CAPITOLO 2: DALL’ESPERIENZA AL VIAGGIO
5 IN CONCLUSIONE
3.6 LAVORO
La generazione dei Millennials è la più recente ad entrare nel mondo del lavoro24, o che sta lottando per
affermarsi a livello professionale. Appartengono ai Millennials coloro che oggi sono studenti iscritti all’università, che si affacciano in un contesto accademico vibrante, fatto di sfide, di ricerca di continuità tra il sogno nel cassetto che li porta ad
iscriversi e quello che è il terrificante “mondo del lavoro” in cui si affacciano da neolaureati. Al di là delle
24 Nel 2020 costituiranno circa 1\3 della forza lavoro globale, secondo Coupland, 1996.
generalizzazioni e del pensiero a volte mainstream che li vede come incapaci di impegnarsi se non nell’evitare la fatica, i dati mostrano tutt’altro panorama:
“Se mediaticamente vince il fenomeno dei Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, la realtà è fatta di tantissimi giovani che, pur di entrare nel mondo del lavoro, di “stare in partita” si
accontentano di lavori che non sono in linea con la propria qualificazione” (Censis, 2015, p.6).
Internet: centrale nella vita dei Millennial
Per una generazione che nasce digitale e
cresce sul mobile, Internet è conditio sine
qua non dell’esistenza. La centralità
dell’utilizzo di questa vera e propria finestra
sul mondo risiede in:
➢
Tenersi informati e cercare notizie nel
monento stesso in cui si presenta la
necessità
➢
Imparare cose nuove
➢
Essere aggiornati, in real time, anche
sulle proprie passioni
➢
Risolvere esigenze conoscitive
quotidiane
Non una generazione pigra, indolente, bambocciona,
choosy ma con voglia di fare e alla ricerca di riscatto e di realizzazione professionale, impegnata nella
connessione, nella concretizzazione delle proprie idee, nello scambio di queste idee e di competenze reciproche che li portino a collaborare in vista di un obiettivo
comune, passando anche per lavori non in linea con i propri studi o sotto inquadrati, sottopagati e non allineati alle loro capacità e qualifiche in quello che non è un
Paese per (tutti i) giovani. Sono infatti secondo il Censis
2.300.000 i Millennials che vivono in questa situazione “in linea con la convinzione diffusa che comunque sia
opportuno prendere un lavoro anche inferiore alla propria qualifica pur di entrare e star dentro al mercato del lavoro” (Censis, 2015, p.6). Un lavoro qualunque
insomma, perché non hanno solo la motivazione e lo slancio entusiasta della gioventù, ma anche una forte adattabilità, come spiegano anche i dati (Tabella 5).
Combattono questa difficoltà con la
relazionalità, la ricerca di opportunità via web e network sociale, con
l’inventiva e l’adattamento a varie situazioni
mostrando anche spirito di sacrificio. La loro
intraprendenza li porta a voler trovare soluzioni innovative. Il registro delle imprese evidenzia come siano oltre 5000 le startup create e gestite da
Millennials, magari in spazi di coworking e cosharing: mettere in comune le idee è vitale ed essenziale per il modo di essere dei Millennials, di vivere la loro
quotidianità anche professionale, non solo privata. La condivisione è un pilastro necessario alla costruzione della loro identità e di uno status, e li inserisce all’interno dei circuiti di economia circolare e sharing economy (v.
Tabella 7:Situazione lavorativa dei Millennials occupati e confronto in % rispetto ai baby boomers. Censis, 2015.
Situazione lavorativa negli ultimi 12 mesi
Millennials Baby boomers Differenza %
Ad un livello più basso della propria qualifica
46,7 21,3 +25,4
Piccoli lavoretti saltuari 36,4 12,5 +23,9
Contratti di durata inferiore al mese 34,8 12,3 +22,5
In nero 23,3 7,2 +16,1
oltre). Permette al contempo visibilità e investimenti piuttosto contenuti in termini di capitale economico, possono sfruttare incubatori e acceleratori di start-up, spazi in condivisione per l’abbattimento dei costi,
nomadismo digitale con mezzi lavorativi già in possesso (pc, smartphone e poco altro), potere del proprio
network di conoscenze per entrare a contatto con diverse opportunità soprattutto di scambio e collaborazione in virtù di un’economia basata, letteralmente, sulla rete. Una ricerca Duepuntozero del 2014 evidenzia i driver di scelta del posto di lavoro per i Millennials (Fig. 19).
In generale, li contraddistingue un generale senso di impazienza che si riflette nei loro orizzonti professionali. Attraverso i social media e i media digitali i Millennials ottengono gratificazioni istantanee, e questa velocità nell’ottenere un feedback e una gratificazione li rende meno capaci di affrontare le attese, generando frustrazione e ansia (Thompson,
Gregory, 2012; Censis, 2015; Nielsen, 2017), che si riversa per esempio nelle situazioni lavorative. Poiché sono “cablati”, ciò conferisce loro un
vantaggio competitivo quando si tratta di lavorare con le nuove tecnologie, che diventeranno sempre più integrate nei processi di lavoro e utili per integrare le sfide professionali, trovare nuovi stimoli, restare aggiornati sulle novità e imparare qualcosa di nuovo, creando una nuova cultura del lavoro.
Aperti al cambiamento, appunto, ma con la difficoltà di collocazione professionale dovuta alla congiuntura economica e alle situazioni lavorative precarie che affrontano con frustrazione e al contempo ambizione, con voglia e necessità di riscatto e di emergere. Per questo sono scettici sugli impegni a lungo termine e sono orientati – o rassegnati – a una maggiore flessibilità nella loro carriera. I millennial sono stati segnalati in qualche modo impazienti in termini di ricerca di progressi nelle
84 77 76 33 27 23
Crescita professionale basata su meritocrazia Opportunità di carriera Operare in un settore di attività interessante Offrire un alto stipendio all'ingresso Lavorare in un'azienda famosa, conosciuta da
tutti
Lavorare in un'azienda con una lunga storia
Figura 18: Drivers di scelta del posto di lavoro per i Millennials. Fonte: Duepuntozero per lwww.linkiesta.it, 2014, in Capeci, 2017, p.138.
organizzazioni e preferiscono una gerarchia piatta, orizzontale. Infatti, i Millennials preferiscono l’azione collettiva, lavorando in gruppo; vogliono un lavoro che conta davvero per loro, e avendo una mentalità civica, fiduciosa, ottimista e socialmente e ecologicamente consapevole si sentono spinti a superare tutti i loro obiettivi e aspirazioni. Sanno improvvisare quando necessario e sanno confrontarsi sia con l’indipendenza che con il lavoro di gruppo, meglio se con colleghi coi quali condividono obiettivi, mentalità e che siano
d’ispirazione. Ai millennial piace avere flessibilità e non amano gestire troppe regole (Kaifi, Nafei, Khanfar e Kaifi, 2012, p.91) e se cambiano mansione e posto di lavoro, potranno riciclare e riutilizzare le soft skill
apprese. Possiedono idee pragmatiche che trovano nella rete un punto di rilancio, un’opportunità e una possibilità di autorealizzazione e credono nell’intelligenza collettiva e distribuita che la rete apporta. Hanno sviluppato una maggiore consapevolezza del mondo che li circonda attraverso Internet e le comunicazioni globali, che ha dato loro la tolleranza, l’apprezzamento e la sensibilità per lavorare con persone di diversa religione,
orientamento sessuale, etnia ecc., in virtù di una crescente inclusività e sostengono la parità di genere. Queste esperienze e competenze possono aiutare i Millennials a sviluppare migliori rapporti di lavoro con colleghi, clienti, stakeholders e le altre aree
organizzative. L’ambiente di lavoro è altrettanto importante: si aspettano di lavorare e divertirsi allo stesso tempo e di lavorare per divertirsi, non tornare
stressati come i loro genitori. Meglio ancora se con i colleghi, per migliorare anche l’ambiente di lavoro.
4 I consumi alla prova dei Millennials
Comprendere il comportamento d’acquisto di un consumatore è al centro del successo commerciale nei mercati competitivi di oggi, fatti di segmenti eterogenei e mutevoli, coi quali il marketing deve confrontarsi. I
marketers, soprattutto oltreoceano, parlano di
Generazione Y e Millennials ormai da un decennio circa (Allwood, 2015) e il dibattito pubblico inizia a
interrogarsi della portata del cambiamento che
l’evoluzione tecnologica e il marketing portano anche nei confronti di questa coorte generazionale. L’estensione del concetto presa in considerazione in queste pagine allude al fatto che alcuni di questi sono ormai “adulti” e hanno dei figli a loro volta. Questo va a modificare le priorità di consumo, di tempo e di loro disponibilità. Anticipiamo in questo paragrafo qualche considerazione di carattere generale, per approfondire poi nel capitolo successivo con l’analisi dei dati provenienti dalla fase di ricerca. La prima considerazione che è possibile fare è l’esistenza di un marketing rivolto ai Millennials, che li ritiene un target particolare cui rivolgersi, in funzione delle caratteristiche peculiari fin qui evidenziate. Queste tecniche, che si appoggiano ad asset strategici di
esperienza, condivisione e personalizzazione, hanno un buon riscontro in termini di performance e ROI. Una
ragione del successo del marketing per i Millennials è che costoro rappresentano il mercato di consumo di oggi e del futuro e stanno formando ora preferenze e abitudini di acquisto che dureranno per tutta la vita, e le loro abitudini rappresentano importanti indicatori di
cambiamenti su larga scala nel comportamento futuro dei consumatori.
I Millennials rappresentano i consumatori “più ambiti dai brand […] il cui potere d’acquisto è in costante crescita” (Mattiello, 2017, p.17), mentre al contempo opera una ridefinizione dei propri consumi “sperimentando modalità di fruizione individualizzate, che uniscono passato e presente, alto e basso, in un continuo mash up di merci e di prodotti” (Roberti, 2017, p.14) in grado di far emergere la propria individualità e personalità, in quanto “materiali simbolici da impiegare nel percorso di definizione del proprio sé” (Roberti, ibidem, p.107) e rispondenti a un chiaro progetto di personalizzazione e racconto di sé e delle proprie storie, dove la marca è solo strumentale allo scopo narrativo. In un certo senso,
rappresentano un punto di svolta per il marketing che si trova di fronte a un cambiamento
necessario per poter dialogare con questi consumatori di oggi e di domani.
È più difficile, attraverso il marketing tradizionale, convincere un Millennial rispetto a un
consumatore più anziano che un marchio sia
25 Il prosumer non è certamente un fenomeno di nicchia e anzi l’apertura del marketing verso questo aspetto è quella necessaria per la costruzione del customer journey perché richiede ascolto.
rilevante. Preferiscono marche di nicchia che possano rappresentarli e parlare dei loro interessi e unicità, creando l’opzione migliore per se stessi25. I millennial si
rivolgono a reti molto più ampie per consigli, chiedendo direttamente in rete. Sono così influenzati da diversi tipi di persone: familiari, amici ma anche influencer e
celebrity sui social. Più di altre generazioni, i Millennial desiderano opportunità di interagire con i marchi, di essere ascoltati ovunque e in qualsiasi momento e di avere una comunicazione personale, tempestiva e diretta sulle loro preoccupazioni ed esperienze.
Figura 19: Millennials come influencer per gli acquisti familiari, secondo settori. Fonte: http://l.yimg.com/dh/ap/default/150528/Yahoo_Discovering_Millennials.pdf
Attraverso le loro azioni, lo storytelling e i sostenitori, le aziende dovrebbero esprimere i tratti e le affiliazioni che i Millennial desiderano proiettare su se stessi.
Coinvolgere i Millennial dopo un acquisto non è solo fondamentale per mantenerli come clienti; è importante anche perché i Millennial sono più desiderosi delle altre generazioni di condividere le loro opinioni con gli amici e sui social network. In effetti, i Millennial hanno dichiarato di ritenere di influenzare il marchio e le decisioni di
acquisto di circa quattro familiari e amici. Ciò significa che i Millennial possono diventare sostenitori
intergenerazionali di marchi particolarmente potenti, nonché critici influenti. Una ricerca di Nielsen per Yahoo! del 2015 ha evidenziato che sono influencer degli
acquisti familiari (Fig.19).
Quello che si richiede al marketing è quindi uno sforzo multidirezionale e sistematico, non un processo lineare e oggi meno efficace che parte dall’azienda in modalità broadcasting. Coinvolgerli quindi in modo particolare nelle strategie di marketing, rivolgendosi a loro nei modi in cui le imprese possono essere ascoltate, è una priorità per il futuro delle imprese stesse, coinvolgendoli in azioni crossmediali, cross o omnicanale e sicuramente
crossdevice, per una comunicazione che preveda la reciprocità.
I media digitali presentano quindi una nuova sfida al marketing. I Millennials, dato il loro orientamento, sono consumatori intraprendenti, informati e consapevoli, permettendogli di “ottenere informazioni accurate su brand e prodotti e di prendere l’iniziativa, confrontandosi attivamente” (Roberti, 2017, p.111-112). Non solo una maggiore complessità di gestione dei canali in ottica
Caratteristiche del target dei Millennials
➢ Valori, uso dei media, fruizione dei contenuti,
condivisione riducono le chance della
comunicazione tradizionale, perché conta il come
e non solo il cosa
➢ Selettivi negli acquisti: meno è meglio, e che sia di
qualità… ma senza rinunciare al fast fashion e alla
moda del momento per piccoli sfizi
➢ Acquistare significa comnicare la propria identità
generazionale e far parte di un gruppo
➢ La rete è una miniera di ifnormazioni, recensioni,
ispirazioni e… offerte speciali
➢ Nessuna barriera: le vacanze si prenotano online,
il cibo si ordina a domicilio dal ristorante e la
spesa dal supermercato
➢ Meno impulsività: i carrelli degli shopping online
si riempiono e si svuotano in attesa dell’offerta,
dello sconto, del fuori tutto
➢ Se hanno uno smartphone in mano, sono
raggiungibili dai brand
omnicanale, ma seguirlo attraverso il suo percorso d’interazione con i marchi e le imprese. Tecnologie, dispositivi digitali e altri trend cambiano il modo in cui i consumatori in generale - e i Millennials in particolare - trovano e acquistano prodotti. I Millennials infatti sono sempre connessi, vogliono esperienze uniche e
autentiche e svolgono un ruolo attivo nel processo
decisionale e di consumo; si avvicinano spontaneamente ai brand e li costringono a cambiare i propri modelli di business e le strategie di comunicazione (Bonceck, 2012). La loro autonomia si incontra con una diversa progettualità che interviene nella ridefinizione dei consumi (De Nardis, in Roberti, 2011, p.11), travalicando le segmentazioni standard offerte dal marketing come quella sugli stili di vita.
I Millennials sono nati all’interno di una congiuntura economica che ha conosciuto il grande boom della tecnologia e al contempo una grande recessione mondiale. L’accesso ai servizi, la digitalizzazione, la rinnovata importanza della comunità sono driver
economici del consumo collaborativo (Allwood, 2015) la cui popolarità si è diffusa soprattutto fra i Millennials, i quali utilizzano tecnologia e social media per connettersi con le community di persone con cui condividono lo stesso pensiero e l’orientamento al consumerismo (ibidem). Allo stesso tempo, cercano nei brand valori etici e sociali, per esempio riguardo le cause sociali e l’impatto ambientale, l’attenzione al lavoratore e alla
26 Estratto da Simon Sinek, speech “Partire dal perché”, Ted Talk.
salute psicofisica di ogni dipendente: le imprese sono parte di questo sistema:
“Millennials see brand ad drivers of social change with the power to unite people behind social
responsability. They want brands to be purpose-led and active in supporting social causes that are relevant to their industry. Millennials are willing to support brand with social causes, because it’s what they believe in and care about” (Allwood, op. cit, p.19).
Per i brand è quindi fondamentale “saper fare la differenza”, sotto molteplici punti di vista, non solo su quello commerciale. Un’impresa deve saper fare la differenza perché vende cultura aziendale e ciò in cui crede, non solo il suo prodotto: “La gente non acquista ciò che fai, acquista perché lo fai. E ciò che fai dimostra semplicemente ciò in cui credi”26. A questo punto, la
sfida per le imprese è creare messaggi condivisibili e che siano condivisi tra i Millennials, che sia una frase
d’ispirazione o un meme (Allwood, ibidem, trad. nostra), perché “despite consumer power unrivaled by any
preceding generation, Generation Y is not as brand-loyal or as driven by the same kind of brand label
consciousness as Generation X was at the same age” (Valentine, Powers, 2013, p.598).
Le relazioni con i brand si fanno estensive, al di là dell’acquisto: si mette un like ad una pagina social, o la si segue, non per il prodotto ma più spesso per i
generation that engage with brands extensively, personally and emotionally – and in entirely different ways – than other generations” (Allwood, 2015, p.19). In tal senso, i brand devono impegnarsi a dimostrare i loro valori e i loro contenuti, non solo a comunicarli in maniera coordinata e uniforme in tutti i touchpoint, al fine di stabilire delle connessioni con le persone. Le marche devono umanizzare il brand per riuscire a conquistare un consumatore Millennial, essere affidabile, vero, autentico e possibilmente anche ironico: il non prendersi troppo sul serio aiuterà a fidarsi e abbattere quella distanza tra impresa e individuo. In questo modo, la marca sarà in grado di mettersi in discussione27. Lo
stile di comunicazione è quindi aperto, empatico, emotivo, bidirezionale e alla pari, ironico e sarcastico quando serve. La moneta che paga è l’autenticità, la sincerità.
Riassumendo, quindi, i Millennials sono interessanti per il marketing perché (Capeci, 2017, p.69):
➢ Sono la fonte di influenza più attiva e prolifica;
➢ Sono i primi ad accogliere, valutare e diffondere un’innovazione o una novità di marketing;
➢ Sono dei grandi comunicatori, dai quali imparare. Sicuramente, rimettono in discussione molti assiomi e istillano il dubbio.
27 Ikea ha una lunga tradizione con questo stile.