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1. Primo capitolo – Quadro di riferimento teorico dello

1.1. Inquadramento dell‘aspetto teorico

1.1.6. La traduzione letteraria e l‘approccio eclettico di Jiří

Negli anni Sessanta, mentre Eugene A. Nida, Georges Mounin e John C. Catford si occupavano di traduzione escludendo il linguaggio artistico con una prospettiva linguistica, Jiří Levý (1963 e 1965) proponeva un approccio multidisciplinare per studiare la traduzione letteraria. Secondo lo studioso ceco (Levý, 1969 in Göktürk, 1986: 46), la traduzione di un testo letterario è il frutto degli aspetti semantici, sintattici, stilistici ed estetici dell‘―originale‖. Nell‘analisi traduttiva tutti questi elementi devono essere attentamente studiati sia globalmente sia individualmente, considerando le loro interazioni. A tal fine, pur riconoscendo che in un futuro non molto lontano i metodi della linguistica potrebbero essere ancora più utili per capire i problemi della traduzione letteraria (ibid.: 22 in ibid.), Levý (1965: 77 in Stenzl, 1983: 6) sostiene che il processo traduttivo, inserito nella teoria generale della comunicazione, può essere analizzato non solo attraverso gli strumenti metodologici della linguistica, ma anche con un approccio eclettico che si serve dell‘estetica, della psicolinguistica, dell‘antropologia strutturale, della semantica e di tutte le discipline e interdiscipline utilizzate per studiare il processo comunicativo. In sintesi, Levý propone una metodologia

analitica interdisciplinare per lo studio della traduzione letteraria che considera gli aspetti molteplici di questo tipo di traduzione.

Quando Levý (1963) elabora il suo approccio multidisciplinare in Umění překladu, «uno dei capisaldi della traduttologia contemporanea» (Osimo, 2002: 204), tra le varie problematiche riflette anche sul processo, sui problemi e sulle competenze del traduttore nella traduzione letteraria. Lo studioso (Levý, 1969 in Göktürk, 1986: 47-48 e Levý, 1974 in Osimo, 2002: 205) distingue tre momenti nel processo traduttivo: (1) comprendere gli aspetti letterari e stilistici dell‘―originale‖ nella sua totalità come un‘opera d‘arte, (2) interpretare l‘―originale‖ dopo aver stabilito il suo nucleo semantico e (3) trasporre l‘―originale‖ con uno stile artistico, creando un‘adeguatezza reciproca tra i sistemi linguistici e stilistici del testo di partenza e di quello di arrivo. In altre parole, Levý (1969 in Göktürk, 1986: 47-48 e 1974 [1963: 77] in Osimo, 2002: 205), come Kade (1968 in Göktürk, 1986: 51), e Wilss (1977 in Göktürk, 1986: 51), vede il processo traduttivo come una successione che consiste in due fasi: (1) comprendere e (2) trasporre. In questo processo, il traduttore affronta vari problemi dovuti (1) ai contrasti tra le strutture della lingua di partenza e quella di arrivo; (2) alle contraddizioni tra le teorie letterarie e le concezioni stilistiche che regolano il testo di partenza e quello di arrivo e (3) alle differenze tra le tradizioni di critica letteraria che vigono nel sistema letterario dell‘―originale‖ e in quello della traduzione. Per Levý (1969 in Göktürk, 1986: 48 e cfr. Gentzler, 1993: 89) il traduttore, che deve risolvere diversi problemi quando riscrive il testo di partenza, è, in qualche modo, sia un linguista sia un teorico e critico letterario. Proprio per questo motivo, le due fasi che riguardano il processo traduttivo in realtà sono ben altro che i due semplici atti distinti di analizzare un messaggio nella lingua di partenza e di sintetizzarlo in quella di arrivo. In breve, Levý ritiene che gli aspetti letterari costituiscono la caratteristica più importante del testo letterario da tradurre e, per capire il processo e i problemi della traduzione letteraria, concentra il suo interesse sugli aspetti stilistici del testo letterario stesso più che sul suo significato.

Nella stessa opera Levý (1963) si occupa anche delle funzioni, delle caratteristiche e dei limiti della traduzione letteraria. Secondo lo studioso (Levý, 1974 [1963: 115] in Osimo, 2002: 205), la traduzione è uno strumento creativo con il quale il traduttore arricchisce la propria letteratura nazionale creando nuovi mezzi espressivi (neologismi) e assimilando nella propria lingua

espressioni di paesi altri (esotismi). A tal fine, il traduttore deve, sostiene Levý (ibid.), conservare nella traduzione le parole che comunicano concetti specifici della cultura, dell‘epoca e della letteratura dell‘―originale‖ non esprimibili con i mezzi linguistici del testo di arrivo. Tuttavia, se il traduttore abusa di questa pratica, perché «introduce parole straniere senza necessità dettate dal contenuto, come fine a sé stesso, solo per il colorito, per divertimento» (Levý, 1974 [1963: 128] in ibid.) non fa altro che «pecca[re] contro la purezza della lingua» (ibid.). Un fenomeno che si osserva spesso nella traduzione letteraria è l‘esplicitazione delle espressioni indirette del testo di partenza in quello di arrivo da parte del traduttore. Con le parole di Levý «le relazioni logiche tra pensieri nel testo letterario rimangono inespresse [...]80 Molto spesso il traduttore chiarifica del tutto i nessi nascosti tra pensieri che nell‘originale sono solo accennati» (Levý, 1974 [1963: 166] in Osimo, 2002: 206). Il risultato di questa operazione è «l‘indebolimento della funzione estetica e il rafforzamento della funzione informativa» (ibid. [1963: 169] in ibid.) nella traduzione del testo letterario. Riassumendo, la traduzione letteraria arricchisce la letteratura del testo di arrivo, conservando le caratteristiche specifiche del testo di partenza, però la tendenza all‘esplicitazione delle espressioni indirette nell‘―originale‖ da parte del traduttore provoca delle conseguenze a scapito della funzione estetica nella traduzione.

Gentzler (1993: 82-84) sostiene che alcuni concetti fondamentali della teoria di Levý, come la letterarietà, lo stile e il significato, sono particolarmente vulnerabili. Levý (1969: 21 in Genztler, 1993: 82-83) ritiene che sia oggettivamente possibile stabilire gli aspetti stilistici che costituiscono la letterarietà di un‘opera d‘arte nella lingua di partenza, separarli dal contenuto e sostituirli con elementi stilistici della lingua d‘arrivo, altrettanto separati dal contenuto, per produrre un‘altra opera artistica in questa seconda lingua. Egli (ibid.: 72 in ibid.: 83) inoltre afferma che migliore è la qualità della traduzione, meglio si superano le sue strutture contraddittorie. In primo luogo, queste affermazioni implicano che le caratteristiche formali e il contenuto dell‘―originale‖, che opera in un unico sistema semiotico, producano un testo «unitario» carico di letterarietà, ossia qualità artistica. In secondo luogo, la traduzione, che opera in due diversi sistemi di significazione, non è un‘opera unitaria, ossia coerente,

80 Parentesi quadra originale.

come l‘―originale‖, ma piena di tensioni e contraddizioni, dovute alla coesistenza conflittuale tra il punto di vista del sistema di significazione dell‘―originale‖ e di quello della traduzione. Infine, nonostante tutto ciò, le tensioni e le contraddizioni che rendono la traduzione un testo instabile si possono superare e si può rendere un testo di arrivo stabile, in cui ogni elemento sintattico dell‘―originale‖ è ―correttamente‖ sostituito con un altro elemento sintattico nella traduzione, riproducendo l‘esatta letterarietà, ossia la bellezza estetica, del testo di partenza in quello di arrivo, grazie alla competenza del traduttore. Tuttavia, Gentzler scrive che «Levý semplifica il problema» (Gentzler, 1993: 83 e trad. it. 1998: 95), quando questi afferma che nella traduzione letteraria «migliore è la qualità, meglio si superano i conflitti» (Levý, 1969: 72 in Gentzler, 1993: 83 e trad. it. 1998: 95), perché il significato del testo letterario, a prescindere dalle competenze del traduttore, «è sempre instabile, sempre mutevole, costruito dal discorso, in costante divenire, anche se ―appare‖ stabile temporaneamente nell‘architettura estetica» (Gentzler, 1993: 84 e trad. it. 1998: 95). In poche parole, secondo Gentzler (ibid.: 82-84) la teoria di Levý, che sia possibile elaborare criteri obiettivi per isolare e catalogare gli aspetti stilistici nel testo letterario da tradurre e poi stabilire paradigmi per sostituire questi aspetti nella traduzione, non è basata su assunti solidi.

Riassumendo, agli inizi degli anni Sessanta Jiří Levý (1963 e 1965) propone una metodologia analitica interdisciplinare per studiare la traduzione letteraria. Le problematiche principali di cui si occupa sono il processo, le funzioni, le caratteristiche, i problemi e i limiti di questo tipo di traduzione. A scapito del contenuto e del significato, privilegia la letterarietà e gli aspetti stilistici nella traduzione letteraria. Sostiene inoltre che la traduzione arricchisce la propria letteratura nazionale e per questo motivo deve in certe circostanze conservare le caratteristiche specifiche della cultura da cui proviene il testo letterario. Infine, riferisce che l‘esplicitazione, una delle caratteristiche prevalenti della traduzione, indebolisce la sua funzione estetica, cosa particolarmente problematica per la traduzione letteraria. Anche se il contributo generale di Levý all‘analisi della traduzione letteraria è riconosciuto nella letteratura traduttologica (Stenzl, 1983: 6; Göktürk, 1986: 46 e Osimo, 2002: 204-206), Gentzler (1993: 82-84) definisce un‘impresa impossibile l‘ipotesi di Levý che la letterarietà dell‘―originale‖ si possa ricostruire in modo identico nella traduzione come se quest‘ultima fosse un testo

coerente e unico. A prescindere da questa critica, Levý si distingue dai suoi contemporanei, che si occupavano della ricerca sulla traduzione o con una prospettiva linguistica, come quelli che abbiamo visto nei paragrafi precedenti, o con una prospettiva letteraria, come quelli che vedremo nei paragrafi successivi di questo capitolo, perché cerca di conciliare le due prospettive in un approccio eclettico.

1.1.7. La traduzione letteraria e l’approccio filologico di