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Le implicazioni organizzative dell’autovalutazione

L’introduzione dell’obbligo di valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo a livello di singolo intermediario è caduto come un macigno sul sistema bancario, impattando in misura significativa sia sulla governance che sui processi organizzativi delle diverse funzioni aziendali.

A sostegno di tale ambito, come preannunciato nei paragrafi precedenti, il 13 aprile 2018 la Banca d’Italia ha emanato un Documento di consultazione174

volto a dare attuazione alle previsioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo contenute all’interno del d.lgs. 90/2017. Esso rappresenta in particolare l’evoluzione del Provvedimento dell’11 marzo 2011 rispetto al quale ne mantiene invariata la struttura, confermandone e in parte ampliandone i contenuti anche alla luce della recente introduzione dell’obbligo di autovalutazione.

La consultazione è stata svolta in parallelo a quella sulle disposizioni di adeguata verifica con la quale, la presente condivide un aspetto molto rilevante, ovvero la sistematicità dell’approccio basato sul rischio quale principio cardine per l’orientamento delle scelte degli intermediari per individuare, valutare e gestire i rischi connessi con il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.

In particolare, tali disposizioni sottolineano l’importanza della conduzione del processo di autovalutazione, i cui risultati rappresentano il punto di partenza per la definizione e l’attuazione, da parte degli organi e delle funzioni aziendali di strategie e di misure organizzative e procedurali idonee a evitare il rischio di coinvolgimento in episodi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

In ordine all’elevata analiticità delle nuove disposizioni in materia di antiriciclaggio, l’Autorità di Vigilanza bancaria ha dettato alcuni principi generali relativi agli assetti organizzativi, la cui adeguata applicazione mira alla salvaguardia dell’intermediario dai rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

In particolare, si richiede:

 l’adozione di adeguate strategie, politiche, procedure e processi di identificazione, misurazione, valutazione e monitoraggio del rischio di

174 B

ANCA D’ITALIA, Disposizioni su organizzazione, procedure e controlli interni in materia antiriciclaggio, Op. Cit.

riciclaggio, nonché di misure idonee a prevenire il rischio cui i soggetti destinatari sono esposti;

 la chiara definizione, ai diversi livelli, di ruoli, compiti e responsabilità, nonché la predisposizione di procedure intese a garantire l’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di segnalazione delle operazioni sospette e, inoltre, la conservazione della documentazione e delle evidenze dei rapporti e delle operazioni;

 l’istituzione di una funzione antiriciclaggio incaricata di sovrintendere all’impegno di prevenzione e gestione dei rischi di riciclaggio;

 un’architettura delle funzioni di controllo che sia coordinata nelle sue componenti, anche attraverso idonei flussi informativi, e che sia al contempo coerente con l’articolazione della struttura, la complessità, la dimensione aziendale, la tipologia dei servizi e prodotti offerti nonché con l’entità del rischio associabile alle caratteristiche della clientela;

 un’attività di controllo che abbia come oggetto il rispetto da parte del personale e dei collaboratori delle procedure interne e di tutti gli obblighi normativi, con particolare riguardo all’analisi continuativa dell’operatività della clientela, alla “collaborazione attiva” e alla tutela della riservatezza in materia di segnalazione.

Al fine di mitigare il rischio di coinvolgimento del destinatario in fatti di riciclaggio è fondamentale il coinvolgimento degli organi societari e il corretto adempimento degli obblighi che su questi ricadono. In particolare gli organi aziendali, ciascuno secondo le proprie competenze e responsabilità, sono tenuti a definire politiche aziendali coerenti con i principi e le regole antiriciclaggio, adottare policy idonee a preservare l’integrità aziendale, porre in atto misure organizzative e operative atte a evitare il rischio di coinvolgimento in episodi di riciclaggio e svolgere controlli sul rispetto della normativa e sull’adeguato presidio dei rischi.

Sulla base di quanto appena esposto, affinché un sistema organizzativo antiriciclaggio possa essere efficace, è necessario un ampio coinvolgimento di tutte le strutture operative e delle funzioni aziendali e della chiara definizione dei compiti e delle responsabilità delle stesse.

Fondamentale è il ruolo svolto dal responsabile antiriciclaggio, al quale competono funzioni complesse, che devono essere esercitate in modo trasversale su tutta l’operatività bancaria, collaborando con le altre funzioni aziendali per sviluppare le

proprie metodologie di gestione del rischio in modo coerente con le strategie e l’operatività aziendale, disegnando processi conformi alla normativa e prestando attività di consulenza.

È importante infatti, che la funzione antiriciclaggio venga considerata non solo come un controllo di secondo livello ma come un centro di competenza della materia, senza che ciò porti ad una deresponsabilizzazione per le altre funzioni aziendali, in quanto la lotta a tale minaccia deve far parte della “corporate culture” della banca ed essere implicita in tutte le attività svolte dall’intermediario, in modo tale che, attraverso adeguati corsi di formazione, la consapevolezza riguardo ai rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo rimanga alta175.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, affinché le disposizioni previste dalla nuova normativa possano essere comprese e messe in atto in modo efficiente, i destinatari sono tenuti a realizzare programmi di addestramento e formazione del personale sui nuovi obblighi in materia antiriciclaggio.

L’addestramento e la formazione del personale assicurano una specifica preparazione dei dipendenti e dei collaboratori che sono a più diretto contatto con la clientela e del personale appartenente alla funzione antiriciclaggio. A questi dipendenti è chiesto un continuo aggiornamento in merito all’evoluzione dei rischi di riciclaggio e agli schemi tipici delle operazioni finanziarie criminali.

Innanzitutto, è necessario rendere consapevole tutto il personale bancario dell’analiticità delle nuove disposizioni, che lascia sempre meno discrezionalità nell’applicazione dei presidi antiriciclaggio, nell’ottica di una sempre più efficace prevenzione, gestione e mitigazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Risulta quindi di fondamentale importanza che soprattutto i soggetti che per primi hanno un contatto diretto con il rischio, abbiano un’adeguata formazione per la sua rilevazione, affinché venga individuato nella maniera più adeguata il profilo rischio associato ad ogni cliente, ciascuno dei quali concorrerà alla determinazione dell’esposizione globale ai rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo a cui è sottoposto l’intermediario bancario, e conseguentemente delle politiche e delle procedure per la sua gestione e mitigazione.

Ritornando alle funzioni del Responsabile Antiriciclaggio, alla luce delle nuove disposizioni i compiti di tale funzione sono stati definiti in linea di sostanziale

175 R.N.L

IMENTANI,N.TRESOLDI, La funzione antiriciclaggio in banca: adempimento o investimento?, Bancaria n.5/2013

continuità con le precedenti disposizioni, fatta salve alcune novità introdotte alla luce dell’obbligo di autovalutazione. Si fa riferimento a tre fondamentali compiti, ovvero: collaborare alla definizione delle politiche di governo del rischio di riciclaggio e delle varie fasi in cui si articola il processo di gestione di tale rischio, coordinare l’esercizio annuale di autovalutazione dei rischi di riciclaggio a cui è esposto l’intermediario trasmettendo la relazione annuale alla Banca d’Italia e infine, prestare supporto e assistenza agli organi aziendali e all’alta direzione.

A conferma di quanto disposto in materia di organizzazione procedure e controlli interni, riguardo all’attività di collaborazione tra tutti gli organi aziendali, il rapporto più stretto si instaura tra il Responsabile Antiriciclaggio e il Risk Manager. Con l’introduzione dell’obbligo di autovalutazione infatti, il rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, che fino ad oggi era stato oggetto di valutazioni prettamente qualitative, diventa adesso numerabile e quantificabile, nell’ottica di inserimento all’interno del RAF concorrendo quindi alla determinazione della propensione al rischio dell’intermediario. Il responsabile della funzione antiriciclaggio quindi dovrà lavorare a stretto contatto con il risk-manager, che dovrà a sua volta implementare le pratiche di valutazione e gestione dei rischi inserendo il rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo al suo interno, valutando inoltre, la coerenza delle strategie aziendali con l’esposizione al rischio di riciclaggio della banca emerso dal processo di valutazione. All’interno del sistema di controlli interni inoltre, la Funzione di Compliance sarà incaricata di valutare la corretta applicazione e il rispetto del framework normativo di riferimento, della sua corretta applicazione in un’ottica di identificazione, valutazione e mitigazione del rischio.

Per ultima ma non per importanza, la collaborazione con l’alta dirigenza, con la quale il Responsabile Antiriciclaggio deve confrontarsi, non solo nei casi in cui necessita l’autorizzazione all’operatività dei clienti ad alto rischio ma anche per l’analisi e l’approvazione del report annuale, una volta conclusa la fase di valutazione dei rischi. Viene confermato infine, in linea con quanto previsto dal Provvedimento del 2011, l’obbligo per il Responsabile Antiriciclaggio di presentare, almeno una volta l’anno, agli organi di supervisione strategica, gestione e controllo, una relazione sulle iniziative intraprese, sulle disfunzioni accertate e sulle relative azioni correttive da intraprendere, nonché sull’attività formativa del personale. E inoltre, all’interno di tale relazione dovranno confluire anche i risultati dell’esercizio di autovalutazione.

Giunti alla conclusione dell’elaborato, appare chiaro l’intento del legislatore sia comunitario che nazionale, e di conseguenza anche dell’Autorità di Vigilanza, in relazione ai due documenti di consultazione di recente emanazione.

L’introduzione di una disciplina così dettagliata in ambito bancario mira, sulla base dell’applicazione di un sistematico approccio basato sul rischio, a ridurre qualsiasi tipo di discrezionalità in capo all’intermediario, nella convinzione che la predisposizione di specifiche linee organizzative per gli operatori guidino l’intermediario nella conduzione di un efficace valutazione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Quanto appena esposto, nella speranza che ciascun intermediario riesca ad effettuare un’adeguata gestione e mitigazione di tali rischi, consapevole dell’importanza che il fenomeno del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo sta assumendo a livello bancario.

Conclusioni

Il riciclaggio è sempre stato, e ed è tutt’ora, un fenomeno globale che richiede la cooperazione tra i Paesi e le varie Autorità internazionali; ecco il perché dei numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti nel corso degli anni sia a livello nazionale che comunitario.

Sulla base delle considerazioni riportate in merito alla disciplina di primo e secondo livello, si dimostra la crescente attenzione che il legislatore nel corso degli anni, ha riposto sul problema del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, cercando sia sul piano nazionale, sia su quello comunitario di modellare una disciplina di prevenzione e contrasto sempre più conforme alla rapida evoluzione di tale fenomeno. Mai come oggi, i sistemi bancari di tutti i paesi sono a rischio di essere utilizzati, seppur involontariamente, come strumenti di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Non stupisce quindi che, sia a livello nazionale che internazionale, le norme si siano dovute adeguare al nuovo contesto.

Con la IV Direttiva infatti, il legislatore europeo ha introdotto nuove disposizioni volte a rendere più efficace la lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, gettando fondamenta sulle quali, il legislatore nazionale ha potuto costruire strumenti di tutela per la propria economia interna.

Nonostante il legislatore abbia svolto un ruolo magistrale affinando i sistemi di prevenzione e contrasto del riciclaggio, un debellamento radicale del fenomeno sarebbe impensabile, in quanto esso non costituisce mai un “gioco a somma zero”, e quindi anche nei più efficienti sistemi di prevenzione e contrasto, ci sarà sempre, anche se minima, la probabilità di infiltrazione da parte dei criminali.

Per poter ridurre al minimo tale probabilità, è necessario un costante adattamento dei presidi di prevenzione e contrasto dei fenomeni che minano la stabilità e la correttezza del sistema economico e finanziario. A tal fine, una delle più importanti novità della IV Direttiva, è stata l’introduzione di un sistema di valutazione del rischio di riciclaggio bancario basata su tre livelli fondamentali: sovranazionale, nazionale e a livello di singolo intermediario. Tali valutazioni sono complementari tra loro e la loro finalità è quella di permettere l’adozione di idonee misure di mitigazione del rischio, calibrate sulla base del nuovo holistc risk-based approach. Esso, amplia la visione del vecchio

approccio basato sul rischio, nato per l’espletamento dell’adeguata verifica e si riafferma quale principio cardine dell’intera disciplina antiriciclaggio.

Dei tre livelli di valutazione previsti dalla IV Direttiva, quello che ha suscitato più interesse è stato il terzo livello, ovvero quello in cui il legislatore ha previsto che i soggetti obbligati effettuassero un’autovalutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo a cui sono esposti. In tale contesto, un ruolo di spicco è stato svolto dalle banche. Proprio per la posizione centrale che gli istituti di credito ricoprono all’interno del sistema finanziario e in ordine al più generale principio di sana e prudente gestione, il quale implica la valutazione dei rischi ai quali è sottoposto l’intermediario durante lo svolgimento della propria attività, il legislatore ha ritenuto imprescindibile il collegamento tra la disciplina prudenziale e quella antiriciclaggio. La valutazione dei rischi in ambito bancario assume così una veste totalmente nuova: ciò che aveva assunto rilevanza, tanto da essere previsto all’interno del Provvedimento del marzo 2011, diviene oggi un obbligo regolamentare fondamentale, volto alla comprensione da parte dell’intermediario, della sua esposizione globale al rischio di riciclaggio, affinché possa determinare in modo adeguato ed efficace i presidi di prevenzione e contrasto sulla base del rischio assunto.

Non solo, la vera novità introdotta da Banca d’Italia con la circolare dell’ottobre 2015 è rappresentata dall’importanza assunta dal rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo all’interno del contesto bancario. Il rischio residuo determinato da ciascuna banca successivamente al compimento del processo di autovalutazione infatti, andrà a confluire all’interno del Risk Appetite Framework; per la prima volta quindi, il rischio di riciclaggio viene visto non solo in termini qualitativi ma anche quantitativi, identificandosi in un valore numerico e andando a concorrere alla propensione al rischio della banca. Alla luce di ciò, risulta inevitabile il collegamento con il processo di valutazione di adeguatezza patrimoniale rispetto ai rischi assunti (c.d. ICAAP), determinando così, indirettamente, anche la periodicità di svolgimento dell’autovalutazione, non prevista esplicitamente da parte della Banca d’Italia, fino a che non è stata fissata dal Documento di Consultazione di Banca d’Italia in materia di organizzazione, procedure e controlli interni.

Tutto ciò, a sua volta, si riflette anche sulla figura del Responsabile Antiriciclaggio, che, alla luce delle nuove disposizioni, non svolge più un ruolo statico, bensì trasversale su tutta l’operatività bancaria: esso dovrà collaborare con tutte le unità organizzative, a partire da coloro che operano l’adeguata verifica della clientela, divenuti indirettamente

responsabili del giudizio finale sul rischio residuo dell’intermediario, al Consiglio di Amministrazione, per la valutazione e l’approvazione del Report dell’autovalutazione, e infine con tutto il sistema dei controlli interni, con particolare riferimento al risk manager, con il quale concorrerà alla determinazione del RAF.

Si tratta di un processo del tutto nuovo e innovativo, che se da un lato ha trovato un sistema bancario del tutto impreparato, dall’altro, tramite un adeguato sviluppo dei sistemi operativi e di governance e l’utilizzo di un’adeguata e solida metodologia di valutazione, riuscirà ad accrescere la consapevolezza del fenomeno del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo all’interno di tutta la struttura bancaria, al fine di prevenire e gestire i rischi assunti nella maniera più efficacie possibile.

Le novità introdotte dal legislatore in merito alla valutazione del rischio di riciclaggio, hanno segnato un punto di svolta all’interno della disciplina comunitaria e nazionale, facendo cadere l’attenzione sull’importanza che la quantificazione di tale rischio ha assunto sia per gli intermediari, ma anche a livello nazionale ed europeo.

Le importanti modifiche introdotte fino ad ora in ambito bancario, hanno lasciato intravedere una riduzione della discrezionalità in capo all’intermediario, poiché si è osservato che il potere discrezionale che il legislatore aveva attribuito con la disciplina previgente, coniugato con il principio dell’approccio basato sul rischio, aveva consentito un alleggerimento delle pratiche e delle politiche di prevenzione, mitigazione e gestione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, comportando un’allocazione inefficiente delle risorse. Ecco perché la nuova disciplina bancaria in ambito di riciclaggio e finanziamento del terrorismo ha assunto un carattere così specifico e tassativo, nell’ottica di una migliore attività di valutazione, prevenzione e mitigazione, volta a ridurre al minimo la strumentalizzazione del sistema bancario per il compimento di attività illecite.

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