Capitolo II. Costellazione simbolica della Renovatio
2.5 Lamentazione e Quête
Nel Mito − eminentemente agrario − del Dying and Rising God, un liquido vitale, nella fattispecie acquatico, garantisce sempre la resurrezione del Dio quale antropomorfizzazione del seme e della pianta162. Dopo avere sotterrato il seme, difatti, questo non potrebbe mai «risorgere» e germogliare a nuova vita come pianta, se non lo si nutre. Le acque che consentono al seme di sbocciare
156 Cfr. ivi, p. 381.
157 M. Eliade, I Riti del costruire, Milano, Jaca Book, 1990, p. 71.
158 G. Durand, Le Strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale, op. cit., p. 382.
159 Cfr., ad esempio, S. Sturluson, Edda, op. cit., pp. 56-58. 160 M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, op. cit., p. 316. 161 M. Eliade, I Riti del costruire, op. cit., p. 76.
162 Come asserisce Bachelard (Psicanalisi delle acque, Milano, Red Edizioni, 2006, p. 133)
«tutto ciò che scorre è acqua»: pertanto, ogni liquido fertilizzante, benevolo o nefasto che appaia, potrà essere rinviato all’archetipo acquatico. Tale è il caso del Sangue, già indagato (cfr. infra, par. 2.4). Infatti, il liquido par excellence della fertilità − e dunque della rinascita − archetipicamente acquatico e lunare, è il sangue mestruale, femminile, che veicola anche un simbolismo nefasto, dovuto al lato terribile dell’archetipo della Madre (cfr. G. Durand, Le Strutture antropologiche
dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale, op. cit., p. 215). A tale costellazione
simbolica va correlato anche un altro importante liquido, ossia il latte materno (cfr. G. Bachelard,
Psicanalisi delle acque, op. cit., p. 141), il primo alimento e il garante di nutrimento nei primi anni
di vita: diametralmente opposto al sangue mestruale, esso rispecchia il lato mite e benefico della Madre, contrapposto a quello terribile e temibile.
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corrispondono, sul piano biologico, alle acque della gestazione, in cui nuota il nascituro. L’Acqua è, difatti, l’elemento vitale par excellence, che permette la (ri)nascita e la fertilità:
Le acque [...] sono l’essenza della vegetazione, l’elisir d’immortalità [...] assicurano lunga vita, forza creatrice [...]. Fondamento di ogni manifestazione cosmica, ricettacolo di tutti i germi, le acque simboleggiano la sostanza primordiale da cui nascono tutte le forme, e alle quali tornano [...]. Le acque furono al principio, e tornano alla fine, di ogni ciclo [...] esisteranno sempre, però mai sole, perché le acque sono sempre germinative163.
Nel Mito del Dying and Rising God, il liquido garante di vita e rinascita figura spesso sotto forma di «acqua triste»164, ossia di lacrime. Pertanto, una tappa mitemica fondamentale è costituita dalle lamentazioni che vengono innalzate per il Dio ucciso o scomparso. La manifestazione dell’elemento acquatico sotto forma di lacrime è dovuto principalmente all’entità ciclica del destino del Dio. Giacché «muore» per rinascere, la modalità del lutto e del pianto per la sua dipartita sfrutta la potenzialità doppia dell’Acqua: annichilente eppure fecondatrice, distruttrice eppure ricreatrice. In un primo momento, l’«acqua triste» è una conseguenza della caduta nella fase oscura del Dio, apparentemente priva di potere rigenerativo, mentre successivamente essa si rivela la soluzione «fertilizzante» e «magica» per rianimarlo, risvegliarlo, garantire il suo ritorno – sicché, dal dolore, nasca la gioia. Nel mito nordeuropeo di Balder, il mitologema della Lamentazione è esplicito: la dea degli Inferi Hel afferma chiaramente che se «tutte le cose nei mondi» piangeranno il dio, questi potrà ritornare alla vita. Secondo questo patto agrario- primordiale, soltanto un pianto «cosmico» può permettere la rinascita di un Dio cosmico. In una versione molto remota del mito, nulla ci impedisce di pensare che, così come poteva non esservi il personaggio di Loki, potrebbe (anzi, dovrebbe) anche non esservi stato il personaggio di Thokk, in cui questi si trasforma; e che dunque, di conseguenza, esistesse una versione del mito in cui il pianto cosmico ha successo, e Balder venisse recuperato, rappresentando così alla perfezione il mito ciclico-annuale della vegetazione. La richiesta di Hel, ipostasi
163 M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, op. cit., p. 169. 164 Cfr. G. Bachelard, Psicanalisi delle acque, op. cit., pp. 104-106.
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della Dea Tellus Mater, di un «pianto della natura»165 equivaleva alla richiesta delle piogge fecondanti, affinché il Dio Figlio possa tornare alla vita, nato di nuovo. L’ostacolo al cosmico pianto della natura è rappresentato, non a caso, da un personaggio che ci ricorda proprio Hel, ossia una sterile vecchia o gigantessa, Thokk, che risiede in una caverna, luogo anch’esso ctonio, come il grembo della terra (Hel) e possibile sede di rigenerazione cosmica166. Ma il dramma di Thokk, che piange «lacrime asciutte» – di cui potrebbe non avere colpa167 –, è un dramma della sterilità: a causa sua, il Dying and Rising God non può tornare alla vita.
Nel mito vicino-orientale di Dumuzi/Tammuz si verifica qualcosa di analogo. Nell’incipit del poema Sogno di Dumuzi, al suo risveglio dal sogno premonitore − punto di tangenza con il mito di Balder −, il dio, con il cuore gonfio di lacrime, fugge nella steppa e urla:
Lamentatevi! Lamentatevi lande! Lamentatevi! Lande piangete! Gemete, o paludi!
Oh crostacei del torrente, lamentatevi! Lamentatevi, rane del torrente!
E che mia madre innalzi, con voi, lamenti! Che mia madre Sirtur innalzi lamenti! [...]
Se ella ignora il giorno della mia morte,
165 È stato asserito che il lamento della natura per il dio morto sia un motivo «non germanico»,
estraneo all’Europa settentrionale, ma sia stato apportato dal Vicino Oriente Antico, ossia dalla «patria» del mito di Dumuzi/Tammuz (cfr. J. de Vries, «Der Mythos von Balders Tod», op. cit., p. 59; E. O. G. Turville-Petre, Religione e miti del nord, op. cit., p. 159). Ci si fa notare che potrebbe tuttavia trattarsi anche di un elemento tardo che, suggestionato dal pathos cristiano, venga esteso dalle donne agli «insensibili» Asi, dèi maschi e generalmente impietosi (cfr. J. Lindow, «The Tears of the Gods: A Note on the Death of Baldr in Scandinavian Mythology», The Journal of
English and Germanic Philology, 2002, n. 2, p. 155). Al contrario però, noi riteniamo che si tratti
di un elemento eminentemente arcaico, che non è stato importato dall’esterno, ma si è anzi preservato, nel mito nordeuropeo, in modo ancora più genuino e naturalistico che nel Vicino Oriente Antico. Balder è pianto non solo da una o più donne, bensì da tutto, dalla natura, finanche dagli oggetti inanimati: ciò è indice di un’estrema vicinanza con la valenza fecondatrice e piovana, unico vero fine a cui è il pianto indirizzato nell’apparato simbolico del Mito del Dying and Rising
God.
166 Cfr. J. Chevalier, A. Gheerbrant, op. cit., vol. I, pp. 238-239.
167 Thokk, infatti, viene classificata come una creatura «dagli occhi asciutti». Non emerge
esplicitamente dal racconto dell’Edda in prosa che lei non intende piangere: al massimo si può osservare che Balder le rimane indifferente (cfr. J. de Vries, «Der Mythos von Balders Tod», op.
cit., p. 48; L. Motz, op. cit., p. 100). Ricordiamo una teoria per la quale, in opposizione al pianto
asciutto e sterile di Thokk, il pianto della madre benevola di Balder, Frigg lo farebbe tornerebbe in vita (cfr. A. Edzardi, op. cit., pp. 337-338). Anche nella Voluspa, il pianto è assegnato unicamente alla madre del dio morto, ossia Frigg. Si notino qui i punti di tangenza con la tradizione vicino- orientale ed ellenica: il pianto rituale è assegnato a una donna congiunta del dio.
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tu, steppa, annuncialo a mia madre, alla mia genitrice, perché ella mi pianga, con mia sorella!168
Dumuzi prega, dunque, lande e animali di piangerlo, e prega la steppa di comunicare alla madre – e alla sorella – la notizia della sua morte, affinché lo piangano allo stesso modo. In un altro poema, afferente al ciclo di Dumuzi e Inanna, Compianto di Inanna per la morte di Dumuzi169 – collocato, a livello cronologico, dopo la dipartita del dio –, osserviamo un incipit elegiaco: Inanna, evidentemente pentita di avere inviato agli Inferi il suo sposo al suo posto, lo compiange amaramente. Sul piano rituale, Dumuzi/Tammuz (come anche Adone) viene pianto collettivamente durante la festa a lui dedicata – le Lamentazioni per Tammuz – ed era ferrea credenza che esso permettesse «magicamente» la sua resurrezione170.
Il ruolo qui ricoperto dall’«acqua triste» non è affatto lontano dalla funzione archetipica del Diluvio, mitema acquatico catastrofico e apocalittico che, altrove, inghiotte il mondo vecchio per poterne generare uno nuovo, secondo una «concezione ciclica del riassorbimento nelle acque e della manifestazione periodica»171. Anche il simbolismo dell’immersione − che «equivarrebbe, sul piano umano, alla morte, e sul piano cosmico alla catastrofe (il Diluvio)»172 − ne è
168 J. Bottéro, S. N. Kramer, op. cit., pp. 314-315. 169 Cfr. ivi, pp. 328-332.
170 J. G. Frazer, Il Ramo d’oro. Studio sulla magia e sulla religione, op. cit., p. 372. Esiste, in
realtà, anche un parallelo con il mito di Balder. Nel poema Baldrs Draumar, la veggente riconosce Odino nel momento in cui le pone una domanda molto precisa sul funerale di Baldr, anche se non si comprende pienamente né il senso di questa, né il perché dell’agnizione della veggente: egli fa riferimento a un «pianto rituale» praticato da fanciulle – da qualcuno interpretate come le onde del mare – ben documentato nei costumi funerari germanici (cfr. T. Pàroli, op. cit., p. 143; H. O’Donoghue, Old Norse-Icelandic Literature: A Short Introduction, op. cit., p. 119; J. Lindow,
Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op. cit., p. 70). Come afferma
Neckel (op. cit., p. 172), «il pianto per Baldr rispecchia lo stesso rito di cui abbiamo un esempio più antico nelle lamentazioni per Tammuz». Il mitema del «pianto» di una donna cara, che ha la sua genesi nel Mito agrario del Dying and Rising God, ha agito anche su poemi norreni di altro contenuto, come in uno dei carmi eroici dell’Edda Poetica, dal titolo Helgakviða Hundingsbana
önnor (Secondo carme di Helgi uccisore di Hundingr): l’eroe Helgi perisce giovanissimo in
battaglia e, in una notte prodigiosa, fa ritorno, sebbene per poco, in una visione all’amata Sigrun, sbalordita dall’apparizione e in particolar modo per il sangue che ricopre l’amato. Questi afferma che è stata proprio lei, con le sue «cupe lacrime» a fare sì che egli fosse coperto di quella «rugiada della sventura», kenning per «sangue» (cfr. P. Scardigli (ed.), op. cit., pp. 171-183).
171 M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, op. cit., p. 192. Per un approfondimento, cfr. R.
Couffignal, «Diluvio», in P. Brunel (ed.), Dizionario dei miti letterari, Milano, Bompiani, 1996, pp. 177-183.
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isomorfo, simboleggiando «la regressione nel preformale [...] una dissoluzione delle forme [...] una reintegrazione nel modo indifferenziato della preesistenza»173. L’immersione è contigua ai mitemi delle Lacrime e del Diluvio, in virtù della funzione rigenerante dell’Acqua, archetipo che vi sottende:
Il contatto con l’acqua implica sempre rigenerazione [...] perché la dissoluzione è seguita da una “nuova nascita” [...]. L’acqua conferisce una nuova nascita [...]. Ricca di germi, feconda la terra174.
La presenza dell’archetipo Acqua nel Mito del Dying and Rising God è coerente con il suo apparato ciclico. Dal momento che le acque «precedono ogni forma e sostengono ogni creazione»175 sono tra le entità protagoniste della capitale «seconda fase» o «fase buia» del Ciclo, che ospita simultaneamente la morte e la procreazione, la putrefazione e la germinazione, la dissoluzione e la gestazione – per la luna, il seme o il dio che sia. Soltanto grazie alle acque ctonio- uterine femminili, infatti, è concessa la nuova Creazione, il ricominciamento del Ciclo, la resurrezione del Dio: esse «purificano e rigenerano perché annullano la storia, restaurano [...] l’integrità aurorale»176.
La necessità dell’Acqua, affinché il Dio possa ciclicamente ritornare alla vita, testimonia il suo netto attaccamento all’archetipo del Femminile: come asserito sopra, le acque rigeneranti per la vegetazione sono come le acque uterine della gestazione. Ogni acqua − e ogni liquido − è archetipicamente «femminile» poiché «la liquidità è l’elemento stesso del mestruo»177. Ciononostante, nell’immaginario della fertilità, in cui l’agente maschile fecondante è invisibile, le Acque, proprio come la Luna, possono celare anche valenze maschili se associate alla dimensione del Cielo, anziché a quella della Terra: in tal caso, ci si riferisce all’«acqua discendente e celeste, la pioggia [...] che scende a fecondare la terra»178. Ora, le Lacrime, quali fautrici della rinascita del Dying and Rising God, potrebbero essere
173 Ivi, p. 170. 174 Ibidem. 175 Ibidem.
176 Ivi, p. 176. Attraverso la formula «annullamento del tempo» devono essere interpretati
anche i riti legati al ringiovanimento o alla guarigione tramite un’acqua «miracolosa» (cfr. ivi, pp. 174-175).
177 G. Durand, Le Strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale, op. cit., p. 115.
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viste come equivalente miniaturizzato della Pioggia: come asserito altrove, nonostante la Pioggia sia regolata dalla Luna e dalla Dea, essa può assumere valenze fertilizzanti, esattamente come la Luna, loro regolatrice. In tale chiave può essere interpretata la figura di Poseidone quale stupratore di Demetra – ipostasi ctonia e acquatica del Dio Fecondatore, che ingravida una dea tellurica.
Invece, nel caso del Mito vegetale del Dying and Rising God, che si situa in un contesto prettamente tellurico, l’archetipo dell’Acqua, che sottende alle Lacrime del pianto rituale quale atto magico di rianimazione del Dio, mantiene principalmente il suo simbolismo femminile: «L’acqua primigenia [...] che nasce dalla terra»179 è perfettamente isomorfa alle acque della gestazione nell’utero materno. Non per niente, tra i caratteri irrinunciabili della Dea Madre preistorica c’è quello di governare «le acque primordiali», sotto forma di «Dea-Uccello» (acque superiori) o «Dea-Serpente» (acque inferiori)180. Quanto alla prima forma, tale potere è stato successivamente assorbito dalle figure solari e assegnato alla sua controparte maschile fecondatrice, riallacciandosi alla ierogamia Cielo-Terra; quanto alla seconda forma, le acque sotterranee come acque della gestazione rimarranno sempre una prerogativa del Femminile: «Fin dalla preistoria, il complesso Acqua-Luna-Donna era percepito come il circuito antropocosmico della fecondità»181. A tale complesso deve aggiungersi l’archetipo Terra − «corpo», o meglio, «grembo» della Dea, in cui il Dio «torna per rinascere»182:
Mentre il destino mitico delle Acque è quello di aprire e chiudere i cicli cosmici o eonici che durano all’infinito, il destino della Terra è di stare al principio e al termine di qualsiasi forma biologica183.
Oltre che dalla Lamentazione per il Dio scomparso, una grande rilevanza è assunta, nel Mito del Dying and Rising God, dalla disperazione della controparte femminile del Dio (la madre, la sorella, o l’amata): questa non semplicemente lo compiange, ma ne va anche alla ricerca. Il mitologema della Quête (o Ricerca) del Dio, così, integra e accompagna quello della Lamentazione: entrambi sono
179 Ibidem.
180 Cfr. R. Eisler, op. cit., pp. 74-75.
181 M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, op. cit., p. 170. 182 Ivi, p. 230.
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generati dalla morte e dall’assenza del Dying and Rising God e, pertanto, hanno luogo nella fase «buia» del suo Ciclo di vita, morte e resurrezione.
Nel mito vicino-orientale, la dea Ishtar – nella fattispecie, nel poema babilonese della sua Discesa – si reca alla ricerca del suo amato Tammuz, fatto precipitare da lei stessa negli Inferi. Analogamente, Geshtinanna, sorella del dio, si era recata agli Inferi per supplicare la restituzione del fratello. Nei poemi di Damu, sono la madre e la sorella ad andare alla ricerca del Dio.
Nel mito ellenico-mediterraneo, l’ansiosa Quête di Demetra rivolta alla figlia Kore, sottrattale dal Dio dei morti, costituisce il nucleo centrale del mito ellenico- mediterraneo del Dying and Rising God. In una versione forse più arcaica del mito, addirittura Demetra (o Hecate) è protagonista di una Discesa agli Inferi, sebbene non è detto che questa abbia condotto alla riconduzione di Kore presso i vivi. Difatti, Brelich riconosce che «non una sola testimonianza afferma che, poi, Demeter abbia realmente ricondotto la figlia dal regno dei morti»184; tuttavia, conclude che «non si può escludere che esistesse anche una versione della catabasi con esito positivo»185. Nella versione dell’Inno omerico, invece, la Quête con recupero è assegnata a Hermes, per quanto questi non sia in primis un congiunto della dea, bensì un messo. La «ricerca» di Kore costituisce anche una tappa delle cerimonie misteriche eleusine.
Nel mito nordeuropeo, la ricerca è assegnata a dèi maschili, a causa dell’azione di sovrastrato post-neolitico, in cui il Femminile e la componente agraria pura sono ormai indeboliti. Anzitutto, la Quête viene condotta da Hermothr, fratello del Dio. Vi è un’analogia con il viaggio agli Inferi di Odino – padre, e dunque altro congiunto del Dio – nel poema Baldrs Draumar186: tale viaggio non è, in realtà, una Quête, in quanto si verifica quando Baldr non è ancora morto: tuttavia, nonostante il contesto sia differente, la matrice originaria dei due viaggi oltremondani è la stessa187. Che Hermothr cavalchi Sleipnir, tradizionalmente il cavallo di Odino, e che il suo personaggio svolga una funzione bellica, ci induce a
184 A. Brelich, op. cit., p. 60. 185 Ivi, p. 65.
186 Cfr. F. Detter, op. cit., p. 495. 187 Cfr. F. Niedner, op. cit., p. 333.
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pensare che questi non sia altro che un’ipostasi di Odino188 − proprio come, secondo alcune teorie, lo è Hother, per il significato bellico del suo nome e per il fatto di essere orbo.
Una conseguenza diretta della Quête rivolta al Dying and Rising God è l’isterilimento della terra. La scomparsa di Inanna/Ishtar e di Demetra, rispettivamente nel mito vicino-orientale e nel mito ellenico-mediterraneo, procura la caduta della vegetazione nella stagione brulla e spoglia, nella sterilità, nell’infecondità. Si noti che non è la scomparsa diretta del Dying and Rising God in persona (Dumuzi/Tammuz e Kore) a fare isterilire la terra, bensì del personaggio divino che parte per la Quête: questi incarna sempre, parimenti al Dio, aspetti vegetali o quantomeno tellurici189, ed è il personaggio che costituiva con lui l’Unità. Frankfort teorizza così il rapporto tra Unità originaria Dio-Dea, fertilità e ricerca:
Poiché la dea era la fonte originale della vita, il dio era di necessità suo figlio; ma, ugualmente in modo inevitabile, la fertilità della natura vivente evocava l’immagine dell’unione tra la dea e il dio. Ogni estate il dio amante languiva, poi moriva, cadendo prigioniero nel regno dei morti [...]. Ella vagava [...] alla ricerca del dio. Poi [...] il dio era ritrovato, liberato e rianimato190.
Lo slittamento di tale funzione dal Dio (che di certo, nel Mito originario, doveva procurare con la propria scomparsa la caduta nella sterilità) alla sua controparte è ammissibile. Tuttavia, potrebbe anche trattarsi di una logica conseguenza della scomparsa non semplicemente del Dio (che «equivarrebbe» così alla vegetazione), ma di quell’armonia che egli recava sulla terra, facendone gioire la madre o l’amata. Non appena la sua controparte ha il tempo di accorgersi che il Dio è sparito e ne va alla ricerca, la sua dipartita allora rende visibili e tangibili nella natura le conseguenze sia della sparizione del Dio, sia,
188 Cfr. F. Detter, op. cit., p. 503.
189 È stato appurato precedentemente (cfr. infra, par. 1.2.2) che Demetra e Kore costituiscono
una sola Dea, la «Dea Doppia», nella forma di Madre e di Figlia. Quanto a Inanna/Ishtar e Dumuzi/Tammuz, li si è posti nel rapporto in cui il grembo tellurico sta con il seme che vi viene sotterrato: ma nella fase «negativa» di tale rapporto, Inanna/Ishtar è sostituita dal suo doppio ctonio, la dea degli Inferi Ereshkigal.
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congiuntamente − ma non simultaneamente sul piano narrativo − la sparizione della sua amorevole controparte.
Nel caso del mito nordeuropeo, invece, all’isterilimento della terra nella stagione brulla si sostituisce un’alterazione dei ritmi della natura, ugualmente sconcertante, ossia il Fimbulvetr, «Inverno Terribile» (e spropositatamente lungo) che precede il Ragnarok191. Esso non è che una variante del medesimo mitema, più implicita, dal momento che la neve, il gelo, il vento e l’indebolimento del sole che lo caratterizzano hanno, in tale contesto, una portata inequivocabilmente sterile: la terra non potrebbe mai essere rigogliosa nelle condizioni descritte.
In merito all’aspetto rituale della Quête del Dio, Pettazzoni riconosce alla Ricerca la funzione − non lontana da quella ricoperta dalla Lamentazione − della promozione della fertilità:
La ricerca di Kore (scomparsa) per opera di Demeter (a Eleusi e Samotracia), di Osiride (ucciso) per opera di Iside, [...] di Tamuz defunto per opera di Ishtar [...] è un motivo costante che rispecchia un rito agrario destinato a promuovere la ripresa della vegetazione192.
Oltre alla Lamentazione, dunque, anche la Ricerca aveva in qualche modo una pertinenza con la stimolazione «magica» della rinascita della pianta e della natura. Forse, in essa si deve leggere – in quanto, in molti casi, si traduce in una Catabasi – una traduzione mitica dell’atto del seppellimento del seme, e dunque della «ricerca» del suo prodigio trasformativo. Tale è altresì la chiave di lettura – che