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La struttura della neocorteccia

Nel documento PERCEZIONI, CONOSCENZA E COMPRENSIONE (pagine 105-109)

SEZIONE I MODALITÀ SENSORIAL

10. La struttura della neocorteccia

Volendo affrontare un campo d’indagine tanto vasto e complesso come quello riguardante il cervello, come prima cosa è importante poterlo restringere; metterlo a fuoco rispetto alle numerose parti che costituiscono il sistema nervoso centrale. Mi riferirò principalmente al sistema talamo-corticale, perché è la parte più rilevante nelle nostre capacità cognitive, quelle legate all’intelligenza e alla percezione. Sono ben consapevole che la mente di un essere umano contempli ben altre dimensioni, ma per questioni di spazio è necessario restringere l’indagine a ciò che è più preminente per il discorso che si sta tentando di sviluppare. Ad ogni modo, è un’astrazione e una semplificazione seguita dalla maggior parte degli studiosi del settore.

La parte apicale dell’elaborazione sensoriale è senz’altro la neocorteccia, un tessuto sottile circa 2 mm, ripiegato in circonvoluzioni, che ricopre la superficie esterna del cervello. È la parte più estesa e di maggior peso del cervello umano ed è organizzata in sei strati (o lamine), indicati con i numeri romani dall’I al VI, partendo da quello più esterno (subito al di sotto della pia madre). In essa si trovano numerosi tipi di neuroni ma i due gruppi principali sono le cellule piramidali e le cellule non piramidali. Le prime devono il proprio nome alla forma del loro corpo cellulare, con l’apice rivolto verso la superficie piale, e sono spesso interneuroni di proiezione, cioè sono l’uscita delle diverse aree corticali. Le cellule non piramidali sono invece deputate principalmente alla ricezione delle afferenze corticali e all’elaborazione locale dell’informazione . La neocorteccia è la parte per noi più interessante perché è lo 23

strumento con cui si realizza la nostra capacità di trattare forme e schemi e di farlo in modo gerarchico. Proprio una scoperta sulla neocorteccia gioca un ruolo importante in questa ricerca, quella fatta nel 1978 dal neuroscienziato americano Vernon Mountcastle. In un lavoro ormai classico , propose di considerare l’esistenza di 24

un’unica struttura funzionale di base per l’elaborazione dell’informazione nell’intera neocorteccia dei mammiferi. In alcuni esperimenti condotti alla fine degli anni

Per una descrizione della neocorteccia si veda ad esempio Kandel et al. (1994).

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Mountcastle (1978).

Cinquanta, Mountcaslte aveva introdotto degli elettrodi nella neocorteccia somatosensoriale primaria (S1) di scimmie e gatti anestetizzati, facendoli avanzare in profondità e via via registrando l’attività di singoli neuroni in risposta a stimoli tattili. Ne risultò l’individuazione di una struttura colonnare (verticale) di un centinaio di neuroni disposti come in un cilindro dal II al VI strato, con un diametro di circa 30 mm. Mountcastle la chiamò «minicolonna». Più minicolonne, collegate fra loro con connessioni a corto raggio, formano una colonna corticale (o modulo), che varia da 300 a 600 mm di diametro . Si tratta di un’unità complessa che collega un 25

numero di input a un numero di output con processi interni sovrapposti. Le colonne sono entità ancora problematiche per gli scienziati, che dibattono sulla loro dimensione, sui loro confini (sono molto sfumati) e sulla loro importanza, ma ciò che a noi importa è che l’organizzazione verticale di unità ripetute è riconosciuta . La 26

loro esistenza è inferita da vari fatti, come ad esempio la risposta simultanea ad uno stesso stimolo da parte di cellule organizzate verticalmente, o il cammino seguito dalla migrazione di cellulare durante l’ontogenesi del cervello e la loro moltiplicazione per la formazione della corteccia.

Ci sono oggi prove sempre crescenti ad appoggiare tale idea che, se fosse vera, porterebbe con sé molte interessanti conseguenze. Se l’unità di processamento base fosse la medesima in tutta la neocorteccia, le differenze fra le varie aree cerebrali non dipenderebbero dalla funzione svolta, ma solo dalle differenti connessioni che intercorrono fra esse e le loro parti. Questo spiegherebbe perché, nonostante la mole di informazioni raccolte sulle singole zone corticali e sui singoli neuroni, non si sia riusciti a raggiungere un’appropriata comprensione del funzionamento del cervello. Un esperimento che può corroborare una tale ipotesi è certamente quello che abbiamo già citato in §4.3.1, condotto da Sur e colleghi sui furetti. Si tratta di un esempio molto convincente di come i neuroni presenti in un’area cerebrale possano effettivamente svolgere compiti uditivi o visivi non per proprietà intrinseche, ma a seconda degli input che li raggiungono, cioè a seconda dell’esperienza che li ha fatti «maturare». Un altro esempio ben conosciuto riguarda la riconversione delle aree visive della corteccia

Mountcaslte (1997).

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Buxhoeveden e Casanova (2002).

per compiti tattili, e specificamente per la lettura del braille, da parte di persone non vedenti (ne abbiamo parlato in §5). In questi ultimi anni, molti studiosi hanno preso in considerazione l’idea di individuare l’unità base di processamento della neocorteccia, anche perché questa idea si confà perfettamente al paradigma connessionista e quindi ad essere implementata attraverso particolari reti neurali. Riuscire a simulare sul computer tali ipotesi risulta molto utile perché permette di verificare quanto un’idea di funzionamento della neocorteccia sia sostenibile o completamente errata. Nel portare a termine tale compito, un’ulteriore aiuto ci viene da numerose evidenze anatomo-funzionali sul cervello, che ne evidenziano la struttura essenzialmente gerarchica, tanto a livello cellulare, quanto tra aree corticali.

10.1 La struttura gerarchica della neocorteccia

Oggi abbiamo molte ragioni per credere che la neocorteccia sia organizzata funzionalmente in modo gerarchico. Studi su singole cellule e sulle reciproche 27

connessioni tra aree corticali riferiscono della presenza di un’organizzazione 28

gerarchica dell’informazione che diviene sempre più complessa e astratta, in cui ogni livello può influenzare quello inferiore. Ricapitolando, l’unità di processamento base della neocorteccia, quale che sia, sarebbe una struttura organizzata in collegamenti gerarchici ad albero , che si rispecchierebbero nell’organizzazione delle svariate aree 29

cerebrali: partendo dalle aree somatosensoriali primarie, l’informazione viene elaborata in modo sempre più integrato, con un livello crescente di astrattezza. La gerarchia visiva, ad esempio, include dieci livelli per i soli processi corticali e quattordici se si considera l’intero cammino dalla retina all’ippocampo . Ogni area 30

cerebrale è semi-indipendente ed elabora in modo specifico un certo aspetto delle

Lee et al. (1998).

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Felleman e Van Essen (1991); Badre e D’Esposito (2007).

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I particolari delle connessioni gerarchiche a livello di una colonna si possono trovare in Hawkins e

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Blakeslee (2004). Ad esempio, in una colonna di un’area sensoriale primaria, per il cammino ascendente: le informazioni sensoriali dal talamo arrivano alla lamina IV, questa proietta negli strati II e III della stessa colonna. Da lì, l’informazione viene inviata alla lamina di input di un’altra colonna, ma appartenente all’ordine gerarchico superiore.

Felleman e Van Essen (1991).

informazioni percettive o del pensiero in generale, per poi raggiungere le aree superiori associative dove convergono più massicciamente le informazioni dalle diverse aree cerebrali. La cosa ancora più sorprendente è la constatazione che le connessioni di questa gerarchia funzionale non sono soltanto dal basso verso l’alto, ma anche e soprattutto dall’alto verso il basso. Questo vuol dire che la ridiscesa dell’informazione dalle forme più astratte a quelle basilari deve avere un ruolo fondamentale.

Nel documento PERCEZIONI, CONOSCENZA E COMPRENSIONE (pagine 105-109)