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LA TRADUZIONE CULTURALE DELL’OPERA CRITICA DI GAO XINGJIAN

Sull’identità culturale, linguistica e letteraria di Gao Xingjian 高行健 – artista di origini cinesi e cittadino naturalizzato francese dal 1998 – si è ampiamente discus- so, in particolare in seguito all’assegnazione del Nobel per la Letteratura, nel 2000. Il dibattito, sorto anche come conseguenza delle scelte lessicali dell’Accademia Svedese,1 verteva principalmente attorno a due posizioni, ovvero attorno all’iden-

tità cinese o francese2 di Gao Xingjian. A queste l’autore rispondeva, e tutt’ora ri-

sponde, attestando una propria autonomia individuale e affermando di collocarsi al di sopra delle culture, in quanto shijie gongmin 世界公民 “cittadino del mondo”.3

Dai recenti Sinophone Studies,4 pertanto, emerge un nuovo punto di vista:

The sinophone as an organising category allows for an alternative theorization of such a writer [Gao Xingjian] because it trascends national boundaries; its raison d’être is a condition of exile, diaspora, minorisation, and hybridity that resists incorporation both into China and into the place of residence.5

1 “The Nobel Prize in Literature for 2000 goes to the Chinese writer Gao Xingjian”, così cita il co- municato stampa rilasciato il 12 ottobre 2000, “for an œuvre of universal validity, bitter insights and linguistic ingenuity, which has opened new paths for the Chinese novel and drama”. Svenska Akademien, “The Nobel Prize in Literature 2000,” consultata il 6/07/2016,

http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/2000/press.html.

2 Se si sposa la tesi di Edward Said, secondo cui “Languages of course are always national” in Edward Said, Representations of the Intellectual (New York: Vintage Books, 1994), 27, si dovrebbe assumere una delle due posizioni: come ricorda Todd Coulter, il fatto che Gao Xingjian sia un ar- tista poliedrico consente di osservare il personaggio da un’ulteriore prospettiva, quella che tiene in considerazione un’autonomia individuale non necessariamente legata a confini nazionali e capitali culturali. Todd Coulter, “The New Intellectual: Celebration of the Individual in the Plays of Gao Xingjian,” The International Journal for the Humanities 5, n.5 (2007): 84-85.

3 Affermazione pronunciata durante un incontro con l’autore, tenuto a Parigi nel febbraio 2013. 4 Ci riferiamo, in particolare, ai lavori di Shih Shu-Mei del 2005, “Global Literature and the Techno-

logies of Recognition,” PMLA 119, n.1 (2005): 16-30, e del 2011, “The Concept of the Sinophone,” PMLA 126, n. 3 (2011): 709-718.

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Come sottolinea Shu-Mei Shih,6 l’aspetto rilevante non è già il punto di partenza

o di arrivo dell’artista, quanto piuttosto il suo processo di migrazione e ibrida- zione linguistico-culturale. La logica dell’inclusione e dell’acquisizione permette, quindi, di considerare Gao Xingjian come autore “sinofono”, perciò di osservare la dimensione linguistica in cui l’autore sceglie di muoversi, senza voler necessaria- mente determinare un’identità nazionale e politica. Da tale prospettiva, che funge da presupposto fondamentale di questo contributo, prende le mosse un’ulteriore considerazione preliminare: se la complessità della formazione di Gao Xingjian – la cui deterritorializzazione è divenuta opportunità di conoscenza7 e ridefinizione

del proprio spazio individuale –, coinvolge ora diversi orizzonti, ne consegue che la creazione letteraria sia occasione di manifestazione e di affermazione di una molteplicità. In altre parole, se si presuppone, come confermato dalla letteratura critica8 e dalla testimonianza dell’autore, che l’opera letteraria di Gao Xingjian sia

in grado di coniugare diversi elementi culturali, innati o acquisiti, si potrà afferma- re che la stessa produzione sia l’effetto di un’operazione di traduzione culturale. È forse utile riproporre quanto sostenuto da George Steiner in Dopo Babele:

La traduzione è formalmente e praticamente implicita in ogni atto di comunicazione, nell’emissione e nella ricezione di ogni singolo atto di significazione, sia nel più ampio senso semiotico, sia negli scambi più specificamente verbali. Capire significa decifrare. La percezione dell’intenzione di significare è una traduzione. Di conseguenza, i mezzi e i problemi essenziali dell’atto della traduzione a livello di struttura e di esecuzione, sono tutti presenti negli atti del discorso, della scrittura, e della codificazione pittoriale all’interno di qualsiasi lingua.9

Da un punto di vista culturalista, l’attività di rielaborazione di un’esperienza – te- stuale, artistica, politica – proveniente dall’approccio ad una cultura altra è una traduzione culturale.10 Il suo prodotto è una riscrittura contestuale, oltre che te-

stuale, che coinvolge le relazioni semantiche e linguistiche nel momento di ripro- duzione del significato, creando un punto di incontro fra diverse realtà. Come sug- gerito da Nikos Papastergiadis:

6 Ivi.

7 Come afferma l’autore nel colloquio di cui sopra e come suggerisce anche Béatrice Bouvier-Laf- fitte, “Francophonie chinoise: Langues et identités en tension dans les oeuvres de Dai Sijie, Gao Xingjian et Ying Chen,” International Journal of Francophone Studies 16, n.3 (2013): 264.

8 Molte parole sono state spese sulla doppia natura della sua produzione artistica. 9 George Steiner, Dopo Babele (Milano: Garzanti, 1994), 12.

10 Jessica Yeung, Ink Dances in Limbo: Gao Xingjian’s Writing as Cultural Translation (Hong Kong: Hong Kong University Press, 2008); Ovidio Carbonell, “The Exotic Space in Cultural Translation,” in Translation Power Subversion, a cura di Alvarez Rodriguez Roman e Carmen-Africa M. Vidal (Clev- edon: Multilingual Matters, 1996), 81.

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[Cultural translation is] the means by which people with different cultural histories

and practices can form patterns of communication and establish lines of contact across these differences.11

La terza e ultima considerazione teorica preliminare tange più da vicino la relazio- ne lingua-cultura. Se, d’accordo con Rainier Grutman,12 affermiamo che in una lin-

gua tutto sia culturalmente connotato, a partire dalla lingua stessa, dovremo pure riconoscere che la scelta di un codice linguistico non è neutrale e casuale, e che essa non può non rispondere ad un determinato universo simbolico e discorsivo. Ne consegue che nell’attività comunicativa in generale, e di comunicazione letteraria in particolare, la scelta di un codice linguistico sia una scelta anzitutto simbolica.

Les langues ne sont pas de simples outils de communication, des véhicules de la pensée, mais des représentations symboliques chargées de valeurs. En choisissant sa langue, l’écrivain choisit ses armes.13

Inoltre, quando l’autore scrive in una determinata lingua, contestualmente crea una dimensione intertestuale privilegiata interna al sistema in cui si inquadra, la quale, tuttavia, non preclude a priori l’accesso a tradizioni altre.

[…] En littérature, le choix de la langue d’écriture renvoie en outre à une tradition, dont les œuvres accueilleront la trace, ou se démarqueront, à l’aide de l’intertextualité.14

Nel caso della scrittura letteraria di Gao Xingjian in lingua cinese, dunque, dovre- mo riferirci ad una relazione eletta con la dimensione della “sinicità”, intesa non solo come patrimonio letterario, ma anche come portato di una specifica forma

mentis, complesso di strumenti simbolici e codici culturali a disposizione dell’in- dividuo nell’interpretazione della realtà e nella produzione artistica. L’alternati- va alla sinicità, non considerata come elemento univoco e indiscutibile, è quanto chiameremo qui “alterità”, ovvero una dimensione complementare, che abbraccia ogni possibilità ulteriore di produzione e riproduzione di significati.

Scopo di questo contributo sarà di osservare come il fenomeno della la tradu- zione culturale15 – da intendersi quale processo sistematico di esplorazione e ne-

goziazione di diversi paradigmi – ponga in essere un rapporto dialettico fra sinofo- nia-sinicità e sinofonia-alterità.16

11 Nikos Papastergiadis, The Turbulence of Migration (Cambridge: Polity Press, 2000), 127.

12 Rainier Grutman, “La textualisation de la diglossie dans les littératures francophones,” in Des cultures en contact: visions de l’Amérique du Nord francophone, a cura di Jean Morency, Hélène Destrempes, Denise Merkle e Martin Pâquet (Québec: Nota Bene, 2005).

13 Grutman, “La textualisation,” 7. 14 Grutman, “La textualisation”, 7.

15 Più di uno studioso si è occupato di osservare da vicino il fenomeno della traduzione culturale operata da Gao Xingjian, adottando un corpus costituito perlopiù da opere di teatro o di narrativa. 16 Non rientra, invece, fra gli obiettivi di questa indagine la determinazione dell’identità culturale

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Le fonti in esame sono tre saggi di teoria e critica artistico-letteraria in lingua cinese, pubblicati nella più recente raccolta di testi Ziyou yu wenxue,17 edita a Tai-

wan nel 2014. I tre saggi sono degli adattamenti di discorsi tenuti in contesti di sinofonia, attorno agli anni ’10: “Huhuan wenyi fuxing”, pronunciato a Singapore nel 2014; “Guanyu Mei de zangli - jianlun dianyingshi”, pronunciato a Taiwan nel 2013; e “Chuangzuo meixue”, pronunciato a Hong Kong nel 2008.

Parte integrante del materiale su cui riflettere è costituito dalla trascrizione inedita dell’ultimo colloquio con l’autore, avvenuto a Parigi nell’aprile 2015.

Un approccio multidisciplinare – con contributi dai Cultural Studies e dai Tran- slation Studies – fa da sfondo all’analisi testuale. I saggi sono stati osservati sot- to il profilo tematico-ideologico e da qui si è cercato di individuare, attraverso le materializzazioni testuali, alcuni aspetti significativi per l’indagine della relazione sinofonia-sinicità e sinofonia-alterità. In seguito, si è cercato di dar rilievo al con- tributo dell’autore in un ulteriore contesto di riflessione, instaurando un confron- to, laddove possibile per ragioni di coerenza ed esaustività, fra l’esito dell’esame analitico e alcune considerazioni metatestuali di Gao Xingjian.

Riflessione sull’estetica

Dall’analisi del livello tematico-ideologico – condotta in maniera singolare e tra- sversale sui testi selezionati – sono emerse alcune costanti, che vanno a costituire un vero fil rouge del pensiero dell’autore nel più ampio repertorio di testi critici degli ultimi anni. Sono tre gli elementi attinti da qui e scelti per questo contributo, in quanto più congeniali per illustrare la dialettica sinofonia-sinicità e sinofonia- alterità. Il primo coincide con la complessa trattazione del tema dell’estetica, par- ticolarmente presente nel saggio “Chuangzuo meixue”.18 Sia qui, sia negli altri due

testi, si legge che l’estetica è un’esperienza che riguarda anzitutto l’artista, seppur in origine affare di filosofi.

美學從希臘哲學起,到近代的康德19、黑格爾20,到所謂的現代美學,乃至最近的

「接受美學」,這是一個很龐大的學術體系,在這裏我不去觸及哲學家的美學, 我只是提出一個反命題,就是說,無論哪種哲學意義上的美學,都是要解說這

個世界,也包括解說藝術作品和藝術創作。[…] 實際上,我們做藝術創作的都知

道,如果從一個觀念來出發,從一個定義出發,是不可能進行創作的。21

17 Alcuni dei saggi della raccolta, che non costituiscono oggetto d’esame in questo intervento, si possono leggere in traduzione inglese e francese nei volumi Gao Xingjian: Aesthetics and Creation, traduzione di Mabel Lee (New York: Cambria Press, 2012) e De la création, traduzione di Noël Du- trait, Denis Molcanov, Sebastian Veg e Zhang Yinde (Parigi: Editions de Seuil, 2013).

18 Se non diversamente indicato, le traduzioni dal cinese sono a cura di chi scrive. 19 Kangde 康德, Kant.

20 Heige’er 黑格爾, Hegel.

21 Gao Xingjian, “Chuangzuo meixue” [L’estetica della creazione], in Ziyou yu wenxue (Taipei: Linking Books, 2014), 120.

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L’estetica, dalla Grecia antica, a Kant e Hegel, fino all’ “estetica moderna”, o alla recente “estetica della ricezione”, è un sapere scientifico enorme. Non voglio parlare dell’este- tica dei filosofi, vorrei piuttosto presentare una controproposizione. Di nuovo, l’estetica dei filosofi – e non importa di quale scuola – mira a spiegare il mondo, e con esso la crea- zione e la produzione artistica. […] Noi artisti sappiamo bene che se il punto di partenza è un concetto, una definizione, è impossibile creare.

Gli elementi degni di nota in questo passaggio possono essere due: in primo luogo, il concetto stesso di estetica in quanto disciplina non appartiene alla tradizione cinese, ma, come sottolinea Gao Xingjian, nasce e si sviluppa in Occidente; come è evidente, l’autore propone una riflessione, in lingua cinese, attorno ad un tema appreso e rielaborato da una tradizione altra. In secondo luogo, Gao Xingjian en- fatizza l’importanza della prospettiva individuale all’interno produzione artistica:

我所謂的創作美學首先是個人的,同藝術家個人的創作經驗聯繫在一起,不企圖 提供一個原則,也不是唯一的價值判斷 ,它僅僅是藝術家個人的選擇。我選擇的 首先是藝術創作上最大限度的自由,就藝術創作的機制而言,我恰恰不以否定或

批判作為前提。22

Ciò che io chiamo estetica della creazione riguarda innanzitutto l’individuo ed è legata all’esperienza creativa personale dell’artista. Non cerca di proporre una dottrina, né assurge a giudizio di valore assoluto. L’estetica della creazione è soltanto una scelta individuale dell’artista. Ciò che io scelgo, prima di tutto, è la massima libertà nella cre- azione stessa; in quanto al meccanismo di creazione artistica, critica e negazione non costituiscono affatto le mie premesse.

Si può ipotizzare che questo evento sia imputabile all’esigenza di contrastare il recente passato letterario cinese marcato dall’assenza della dimensione soggetti- va, in favore della dimensione collettiva,23 e che sia anche ascrivibile al possibile

interesse maturato da Gao Xingjian nei confronti di correnti letterarie24 europee in

cui la dimensione individuale, e soprattutto autoriale, assumesse un ruolo centrale nell’opera. L’insistenza sulla figura dell’autore rappresentante unicamente sé stes- so, peraltro, pervade tutti i saggi in esame, quanto numerosi testi critici composti dagli anni ’90.

Ulteriore punto fondamentale è il seguente: scrive Gao Xingjian, l’estetica

22 Gao Xingjian, “Chuangzuo meixue,” 123.

23 Le je n’est plus le problème central de l’écriture. La subjectivité doit non seulement se soumettre à la figure de la conscience collective, mais de surcroît se dissoudre intégralement dans le chant collectif”. Jin Siyan, “L’écriture subjective dans la littérature chinoise contemporaine,” Perspec- tives Chinoises 83, n.1 (2004): 3.

24 Bouvier-Laffitte propone quanto segue: “La recherche de ‘son propre langage’ s’exerce aussi bien dans le creuset dans variations de sa langue, des autres langues de Chine […]. Les littératures étrangères, française en particulier, contribuent à l’élaboration de son indépendance créative. Il s’inspire des idées du nouveau roman français pour proposer d’écrire une littérature ‘froide’, c’est- à-dire non engagée”. Bouvier-Laffitte, “Francophonie chinoise,” 271.

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dell’artista è un esercizio di libertà.25 Questo genere di libertà non è mai garantita,

assegnata gratuitamente, al contrario, è una conquista dell’individuo che lotta per affrancarsi da ogni sorta di condizionamento ideologico, politico e commerciale. Una volta liberatosi dal peso degli –ismi, l’artista è libero di consacrarsi intimamen- te alla creazione artistica.

Si evince, quindi, che l’uomo, l’artista-scrittore libero da, diventa massima- mente libero di. Parliamo qui, come suggerisce Isaiah Berlin,26 di libertà “negati-

va” come prodromo di libertà “positiva”, ossia la più ampia forma di libertà, che secondo Gao Xingjian si può raggiungere solo attraverso l’arte e nell’arte. Questo anelito di libertà coincide anche con un atto di autodeterminazione: nell’esperien- za estetica l’uomo afferma sé stesso.

L’estetica dell’artista è anche un’esperienza cognitiva, poiché lo “scrittore-ar- tista” – zuojia yishujia 作家藝術家, espressione estremamente ricorrente – nell’e- sercizio del suo talento si occupa di osservare l’intimità della coscienza umana, per poi restituirne una raffigurazione. L’estetica dell’artista non può dunque essere costituita da concetti, categorie o definizioni, quindi perseverare nel suo tipico approccio “scientifico”; questo genere di estetica, secondo l’autore, è indissolubil- mente legata allo stesso processo creativo e procede per percezioni e sensazioni. Ciò risulta interessante se si pensa che una delle qualità intrinseche della lingua francese, quindi strettamente connessa alla maniera di costruire il pensiero e raf- figurare la realtà, sia la tendenza alla razionalizzazione; per contro, come rileva- vano Stephen Owen27 e Anne Cheng, propria del cinese è una sorta di opacità, che

risponde ad una certa tendenza a rinunciare alla definizione.

Un punto comune a tutte le correnti interessate, da lungi o da presso, alla questione del linguaggio, e in contrasto con la tradizione filosofica greca, è l’assenza di interes- se per la definizione come latrice di significato e come mezzo per accedere alle realtà delle cose. Mentre i dialoghi platonici si preoccupano principalmente di formulare le definizioni più esatte come mezzo per raggiungere la vera conoscenza, un Confucio, un Mencio o un Laozi sono invece attenti ad evitare di fornire delle definizioni di termini cruciali che utilizzano.28

Particolarmente utile è stato scoprire, durante il colloquio, come si realizzi per l’autore il rapporto lingua-pensiero, o lingua-Weltanschauung. Gao Xingjian ha di- chiarato di affidarsi a sistemi linguistici diversi per “pensare” concetti diversi; per

25 La riflessione di Gao Xingjian sulla libertà non è una novità degli anni 2000, ma ha inizio già dalla sua esperienza di vita in Cina continentale.

26 Nel saggio del 1958 “Due concetti di libertà”, poi edito nel volume Quattro saggi sulla libertà. Di questa interessante prospettiva di derivazione kantiana parla anche Anne Cheng, “La ricezione del concetto di libertà in Cina,” Antiquorum philosophia: an international journal 6 (2012): 11-18. 27 Stephen Owen, Readings in Chinese Literary Thought (Cambridge: Cambridge University press, 1992). 28 Anne Cheng, Storia del pensiero Cinese. Dalle origini allo “Studio del mistero” (Torino: Einaudi, 2000),

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affrontare il tema dell’estetica intesa come disciplina, ad esempio, deve ricorrere alla lingua francese. Se questa è strutturalmente e per natura adeguata a determi- nare, fissare e delimitare, la lingua cinese, per l’intrinseca duttilità di cui si parlava sopra, risulta più conforme all’intuitività.29 Come suggerisce Todd Coulter, l’uso del-

la lingua da parte dell’autore rivela uno spostamento di competenza e prospettiva culturale.30

Riflessione sul linguaggio

L’ultimo rilievo conduce al secondo elemento tematico essenziale, riassumibile con un quesito che accompagna gran parte della produzione artistico-letteraria di Gao Xingjian: con quali linguaggi, infine, comunicare le riflessioni e le percezioni dell’artista? Trattando innanzitutto di letteratura, l’autore rammenta che l’unico linguaggio possibile è la lingua scritta. La componente meno intuibile di tale mes- saggio è che Gao Xingjian definisca questo stesso strumento come il reale “limite” della scrittura letteraria.

每一個藝術家在他的創作領域裏都想找尋自由而獨特的表述,可是每一門藝術都 有一個基本的限定,因此這種自由首先不是無邊的。譬如,文學創作就無法離開 語言。31

Ogni artista, nella propria sfera creativa, è alla ricerca di una maniera espressiva singo- lare e libera. Ma dal momento che ogni forma artistica presenta dei limiti fondamentali, la libertà dell’artista non è incondizionata. Ad esempio, la letteratura non può separarsi dal linguaggio verbale.

Dal colloquio si è compreso che, per Gao Xingjian, la lingua risulta essere un lin- guaggio limitato e limitante, per due ordini di ragioni. Una prima ragione, sostan- ziale, è attribuibile all’essenza stessa della lingua, incapace e inadatta “per natura” ad esaurire la poliedricità di significati che la mente vorrebbe manifestare.

Tale dichiarazione è verosimilmente riconducibile alla logica daoista dello yan

bu jin yi 言不盡意: nonostante Gao Xingjian abbia smentito l’esistenza di una con- nessione con questo preciso richiamo, non ha negato l’esistenza di simili riferi-