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NOTE SUI DIARI DI GIOVANNI VACCA IN CINA NEL 1907-

Il professor Giovanni Enrico Eugenio Vacca1 nacque a Genova nel 1872 da Ernesta

Queirolo e Federico Vacca. Mandato al confino, scelse di seguire a Torino come as- sistente della cattedra di calcolo infinitesimale il Prof. Peano, che aveva conosciuto a un congresso di matematici a Zurigo nell’agosto del 1897. Fu a Torino fino al 1902 e poi nel 1904-5 e continuò per tutta la vita a occuparsi di logica matematica e teoria dei numeri, approfondendo le sue ricerche sul numero π e sulla costante di Euler-Mascheroni.2

Le ricerche al fianco di Peano lo portarono a interessarsi alla lingua cinese, e questo interesse lo spinse prima a frequentare le lezioni di Geografia e Storia della Cina del Prof. Carlo Puini (1839-1924)3 presso l’Istituto di Studi Superiori di Firenze,

e poi a richiedere fondi all’Associazione per l’Esplorazione dell’Asia per un viaggio di ricerca in Cina nel 1907-1908.

Rientrato dal viaggio, il professor Vacca ottenne la libera docenza di Lingua e Letteratura Cinese a Firenze. Si trasferì poi all’Università di Roma dove dal 1911 al 1922 insegnò soltanto lingua e letteratura, ereditando la cattedra del professor Lo- dovico Nocentini (1849-1910), e dal 1924 anche Storia e Geografia dell’Asia Orien- tale. Nonostante l’attività accademica del professor Vacca si sia dunque rivolta alla Cina fin dall’epoca del suo viaggio di ricerca, gli studi matematici non furono mai abbandonati, né lo fu la sua attività accademica relativa soprattutto alla storia del- la matematica. Nel 1947 Vacca dovette lasciare ogni attività lavorativa a causa dei limiti imposti dall’età. La sua vita terminò a Roma il 6 gennaio del 1953.

1 Per le note biografiche si segue Roberto Vacca, Memi, (2010). http://www.printandread.com (libro multimediale fruibile su iPad, scaricabile da iTunes e Google books).

2 Erika Luciano, Clara Silvia Roero, “Giovanni Vacca,” in Peano e la sua Scuola fra matematica, logica e interlingua (Torino: Deputazione Subalpina di Storia Patria, 2010), 98.

3 Carlo Puini fu allievo, presso l’Istituto di Studi Superiori di Firenze, del noto sinologo Antelmo Severini, che affiancò dopo l’abilitazione all’insegnamento delle lingue dell’estremo oriente. Pui- ni divenne, a partire dal 1884, titolare della cattedra di Storia e Geografia dell’Asia Orientale. Cfr. Serena Zuccheri, “Breve storia dell’insegnamento del cinese in Italia tra il XIX e il XX secolo,” in L’insegnamento del cinese in Italia tra passato e presente, a cura di Davor Antonucci e Serena Zuccheri (Roma: Edizioni Nuova Cultura, 2010), 20.

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I predecessori di Giovanni Vacca sulla cattedra di Lingue e Letterature dell’E- stremo Oriente presso l’Università di Roma, istituita nel 1876, furono Carlo Valen- ziani (1831-1896) e Lodovico Nocentini, personalità di spicco per l’avanzamento degli studi orientali presso l’ateneo romano.4

Ad eccezione del Nocentini, che fu in Cina come interprete dal 1883 al 1888,5 e

di Guido Amedeo Vitale (1872-1918), interprete della legazione italiana a Pechino dal 1892 e professore di cinese dal 1914, nessun docente di cinese aveva avuto la possibilità di soggiornare in Cina e di studiare sul campo la lingua oggetto d’inse- gnamento.

Il viaggio in Cina, con il suo bagaglio di esperienze e l’attività di ricerca sul campo, rende la personalità e l’opera di Vacca peculiare rispetto al quadro sino- logico dell’epoca. I manoscritti relativi al viaggio, che oltre al suo diario del 1907- 1908 comprendono un ricchissimo epistolario, una serie di conferenze e appunti di conferenze manoscritte e dattiloscritte, insieme ad appunti sparsi risalenti al periodo trascorso in Cina, offrono una puntuale testimonianza del contributo dato dal professor Vacca alla conoscenza della Cina e al rafforzamento dei contatti fra Cina e Italia.

L’analisi e la riorganizzazione di un materiale così frammentario e composito non è, dunque, dettata soltanto dalla necessità di stilare una biografia del Vacca o un resoconto della sua attività, ma nasce da un tentativo di comprendere qual è stato il suo contributo alle relazioni Italia-Cina e quale il suo ruolo nella storia e nell’avanzamento degli studi cinesi in Italia. Peculiare, inoltre, il suo punto di vista sull’operato dei Gesuiti e dei missionari in Cina dai tempi del Ricci fino agli anni del viaggio all’inizio del XX secolo.

Il viaggio

L’incarico per un viaggio di ricerca in Cina arrivò dall’Associazione Internazionale per l’Esplorazione dell’Asia Centrale e dell’Estremo Oriente presieduta dal Senato- re Paolo Mantegazza (1831-1910).6

Insieme al Senatore Mantegazza e all’Associazione per l’Esplorazione dell’Asia Centrale, fu il Professor Lodovico Nocentini (1849-1910) un altro dei grandi soste- nitori di Vacca e della sua missione, come testimoniato da una fitta corrispondenza

4 Zuccheri, Breve storia dell’insegnamento del cinese in Italia tra il XIX e il XX secolo, 25. Per l’intensa opera di studio e ricerca sull’Asia orientale del professor Nocentini si vedano: Nell’Asia Orientale, Le Monnier, 1894 e l’Europa nell’Estremo Oriente e gli Interessi dell’Italia in Cina, Hoepli, 1904, che, più di altri, testimoniano l’impegno del Nocentini a favore di una maggiore consapevolezza della necessità di conoscenza e dialogo fra Cina e Italia.

5 Si legga in proposito Giuliano Bertuccioli, “Per una storia della sinologia italiana: prime note su alcuni sinologi e interpreti di cinese,” Mondo Cinese 74, (1991): 9-39.

6 Paolo Mantegazza è stato professore di patologia umana e antropologo, fu Senatore del Regno a partire dal 1876.

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fra i due. Il 14 marzo del 1907 il professor Giovanni Vacca partì per la Cina, desti- nazione Shanghai, dove arrivò dopo un mese di navigazione. Da Shanghai si recò a Pechino dove rimase quattro mesi per poi prendere il treno e arrivare a Hankou, parte della moderna Wuhan. Da Hankou risalì il Fiume Azzurro in 5 giorni su un battello a vapore fino a Yichang, da dove proseguì su una giunca fino a Chongqing in 37 giorni. Da Chongqing l’avventuroso viaggio continuò in portantina per 12 giorni, fino a raggiungere Chengdu. Dal novembre 1907 all’aprile del 1908 il profes- sor Vacca risiederà a Chengdu e la lascerà soltanto per raggiungere Xi’an, giungen- dovi dopo un mese di viaggio attraverso le catene montuose del Qingling. Da Xi’an fu la volta di Taiyuan, raggiunta in 20 giorni di carro, e da lì in treno verso Pechino. Da Pechino ancora una volta Shanghai nel settembre 1908 con un’escursione nel Zhejiang, ultimo viaggio prima del rientro a Genova nell’ottobre dello stesso anno. Non furono poche le difficoltà per procurare le 10.000 lire utili a intraprendere il viaggio di esplorazione in Cina, e furono vagliate varie ipotesi di svolgimento del- la missione per provare a risparmiare e a ottenere i massimi risultati con il minor dispendio economico possibile.

Al Barone Vitale, dietro suggerimento di Nocentini, il Vacca indirizza una let- tera del 10 gennaio 1906 che esplora la possibilità di partire come insegnante di matematica per la legazione italiana a Pechino:

10 gennaio 1906

(…) Il Professor Nocentini mi ha incoraggiato a rivolgermi a Lei per quanto sto per esporle.

(…) chiedendo notizie relative alla possibilità che vi sarebbe per me di poter occupare un posto come insegnante di matematica in una delle nuove scuole superiori che si vanno aprendo ora nella Cina. (…) mi sono occupato in modo speciale di storia della matematica. Nel frattempo ho cominciato ad ammirare la lingua e la letteratura cinese finché l’anno scorso, avendo visto che mi riusciva abbastanza, mi sono deciso a recarmi a Firenze, dove da alcuni mesi seguo le lezioni del Professor Puini. Ma da un lato le diffi- coltà a procurarmi i libri che vorrei leggere, e dall’altro il desiderio sempre crescente di conoscere più da vicino un popolo ed una civiltà così interessanti, si sono fatti sempre più vivi. Cosicché io vorrei ora passare alcuni anni in Cina, poiché le condizioni mie me lo permettono, rendendomi in pari tempo utile in qualche modo.(…)

Il Barone Vitale era all’epoca interprete di cinese presso la Legazione Italiana a Pechino per il Ministero degli Affari Esteri italiano e, nonostante la posizione degli interpreti presso il nostro Ministero non fosse considerata all’epoca nulla di più che uno degli ultimi ruoli fra tutto il personale dell’Ambasciata, aveva un certo credito data la sua non comune dimestichezza con la lingua cinese che, a detta dell’Imperatrice Vedova Cixi, era la migliore fra tutti gli stranieri che vivevano a Pechino.7

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Il progetto non dovette però andare in porto se, a partire dal Gennaio 1906, si fa sempre più probabile l’ipotesi dell’adesione del Vacca alla missione del sinolo- go francese Pelliot.8 Il Vacca si dichiara pronto a partire per Parigi per incontrare

il Pelliot e gli altri eventuali compagni di viaggio e discutere della missione, che avrebbe dovuto avere finalità di studio etnologiche, antropologiche, geografiche e commerciali.

Il Vacca ribadisce più volte la sua speranza di poter risiedere il più a lungo possi- bile in alcune delle città cinesi come Xi’an e Chengdu perché, egli scrive, “soltanto con una lunga residenza in un luogo determinato sembra possibile il rendersi con- to della vita del paese, e poter raccogliere delle notizie connesse”.9

Il Nocentini, dal canto suo, consiglia per il viaggio di percorrere la tratta tran- siberiana, perché “il biglietto costa poco, (…) e la traversata della Manciuria le of- frirebbe occasione di uno studio scientifico del paese, della gente che lo abita”.10

A fine aprile è il Senatore Mantegazza a comunicare al Vacca la decisione nega- tiva per la sua partecipazione alla missione francese, e la necessità che l’Italia “fac- cia da sé”, come scrive il prof. Nocentini in una lettera al Vacca del 25 aprile 1906. Una lettera del 26 marzo 1906, indirizzata dal Pelliot al comitato francese dell’École Française d’Extrème Orient, illustra in maniera assai schietta le motiva- zioni della sua personale indecisione all’accodarsi del Vacca alla spedizione da lui diretta. Per una siffatta impresa, scrive il Pelliot, c’è bisogno di un forte accordo fra i membri della spedizione. Lui e il Vacca, invece, non si erano mai incontrati, ed erano troppi i rischi nel partire insieme senza conoscersi. Motivazioni più sostan- ziali esposte dal Pelliot erano poi la necessità che non ci fossero sovrapposizioni nelle specializzazioni e quindi negli scopi scientifici dei membri della spedizione, pare che gli interessi del Vacca fossero gli stessi del Pelliot, e nel timore di una concorrenza a livello accademico per i risultati delle ricerche e la diffusione dei risultati delle stesse una volta rientrati. Tutti i pezzi per collezioni archeologiche sarebbero, infatti, stati destinati ai musei e alle biblioteche parigine.

La portata del viaggio viene dunque ridotta, invece di un tentativo di esplora- zione dell’Asia centrale, parte più costosa della missione, il Vacca propone di ridur- re lo scopo della missione alla Cina e di risiedere a lungo in alcune delle più impor- tanti città dell’interno, limitando i costi, approfondendo le ricerche e inglobando negli studi da condurre sia finalità antropologiche che commerciali, soddisfatte queste ultime da un soggiorno a Si-ngan fu, odierna Xi’an, snodo commerciale fin dai tempi dei commerci lungo la via della seta.

Il Comitato per l’Esplorazione dell’Asia Centrale e il Senatore Mantegazza continua- no ad approvare e sostenere la missione del Vacca, occupandosi della raccolta fondi.

8 Paul Pelliot (1878-1945) è stato un sinologo ed esploratore francese a capo di una spedizione dell’École Française d’Extrème Orient (EFEO) partita da Parigi il 15 giugno 1906 e diretta in Estre- mo Oriente per studiarne aspetti archeologici e linguistici.

9 Lettera di G. Vacca a L. Nocentini non datata, probabilmente maggio 1906. 10 Lettera di L. Nocentini a G. Vacca del 3 maggio 1906.

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È interessante leggere che chi, come il Mantegazza, voleva aiutare Giovanni Vacca nella realizzazione della missione in Asia, lo faceva perché capace di leggere questo viaggio come la necessità non di un cittadino italiano ma di una intera na- zione che poco o nulla si stava interessando all’Asia, restando così indietro rispetto ad altri protagonisti del panorama internazionale che avevano invece avviato pro- getti di studio e di esplorazione di questi territori lontani e misteriosi. Leggiamo inoltre in questa lettera anche la motivazione del rifiuto all’elargizione del con- tributo da parte della società geografica di Milano:11 campanilismo, o comunque

disinteresse verso un progetto non ideato al suo interno. A 75 anni, invece, il sena- tore Paolo Mantegazza ritiene di dover aiutare un giovane nella sua impresa, non facile, addirittura nata sotto una cattiva stella, affermerà egli stesso, ma pur degna di tutti i suoi sforzi e la sua attenzione.

Finalmente a fine dicembre paiono superate tutte le difficoltà e la partenza di- venta quasi una certezza.

Iniziano i preparativi veri e propri, e si delinea una possibile data per la parten- za che si prevede verso la fine di febbraio o ai primi di marzo, e come abbiamo visto avverrà il 14 marzo del 1907.

Giovanni Vacca e le relazioni Italia-Cina

Emergono dagli scritti del Vacca un punto di vista assai poco “orientalista” e la ferma intenzione di avvicinarsi alla Cina per confrontarsi e apprendere, senza pre- giudizi, luoghi comuni o un preteso atteggiamento di superiorità. Il modo diretto e curioso con cui Vacca interpreta la società cinese e tutto quello che nei secoli ha contribuito a costruirla è peculiare rispetto alle idee diffuse all’inizio del XX secolo sull’Asia e la Cina, riscontrabili in altri diari di viaggio dell’epoca.12

In una relazione non datata, destinata quasi sicuramente a far parte del mate- riale raccolto dal Vacca per la Società Italiana per l’Esplorazione dell’Asia e dell’E- stremo Oriente, il nostro riporta:

L’educazione politica delle masse, il culto della storia e della tradizione, la necessità di difendere e conservare le conquiste delle generazioni passate, sono la nota caratteristi- ca della vita cinese, e noi in questo ordine di idee abbiamo ancora molto da apprendere. L’educazione laica e la tolleranza religiosa sono pure in Cina un fatto compiuto da secoli, mentre noi facciamo appena da alcuni decenni i primi passi in questa direzione. Il rispetto delle leggi, fondato non tanto sulla forza materiale, quanto sulle necessità da parte di coloro che governano di essere buoni e giusti, è pure talvolta in Cina stupe- 11 Lettera dattiloscritta a firma del presidente della Società Geografica Italiana al professor Lodovi-

co Nocentini, 15 maggio 1906.

12 Danilo Soscia (a cura di), Cina - Il Grand Tour degli italiani verso il Centro del Mondo 1904-1999 (Pisa: Edizioni ETS, 2010).

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facente per un europeo al quale appare quasi incredibile il fatto che le autorità cinesi unicamente coll’autorità e col prestigio proveniente dalla cultura sanno governare.

Bisogna, secondo Vacca, allontanarsi dall’idea di un “pericolo giallo”, nella consa- pevolezza che Cina ed Europa costituiscono un continente solo e che le due gran- di civiltà nate al loro interno sono in realtà due facce della stessa medaglia e si completano reciprocamente. I cinesi, dal canto loro, sembrano più consapevoli degli europei della necessità di stringere legami che non vadano nella direzione del contrasto ma del confronto, e se prima studenti cinesi si recavano soltanto in Giappone per studiare, con poche eccezioni verso l’America, sono sempre di più all’inizio del Novecento studenti diretti in Inghilterra, Belgio, Germania, Francia, Russia. Nessuno pare recarsi in Italia. Il perché è così spiegato:

L’Italia è poco ben vista dai missionari protestanti, perché è la sede del cattolicesimo romano, del Papato. (…) È ignota ai negozianti cinesi perché nessuna, o quasi nessuna, nave italiana porta in Cina merci italiane. (…) Infine anche la lingua Italiana è ignota in Cina, perché da una parte gli anglo-sassoni predicano e stampano che la letteratura inglese è la più ricca del mondo e che essa basta per impadronirsi della moderna cultura scientifica, e dall’altra parte è diffusa all’estero, non solo tra i cinesi, la strana idea che in Italia si parli…francese. (…) Viaggiare all’estero, e non solo in Cina, per un italiano, è ancora oggi triste, quasi come cent’anni fa. Ma mentre allora divisi, oppressi dallo stra- niero, discordi, meritavamo forse la loro noncuranza, oggi dobbiamo e possiamo reagire contro un’ingiusta opera di diffamazione.

Sarebbe opportuno provare a colmare queste lacune e i rapporti politici e diploma- tici potrebbero dare una forte spinta al miglioramento delle relazioni anche cultu- rali fra Italia e Cina se solo, si afferma nella relazione, i diplomatici italiani restasse- ro un po’ di tempo in più in Cina, almeno per poter avere una comprensione meno superficiale del posto e della sua gente. Sembrano, queste, le stesse preoccupazioni che il professor Bertuccioli con tanto trasporto avrebbe espresso anni dopo, nel 1991, in un articolo a difesa del ruolo importante e poco valorizzato degli interpreti al servizio del Ministero degli Esteri italiano di stanza in Cina.13

Diplomatici di altri paesi come la Francia e l’Inghilterra, o l’America, parlano cinese e riescono a raggiungere con i cinesi un livello maggiore di complicità e comprensione. Il popolo cinese, continua il Vacca, con il suo sistema statale basato su meritocrazia e senso del dovere, con il suo esercito forte, coeso e pronto a lotta- re per tenere lontane ingerenze esterne, con il suo forte patriottismo, interprete di discussioni e confronti aperti e costanti sulla politica del paese, con un’attenzione estrema per la tradizione, l’istruzione e la volontà di innovare presenti in tutte le classi sociali, costituiscono senz’altro un obiettivo cui l’occidente, l’Europa e l’Italia in particolare devono guardare, studiare e con cui devono confrontarsi, nella spe-

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ranza di poter essere un giorno, insieme, protagonisti e interlocutori nello scac- chiere internazionale sulla via del dialogo e non della lotta.

Questo particolare atteggiamento, forse un po’ troppo ottimista nei confronti della Cina, che pure però è basato su esperienza diretta e deriva da studio e osser- vazione sul campo, è quello che mette l’opera di Vacca al servizio dei rapporti italo- cinesi e all’inizio del XX secolo cerca di portare nelle istituzioni del nostro paese una sensibilità verso l’incontro e il dialogo rafforzata dalla conoscenza diretta.

Giovanni Vacca e gli studi cinesi

L’essere stato uno dei primi docenti di cinese ad aver avvertito la necessità di un’e- sperienza sul campo e ad aver lavorato per poter raggiungere questo obiettivo, nonostante le difficoltà di una siffatta impresa, testimonia un interesse verso la ricerca che vuole indagare i fenomeni da vicino e riserva alla raccolta di fonti pri- marie e all’analisi dei fenomeni in loco una attenzione particolare.

L’interesse di Vacca, lungi dall’essere soltanto linguistico, alla lingua arriva da questioni matematiche. Da una lettera al professor Nocentini del 3 maggio 1906 leggiamo che fra gli obiettivi del viaggio c’erano:

Ricerche sulla storia delle scienze presso i cinesi (…). Si tratterebbe di accertare se (…) i cinesi dell’VIII secolo conoscevano l’ossigeno e la composizione dell’aria e dell’acqua. Quanto alla matematica cinese (…) sembra importante ad esempio ricercare le origini dell’algebra nei numerosi libri che si sono pubblicati in Cina nelle varie epoche e che in Europa è assai difficile procurarsi. Noto ad esempio che un autore cinese del 1300 dà, come antico, il famoso triangolo aritmetico a Tartaglia

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mentre in Europa lo si trova per la prima volta nella Arithmetica integra di Stifel (1544). Non mi sembra impossibile il poter trovare alcuni rapporti tra la scienza indiana, ovve- ro quella degli arabi o entrambe e quella dei cinesi. Queste raccolte di libri non possono farsi che in Cina, percorrendo successivamente varie località: anche le più importanti collezioni in Europa lasciano a desiderare, essendo state raccolte con criteri vari, ed in gran parte essendo doni di raccolte private.

Matematica, ma anche scienza, archeologia e filosofia. Dalla stessa lettera al No- centini leggiamo che gli obiettivi del viaggio in Cina dovevano essere scientifici (ricerche etnografiche e antropologiche, fotografie, collezioni), studi di credenze religiose, di leggende e canti popolari, studio dei dialetti, ricerche archeologiche, fotografie di monumenti, studio delle condizioni nelle quali sarebbe possibile ten-

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tare future esplorazioni archeologiche, raccolta di storie locali, di libri religiosi