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La surrenectomia laparoscopica per il feocromocitoma

La LA per feocromocitoma differisce da quella eseguita per le altre neoformazioni surrenaliche per il rischio della liberazione di catecolamine, la maggiore dimensione del tumore, la notevole vascolarizzazione e le dense aderenze del feocromocitoma con i vasi adiacenti. Questi fattori rendono la LA per feocromocitoma più impegnativa. Negli ultimi anni, con l’aumentare dell’esperienza con le operazioni laparoscopiche e il miglioramento delle tecniche anestesiologiche sono state riportate molte surrenectomie laparoscopiche eseguite per feocromocitoma.

Solorzano et al. hanno analizzato retrospettivamente 96 surrenectomie per feocromocitoma, delle quali 22 eseguite in open mentre 74 eseguite laparoscopicamente. Gli autori hanno

osservato come il sanguinamento intraoperatorio fosse stato significativamente maggiore con l’approccio open (932 ml, range 100-5000) rispetto alle procedure laparoscopiche (274 ml, range 5-2000). Hanno anche osservato come il tempo operatorio nel gruppo dei pazienti operati laparoscopicamente è risultato significativamente inferiore (194 min vs 298 min). L’approccio laparoscopico non è risultato essere associato a maggiori eventi di instabilità emodinamica intraoperatori poiché l’incidenza di episodi in cui la pressione arteriosa sistemica ha raggiunto valori superiori ai 200 mmHg o inferiori a 80 mmHg è risultata essere non significativamente differente tra i due gruppi. In oltre la LA è risultata associata con una minore degenza postoperatoria (4 vs 7 giorni). Risultati simili sono stati ottenuti da altri studi. Toniato et al. (74) hanno osservato che quando la LA veniva confrontata con la OA era presente una differenza clinicamente importante per quanto riguarda il tempo operatorio (78 vs 149 min), la degenza ospedaliera (3.7 vs 10.1 giorni), la necessità di un monitoraggio postoperatorio in unità di terapia intensiva (33% vs 67%), episodi di ipertensione intraoperatoria con pressione sistolica >170 mmHG (35% vs 63%), sanguinamento intraoperatorio (100 vs 200 ml), durata dell’analgesia postoperatoria (2.1 vs 5.6 giorni) e il ritorno alla nutrizione orale (1.9 vs 3.4). Toniato et al. hanno anche confrontato i risultati tra i pazienti sottoposti a LA per lesioni inferiori ai 6 cm (35 pazienti) con quelli con lesioni superiori ai 6 cm (7 pazienti). Gli autori hanno osservato come l’unica differenza statisticamente significativa era presente nella perdita di sangue intraoperatorio (95 vs 145 ml), ma nessuno dei pazienti aveva richiesto una trasfusione di sangue. Il tempo operatorio medio (76 vs 85 min), durata della degenza postoperatoria (3.7 vs 4.3 giorni), necessità di un monitoraggio postoperatorio in ICU (31% vs 57%), variazione intraoperatoria della pressione arteriosa, durata dell’analgesia postoperatoria (2.1 vs 2.3 giorni) e il ritorno alla nutrizione orale (1.9 vs 2 giorni) sono risultati tutti simili, senza una differenza significativa. Altri studi sono riportati in tabella.

Studio No. Pazienti EBL Operative time

Complication LOS (giorni)

Laparo Open Laparo Open Laparo Open Laparo Open Laparo Open

Edwin et al. 2001 (70) 7 9 200 300 110 125 0 33% 3 6 Toniato et al. 2007 (74) 40 22 100 200 78 149 2.5% 18% 3.7 10.1 Solorzano et al. 2007 74 22 274 932 194 298 18% 32% 4 7

(85) Humprey et al. 2008 (69)

30 14 120 118 20% 43% 3 6

Sono stati descritti diversi approcci per la LA per feocromocitoma. Molti chirurghi usano l’approccio transperitoneale laterale come procedura standard per la surrenectomia laparoscopica per la familiarità con questa tecnica. Secondo alcuni autori(81) l’approccio transperitoneale laterale è da preferire poiché lo spazio di lavoro è maggiore, l’esposizione è buona e i feocromocitomi di maggiori dimensioni possono essere affrontati con maggiore facilità. Con questo approccio si può ottenere un controllo precoce della vena surrenalica con una minima manipolazione del tumore. Tecnicamente invece spesso con l’approccio REA non è possibile come prima cosa affrontare la vena surrenalica. Sebbene fattibile in caso di feocromocitoma, secondo alcuni autori l’approccio retroperitoneale dovrebbe essere quindi considerato come una seconda opzione poiché richiede una maggiore manipolazione della ghiandola durante la dissezione della stessa, diversamente dall’approccio transperitoneale, aumentando quindi il rischio del rilascio di catecolamine (23). Uno svantaggio dibattuto dell’approccio retroperitoneale è l’aumentato assorbimento di CO2 da parte del tessuto

retroperitoneale, che potrebbe condurre all’acidosi e quindi alla stimolazione del sistema nervoso simpatico, causando ipertensione e tachicardia. Diversi autori hanno tuttavia riportato un assorbito di CO2 simile per gli approcci transperitoneale e retroperitoneale. Il fatto che la

tendenza all’acidosi aumenta con il prolungarsi del tempo operatorio fa sì che dovrebbe essere scelta la procedura con il tempo operatorio più breve(95).

Possiamo confrontare la surrenectomia laparoscopica per feocromocitoma con lo stesso intervento eseguito per altre neoformazioni surrenaliche. La meta-analisi di Gumbs e Gagner (112) ha compreso undici serie che descrivono la rimozione laparoscopica del feocromocitoma, per un totale di 338 casi di feocromocitoma, dei quali 26 erano bilaterali. Questi casi comprendono iperplasia associata alla sindrome familiare MEN, la forma sporadica unilaterale e anche bilaterale, e anche feocromocitomi extrasurrenalici. I feocromocitomi sono stati rimossi mediante l’approccio sia transperitoneale che retroperitoneale. I feocromocitomi sono risultati essere di maggiore dimensioni rispetto agli altri tumori surrenalici, ma quando confrontati con tutte le LAs, essi hanno un simile tempo operatorio (valore medio 142 minuti). La perdita di sangue è risulta maggiore nei pazienti con feocromocitoma (148 ml vs 81 ml in tutte le LA), e questo probabilmente è legato agli episodi di aumento della pressione arteriosa intraoperatoria che questi tumori hanno in confronto alle

altre neoformazioni surrenaliche, che può causare un sanguinamento di piccoli vasi in un tumore altamente vascolarizzato, più di quanto si verifica in un paziente con normali valori pressori. Un altro motivo è che il feocromocitoma tende a essere associato a una reazione desmoplastica locale, creando adesioni e fibrosi. Per questo motivo, la dissezione del tumore tende a essere tecnicamente più impegnativa e può portare a un aumento della perdita di sangue(83). In questa meta-analisi il tasso di conversione è risultato simile rispetto a tutte le LA, ma tende a essere leggermente inferiore nei casi di feocromocitoma (2.0 vs 1.7). Questo può essere legato alla maggiore attenzione con cui questi tumori vengono trattati nei centri ad alto volume, che possono tollerare un aumento della perdita di sangue. Il tasso di complicanze tende a essere maggiore per i pazienti operati per feocromocitoma (17% vs 8.9% in tutte le LA), ma la durata di degenza tende a essere simile (3.3 giorni vs 3.8 giorni). In accordo con la letteratura che presenta una percentuale di guarigione dall’ipertensione arteriosa che va dal 70% al 100%, il 98% di questi pazienti con feocromocitoma trattati con la LA sono stati curati dalla malattia. Infatti di questi 338 casi, solamente sei pazienti sono rimasti moderatamente ipertesi, con la malattia facilmente controllabile con farmaci orali in presenza di normali livelli di catecolamine. Questi dati sono in accordo con quelli riportati da altri studi. Kalady et al.(83) hanno confrontato la LA per feocromocitoma con la LA eseguita per aldosteronoma e incidentaloma. Gli autori hanno osservato come nel corso della LA per feocromocitoma si fosse verificato un maggior sanguinamento in confronto all’aldosteronoma e all’incidentaloma (perdita di sangue medio rispettivamente pari a 150ml, 88ml e 75 ml). Nonostante il maggior sanguinamento e le maggior difficoltà nella dissezione nel caso di feocromocitoma, in questo studio non è presente una differenza significativa per quanto riguarda il tempo operatorio (181 min nel caso di feocromocitoma, 153 min per l’aldosteronoma e 173 min per l’incidentaloma) e per la conversione alla procedura open. Anche in questo studio la durata di degenza postoperatoria è risultata approssimativamente di 3 giorni, simile per tutti i pazienti sottoposti alla LA.

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