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La teoria delle differenze locali o situate

2. Genere ed istruzione: le teorie

2.4 Il pensiero post-modernista

2.4.1 La teoria delle differenze locali o situate

La teoria delle differenze locali o situate si inserisce nel più generale contesto delle teorie postmoderniste per il suo rifiuto nel riconoscere un unitario concetto di verità assoluta. Viene ribadito il rifiuto di un ordine naturale delle cose e il protagonista è un soggetto che si muove in un contesto oggettivo.

Il concetto di genere è qui concepito come preciso ma mutevole e cerca una riconciliazione tra gli aspetti biologici e quelli sociali. Il corpo infatti, prima ancora di essere oggetto della definizione dei ruoli sessuali, è un’esperienza che invade ogni ambito della vita sociale. Alcune ricercatrici provenienti dal mondo scientifico, come si vedrà a breve, si pongono il problema dell’esplosione tecnologica e della sua artificialità con l’esperienza materiale del corpo. La teoria delle differenze locali o situate tenta quindi una sintesi delle esperienze precedenti e dei percorsi di studiose provenienti da diversi contesti geografici e culturali per la prima volta non solo occidentali (Ruspini 2003; Piccone Stella, Saraceno 1999). Grazie a questo passaggio si allarga la prospettiva e viene rifiutato il concetto di razionalità occidentale insieme a quello che vede nel linguaggio un veicolo di trasmisissione trasparente e neutrale (Monaci 1997). La conferenza delle Donne che si

è tenuta a Pechino nel 1995 ha il merito di mettere in evidenza quanto poco il pensiero occidentale sia percepito come unitariamentente valido dalle donne che vedono la nascita di nuove identità nazionali ed etniche del continente africano, asiatico e sudamericano; inoltre, la globalizzazione telematica mette in contatto, comunicazione e scambio forme di identità anche molto differenti e ciò determina una maggiore visibilità della differenza. Donna Haraway è la fondatrice del cyber femminismo: nel Manifesto Cyborg (1995), invita le donne a dotarsi di competenze in campo tecnologico perché è tramite queste che è possibile riflettere sulle “eresie di genere” tra corpi fisici e corpi immaginati. Il cyborg in questo senso costituisce un soggetto che va al di là della differenza intesa come opposizione del maschile e del femminile. La crescente possibilità globale di accesso ai servizi telematici e alle realtà virtuali consente di scardinare la tradizionale opposizione di genere maschio/femmina (De Lauretis 1995)

La teoria delle differenze locali e situate riprende molto del discorso decostruzionista di Derida per quanto riguarda la decostruzione simbolica del linguaggio: un punto comunemente condiviso in questa prospettiva è l’allargamento del concetto di genere in chiave non dicotomica. Con l’avvento delle teorie decostruttiviste inizia a trovare spazio un concetto di femminile che non ne afferma una visione unitaria: il decostruzionismo è lontano dall’essenzialismo dei primi movimenti femministi degli anni settanta che reclamavano a gran voce di svelare la voce femminile e l’immagine femminile intesa come unitaria ed univoca. Con il pensiero femminista post-strutturalista come viene qui inteso, il rigetto della nozione binaria maschio/femmina è ancora più forte: in modo più netto ci si interroga sulla multidimensionalità del concetto di genere. Derida introduce il concetto di “differenza” nello studio della dimensione di genere tale per cui questa viene intesa come numero infinito di sessi non preordinati e non come opposizione di due (Jardin, Smith 1987). Alla differenza tradizionalmente intesa se ne aggiunge una pluralità e una molteplicità non dicotomica; la postmodenità in questo senso consente agli esseri umani di inventare liberamente se stessi.

Il discorso tra le teoriche delle differenze locali o situate può risultare molto eterogeneo e variegato proprio per quella che può essere definita un’esplosione dello studio della diversità e della possibile definizione dei generi, aumenta la capacità di scelta del singolo individuo in un percorso che Braidotti (1995) chiama del “soggetto nomade”, alla ricerca di una sintesi dei diversi

input e in continuo fermento creativo nella costruzione di nuovi contenuti. I saperi diventano

locali o situati e l’emergere della diversità nelle sue molteplici forme diventa obbiettivo primario delle forme della conoscenza. Questo modo di pensare costringe a ripensare all’alterità, senza rischiare di incorrere nel relativismo, nel tentativo di rivalorizzare i saperi locali e situati in identità costruite su aspetti frammentari del sé (Ibidem 1995). Nell’ottica del sapere locale e situato,

secondo Braidotti, il sé è liberato e il confronto con gli ostacoli e i condizionamenti che le donne incontrano mettono in discussione le tradizionali forme di definizione del genere.

Come si è detto, la teoria delle differenze locali o situate è una prospettiva estremamente ricca perché raccoglie contributi provenienti da ambiti molto compositi: le femministe che hanno lottato nei gruppi di rivendicazione dei diritti degli afroamericani come ad esempio bell hooks (1998) e Rothblatt (1997) attribuiscono alla possibilità di “stare al margine” una posizione di testimoni privilegiati e quindi di appartenenza e resistenza: il locale e situato diventa un luogo di frontiera ma proprio per questo diventa l’opportunità per comprendere ed osservare la differenza. Rothblatt fa notare che così come esiste una gamma infinita di sfumature del colore della pelle della popolazione del mondo, allo stesso modo, secondo l’autrice, non esitono due sessi ma cinque miliardi: esattamente il numero di persone che popolano il pianeta; la dicotomizzazione dei generi è dovuta alla necessità umana di categorizzare.

Essere donna significa essere al margine (bell hooks 1998), tuttavia è il concetto di donna preso nella sua dimensione unitaria che viene messo in discussione nel momento in cui i sessi vengono concepiti come un continuo. Si può parlare quindi di soggetti-donna in grado di costruire progetti di vita diversi che grazie alla possibilità di vivere ai margini possono costruire spazi attivi, passivi o di resistenza. In questo senso, secondo Haraway, le nuove politiche femministe dipenderanno dalle modalità in cui le donne sapranno negoziare la transizione verso la maternità e la tecnologia. Nella ricerca educativa di tipo applicativo, la traduzione del paradigma interpretativo della teoria delle differenze locali o situate, trova notevoli difficoltà di diffusione per una serie di ragioni che si vedranno in modo più approfrofondito nel paragrafo successivo.

Alcuni tentativi di ricerca applicata, in ogni caso, si sono avuti avuti, in particolare come riflessione tra gli studenti sulle identità di genere in un contesto che mira alla diffusione della cultura di genere valorizzandone le differenze. Nelle ricerche solitamente condotte negli approcci liberali e strutturalisti, è prassi comune considerare come gruppi separati i ragazzi e le ragazze per assicurare che il particolare punto di vista di ciascun gruppo sia rappresentato. Alcune ricerche pioniere che sviluppano il pensiero postmodenista nelle classi, conducono l’indagine a partire dalle autobiografie narrative tra gli studenti in relazione alla costruzione del sé e ciò non presenta la necessità di dividere gli studenti in gruppi perché ogni individuo è considerato come singolo ed irripetibile nella sua identità (Griffiths, Seller 1992; St.Pierre, Pillow 2000; Usher, Edwards 1994; Stronach, MacLure 1997; Scheurich's 1997; Peters 1996). I processi formativi assumono significati di reciprocità e scambio dinamico tra identità in costruzione (Colombo 2005).

In uno studio condotto da Griffiths (1995). ad esempio, si è scelto di dare voce singola agli studenti tenendo come assunzioni di controllo unicamente il genere, la classe sociale e l’etnia

(dove anche questi assunti sono stati tenuti sotto interrogazione in merito alla definizione); altre modalità di raggruppamento quali l’amicizia e le abilità mostrate nelle diverse discipline scolastiche sono però risultate più significative. Le definizioni dei gruppi sono risultate sfumate nel momento dell’analisi: è emerso ad esempio come alcuni bambini scegliessero la propria identità di genere, di classe o di etnia e come queste non fossero necessariamente quelle rilevate da misurazioni oggettive. Per esempio una ragazza asiatica è risultata inserita nel gruppo delle ragazze bianche, un'altra ragazza stava indifferentemente con ragazzi e ragazze come se il genere fosse una dimensione poco rilevante per lei. In questo senso il genere e l’etnia sono da ritenersi categorie per interrogarsi sulle evidenze più che come raggruppamenti netti in cui ogni individuo deve identificarsi necessariamente (Griffiths 1995)

Nel contesto italiano, l’interessante studio denominato “EqualPonti” condotto dalla provincia di Venezia nel 2007 in collaborazione con l’università di Ca’ Foscari di Venezia su studenti di quarta e quinta superiore, punta su attività mirate all’aprire spazi all’interrogazione di sé e della realtà circostante, favorendo la parola dei ragazzi e delle ragazze. È lasciato poco spazio, invece, alla trasmissione dei contenuti conoscitivi, alle risposte predeterminate e, in generale, alle modalità della didattica. Le attività mettono in risalto il protagonismo dei ragazzi come processo rivolto al cambiamento reciproco in un approccio autobiografico.

Il discorso metanarrativo costituisce una parte importante del lavoro di ricerca nel discorso post-modernista e quindi anche nella ricerca sull’istruzione: la riflessione sulle considerazioni e sulle conclusioni ad opera dei ricercatori è parte integrante dell’analisi. La decostruzione e costruzione del discorso è inclusa nel processo di divslemento delle dinamiche di costruzione politica del discorso stesso.

La soggettività del ricercatore ha qui un ruolo determinante e prioritario: ciò che emerge è strettamente e dichiaratamente legato all’esperienza del ricercatore stesso, tanto che, a differenza degli studi precedenti, le conclusioni e le interpretazioni possono divergere anche di molto tra autori diversi. La conoscenza rimane provvisoria e non c’è desiderio di arrivare ad una visione razionale o definita e condivisa; si assiste invece al richiamo del dibattito, della conversazione continua e della consapevolezza della mancata neutralità ed oggettività. Ogni ricercatore parla per sé e difficilmente porta il punto di vista di un gruppo di lavoro (Davies 1994): la differenza è quindi locale e situata.

Il decentramento della soggettività e della conoscenza è reso evidente, in queste azioni di ricerca, dai metodi utilizzati nella presentazione dei risultati: le modalità adottate nella comunicazione è fortemente determinata dal destinatario delle informazioni; se i destinatari sono gli adulti o gli insegnanti o i bambini verrà dato un tipo di impronta differenziato alla definizione dei risultati a

seconda delle caratteristiche del pubblico, così come all’interno di uno stesso gruppo alcune informazioni possono essere rilasciate a particolari soggetti e non ad altri (Griffiths 1995).