Capitolo I. Il Dying and Rising God: un profilo storico-religioso
1.3 Il mito nordeuropeo della Renovatio
1.3.1 La morte del dio buono
La fonte principale che tramanda il mito di Balder, figlio di Odino e di Frigg194, è la quarantanovesima sezione – una delle ultime – della Gylfaginning (Inganno di Gylfi), prima parte dell’Edda in prosa, composta dell’islandese Snorri Sturluson (1179-1241)195. La Gylfaginning si concluderà con l’escatologia del Ragnarok, di cui la morte di Balder è il presagio (o la causa) inesorabile196. Al Ragnarok, seguirà la rigenerazione totale del mondo. Riportiamo, di seguito, il sunto sinottico della quarantanovesima sezione197.
Quando il dio Balder ebbe dei sogni minatori per la sua vita, si inquietò non poco. Confessò tali sogni agli altri Asi198, i quali, preoccupati, decisero di
194 Cfr. S. Sturluson, Edda, a cura di G. Dolfini, Milano, Adelphi, 2006, pp. 73-74; J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, Oxford, Oxford University
Press, 2001, p. 65.
195 Su tale opera – summa della religione dei germanica prima all’avvento del cristianesimo –, e
sul suo autore, cfr. E. O. G. Turville-Petre, Religione e miti del nord, Milano, Il Saggiatore, 1964, p. 34; K. J. Wanner, Snorri Sturluson and the Edda: The Conversion of Cultural Capital in
Medieval Scandinavia, Toronto, University of Toronto Press, 2008, pp. 94 e sgg.; H. O’Donoghue, Old Norse-Icelandic Literature: A Short Introduction, Padstow, Blackwell Publishing, 2004, pp.
62-93; J. de Vries, Altnordische Literaturgeschichte, Berlin, de Gruyter, 1999, vol. I, pp. 34 e sgg.; E. O. G. Turville-Petre, Origins of Icelandic Literature, Oxford, Clarendon Press, 1967, pp. 227 e sgg. Per le due edizioni esistenti in lingua italiana dell’Edda in prosa, cfr. S. Sturluson, Edda, op.
cit.; G. Chiesa Isnardi (ed.), Edda di Snorri, Milano, Rusconi, 1975. Per un’edizione in lingua
inglese, cfr. S. Sturluson, The Prose Edda, edited by J. L. Byock, London-New York, Penguin Books, 2005. Per le edizioni in lingua italiana dell’altra Edda, l’Edda Poetica, cfr. C. A. Mastrelli (ed.), L’Edda. Carmi norreni, Firenze, Sansoni, 1951; P. Scardigli (ed.), Il Canzoniere eddico, Milano, Garzanti, 2004. Per alcune edizioni in lingua inglese, C. Larrington (ed.), The Poetic
Edda, New York, Oxford University Press, 1996; U. Dronke (ed.), The Poetic Edda, Oxford,
Oxford University Press, 2011, 3 voll.; P. Terry (ed.), Poems of the Elder Edda, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1990.
196 Nonostante l’illusione che gli eventi nelle ultime sezioni della Gylfaginning – morte di
Balder, incatenamento di Loki, Ragnarok e rinascita del mondo – abbiano una successione lineare, ciò non è per nulla scontato (cfr. B. Branston, Gli Dèi del Nord, Milano, Mondadori, 1991, p. 217). A proposito della temporalità del mito, sarebbe più opportuno parlare di «presente mitologico». In proposito, cfr. J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op.
cit., p. 40; M. Clunies Ross, Prolonged Echoes: Old Norse Myths in Medieval Northern Society,
Odense, Odense University Press, 1994, vol. I, pp. 229 e sgg; P. C. Bauschatz, The Well and the
Tree: World and Time in Early Germanic Culture, Amherst, University of Massachusetts Press,
1982, pp. 117 e sgg. Per una discussione relativa alle teorie eliadiane in merito al tempo, applicate al poema eddico Voluspa (Profezia della veggente) – in cui, ad esempio, si legge che la veggente «vide» il Ragnarok – cfr. J. P. Schjødt, «Völuspá–cyclisk tidsopfattelse i gammel-nordisk religion», Danske Studier, 1981, n. 76, pp. 91-95.
197 Per la sinossi della sezione in questione dell’Edda in prosa, ci basiamo su S. Sturluson, Edda, op. cit., pp. 110-166. Le citazioni dirette saranno seguite dall’indicazione del numero di
pagina. Per la sezione nell’altra edizione italiana dell’opera, cfr. G. Chiesa Isnardi (ed.), Edda di
Snorri, op. cit., pp. 139-144. Per la sezione in un’edizione in lingua inglese, cfr. S. Sturluson, The Prose Edda, op. cit., pp. 65-69.
198 Gli dèi norreni sono divisi in due classi: Asi e Vani. Mentre i primi svolgono funzioni
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garantirgli, in qualche modo, un’incolumità contro la morte. La dea Frigg, madre di Balder, si adoperò per ottenere il giuramento, da parte di «fuoco e acqua, ferro e ogni specie di metallo, pietre, terra, alberi, malattie, animali, uccelli, veleno serpenti» (p. 110), di non recare del male a Balder. Giacché nulla avrebbe più fatto del male a Balder, gli Asi, organizzando un «passatempo» (ibidem), lo fecero mettere al centro del Thing199, divertendosi a lanciargli addosso qualsiasi cosa trovassero, non recandogli tuttavia alcuna ferita. Il dio Loki, osservando tutto ciò, venne infastidito dal fatto che nulla facesse del male a Balder. Così, assunte le sembianze di una donna, si recò dalla dea Frigg, chiedendole spiegazioni sul gioco praticato dagli Asi nel Thing, e se fosse vero il giuramento collettivo di risparmiare Balder. Frigg rispose che vi era solo una pianticella, dal nome vischio, a ovest della Valholl, a cui non aveva chiesto il giuramento, dal momento che le pareva un po’ troppo giovane per farlo. Loki, non appena appresa la notizia, strappò la pianticella di vischio e si recò al Thing. Lì si rivolse a uno degli Asi, Hother, che era in disparte e non si divertiva con gli altri, poiché cieco e senz’armi. Loki si propose di aiutarlo, facendogli prendere in mano il «bastoncino» (p. 111) di vischio e orientandolo in direzione di Balder. Quando il vischio lo colpì, il dio cadde a terra tramortito. Gli Asi tacquero basiti: non era possibile alcuna vendetta immediata contro l’assassino, dal momento che il Thing era un luogo sacro e pacifico. Colui che stava più male era il padre di Balder e signore di tutti gli dèi, Odino, perché sapeva molto bene cosa la morte del figlio avrebbe comportato. Dopo essere rivenuti dallo smarrimento, la dea Frigg chiese se qualcuno tra gli Asi si offrisse volontario per raggiungere Hel200 e reclamare la virile spirito «indoeuropeo», i Vani costituirebbero un residuo dei culti neolitici della fertilità, preesistente in Europa (cfr. E. O. G. Turville-Petre, Religione e miti del nord, op. cit., pp. 207-213; H. O’Donoghue, From Asgard to Valhalla: The Remarkable History of the Norse Myths, London- New York, I. B. Tauris, 2008, pp. 42-49; J. G. Oosten, The War of the Gods: The Social Code in
Indo-European Mythology, London, Routledge & Kegan Paul, 1985, pp. 40 e sgg.; K. Weinhold,
«Über den Mythos vom Wanenkrieg», Sitzungsberichte der Königlich Preussischen Akademie der
Wissenschaften zu Berlin, 1890, n. 29, pp. 611-625).
199 Il Thing era lo spazio adibito alle assemblee degli dèi Asi (cfr. D. H. Green, Lingua e storia nell’antico mondo germanico, Milano, I.S.U., 2006, pp. 63-66; J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op. cit., p. 6).
200 Nella cosmologia nordeuropea, lo Helheimr, «regno di Hel», spesso abbreviato in Hel, è
uno dei nove mondi: vi si recano i morti. La padrona del regno di Hel reca, anche lei, il nome di «Hel», ed è una dea che appartiene alla mostruosa stirpe di Loki (cfr. J. Lindow, Norse Mythology:
A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op. cit., pp. 104-105, p. 172; C. Lecouteux, Dizionario di mitologia germanica, Lecce, Argo, 2007, p. 78, pp. 126-127; H. R. Ellis Davidson,
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restituzione di Balder. Un dio Ase, Hermothr, fratello di Balder, decise di intraprendere l’impresa, e partì sul cavallo di Odino, Sleipnir, alla volta di Hel. Nel frattempo, un sontuoso funerale – una cerimonia di cremazione su una nave in acqua – venne preparato per il dio defunto201. Nel frattempo, il dio Hermothr impiegò nove notti per giungere al regno di Hel. Giunto nei pressi del reame infernale, nell’attraversare il ponte che sovrasta il fiume Gioll, venne bloccato dalla «vergine» (p. 113) Mothguth che, notando che si trattava di un uomo vivo, lo interrogò; da lei Hermothr apprese che Balder era passato per quel ponte, e ottenne l’indicazione per raggiungere la porta di Hel. Giuntovi, Hermothr vide «suo fratello, seduto sul seggio più alto» (ibidem) e trascorse lì la notte. Il mattino seguente, provò a trattare con la dea Hel, riferendole il grande dolore degli Asi per la dipartita di Balder. Questa gli propose un patto: «Se tutte le cose nei mondi, vive o morte, lo piangeranno, allora egli tornerà presso gli Asi, ma rimarrà presso Hel se qualcuno si rifiuta di farlo» (ibidem). Balder accompagnò Hermothr alla porta e gli donò l’anello Draupnir come ricordo, per ricondurlo al padre Odino. Hermothr ripercorse la via all’indietro e, tornato ad Asgard, riferì tutto agli dèi. Vennero inviati messi per ogni dove: gli «uomini e ogni altro essere vivente e la terra e le pietre e gli alberi e ogni metallo» (p. 114) piansero Balder. Ma purtroppo, alla fine, i messi trovarono una vecchia di nome Thokk seduta in una dimora, e quando le chiesero di piangere Balder, affinché potesse fare ritorno da Hel, lei rispose che piangerà Balder «con occhi asciutti» (ibidem), e che Hel può tenersi ciò che ha. Si suppone che la decrepita Thokk sia stato un altro travestimento del dio Loki: lo stesso dio che aveva causato la morte di Balder, ne impedì, così, il ritorno.
Il mito di Balder viene tramandato − per quanto in parte − anche da altre fonti. La Voluspa (Profezia della veggente)202, il primo poema mitologico dell’Edda
The Road to Hel: A Study of the Conception of the Dead in Old Norse Literature, Westport,
Greenwood Press, 1943, p. 84).
201 Per i dettagli del funerale di Balder, cfr. S. Sturluson, Edda, op. cit., p. 112; J. Lindow, Murder and Vengeance among the Gods: Baldr in Scandinavian Mythology, Helsinki,
Suomalainen Tiedeakatemia, Academia Scientiarum Fennica, 1997, pp. 69-100.
202 Per il testo in traduzione di questo poema, cfr. P. Scardigli (ed.), op. cit., pp. 5-15; C. A.
Mastrelli (ed.), op. cit., pp. 1 e sgg.; C. Larrington (ed.), op. cit., pp. 3-13. Per degli studi su questo poema, cfr. M. Polia, Völuspá: i detti di colei che vede, Padova, Il Cerchio – Il Corallo, 1983; M. Meli, Völuspá. Un’apocalisse norrena, Roma, Carocci, 2008; P. Schach, «Some Thoughts on
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poetica, fa un breve accenno al funesto episodio della morte del dio. Nelle strofe 31-33 si legge:
Vidi per Baldr a un sacrificio di sangue, per il figlio di Odino, affidato il destino. Cresciuto si trovava più alto nella pianura esile e bello un rametto di vischio.
Venne su da quel legno, esile all’apparenza, un terribile dardo di dolore. Höðr lo lanciò. Era il fratello di Baldr nato di buon’ora:
vecchio d’una notte prese a combattere, il figlio d’Odino. Non lavò mai le mani né pettinò la testa
finché non trascinò al rogo il rivale di Baldr. Pianse Frigg in Fensalir
il lutto della Valhalla. E voi, riuscite a seguire? (p. 10)
Rispetto al racconto di Snorri, i versi della Voluspa ci tramandano la vicenda in maniera molto allusiva, e con dei dettagli profondamente cambiati a livello sinottico: rimangono il vischio, quale arma del deicidio, e la divinità Hother, quale deicida, mentre non si fa accenno all’inganno che gli ha procurato la divinità Loki. La morte di Balder non figura, qui, né come una sciagura premeditata (da Loki, che è assente) né come uno spiacevole incidente, giacché non c’è alcun accenno neanche alla cecità di Hother: essa viene esplicitamente definita «un sacrificio di sangue»203 – una morte sacrificale. Il pianto, mitologema che certamente appartiene anche alla versione di Snorri, è qui assegnato unicamente alla madre del dio morto: Frigg.
Nella Voluspa viene menzionato l’episodio della vendetta contro Hother – il quale, si ricordi, appare in questa fonte come unico assassino di Balder. Un «figlio d’Odino» viene generato appositamente per adempiere alla vendetta dopo un solo giorno dalla sua nascita («vecchio d’una notte»). Ciò non è bizzarro come potrebbe sembrare, dal momento che, come Snorri narra, il deicidio è avvenuto in un luogo sacro – sicché, sul momento, nessuno dei presenti avrebbe potuto
Völuspá», in R. J. Glendinning, H. Bessason (ed.), The Edda: A Collection of Essays, Winnipeg,
University of Matinoba Press, 1983, pp. 86-116; R. Boyer, «On the Composition of Völuspá», in
ivi, pp. 117-133.
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spargere sangue204. Inoltre, secondo le ferree regole della faida germanica, nessuno di loro, in quanto imparentato con Hother in quanto Ase, avrebbe potuto agire contro un fratello per vendicare un altro fratello205. Probabilmente, la procreazione di un altro figlio, adibito appositamente alla vendetta e assente dal luogo del delitto, avrebbe lenito la gravità dell’atto. Nella Voluspa, il nome del dio vendicatore viene taciuto; da altre attestazioni206, si apprende che il suo nome è Vali.
Un altro poema, probabilmente contemporaneo alla Voluspa a livello di composizione, ma non appartenente al manoscritto dell’Edda poetica (sebbene composto in stile «eddico»), bensì a una tradizione isolata207, è Baldrs Draumar (Sogni di Balder)208, meno conosciuto come Vegtamskvitha (Carme di Vegtam)209. Nonostante nel titolo più conosciuto figuri il nome del dio Balder, questi non compare che nell’incipit: proprio come la sezione quarantanovesima della Gylfaginning, esso inizia in tono affabulatorio, annunciando che inquietanti sogni tormentavano le notti di Balder210, e che gli Asi vennero a consiglio per decidere
204 Cfr. J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op. cit.,
p. 66.
205 Sulla faida nell’antico mondo germanico, cfr. D. H. Green, op. cit., pp. 79 e sgg; G. Chiesa
Isnardi, I Miti nordici: storie, figure, simboli, Milano, Longanesi, 2008, pp. 13-14; J. Lindow, «Blood Feud and Scandinavian Mythology», Alvíssmál, 1994, n. 4, pp. 51-68.
206 Tali attestazioni sono il poema Baldrs Draumar (Sogni di Balder) e le sezioni trentesima e
trentaseiesima della Gylfaginning, prima parte dell’Edda in prosa. Nella prima fonte, si afferma che il vendicatore della morte di Balder viene generato dalla dea Rindr; nella seconda fonte, leggiamo che «Váli si chiama un dio, figlio di Odino e di Rindr», mentre Rindr altrove è definita «la madre di Vali» (cfr. C. Larrington (ed.), op. cit., p. 244; S. Sturluson, Edda, op. cit., p. 79, p. 87).
207 Cfr. E. O. G. Turville-Petre, Religione e miti del nord, op. cit., p. 148.
208 Per il testo in traduzione di questo poema, cfr. C. Larrington (ed.), op. cit., pp. 243-245; P.
Terry (ed.), op. cit., pp. 241 e sgg.; per un sunto della vicenda, cfr. H. O’Donoghue, Old Norse-
Icelandic Literature: A Short Introduction, op. cit., p. 119; J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals and Beliefs, op. cit., pp. 70-71. Per alcuni studi su questo poema, cfr.
T. Pàroli, «Baldr’s Dreams: A Poet Awaiting Vision», Rendiconti della Classe di Scienze morali
storiche e filologiche della Accademia Nazionale dei Lincei, 1992, n. 9, pp. 137-161; F. R.
Schröder, «Die eddischen Balders Träume», Germanisch-Romanische Monatsschrift, 1964, n. 45, pp. 329-337.
209 Nel poema, Vegtam («colui che vaga») è il nome assunto da Odino quando si reca a
interpellare la veggente.
210 Sul sogno nella letteratura norrena, cfr. G. Chiesa Isnardi, I Miti nordici: storie, figure, simboli, op. cit., pp. 168-172; G. D. Kelchner, Dreams in Old Norse Literature and Their Affinities in Folklore, Cambridge, Cambridge University Press, 1935; P. Schach, «Symbolic Dreams of
Future Renown in Old Icelandic Literature», Mosaic, 1971, n. 4, pp. 51-73. Nelle fonti nordico- occidentali, non viene mai specificato l’oggetto dei sogni di Balder, ma è verosimile che egli sogni di «venire ferito o ucciso» (J. Lindow, Norse Mythology: A Guide to the Gods, Heroes, Rituals
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sul da farsi; il seguito è, però, del tutto differente. Odino, infatti, decise di recarsi al galoppo presso una veggente, la cui tomba si trovava presso il regno di Hel, per farsi predire la sorte del figlio211. Egli, disturbando il suo sonno, dichiarandole un nome falso ed esortandola con tono perentorio più volte, riuscì a venire a conoscenza della imminente morte di Balder, dell’identità dell’assassino – anche in questa fonte non c’è traccia di Loki, e viene nominato soltanto Hother – e dell’identità del vendicatore. Infine, Odino la interpellò chiedendole chi siano le fanciulle che innalzeranno il lamento funebre per Balder: a questo punto la veggente, invece di rispondere, rendendosi conto di essere dinanzi al Padre degli dèi (e non il finto personaggio Vegtam), si congedò, preannunciando l’avvicinarsi del Ragnarok212. Nonostante Odino sia uscito vincente dall’incontro con la veggente, avendo ottenuto le informazioni che desiderava, l’explicit non è di certo positivo, alla luce dell’inevitabilità di quanto gli è stato predetto213.
Teoricamente, Baldrs Draumar potrebbe trattare un episodio cronologicamente parallelo alla disgrazia narrata da Snorri. Infatti, il Dio Odino, che nell’Edda in prosa viene citato soltanto quando Balder è a terra morto, avrebbe potuto essere assente sino a quel momento, essendo nel frattempo disceso dalla veggente per costringerla a predirgli il destino dell’amato figlio. La veggente, sul finale, infatti, esortò Odino a «galoppare verso casa», probabilmente perché la disgrazia si stava per verificare. Tale interpretazione è, però, relativamente di poco conto, per via delle problematiche sulla temporalità del mito nordeuropeo cui si è già accennato.
L’aspetto forse più misterioso e di più ardua interpretazione del mito di Balder è l’arma «naturale» del suo deicidio, raccolta dal perfido Loki e scagliata dal cieco Hother: un ramoscello (o germoglio) di vischio, in antico nordico mistilteinn214. Quando Balder confessò agli dèi la propria preoccupazione riguardo ai suoi sogni, e Frigg si adoperò subito per assicurare la sua incolumità, ci si illude, per un
211 Si noti la somiglianza – grazie al mitema della cavalcata infernale – con l’episodio della
cavalcata di Hermothr verso Hel, sebbene esso si verifichi più tardi, dopo il compimento della sciagura, e con un intento differente.
212 La veggente collega l’inizio del Ragnarok allo sguinzagliamento di Loki – il quale,
immaginando una linea temporale concreta e retta, ancora dev’essere imprigionato – con cui probabilmente è imparentata (cfr. H. R. Ellis Davidson, Gods and Myths of Northern Europe, London, Penguin Books, 1986, p. 188).
213 Cfr. T. Pàroli, op. cit., pp. 144-145.
214 Sul vischio, cfr. K. F. von Tubeuf, Monographie der Mistel, München-Berlin, R.
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attimo, che la sciagura della morte del dio possa essere evitata. In effetti, la doppia tragedia del deicidio di Balder e del suo fallito recupero non è che una questione di eccezioni: egli sarebbe divenuto invulnerabile, se non fosse stato per una pianta – il ramo di vischio; e sarebbe ritornato in vita, se non fosse stato per una creatura – la decrepita Thokk215.
Qualora si voglia interpretare il mito di Balder come Mito del Dying and Rising God, un elemento su cui non si può sorvolare è il vischio, arma della morte violenta del dio: si tratta, difatti, dell’elemento vegetale rimasto più in vista nel suo apparato mitemico216. I problemi legati all’esatta qualificazione del vischio sono stati sempre al centro del dibattito circa il suo simbolismo nel deicidio nordeuropeo.
Nella nostra fonte principale, l’Edda in prosa snorriana, Frigg fornisce a Loki – il quale è in incognito, tramutato in donna – l’«informazione fatale»217 che recherà la rovina di Balder: l’unica pianta, dalla quale la dea non ha preteso il giuramento solenne di non ferire Balder, reca il nome «vischio» (mistilteinn) e cresce «a ovest della Valholl»; Frigg non ha reputato necessario chiederle di giurare, o forse non se l’è sentita di farlo, perché il vischio è una pianticella «troppo giovane» (p. 111). Anzitutto, la scelta della collocazione a ovest della Valholl, ossia ai confini occidentali di Asgard, cela, già di per sé, un simbolismo mortuario218: ciò pare entrare in contraddizione con la sua giovinezza e ingenuità, la quale, peraltro, appare decisamente una «motivazione debole»219 per indurre Frigg a non farle pronunciare alcun giuramento. Rivediamo ora cosa ci dice una fonte più arcaica, la Voluspa, in merito al vischio:
215 Cfr. J. de Vries, «Der Mythos von Balders Tod», Arkiv för nordisk filologi, 1955, n. 70, pp.
47-48.
216 Molti Dying and Rising Gods danno origine a una specifica pianta o fiore, venendo così
eternizzati in una ipostasi vegetale: ad esempio, dal sangue di Adone spunta un anemone rosso e da quello di Attis una viola (cfr. G. Neckel, op. cit., p. 213). Nonostante l’analogia sia individuabile, nel caso di Balder non si può parlare di un processo identico: il vischio è, al contrario, l’arma della sua morte. Inoltre, prima del vischio, la pianta che vi si affianca è l’erba detta baldrsbrá «sopracciglia di Balder», che menziona Snorri nella sua presentazione, e che prende il nome del bel dio in quanto si tratta della «più chiara di tutte le erbe» (S. Sturluson, Edda,
op. cit., p. 79).
217 J. Lindow, Murder and Vengeance among the Gods: Baldr in Scandinavian Mythology, op. cit., p. 60.
218 Cfr. J. Chevalier, A. Gheerbrant, op. cit., vol. II, p. 163.
219 F. Detter, «Der Baldrmythus», Beiträge zur Geschichte der deutschen Sprache und Literatur, 1894, n. 19, p. 504.
56 Cresciuto si trovava più alto nella pianura esile e bello un rametto di vischio.
Venne su da quel legno, esile all’apparenza, un terribile dardo di dolore. Höðr lo lanciò220.
Dall’incipit di tale descrizione, sembrerebbe difficile che il vischio, così debole, possa risultare nocivo o addirittura mortale: tale fu, infatti, l’illusione di Frigg nel racconto di Snorri. Nei versi successivi, il sottile ramoscello di vischio si