2. L’ ANALISI DEI DATI RELATIVI AI SINGOLI ISCRITTI
2.1 Le caratteristiche socio-demografiche degli iscritti
Alla fine del 2019 la popolazione degli iscritti alla previdenza complementare, 8,263 milioni di unità, si compone per il 61,9 per cento da uomini e per il 38,1 da donne (cfr. Tav. 2.1). Il peso delle donne nelle diverse fasce di età risulta molto vicino alla media di sistema, tranne in quella inferiore a 25 anni nella quale ha una quota lievemente maggiore, del 40,1 per cento.
Tav. 2.1
Forme pensionistiche complementari – Iscritti totali per genere ed età
(dati di fine 2019; valori percentuali)
La componente maschile è relativamente più rappresentata nei fondi negoziali (73,4 per cento) e nei fondi pensione preesistenti (63,6 per cento); è poco sotto la media
complessiva nei fondi aperti (59,1 per cento); minore squilibrio tra i generi si registra nei PIP, dove le donne sono il 46,4 per cento del totale.
Per quanto riguarda le classi di età, è concentrato nelle classi centrali (35-54 anni) il 52,9 per cento del totale degli iscritti, diminuendo dal 54,7 per cento dell’anno precedente. Per contro, il 29,5 per cento degli iscritti ha più di 55 anni, in aumento dal 27,6 del 2018. Sale, dal 16,4 al 17,6 per cento, anche la percentuale di coloro che hanno meno di 35 anni; all’interno di questa fascia, gli iscritti con meno di 19 anni sono il 2,2 per cento, pari a 184.000 soggetti. Secondo il genere, la distribuzione per classe di età non rivela differenze significative rispetto alla media della popolazione.
L’età media degli iscritti è di 46,4 anni, di poco più elevata per gli uomini (46,6) rispetto alle donne (46).
Nelle diverse tipologie di forma pensionistica (cfr. Tav. 2.2), l’età media è più elevata per gli iscritti ai fondi pensione preesistenti (50,1 anni) e più bassa nei fondi pensione aperti (44,4 anni); nei fondi negoziali e nei PIP è in linea con la media generale. Nei fondi aperti si riscontra la maggiore presenza di iscritti con meno di 19 anni: il 6,1 per cento del totale, per complessivi 93.000 individui.
Tav. 2.2
Forme pensionistiche complementari – Iscritti per genere, età e tipologia di forma
(dati di fine 2019; valori percentuali)
Con riferimento alla distribuzione secondo la residenza degli iscritti, il 57 per cento è localizzato nelle regioni settentrionali: il 20,2 per cento risiede in Lombardia, seguono Veneto (10,8), Emilia Romagna (8,6) e Piemonte (8,4). Nelle regioni centrali si colloca il 19,7 per cento degli iscritti con il Lazio (8,3) e la Toscana (7) in testa. Risiede
nelle regioni meridionali e insulari il 23,3 per cento degli iscritti, dei quali il 6 per cento in Campania e il 5,2 in Sicilia (cfr. Tav. 2.3).
Tav. 2.3
Forme pensionistiche complementari – Iscritti totali per genere e area geografica
(dati di fine 2019; valori percentuali)
Osservando le diverse tipologie di forma pensionistica emerge il maggior peso delle regioni del Nord Italia nei fondi preesistenti e nei fondi aperti, con una percentuale di circa il 64 per cento (cfr. Tav. 2.4). La più alta incidenza di iscritti residenti nelle regioni del mezzogiorno si registra nei PIP e nei fondi negoziali, rispettivamente 25 e 24,8 per cento.
Per quanto riguarda la condizione professionale, è opportuno rilevare che la sua corretta attribuzione ai singoli iscritti dipende dal fenomeno delle posizioni multiple (cfr. supra paragrafo 1.3).
Le forme pensionistiche segnalano la situazione dei singoli iscritti principalmente sulla base delle informazioni che sono loro fornite in sede di adesione. Nel caso di iscritti con posizioni multiple, la condizione professionale segnalata dalle diverse forme segnalanti non sempre coincide, rendendo necessaria la riclassificazione sulla base delle informazioni più aggiornate (tipicamente, la situazione corrispondente alla forma pensionistica nella quale sono affluiti versamenti nell’ultimo anno ovvero con data di adesione più recente).
Tav. 2.4
Forme pensionistiche complementari – Iscritti per genere, area geografica e tipologia di forma
(dati di fine 2019; valori percentuali)
Sulla base della menzionata riclassificazione, risultano iscritti al sistema della previdenza complementare 5,906 milioni di lavoratori dipendenti, il 4,2 per cento in più rispetto al 2018 (cfr. Tav. 2.5). La maggior parte di essi si concentra nelle forme collettive negoziali e preesistenti (3,385 milioni); in quelle di mercato, i lavoratori dipendenti iscritti ai PIP “nuovi” (2,039 milioni) sono oltre il doppio di quelli iscritti ai fondi aperti (826.000).
Tra i lavoratori dipendenti sono inclusi anche 431.000 lavoratori del settore pubblico; il numero potrebbe essere sottostimato considerando che i dati disponibili per fondi aperti e PIP non consentono di distinguere in modo pieno i dipendenti pubblici, specie se iscritti in data antecedente il 2014. Circa 214.000 sono gli iscritti alle iniziative di tipo occupazionale dedicate ai dipendenti del pubblico impiego; di questi: circa 100.000 sono di pertinenza del fondo rivolto al comparto della scuola; 62.000 del fondo destinato al comparto regioni e autonomie locali, sanità, Ministeri e Presidenza del Consiglio dei ministri; gli altri distribuiti per lo più nei fondi negoziali di matrice territoriale.
Tav. 2.5
Forme pensionistiche complementari – Iscritti per condizione professionale
(dati di fine 2019; valori percentuali)
Lavoratori dipendenti Var. 2019/ 2018 Lavoratori autonomi Var. 2019/ 2018 Altri iscritti Var. 2019/ 2018 Totale iscritti Var. 2019/ 2018 Fondi negoziali 2.875.305 4,6 6.220 9,8 213.892 10,7 3.095.417 5,0 Fondi aperti 825.751 6,9 386.418 1,8 303.820 9,8 1.515.989 6,1 Fondi preesistenti 508.668 0,9 13.697 -0,4 95.851 1,0 618.216 0,9 PIP “nuovi” 2.038.954 4,6 639.321 3,2 585.908 4,3 3.264.183 4,3 Totale 5.807.662 4,3 1.005.463 2,6 1.142.567 6,3 7.955.739 4,3 PIP “vecchi” 124.762 119.672 109.674 354.108 Totale generale 5.905.720 4,2 1.114.959 1,8 1.242.915 5,3 8.263.593 4,0
I totali includono anche FONDINPS. Per quanto riguarda gli iscritti, i totali sono al netto delle posizioni multiple in essere anche tra forme diverse e, quindi, non corrispondono alla somma delle voci riportate nella tavola; per indisponibilità dei dati, tale nettizzazione è operata per i PIP “vecchi” solo con riferimento a soggetti contemporaneamente iscritti a PIP “nuovi”.
La voce “Altri iscritti” comprende i soggetti che hanno perso i requisiti di partecipazione al fondo ovvero hanno raggiunto i requisiti per il pensionamento nel regime obbligatorio; i soggetti che sono fiscalmente a carico di altri; tutti gli altri soggetti non classificati. Per indisponibilità dei dati, le posizioni dei PIP “vecchi” sono state ipotizzate uguali agli iscritti.
I lavoratori autonomi risultano 1,115 milioni, in aumento dell’1,8 per cento rispetto al 2018; di questi, il 92 per cento è concentrato nei PIP “nuovi” (639.000) e nei fondi aperti (386.000).
Vi è poi un numero elevato, circa 1,243 milioni, di cosiddetti “altri iscritti”, cresciuti del 5,3 per cento rispetto al 2018. Essi comprendono soggetti diversi dai lavoratori, quali i soggetti fiscalmente a carico, coloro che hanno perso i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica per perdita o cambio di lavoro ovvero per pensionamento obbligatorio e, soprattutto, altri soggetti non classificati per i quali la forma pensionistica non dispone di informazioni aggiornate sulla situazione occupazionale. Tale ultimo fenomeno, quantificabile in circa 742.000 casi, è particolarmente rilevante nelle forme di mercato (fondi aperti e PIP) e fa riferimento a individui la cui iscrizione è risalente nel tempo.
Gli iscritti fiscalmente a carico risultano 128.000 (115.000 nel 2018), di cui 109.000 concentrati in fondi aperti e PIP; quelli minori di 15 anni sono 104.000.
Tav. 2.6
Forme pensionistiche complementari – Iscritti totali per genere, età e condizione professionale
(dati di fine 2019; valori percentuali)
Per genere ed età (cfr. Tav. 2.6), la componente maschile pesa per il 63,7 per cento tra i lavoratori dipendenti e per il 67,4 tra i lavoratori autonomi. Più spostata verso le età anziane è la distribuzione dei lavoratori autonomi: il 39,7 per cento ha almeno 55 anni contro il 26,4 dei lavoratori dipendenti, solo il 7,7 per cento ha meno di 35 anni rispetto al 16 per cento dei lavoratori dipendenti; l’età media è, rispettivamente, 50,1 e 46,3 anni.
Molto diversa è la composizione per genere ed età degli “altri iscritti”: le donne costituiscono il 51,9 per cento del totale; l’età media è di 43,1 anni e il peso delle diverse classi di età è molto più uniforme, tendendo a valori più elevati in quelle più vicine agli estremi.
* * *
A fronte di una media complessiva del 31,4 per cento, il tasso di partecipazione rispetto alle forze di lavoro cresce all’aumentare dell’età (cfr. Tav. 2.7); al di sotto dei 35 anni si attesta al 21,2 per cento, per salire al 28,4 per cento nella fascia compresa tra 35 e 44 anni, al 32,8 per cento nella classe 45-54 e infine al 41,5 per cento tra 55 e 64 anni.
Tav. 2.7
Forme pensionistiche complementari – Iscritti e forze di lavoro per classi di età e tasso di partecipazione
(dati di fine 2019; scala di sinistra: iscritti e forze di lavoro in migliaia di unità; scala di destra: iscritti in percentuale delle forze di lavoro)
Distinto per genere e classe di età (cfr. Tav. 2.8), il rapporto tra numero di iscritti e forze di lavoro (tasso di partecipazione) dei maschi è superiore a quello delle femmine: 34 contro 27,9 per cento. La differenza si riscontra su tutte le classi, con una forbice che si allarga dai cinque 4,8 punti percentuali della fascia 15-34, per salire ai 5,5 punti in quella 35-54 fino a 7,8 punti nella classe 55-64 anni.
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 Iscritti Forze di lavoro Tasso di partecipazione
Tav. 2.8
Forme pensionistiche complementari – Iscritti per classi di età, genere e tasso di partecipazione
(dati di fine 2019; iscritti in migliaia di unità scala di sinistra; iscritti in percentuale delle forze di lavoro scala di destra)
È interessante esplorare in che misura le differenze di partecipazione nella previdenza complementare riflettano quelle relative al coinvolgimento nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda il genere, considerando la popolazione attiva (fasce di età 15-64 anni), la partecipazione delle donne alle forze di lavoro (56,5 per cento) è pari a tre quarti di quella degli uomini (75 per cento): quindi, la più bassa partecipazione del genere femminile alla previdenza complementare è spiegata in primo luogo dal minore coinvolgimento nel mercato del lavoro; una volta entrate a far parte delle forze di lavoro, le donne partecipano comunque alla previdenza complementare con una propensione di circa un quinto inferiore a quella degli uomini.
Le differenze tra classi di età nella partecipazione alla previdenza complementare sono invece principalmente attribuibili proprio alla loro diversa propensione una volta che si considerino solo le forze di lavoro. Ad esempio, la fascia di età 25-34 anni registra un tasso di partecipazione alle forze di lavoro inferiore del dieci per cento rispetto a quello della fascia adiacente più anziana (35-44 anni); una volta parte delle forze di lavoro, la fascia di età più giovane fa registrare una partecipazione alla previdenza complementare inferiore di circa un quarto rispetto a quella della fascia relativamente più anziana.
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400 1.600 1.800 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 Maschi Femmine
Tasso di partecipazione maschi Tasso di partecipazione femmine
A livello regionale (cfr. Tav. 2.9), il tasso di partecipazione è elevato nelle aree dove l’offerta previdenziale è completata da iniziative di tipo territoriale: esso si attesta al 52,3 per cento delle forze di lavoro in Trentino Alto Adige e al 41,9 per cento in Valle d’Aosta; in Veneto è del 38; ad eccezione della Valle d’Aosta, che registra una crescita del tasso di partecipazione di circa mezzo punto percentuale, nelle altre due regioni l’aumento rispetto al 2018 è di circa due punti. Valori superiori alla media si registrano nelle altre regioni settentrionali, con punte del 37,5 per cento in Friuli Venezia Giulia, del 34,6 in Piemonte e del 34,5 in Lombardia. Nell’Italia centrale ancora si riscontrano valori superiori alla media, ad eccezione del Lazio dove la partecipazione è del 25,7 per cento. Valori più bassi e decisamente inferiori alla media si rilevano in gran parte delle regioni meridionali, con un minimo del 22,5 per cento in Sardegna.
Tav. 2.9
Forme pensionistiche complementari – Tasso di partecipazione per regione