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CAPITOLO III STORIA DEL TESTO

III.4 LA TERZA FASE REDAZIONALE

Nel corso di questa trattazione si è gia avuto modo di dichiarare che la terza fase redazionale degli Astronomicon libri è testimoniata dai due autografi basiniani C e

Pr3. Ad essi andrà avvicinato il codice Ri, che è l’unico manoscritto superstite a

presentare una dedica esplicita a Domenico Malatesta, signore di Cesena.

Prima di procedere all’analisi dei complessi rapporti che intercorrono fra i tre testimoni bisogna spendere qualche parola sulle caratteristiche proprie degli autografi

C e Pr3. Come si è accennato, infatti, l’autografia di Pr3 è dato solo recentemente

riconosciuto grazie agli studi di Donatella Frioli,74 che in due dettagliati saggi ne ha indagato tutte le caratteristiche codicologiche. L’identificazione della studiosa ha permesso di identificare, non solo il primo autografo riconosciuto del poema astronomico, ma anche di assegnare la versione del testo in esso tramandata all’ultima fase redazionale, attraverso il confronto con il codice Pr2, scritto da

Bartolelli nel 1458. Nel corso di questo paragrafo si dimostrerà che il Pr3 è il codice

di lavoro su cui Basinio operò per approdare sì ad una fase ultima di revisione del suo testo, ma che esso testimonia anche una fase precedente a quella definitiva.

Nei suoi lavori, tuttavia, Frioli ha operato solo un’indagine campione sulla restante tradizione manoscritta degli Astronomicon libri, limitandosi a prendere in esame i codici solo in alcuni punti, corrispondenti ai loci critici presenti in Pr3.75 Pur

dichiarando preventivamente i limiti della sua analisi, che non prevedeva l’esame di tutti e 14 i testimoni ma si focalizzava soprattutto su Pr3 Pr2 e Ri, la studiosa ha

provveduto comunque a riconoscere la prossimità di C ad alcune pratiche scrittorie caratterizzanti gli autographa di Basinio. Tale prossimità, consistente soprattutto nella nutrita presenza di graeca, sarebbe da ricondursi per Frioli all’appartenenza del

74 Cfr. i già citati saggi della studiosa Alla corte e Ancora su Basinio.

75 Cfr. EAD., Alla corte, p. 266: «Le considerazioni che qui si propongono sono derivate da un’analisi che, senza

investire tutti i testimoni del poema, si limita piuttosto a un sondaggio campione (oculatamente rivolto ai loci critici evidenziati nell’autografo basiniano).

copista di C allo stesso milieu culturale del circolo ‘basiniano’, testimonato tra gli altri dal codice O esemplato da Angelo Aquilano, discepolo di Basinio.76

Il mancato riconoscimento della mano basiniana in C da parte di Frioli, deriva dal fatto che la studiosa non ha visionato il codice C autopticamente, ma solo attraverso riproduzioni in microfilm.77 La visione autoptica di C rivela, infatti, fin dalla prima occhiata l’aderenza sistematica del testimone alle pratiche scrittorie basiniane espresse sia in alfabeto latino che in alfabeto greco. L’importanza della ‘scoperta’ è grande sia per quanto riguarda lo studio della tradizione degli Astronomicon libri, sia perché il codice si distingue tra tutti gli autografi basiniani per la nutrita presenza di glosse in greco. Esso, dunque, viene a porsi come termine di confronto e di riferimento per lo studio delle pratiche greche presenti nelle opere del poeta Basinio il quale, come si è già detto, si distinse per la sua strenua difesa della lingua ellenica. Poiché, dunque, fino a questo momento l’autografia del manoscritto non era stata riconosciuta, converrà soffermarsi alquanto sulle ragioni che mi hanno indotto a individuare nel codice un autografo di Basinio. Per quanto riguarda l’analisi della grafia latina, il confronto sarà ovviamente operato con l’altro autografo degli

Astronomicon libri, il codice Pr3. Altro discorso è invece da farsi sulla presenza dei

graeca, poiché la loro presenza in Pr3 si limita ad un paio di attestazioni. Per stabilire

l’autografia delle glosse in greco in C, dunque, è stato necessario operare un confronto sistematico con il già citato autografo dell’Hesperis, il codice SC MS 34 conservato presso la Biblioteca Gambalunga di Rimini, dove maggiore è il ricorso da parte di Basinio a note e versi in greco.78 Per facilitare la comprensione della

trattazione che si sta per iniziare, si è inserita alla fine di questo studio una appendice dove si forniscono, a titolo esemplificativo, delle riproduzioni di alcune carte dei tre codici autografi C, Pr3 e SC MS 34. Le tavole saranno da intendersi come ulteriore

prova di quanto qui di seguito elencato.

76 Cfr. Ibidem, pp. 249-250 n. 25. 77 Cfr. Ibidem, p. 266 n. 58.

78 Il codice dell’Hesperis, appartenuto a Roberto Valturio, che oggi riporta la segnatura Sc Ms. 34, è cartaceo e

Converrà cominciare con il raffronto fra i due autografi degli Astronomicon libri: C e Pr3.79 L’esame delle filigrane non permette di stabilire connessioni fra essi, poiché

se in Pr3 è presente la filigrana del tipo ‘tre monti’, in C non è riconoscibile alcun

‘marchio’. L’assenza di tale indicazione non ci fornisce pertanto informazioni utili per determinare la provenienza e la data di preparazione della carta.

Già ad una rapida occhiata, tuttavia, l’esame delle caratteristiche della mise en page in C rivela forti affinità con gli altri autografi basiniani. Conformemente alle pratiche scrittorie predilette da Basinio nei testimoni da lui stesso esemplati, infatti, la mise en

page in C è ariosa e lascia ampio spazio ai margini e ai lati del foglio.80Rispetto all’autografo Pr3, tuttavia, lo spazio presente in C è assai minore, ma perché le pagine

sembrano essere state rifilate anche per rimediare ai forti danni causati dall’umidità e dal tempo (evidenti sono i segni di restauro nelle prime carte, che sembrano essere state reintegrate nel corpo del codice).

L’esame paleografico conferma la sostanziale identità delle caratteristiche grafiche presenti nei codici, e l’aderenza di C a quelle peculiarità della grafia basiniana già ampiamente riconosciute da Frioli limitatamente all’autografo Pr3. L’impressione è

confermata anche dalle corrispondenze con gli altri autografi di Basinio. Come tutti i codici autografi del poeta che ci sono pervenuti, infatti, C è vergato in littera antiqua di soluzione corsiva, che è la costante prassi scrittoria testimoniata dagli autografi basiniani. La scrittura è caratterizzata da una palese inclinazione verso destra della catena grafica. Per quanto concerne la forma delle lettere, C, allo stesso modo degli altri autographa, si distingue per il ricorso a soluzioni particolarmente connotanti. Per chiarezza se ne fornisce qui l’elenco:

- Utilizzo di L capitale, anche interna alla parola, di dimensioni più grandi rispetto agli altri grafemi.

79 Sono grata al Prof. Antonio Manfredi e al Prof. Marco Petoletti per la loro gentile assistenza e per l’aiuto concessomi

nello stabilire l’autografia del codice di Cambridge. La loro perizia e la loro competenza mi hanno permesso di confermare con certezza quelli che fin a quel momento erano solo miei sospetti. A entrambi, dunque, va la mia grande riconoscenza.

80 È proprio negli spazi vuoti, infatti, che il poeta introduce le proprie osservazioni, le correzioni e i ripensamenti legati

alla sua opera ma anche al suo ruolo di poeta. Per una analisi delle annotazioni poste in tali spazi, relativamente alla coscienza di Basinio circa il suo ruolo di poeta, cfr.PIEPER, In search of, cit.

- Utilizzo di F capitale, anche all’interno della parola, anche se meno frequentemente di L.

- Morfologia tonda della S capitale.

- L’esemplazione di U V e Q maiuscole corrisponde nei due autografi. Le lettere U e

V, in particolare, sono caratterizzate da un ricciolo espanso verso sinistra.

- La realizzazione della lettera g, presenta delle varianti poiché l’ansa si presenta ora più aperta ora più chiusa. Essa è comunque sempre dilatata nella sezione dell’occhiello.

- La legatura et presenta negli autografi evidenti somiglianze poiché è sempre inclinata verso destra e appiattita sul rigo di scrittura. Nonostante sia maggiormente presente in C che in Pr3, la cediglia presenta identica realizzazione in entrambi i

manoscritti.

Particolarmente utile per stabilire l’autografia di C, ancora, è il confronto della realizzazione della –e sia finale che all’interno del corpo della parola. Essa infatti tende al legarsi alla successiva lettera e vi è una netta proponderanza ad aprirne l’occhiello.

Accanto alle analogie del ductus, i testimoni concordano nella resa di alcune peculiarità grafiche. Così è evidente per l’uso delle abbreviazioni. Basinio, infatti, pur con le dovute oscillazioni, sembra farne un uso moderato e preferisce rendere i termini in forma completa. La sostanziale omogeneità della scelta investe tutti gli autografi a noi pervenuti, che occupano lo spazio di circa un decennio. In C, tuttavia, il ricorso alle forme abbreviative è maggiore che in Pr3. Le abbreviazioni più

frequenti interessano l’eliminazione delle nasali e le desinenze per –q(ue), - b(us), -

r(um). La soluzione del titulus è molto simile. I due autografi condividono anche la

preferenza alla resa dei dittonghi in forma piena, conformemente alle scelte ‘umanistiche’ di Basinio. Rara è la presenza dell’esito æ in nesso mentre più frequente è il ricorso a e caudata (attestata maggiormente in C).

L’utilizzo delle forme di interpunzione in C e Pr3 corrisponde nella maggior parte

dei casi. I segni utilizzati sono il punto, i due punti, il punctus elevatus e il punto con ricciolo (fortemente allungato) corrispondente al segno interrogativo.

A conferma della sostanziale omogeneità dei due codici si possono anche menzionare le affinità nelle peculiari forme grafiche, divergenti dalla grafia classica, adottate da Basinio per alcuni termini. Pur considerando, infatti, che queste non possono rivestire alcun valore di prova, la loro menzione può contribuire a fornire un quadro più dettagliato delle caratteristiche degli autografi basiniani. Si fornisce pertanto un elenco delle forme scrittorie inusitate o non corripondenti alla grafia classica, presenti negli Astronomicon libri e proprie di Basinio:81

- I 64, I 250, II 23 forma poene utilizzata in maniera equivalente per rendere gli avverbi pōne (dietro, di dietro) e paene-pēne (quasi, appena).

- I 126 excoepere scritto secondo tale grafia in luogo di excepere, terza persona plurale del perfetto indicativo attivo di excipio (composto da ex e capio). Nei versi in questione: Temperiem mediae duplici regione benignam / excoepere duae (vv. 125- 126) il verbo è adoperato nella accezione di ‘accogliere, ricevere’, per indicare che le due zone temperate hanno ricevuto un clima mite. Dalla testimonianiza degli autografi, tuttavia, sembra che Basinio non faccia distinzione tra i verbi capio e

coepio. Le forme derivate dal perfetto sono rese per entrambe indifferentemente con

coepi, pertinente in sede grammaticale al solo coepio. Così in I 477 Basinio scrive

correttamente che la nave Argo tramonterà quando Capricornus et ipse renasci

coeperit, e l’indicazione grafica è accolta da tutta la tradizione manoscritta. Le

edizioni a stampa, tuttavia, hanno emendato la forma, in ceperit. Analogamente troviamo recoepto a v. 577, coepit a II 88, excoepto a II 104, coepta II 180, II 356

coepit, e II 359 recoepit.

81 Già Remigio Sabbadini, nel Preambolo che precedeva il volume di Ferri, Le poesie liriche, rilevava le oscillazioni

della ortografia basiniana: «non escluse talune deformazioni, specialmente de’ nomi propri». Cfr. FERRI, Le poesie

- Particolare grafia di alcune parole, deteminata da impropri usi di y: sydus per sidus;

hybernum per hibernum e forme flesse (I 334, I 408, I 472; I 518; I 539; I 667; II 329;

II 345; II 431 etc.); hyems per hiems II 212; girum per gyrum II 343.

- Come già detto, nonostante il dittongo sia sempre reso in forma piena, troviamo le seguenti eccezioni: a I 358 cerula per caerula; a I 673, II 4 e II 47 caetera per cetera; a v. II 165 cerulea per caerulea.

- Predilezione nella resa del gruppo –ti seguito da vocale con –ci. Così è sistematica la grafia spacium per spatium (e forme derivate). Analogamente troviamo a II 439 e II 456 iusticia per iustitia; a II 446 ocia per otia.82

Riservando alla definizione dei criteri di edizione la discussione dettagliata circa tali forme grafiche, è il caso di soffermarsi brevemente sulle caratteristiche della performance greca di Basinio, che permettono di stabilire l’autografia anche per le glosse in greco presenti in C. Come si è detto, il codice di Cambridge è l’autografo basiniano caratterizzato dalla maggiore presenza di graeca. Esso rivela il controllo e la padronanza di Basinio, scolaro del Gaza, della lingua greca. Il poeta spesso inserisce nel corpo del testo che sta componendo vere e proprie frasi in greco, creando una peculiare mescolanza delle due lingue all’interno della stessa opera.83 Nel codice C la presenza di tali note è frequentissima nella prima parte del I libro. Essa caratterizza soprattutto i primi 200 versi, in cui Basinio compie un discorso generale sul cosmo e sulla sua creazione. Le annotazioni, singolarmente, terminano con l’inizio della trattazione sulle costellazioni. Poiché l’inchiostro con cui sono vergate è di tonalità rossastra, differente da quello bruno adoperato da Basinio nella scrittura dei versi latini, è possibile ipotizzare che il poeta abbia proceduto a chiosare il suo testo con le glosse in greco solo dopo l’esemplazione del codice. Per qualche motivo, tuttavia, tale intervento è stato interrotto, limitando la presenza delle glosse

82 Gli autografi presentano anche altre peculiarità grafiche nella resa dei termini, soprattutto se corrispondenti a nomi

astrologici e mitologici. Se ne dà l’elenco più in dettaglio nei criteri di edizione.

83 L’esempio più evidente di questa mescolanza delle due lingue è l’epistola indirizzata al maestro Guarino Veronese. Il

testo dell’epistola è riportato da A. BATTAGLINI, pp. 153-154 n. 1 (dall’autografo gambalunghiano SC 34) e da R.

solo alle prime carte. Dopo la traslitterazione del nome Artophylax a f. 10v, infatti, la presenza dei graeca scompare e non vi è alcuna altra attestazione di essa.

Nel già citato articolo di Pieper, lo studioso aveva a ragione sostenuto che il margine del foglio è lo spazio in cui Basinio autore desidera lasciare la sua impronta. Nel caso di C, tuttavia, sembra che il poeta parmense prediliga vergare le sue annotazioni esclusivamente in greco, ponendole non a margine, ma nello spazio interlineare tra i versi. La funzionalità di queste note sembra essere quella di confermare la validità del lessico astronomico latino adoperato dal poeta nella sua opera. La maggior parte delle annotazioni, infatti, consiste in una mera trascrizione in alfabeto greco del termine astronomico presente nel testo latino. In pochi altri casi, invece, le glosse sono particolarmente importanti perché in esse Basinio trascrive interlinearmente stralci delle fonti da lui adoperate nel comporre il verso: nel caso di

C, Omero e Cleomede. Come si è gia detto nell’introduzione, tale pratica basiniana si

è rivelata fondamentale per riconoscere l’influsso del trattato cleomedeo, fino ad oggi non riconosciuto.

L’esame delle peculiarità grafiche della scrittura greca di Basinio in C, confrontate quelle del codice SC MS 34, ha rivelato anche in questo caso l’autografia delle note. Tra le soluzioni particolarmente connotanti per il riconoscimento si possono ricordare:

- realizzazione di µ secondo la forma arcaica con due tratti successivi a quello verticale, legati e arrotondati.

- esemplazione di ξ con tre o più anse, con ricciolo finale disteso che scende al di sotto del rigo di scrittura.

- K assume sempre conformazione maiuscola. Anche per Γ Basinio sembra preferire la soluzione capitale.

- L’unica soluzione adoperata per σ è quella minuscola chiusa. Esso non è mai presente nella sua forma lunata, anche in fine di parola.

- ε si presenta come particolarmente connotante, perché appare quasi coricato con forte inclinazione verso sinistra. La lettera H è sempre adoperata in forma maiuscola. In alcuni casi, ancora, Basinio sembra confondere ε e H.

L’andamento dell’esperienza grafica greca di Basinio è abbastanza posato, le singole lettere e le parole appaiono molto staccate fra loro; per lo più corretto sembra l’uso degli accenti e degli spiriti.

Dichiarate le ragioni per cui si attesta l’autografia dei codice di Cambridge, si potrà ora procedere all’esame dei rapporti fra i testimoni componenti la terza fase redazionale degli Astronomicon libri. Lo spoglio degli errori congiuntivi ha messo in evidenza che tre sono i codici che compongono tale famiglia, di cui ben due autografi: Ri C e Pr3. Poiché si sono già descritte le caratteristiche degli ultimi due

testimoni sarà bene spendere qualche parola circa l’esemplare riminese. Come si è già specificato nel capitolo sulla descrizione dei manoscritti non ho potuto visionare di persona il testimone Ri perché, nonostante numerosi tentativi, la Cassa di Risparmio di Rimini non ha mai concesso tale possibilità. Alle ripetute richieste, infatti, mi è sempre stato opposto un rifiuto privo di motivazioni e ad oggi non è chiaro nemmeno dove si trovi tale manoscritto.

Il codice Ri è l’unico a presentarsi come esplicitamente dedicato al principe di Cesena, Novello Malatesta, fratello di Sigismondo, ricordato da Basinio anche nei versi 451-459 del II libro degli Astronomicon libri. La nota di dedica è leggibile nell’incipit dell’opera a f. 1r. Il manoscritto, come già è stato detto, è riccamente miniato e presenta bellissime decorazioni delle costellazioni celesti.

Poiché il codice fu esemplato per essere donato al Signore di Cesena, ci si può aspettare che esso veicoli una versione del poema giudicata da Basinio come adatta ad avere pubblica diffusione. Poiché, ancora, lo stesso poeta sembra dedicare nella diffusione delle sue opere grande cura alla ortodossia del testo tràdito,84 si può supporre che un manoscritto destinato a una così importante funzione rispecchi

almeno in parte quella che deve essere stata la temporanea volontà dell’autore. Il codice che si è conservato, comunque, sembra essere non l’esemplare di dedica dedicato al Malatesta ma una copia da questo derivata.85 La mancanza in esso dello stemma del Signore cesenate, infatti, sembra far propendere per questa ultima ipotesi. Una evidente somiglianza, utile per stabilire una connessione fra C e Ri ma non risolutiva a fini stemmatici, sussiste fra gli apparati decorativi presenti in essi. I due codici, infatti, sono gli unici a presentare le figure astrali disegnate secondo un gusto definito dagli storici dell’arte ‘moderno’, ossia a vestire le figure seguendo la moda del tempo, sul modello del celebre codice di Igino fatto miniare dal Salutati a fine del 1300.86 Il confronto non può essere svolto invece con Pr3, perché esso si presenta

nudo di figure, anche se negli spazi bianchi lasciati da Basinio nei fogli si intravede la volontà dell’autore di suggerire al copista e al miniatore la corretta disposizione delle rappresentazioni.

Per iniziare a indagare i rapporti che legano tra loro i tre manoscritti possiamo partire dal caso precedentemente analizzato costituito dai versi poi cancellati, 253- 255. Come si è visto, a partire dai codici Pr3 C e Ri, Basinio introduce nel verso 255

l’indicazione corretta della levata del Cigno parallelamente alla costellazione del Capricorno, cornua Capri. La lezione, che compare a testo in tutti e tre i codici, viene mantenuta a testo, e quindi non corretta, solo in Ri mentre in C e in Pr3,per ragioni

ignote, essa viene cancellata e corretta di nuovo con l’erroneo brachia Cancri. In Pr3,

ancora, in un momento successivo, viene introdotto interlinearmente di nuovo cornua

Capri. Nell’ultimo intervento di revisione apportato da Basinio sul testo, i tre versi in

esame, scorretti secondo un confronto con il De astronomia di Igino, vengono prima cancellati mediante tratti di penna e poi erasi definitivamente. I codici che accolgono tale omissione, cioè Pr2 O V e F, corrispondono a quest’ultima fase redazionale.

85 Per la trattazione in merito cfr. il dettagliato saggio di MARIANI CANOVA, Le illustrazioni. Per una ricognizione

paleografica delle possibili caratteristiche, cfr. FRIOLI, Nota Codicologica e Alla corte.

86 Evidenti rassomiglianze si scorgono soprattutto nella raffigurazione della costellazione dei Gemelli. Cfr. MARIANI

Già da questo primo caso è possibile derivare considerazioni che saranno poi confermate dal prosieguo della trattazione. Sembra probabile una relazione di qualche tipo fra i tre testimoni perché essi, in un primo momento, condividono la stessa lezione cornua Capri. Questa lezione compare a testo nel codice Ri il quale, evidentemente esemplato e forse già donato al signore di Cesena, sarà stato escluso dal processo di revisione che ha coinvolto i due autografi basiniani. Rivedendo il proprio testo, infatti, Basinio avrà operato contemporaneamente sui due codici, correggendo in Pr3 e in C la lezione con l’errato brachia Cancri. Si è anche già

ammessa la possibilità che la lezione corretta nell’autografo C non sia di mano basiniana e pertanto si debba all’emendazione di un copista che ha collazionato con un altro codice. In tale caso la revisione è da attribuirsi al solo autografo parmense. Comunque stiano le cose, in Pr3 le operazioni di revisione sono approdate alla fase in

cui Basinio ha definitivamente provveduto a cancellare i versi, offrendo una nuova