delle piattaforme dei social media che hanno esteso la connessione e la partecipazione attiva di comunità di utenti (TAMMARO [2017 p. 142-143]);
3. da creatività a collaborazione, poiché l'impatto culturale di Internet ha incentivato una cultura più collaborativa, aderendo a modelli di sviluppo come il crowdfunding, il crowdsourcing o la creazione collettiva di conoscenza. Le biblioteche digitali hanno lo scopo di creare un ambiente di apprendimento amichevole, di aumentare il flusso di nuove idee, di fornire l'accesso alle risorse e la guida ad ottenere le capacità per usarle (TAMMARO [2017 p. 144]).
La funzione più marcatamente “sociale” della biblioteca pubblica contemporanea non sembra limitarsi ad un ripensamento solo in termini di servizi digitali ma, come sostiene PAIANO [2015] si sta diffondendo anche nelle biblioteche pubbliche il modello della sharing economy, cioè l'economia della condivisione che si fonda su tre fattori chiave:
1. condivisione di beni e competenze;
2. relazioni orizzontali tra individui e organizzazioni; 3. nuove piattaforme e tecnologie informatiche.
Paiano rileva inoltre che “un ruolo di rilievo nell'affermazione della sharing economy lo sta avendo il coworking cioè un nuovo stile lavorativo che combina la condivisione di un ambiente fisico e di risorse fra professionisti che fanno lavori diversi con approccio collaborativo. Coworking infatti significa letteralmente lavoro in comune” (PAIANO [2015 p. 192]).
Le prime esperienze di produzione collaborativa all'interno delle biblioteche sono nate negli Stati Uniti ma il fenomeno si sta diffondendo anche in ambito europeo, in particolare nelle biblioteche pubbliche olandesi e nei paesi scandinavi come la Finlandia e la Danimarca dove sono stati allestiti appositi spazi dedicati a Makers e FabLab108109.
108 Il concetto di FabLab (temine abbreviato di Fabrication Laboratory) nasce tra la fine degli anni Novanta e all'inizio del Duemila da un'idea del prof. Neil Gershenfeld, docente americano presso il Massachusetts Institute of Technology, (MIT). Un FabLab è un laboratorio dotato di strumenti e attrezzature a controllo numerico (in genere stampanti 3D, tagliatrici laser, fresatrici, plotter, attrezzi per lavori di falegnameria, meccanica, lavorazione dei metalli, ecc.) per la realizzazione di manufatti convenzionali e tecnologici, attraverso l’impiego di tecniche di prototipizzazione rapida supportate dalle tecnologie digitali. Negli ultimi anni l’abbattimento dei costi di vendita di questi strumenti ha permesso la moltiplicazione di questi laboratori aperti al pubblico. Parallelamente e in parte in conseguenza alla crisi economica, accanto al concetto di FabLab si è diffuso il cosiddetto “fenomeno dei makers”, un movimento culturale che rappresenta un'estensione su base digitale del fai-da-te e che punta alla costruzione di qualcosa passando dall'idea alla realizzazione pratica, senza la mediazione del mercato [RASETTI 2015].
In questo ruolo sociale di piattaforma inclusiva nella società della conoscenza le biblioteche possono diventare incubatori di idee e di start-up di cittadini e di piccole imprese: in merito a ciò RASETTI [2015] e PAIANO [2015] sono concordi nel sostenere l'importanza del coworking collaborativo all'interno delle biblioteche pubbliche italiane110 dal momento che “le opportunità di
apprendimento offerte nei makerspace permettono di sperimentare interessanti contaminazioni con i servizi tradizionali, sostenendo nuovi percorsi di innovazione sul fronte della condivisione di esperienze da parte dei cittadini e sul fronte della produzione stessa del servizio bibliotecario” (RASETTI [2015]).