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Nuove tendenze: biblioteche pubbliche o piazze del sapere?

Nel documento Le biblioteche pubbliche nell'era "social" (pagine 157-169)

3. La “crisi perenne” delle biblioteche pubbliche italiane: analisi storica ed istituzionale

4.6 Nuove tendenze: biblioteche pubbliche o piazze del sapere?

Il modello di biblioteca pubblica proposto da Idea Store non è stato esente da critiche fra gli addetti ai lavori: il dibattito non ha riguardato soltanto i criteri di selezione del personale ma ha coinvolto anche altri aspetti di natura identitaria, con particolare riferimento ai rischi legati ad un possibile stravolgimento delle specificità della biblioteca pubblica116.

Mentre gli Idea Stores sono stati molto apprezzati dai colleghi spagnoli, scandinavi e da altre realtà bibliotecarie al di fuori dell'Europa, in Italia si è creata una divergenza molto netta fra i sostenitori e gli oppositori di quella che è stata vista come una vera e propria una evoluzione della biblioteca pubblica verso logiche commerciali, proponendone varie definizioni tra le quali possiamo citare “biblioteca-libreria” [GALLUZZI 2008], “piazze del sapere” [AGNOLI 2009], “multipurpose library” [GALLUZZI 2009], “cattedrali laiche del consumo culturale” [RASETTI 2004 p. 50], “biblioteca sotto mentite spoglie” [SALARELLI 2009 p. 252].

Fra le terminologie summenzionate le “piazze del sapere” è probabilmente l'espressione più nota ed attinge dal fortunato saggio di Antonella Agnoli [2009], in cui l'esperienza inglese viene proposta come esempio di biblioteca innovativa al quale anche le istituzioni italiane dovrebbero attingere, pur riconoscendo che tale formula, basata sul connubio tra biblioteca e formazione permanente, rappresenti un'iniziativa strategica studiata appositamente per la realtà britannica dove, - come si è visto in precedenza - le biblioteche pubbliche hanno un ruolo fondamentale

115 Per una disamina più dettagliata si rimanda a GALLUZZI [2011 p. 9] in merito ai punti 1-2, 6; e, FOSSATI [2011 p. 34] in merito ai punti 3-5.

116 Il dibattito sulla questione del ruolo e delle modalità della biblioteca pubblica nel nostro paese è molto ampio ed è tuttora in corso: per lo scopo del presente capitolo non si è ritenuto opportuno fornire un elenco esaustivo di tutti i contributi sul tema, peraltro già affrontato nel precedente cap. 1. Relativamente al periodo 2005-2010 risulta comunque utile segnalare l'analisi molto accurata svolta da VENTURA [2010 p. 23-24].

nell’istruzione della popolazione locale. Se AGNOLI [2009 p. 90] e FOSSATI [2011 p. 33] sono concordi nel ritenere che l'esportazione a scatola chiusa del modello inglese potrebbe non essere ugualmente applicabile al contesto bibliotecario italiano, tuttavia insistono sulla necessità di studiare in maniera approfondita i bisogni del bacino di utenza e da questi sviluppare il relativo posizionamento delle biblioteche nelle rispettive comunità di riferimento, scelta che infatti sembra rivelatasi vincente per la municipalità di Tower Hamlets con il progetto Idea Store117 (AGNOLI

[2009 p. 91-92]).

Ritornando alla tesi delle “piazze del sapere”, secondo Agnoli le biblioteche del futuro dovrebbero ispirarsi all'antica concezione delle piazze cittadine che, all'interno del tessuto urbano e sociale, rappresentavano il luogo di incontro, di esercizio della democrazia e di scambio tra le culture. Dal momento che nella società contemporanea le piazze sembrano svuotarsi a favore di altri spazi di aggregazione - soprattutto degli shopping mall - la tesi è che le biblioteche, per sopravvivere, dovrebbero essere ristrutturate come vere e proprie piazze coperte e diventare, in tal senso, luoghi dove fermarsi, rilassarsi, conversare, apprendere e condividere.

Prendendo come punto di partenza la tesi di Bernard Lahire, Agnoli sostiene che modernizzazione delle biblioteche pubbliche parta anche dall'abbattimento del brand di istituzioni detentrici di opere (i libri) da fruire con un certo “rispetto” e in maniera “distaccata” a favore invece di un nuovo riposizionamento della biblioteca che ne restituisca l'immagine di spazio da fruire in maniera “partecipativa”. Per giungere a questo tipo di fruizione l'utenza dovrebbe avere la percezione di un ambiente ad essa familiare ed in particolar modo di un bene pubblico detentore di valori impliciti come la cooperazione, il dibattito e la solidarietà.

Secondo AGNOLI [2009 p. 77] la ricchezza e la vitalità della vita collettiva sono fattori determinanti per il successo delle biblioteche pubbliche: nello specifico l'autrice attinge da Ray Oldenburg118 il concetto di «terzo luogo» (in inglese third place), annoverandovi anche le

biblioteche in quanto istituzioni dotate delle caratteristiche necessarie ad essere percepite come luoghi pubblici non legati né al lavoro né alla residenza ma semplicemente come centri di aggregazione spontanea, luoghi di incontro dove le persone possono stare insieme per il solo piacere di farlo. In qualità di «terzo luogo» le biblioteche devono avere le caratteristiche della

117 Dal 2002 al 2009 gli stanziamenti per gli acquisti degli Stores inglesi sono aumentati del 92% con una spesa di 700.000 euro all'anno per l'acquisto dei libri nuovi [DOGLIANI 2009 p. 263]. Inoltre l’utenza in pochi anni è quadruplicata: il 53% dei residenti utilizza abitualmente i servizi ed in uno degli store si arriva ad una media di 2.000 presenze al giorno; le strutture sono aperte sette giorni alla settimana, con un aumento del prestito di libri pari al 27% [DOGLIANI 2012].

118 L'autrice fa riferimento in particolare a Oldenburg R. (1999), The Great Good Place, Da Capo Press, e, Oldenburg R. (2002), Celebrating the Third Place, Da Capo Press.

neutralità, della libertà di accesso e dell'eguaglianza, inoltre devono essere garanti della convivenza sociale.

Si legge infatti:

“Prima di tutto, devono essere posti neutrali, non connotati per l'appartenenza a una persona, a un'associazione, a un'organizzazione politica o religiosa. […] Per Oldenburg, devono essere posti «dove gli uomini possono andare e venire come vogliono, nei quali a nessuno è richiesto di fare da padrone di casa e in cui tutti si sentono a loro agio». Il secondo requisito è quello di essere dei luoghi di eguaglianza, in cui non si chiede a nessuno se fa il notaio o il pompiere, se si guadagna da vivere come operaio o come professore. […]

Infine, i luoghi popolari sono quelli in cui la conversazione è «vivace, scintillante, colorita, coinvolgente». […] La pratica quotidiana del confronto è necessaria per sostenere riflessioni politiche più formalizzate e impegnative, è un indispensabile addestramento alla democrazia. […] Perfino gruppi impegnati in attività apparentemente banali come le gite domenicali o il ballo del giovedì sera sono luoghi di socialità necessari per l'apprendistato della cittadinanza. Questo tessuto di relazioni che rendono più piacevole la vita quotidiana, stimolano lo sviluppo economico e favoriscono l'autogoverno viene chiamato «capitale sociale»: una biblioteca pubblica ben gestita è un luogo che aumenta il capitale sociale di un territorio. […]

La perdita dell'abitudine a ritrovarsi e confrontarsi in piazza, al bar, dal parrucchiere è uno dei molti motivi che rendono la nostra democrazia un guscio vuoto. Non saranno l'urbanistica, da sola, né tanto meno le biblioteche a invertire questo processo, ma certo abbiamo bisogno di third places, luoghi che accolgono tutti e favoriscono esperienze collettive anche apparentemente banali. Le biblioteche pubbliche ospitano materiali e persone di ogni tipo, quindi sono esattamente […] luoghi di esperienze comuni, territori dove il cittadino può venire in contatto con punti di vista diversi” (AGNOLI [2009 p. 78-80]).

Fra le peculiarità essenziali ad una piazza del sapere, Agnoli non manca inoltre di ribadire le seguenti strategie che comportano un generale ripensamento di ogni aspetto della singola realtà bibliotecaria (dagli arredi, alla comunicazione, alle strutture, al personale, ...). Esse sono:

- coinvolgimento degli internauti nella creazione di nuovi contenuti (blog, forum, …) per il portale bibliotecario;

- nella comunicazione con il cittadino utilizzo di un linguaggio comprensibile, immediato, non specialistico, prendendo spunto dal linguaggio della società dei consumi, più familiare ed universale;

- tenere presente che l'atteggiamento degli utenti si è allineato a quello dei consumatori: ciò significa che per mantenere alta l'attrattiva del pubblico è necessario, da una parte, aumentare l'assortimento di prodotti, di servizi e di spazi; dall'altra, rendere la biblioteca un luogo di interazione tra le persone, di svago, di scoperta, di esperienze condivise anche casualmente (AGNOLI [2009 p. 157-159], [2011a]).

[2009, 2010] ha rilevato l'emergere di una nuova tendenza in diverse città, nazionali ed internazionali, consistente nella nascita di nuove biblioteche in risposta ad esigenze di riqualificazione urbana e nelle quali il ruolo di promozione sociale è ritenuto altrettanto importante di quello culturale, educativo e informativo119. Si legge che nelle città

“l'identità del singolo è sempre più definita dall'essere parte di quei piccoli gruppi che, pur non essendo omogenei in termini di appartenenza sociale, condividono, in modo intenso ma transitorio, le stesse passioni, emozioni, approcci etici. Ciascuno di questi gruppi ha i propri riti e oggetti di culto e costituisce una nicchia, che però non esaurisce la rete di appartenenze del singolo; al contrario, ogni individuo partecipa di nicchie diverse in base ai suoi interessi e ai diversi momenti della vita” (GALLUZZI [2010]).

In questo contesto il fenomeno delle nicchie rappresenta una specie di trasposizione del paradigma economico della coda lunga120 al mondo fisico delle città e risulta implicitamente

collegato al modello emergente della biblioteca-piazza del sapere: così come il progresso tecnologico di Internet ha favorito la vendita online di prodotti di nicchia, potendo aggregare in banche dati specializzate un elevato numero di distributori, collezionisti e privati cittadini, allo stesso modo le città si possono considerare l'equivalente fisico del marketplace virtuale, in quanto luoghi di offerta di una vasta gamma di servizi e prodotti anche molto specifici nonché luoghi dove vi confluiscono diversi tipi di comunità (GALLUZZI [2010]).

In che modo dunque il paradigma della coda lunga esercita un impatto sulle biblioteche pubbliche cittadine? Nelle aree urbane le biblioteche pubbliche sono spesso ritenute le istituzioni più idonee alla promozione delle relazioni sociali dei residenti e, soprattutto, dei cosiddetti city users ovvero di coloro che utilizzano i servizi della città pur senza risiedervi. GALLUZZI [2009, 2010] ed AGNOLI [2009] sono sostanzialmente d'accordo nel ritenere che gli investimenti delle amministrazioni cittadine vadano a finanziare sempre di più i progetti bibliotecari in grado di esercitare un forte impatto su residenti e city users, ma che questo successo sia in larga parte

119 La ricerca di Galluzzi si è concentrata sullo studio di alcune biblioteche italiane, dell'Europa continentale e del mondo angloamericano aperte dopo il 2000. Tra le biblioteche italiane vi figurano la Biblioteca Salaborsa di Bologna (2001) e la Biblioteca San Giorgio di Pistoia (2007).

120 Il fenomeno della “coda lunga” è stato coniato nel 2004 dal giornalista americano Chris Anderson, autore dell'articolo The Long Tail pubblicato sulla rivista «Wired» e in seguito diventato un libro di successo, tradotto anche in italiano (La coda lunga: da un mercato di massa a una massa di mercati, traduzione di Susanna Bourlot, Torino, Codice, 2007 (The long tail: why the future of business is selling less of more, New York, Hyperion, 2006). La coda lunga rappresenta il nuovo paradigma economico teorizzato da Anderson in seguito all'impatto di Internet sul mercato dei prodotti digitali. In particolare, Anderson ha rilevato che, mentre l'economia mondiale in ambiente analogico era quasi esclusivamente basata sui prodotti di massa, con Internet si sono invece affermati i mercati di nicchia. Per spiegare questa teoria Anderson ha esemplificato su un grafico l'andamento delle vendite dei brani musicali di alcune popolari piattaforme on-line (le cosiddette “hits”) e quelle dei prodotti di nicchia, dimostrando che nel breve periodo i primi vendono moltissimo, ma sono in numero estremamente limitato, mentre i secondi vendono pochissimo se presi singolarmente ma nel loro insieme possono produrre un guadagno sostanzialmente paragonabile a quello dei mercati di massa.

determinato dalla capacità di adeguare l'impianto concettuale delle biblioteche pubbliche alle dinamiche della società contemporanea, orientate alla concentrazione di diversi tipi di servizi e di esperienze (dal divertimento allo shopping, dalla cultura ai servizi pubblici), proprio come accade nel paradigma virtuale della coda lunga. La sopravvivenza sembra dunque risiedere nella capacità di adeguare le biblioteche pubbliche allo stile di vita contemporaneo della città, dove non risulta attraente un'offerta generica caratterizzata da una possibilità di scelta troppo limitata.

Al contrario, secondo GALLUZZI [2010] la progettazione di nuovi istituti, così come la rivalutazione delle funzionalità di quelli già esistenti, dovrebbero tenere in considerazione le seguenti questioni:

• le biblioteche pubbliche centrali dovrebbero essere locate in edifici grandi e funzionali, dotate di un'offerta bibliografica molto ampia che comprenda sia i bestsellers sia le nicchie, con orari di apertura estesi ed una vasta gamma di servizi in grado di svolgere un ruolo sociale e di intrattenimento, oltre che prettamente culturale;

• le biblioteche locali e di quartiere, non potendo sopravvivere al di sotto di determinate dimensioni, dovrebbero puntare sulla specializzazione in base alle caratteristiche proprie dell'area di riferimento e quindi integrare con servizi aggiuntivi l'offerta complessiva del territorio;

• le biblioteche pubbliche dovrebbero costituire un punto di riferimento per altri servizi informativi, culturali, educativi e di intrattenimento presenti sul territorio, in linea con l'esperienza anglosassone degli one-stop-shops, dove i cittadini possono usufruire dei servizi più vari ed ottenere molteplici risposte non esclusivamente di tipo bibliografico.

In merito al ruolo che le biblioteche pubbliche italiane possono incarnare in una città contemporanea risultano interessanti gli studi del San Giovanni di Pesaro e della Salaborsa di Bologna, rispettivamente analizzati da AGNOLI [2009] e da GALLUZZI [2009, 2010].

Entrambe le biblioteche sono site nel centro storico cittadino; inoltre un altro aspetto che le accomuna, oltre al grande successo in termini di pubblico e di impatto sulla vita sociale dei residenti, è la sede in edifici preesistenti e riadattati a funzioni bibliotecarie in epoca relativamente

recente trattandosi infatti di istituzioni progettate ed inaugurate all'inizio del Duemila121122.

Tra i vari punti di forza che caratterizzano il San Giovanni, Agnoli ne evidenzia la forte integrazione, a livello urbanistico, tra i servizi pubblici e le abitazioni, aspetto che ha prodotto benefici sia in termini di valorizzazione dell'area circostante sia per la frequentazione della biblioteca. Il brand scelto nella fase progettuale ha puntato sull'immagine di un luogo di qualità in grado di offrire servizi differenziati ai vari tipi di pubblico, creando varie nicchie nelle sezioni al piano terra, visibili dall'esterno, similmente alle vetrine dei negozi su una strada coperta (fig. 7).

121 La Biblioteca San Giovanni di Pesaro è stata inaugurata nel 2002 ed è collocata nell’ex Convento della chiesa di San Giovanni, restaurato nel 2001. Dal 2001 al 2008 Antonella Agnoli è stata direttore scientifico del progetto di ristrutturazione. L'idea di base è stata quella di creare uno spazio innovativo, ben caratterizzato e funzionale ad una biblioteca effettivamente “luogo di tutti, non commerciale, dove stare bene”. La Biblioteca San Giovanni rappresenta una “strada coperta” che collega via Passeri con Via Severini, due vie marginali del centro storico; concettualmente questa scelta architettonica richiama volutamente la logica del passage ovvero della biblioteca come luogo di flussi, di incontri e non di studio silenzioso. Seguendo l'esempio degli Idea Stores inglesi, il San Giovanni ha optato per l'apertura anche il sabato e la domenica pomeriggio, puntando ad essere un possibile punto di incontro anche per i giovani e cercando di costruirsi un'immagine “trendy”, più simile ad una grande libreria che a una biblioteca di conservazione (AGNOLI [2009 p. 92-97]). Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla sezione relativa nel sito web del Comune di Pesaro <http://www.comune.pesaro.pu.it/cultura/biblioteca-san-giovanni/>.

122 La Biblioteca Salaborsa di Bologna è stata aperta nel 2001 e nel 2008 è stata riorganizzata ed ampliata. Il progetto di ristrutturazione, denominato “Parco urbano di piazza Maggiore”, costituisce un efficace intervento architettonico non solo dal punto di vista bibliotecario ma anche dal punto di vista urbanistico, avendo infatti trasformato il Palazzo comunale e l'area circostante – il cui nucleo originario risale all'inizio del 13. secolo – in uno spazio culturale e sociale della città, dove trovano sede non solo la biblioteca/mediateca ma anche le sedi istituzionali, i musei, le collezioni d'arte. In particolare la Salaborsa si sviluppa intorno ad una vera e propria piazza coperta attorno alla quale convergono tutti gli spazi. Fin dalla fase progettuale questa istituzione si propone da un lato come biblioteca pubblica tradizionale, dall'altro come audioteca/videoteca e spazio di aggregazione e di svago. L'obiettivo è quello di essere “la biblioteca di tutti”, di soddisfare i bisogni informativi e sociali di tipologie di utenti diversi e di renderne possibile la convivenza mediante un'opportuna organizzazione interna degli spazi. Nel panorama biblioteconomico italiano la Salaborsa ha raccolto pareri discordanti che oscillano tra entusiastiche adesioni a giudizi negativi da parte di chi la considera un “supermercato del libro”. D'altra parte questa definizione non è stata attribuita a caso: l'altissimo tasso di presenze e di prestiti contribuisce a rendere questa istituzione una biblioteca pubblica “di massa” a tutti gli effetti [GALLUZZI 2009]. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito Web della biblioteca <https://www.bibliotecasalaborsa.it/home.php>.

Contrariamente al San Giovanni, il complesso architettonico della Salaborsa di Bologna non ha reso possibile l'espediente della “vetrina commerciale” per attirare l'attenzione dei visitatori; ciononostante gli investimenti dell'amministrazione bolognese hanno seguito sostanzialmente i medesimi obiettivi del comune di Pesaro, caratterizzando la Salaborsa “da un lato, nelle dimensioni delle collezioni e degli spazi e, dall'altro, nella loro varietà e differenziazione. Queste due caratteristiche insieme le hanno permesso di accogliere molte nicchie differenti per quanto riguarda i tipi di usi (biblioteca come luogo per incontrarsi, socializzare, leggere, studiare, trascorrere il tempo libero, fare una passeggiata, giocare con un videogioco, guardare un film, ascoltare musica, chiedere informazioni e così via) e i tipi di esigenze informative (da quelli di base a quelli degli appassionati e dei ricercatori in quasi tutti i domini e campi disciplinari)” (GALLUZZI [2010]).

Fig. 7. Pesaro, Biblioteca San Giovanni. La strada coperta che collega Via Passeri a Via Severini. <http://www.comune.pesaro.pu.it/cultura/biblioteca-san-giovanni/>, ultima visita: ottobre 2020.

Altri due casi interessanti di biblioteche pubbliche che si sono allineate al modello delineato da Agnoli sono sicuramente la San Giorgio di Pistoia123 e il centro culturale Multiplo di Cavriago, del

quale si parlerà più avanti.

123 La Biblioteca San Giorgio di Pistoia è stata aperta al pubblico ad aprile 2007, presso l'antico stabilimento delle Officine San Giorgio dalle quali ne deriva il nome. La riqualificazione dell'area industriale, che versava in stato di abbandono da decenni, ha avuto un impatto significativo sulla comunità cittadina: non a caso, fin dalla sua inaugurazione la San Giorgio risulta la meta preferita fra tutti gli altri spazi ad accesso libero. Inoltre dal 2007 le statistiche di servizio indicano un altissimo livello di gradimento, facendo di questa biblioteca un'eccellenza a livello nazionale e internazionale sul fronte dei servizi educativi per la prima infanzia [RASETTI 2012]. La San Giorgio si attribuisce varie definizioni fra le quali si citano “biblioteca per tutti”, “glocale”, “flessibile”, “plurale”; questa struttura si configura come una vera e propria piazza cittadina presso la quale sono presenti servizi di informazione generale, di orientamento all'uso della biblioteca, bookshop, caffetteria, auditorium, servizi di informazioni di comunità e di utilità per la cittadinanza. Riguardo all'organizzazione bibliografica, la San Giorgio ha scelto di collocare i libri di narrativa secondo la modalità di allestimento in uso nelle librerie ovvero per generi letterari (es. thriller, fantasy, romanzo storico, rosa, …), di fatto rompendo con la tradizione bibliotecaria che generalmente adotta la Classificazione Decimale Dewey anche per la collocazione a scaffale [GALLUZZI 2009 p. 124-127]. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito web della biblioteca <https://www.sangiorgio.comune.pistoia.it/>.

Fig. 8. Bologna, Biblioteca Salaborsa. Veduta dall'alto della piazza coperta al piano terra. Fonte: sito Web della biblioteca <https://www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/utilizzo_degli_spazi_di_salaborsa#top>, ultima visita: ottobre 2020.

Fig. 9, 10, 11. Pistoia, Biblioteca San Giorgio. In alto, le sagome dei lettori che “passeggiano” all'interno della biblioteca. Al centro, accesso tramite QRCode ai video “Ti spiego la San Giorgio a modo mio”. In basso, gli studenti dell'istituto agrario di Pistoia al lavoro con la loro insegnante nel giardino della biblioteca [RASETTI 2012 p. 11, 20].

In questa sede risulta molto difficile elencare tutti i fattori che contraddistinguono la biblioteca San Giorgio come una delle principali piazze del sapere nel panorama bibliotecario italiano, tuttavia si può constatare che la creazione di una vasta rete di alleanze e l'utilizzo efficace di molteplici strumenti comunicativi rappresentino due elementi di rilievo nel processo di consolidamento della biblioteca pistoiese in poco più di dieci anni di attività. In particolare, la San Giorgio ha puntato sull'azione comunicativa con i cittadini ancora prima della sua apertura,

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