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Le operazioni di fusione e scissione nel concordato

CAPITOLO III – PROFILI APPLICATIVI DELL’ART 185,

6. Le operazioni di fusione e scissione nel concordato

Le operazioni di fusione e scissione sono state come si è visto solo recentemente annoverate tra le soluzioni che una proposta di concordato preventivo può prevedere, stante l’opinione

prevalente in precedenza che prendeva l’inserimento del fallimento tra le cause di scioglimento di una società (art. 2448, co. 2 c.c.) e il divieto per le società sottoposte a procedure concorsuali di partecipare a entrambe le operazioni (rispettivamente artt. 2501, co. 2 e 2504-quater, co. 2 c.c.) come indici di una incompatibilità tra le finalità liquidatorie delle procedure concorsuali e la possibilità di procedere ad operazioni di questo tipo che presupponevano una persistenza dei rapporti e dunque una continuazione dell’impresa219. In via interpretativa si era, in seguito, arrivati ad ammettere uno stemperamento di questo divieto, ritenendo che l’ostacolo all’operazione potesse venire meno se i soci avessero provveduto a revocare la liquidazione, eliminando la causa generatrice di incompatibilità, purché questa lo consentisse220. Ulteriori sviluppi avevano

219 Cfr. G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, e C. SANTAGATA, Le fusioni,

in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 7.1 e 7.2, Torino, 2004; CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria

dell’impresa in crisi, 2594 e TOMBARI, Principi e problemi di “diritto societario della crisi” in Società, Banche e Crisi d’impresa, M. Campobasso,

V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera e A. Sciarono Alibrandi (diretto da),UTET, 2014, tomo III.

220 Cfr. SANTAGATA, Le fusioni, in Trattato delle società per azioni,

diretto da Colombo e Portale, 7.1, Torino, 2004, il quale segnala anche che la dottrina si era divisa in merito al tipo di consenso che una decisione volta ad eliminare la causa di scioglimento dovesse avere, mentre alcuni ritenevano necessaria una decisione all’unanimità, altri sostenevano che fosse sufficiente l’approvazione della maggioranza.

portato anche a teorizzare che la liquidazione non precludesse la partecipazione alla fusione, se si fosse previamente eliminata la causa di scioglimento con decisione immediatamente efficace da assumersi anche contestualmente alla delibera di fusione221.

Nonostante i passi avanti fatti da dottrina e giurisprudenza per ammettere l’operazione di fusione tra le soluzioni esperibili per una società che si trovi ad essere sottoposta a procedura concorsuale, è solo con il D.Lgs. 17 Gennaio 2003, n.6 che il legislatore, interviene per rimuovere definitivamente l’ostacolo.

L’art. 6, co. 1 del suddetto decreto ha modificato l’art. 2501 c.c. 222 aggiungendovi un secondo comma, che recita “La

partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”.

La riforma del concordato preventivo avvenuta nel 2005 si è mossa su questi binari per consentire la presentazione di una proposta di concordato con contenuto detipizzato e aperto a qualsiasi soluzioni idonea a conseguire l’obiettivo primario del

221 Questo perché la revoca della liquidazione è un atto strutturalmente

autonomo, anche se assunta contestualmente, ed immediatamente efficace, mentre la delibera di fusione non presenta questa efficacia immediata. SANTAGATA, Le fusioni, op. cit.

222 Oltre che l’art. 2506 c.c. sulla scissione, al quale è stata apportata identica

soddisfacimento dei creditori223, contenuto che quindi può facilmente ricomprendere operazioni di fusione che comportano una profonda riorganizzazione dell’impresa, capace di dare nuovo vigore all’attività aziendale, attraverso la creazione di rapporti sinergici con le risorse produttive e finanziarie apportate dalle altre società partecipanti, e questo anche quando la società si trovi in uno stato di dissesto economico224.

Nonostante i dubbi prodotti dal canone di compatibilità “con

le finalità e lo stato della procedura” concorsuale, espresso

dall’art. 2499 c.c.225 e le difficoltà di coordinamento tra la disciplina societaria e quella concorsuale226, la fusione ha

223 Cfr. GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di “riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali

CNN, Milano, 2/2007, 2 (versione digitale).

224 Cfr. M. C. DI MARTINO, La fusione “concordataria” delle società di

capitali, AGR editrice, 2012, 18.

225 Cfr. ARATO, Il concordato preventivo con continuazione dell’attività

d’impresa, in Crisi di imprese: casi e materiali, F. Bonelli (a cura di), Giuffrè

Editore, 2011, 145; CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria

dell’impresa in crisi, in Società, Banche e Crisi d’impresa, M. Campobasso,

V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera e A. Sciarono Alibrandi (diretto da),UTET, 2014, tomo III, 2595; DI MARTINO, La fusione

“concordataria” delle società di capitali, AGR editrice, 2012, 46 - 53;

GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni societarie di

“riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano,

2/2007, 9 -10 (versione digitale); SANTAGATA, Le fusioni, in op.cit., 37.

226 Cfr. ARATO, Il concordato preventivo con continuazione dell’attività

d’impresa, in Crisi di imprese: casi e materiali, F. Bonelli (a cura di), Giuffrè

Editore, 2011, 146; CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria

dell’impresa in crisi, 2595-2596 e TOMBARI Principi e problemi di “diritto societario della crisi” in Società, Banche e Crisi d’impresa, M. Campobasso,

costituito il contenuto di un’ampia casistica di concordati preventivi, in quanto si presta ad attuare gli obbiettivi che i diversi partecipanti alla procedura si pongono: permette la soddisfazione almeno parziale dei creditori, anche sulla base di trattamenti differenziali, se sussiste una divisione in classi, rende possibile all’altra impresa partecipante alla fusione l’acquisizione a condizioni estremamente vantaggiose del compendio aziendale della società in stato di dissesto economico, garantisce l’interesse generale alla conservazione del complesso aziendale e, se nel caso e in ragione del rapporto di cambio, permette ai soci dell’impresa sottoposta a procedura concorsuale di partecipare alla società risultante227. Non si sono posti dubbi, una volta ammessa l’operazione di fusione quale contenuto della proposta di concordato, che questa potesse assumere la fisionomia di tutti gli schemi noti: sia della “fusione propria” o “per incorporazione”, che è lo schema più lineare, soprattutto se

da),UTET, 2014, tomo III,; DI MARTINO, La fusione “concordataria”

delle società di capitali, AGR editrice, 2012, 21 ; GUERRERA -

MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni societarie di

“riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, Milano,

2/2007, 9 -10 (versione digitale).

227 Cfr. GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di “riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali

dall’altra parte abbiano una società terza adeguatamente patrimonializzata e solvibile, sia della fusione “inversa”228. La prassi applicativa ha mostrato la tendenza ad utilizzare schemi operativi di soddisfazione delle pretese creditorie che si discostano dalla fusione concordataria c.d. “pura”, combinando più strumenti negoziali al fine di tutelare maggiormente gli interessati contro i rischi derivanti proprio da questa difficoltà di coordinamento e meglio garantire gli interessi di tutti i partecipanti alla procedura229. Un’altra pratica molto diffusa era quella di vincolare la maggioranza assembleare all’omologazione della proposta di concordato, tramite apposizione di una condizione sospensiva alla delibera assembleare di approvazione del progetto di fusione, per evitare che le delibere societarie richieste per attuare la fusione, se

228 Cfr. GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di “riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali

CNN, Milano, 2/2007, 39.

229 Cfr. DI MARTINO, La fusione “concordataria” delle società di capitali,

AGR editrice, 2012, 21- 22, che fa riferimento esplicito ai casi della proposta di concordato della società I viaggi del ventaglio s.p.a. e di quella presentata da Seat Pagine Gialle s.p.a. e Seat Pagine Gialle Italia s.p.a. Per I viaggi del ventaglio s.p.a. si rimanda a BONELLI, Le insolvenze dei grandi gruppi: i

casi Alitalia, Chrysler, Socotherm, Viaggi del Ventaglio, Gabetti, Risanamento e Tassara, Crisi d’imprese: casi e materiali, Giuffrè Editore,

2011, 22 e ss. e ARATO, Il concordato preventivo con continuazione

dell’attività d’impresa, 151 e ss. ibidem. Per il caso Seat Pagine Gialle s.p.a.

rinviate alla fase esecutiva del concordato, fossero bersaglio di atteggiamenti ostruzionistici da parte dell’assemblea, anche qualora questa avesse in precedenza approvato la proposta di concordato presentata dagli amministratori230.

Il problema del coordinamento tra le norme societarie e la disciplina concorsuale, che portava all’adozione di queste clausole sospensive, potrebbe ora invece essere facilmente risolto estendendo l’applicazione dell’art. 185, co. 6 L.Fall. anche alle delibere di fusione, in modo che a fronte di comportamenti ostruzionistici, causati per esempio da un mutamento della maggioranza assembleare, si possa ricorrere al meccanismo sostitutivo e coercitivo, istituito dalla norma, eliminando così il rischio che altrimenti graverebbe sui terzi - creditori. Il problema, come già notato, è che, mentre non appare dubbio che la fusione possa costituire il contenuto anche di una proposta concorrente, presentata da uno o più creditori qualificati231, e risulta comunque abbastanza pacifica la lettura

230 Cfr. GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di “riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali

CNN, Milano, 2/2007, § 14.

231 G. D’ATTORRE, Le proposte “ostili”, in La nuova mini-riforma della

legge fallimentare (aggiornamento alla legge 30 Giugno 2016, n. 119), M.

del comma 6 che ne permette l’estensione anche ai concordati proposti dall’organo amministrativo della società (v. infra, Capitolo III, § 3), l’ultimo comma dell’art. 185 L.Fall. manca di riferimenti espliciti ad altre operazioni che l’aumento di capitale. E persino la ratio della norma può estendere la sua vis espansiva solo fino al punto di ricomprendere quelle operazioni che permettano il trasferimento del controllo dai soci attuali ai creditori. Bisogna quindi vedere se la fusione concordataria possa, almeno in alcune sue forme, soddisfare questo requisito.

Tra i vari schemi sperimentati fino ad ora un’ipotesi che ha riscontrato particolare successo applicativo è quella in cui il concordato contempli una fusione con con attribuzione ai creditori delle quote o azioni dell’ente incorporante, o comunque risultante, dall’operazione; l’esecuzione comporta una procedura di debt equity swap, il che vuol dire che i soci devono mettere a disposizione le loro quote in una procedura di conversione del debito in capitale, ovvero che i singoli soci devono consentire al

scrive che “il contenuto della proposta del creditore beneficia delle stesse

libertà ed incontra i medesimi limiti applicabili alla proposta del debitore ai sensi dell’art. 160 l. fall.”, parere reiterato in Le proposte di concordato preventivo concorrenti, Il Fallimento 11/2015, 1167. Dello stesso parere

BOZZA, Le proposte e le offerte concorrenti, in www.fallimentiesocietà.it, 25.

“trasferimento” della loro partecipazione sociale ai creditori232. Tale problema appare del tutto analogo a quello che si presenta in caso di un aumento di capitale con limitazione o esclusione del diritto di opzione, anche qui la soddisfazione dei creditori si realizza tramite l’acquisizione di una partecipazione, anche di controllo, sulla società risultante dall’operazione. La realizzazione di questo obiettivo è però messo a rischio da possibili comportamenti ostruzionistici da parte dell’assemblea, e questo indifferentemente dal fatto che proponente del piano sia l’organo amministravo della società o un terzo creditore qualificato. A fronte di queste considerazioni appare logico ritenere che almeno per la fusione con assegnazione delle azioni (o delle quote) della società incorporante o risultante ai creditori, sia applicabile il meccanismo previsto dall'art. 185, co. 6 L.Fall. per coartare i soci al trasferimento delle loro azioni.

Diversa è la questione quando siamo in presenza di una operazione di fusione nella quale le società che si apprestano ad essere fuse non siano legate da rapporti di controllo e le quote partecipative dell’ente risultante non vengano dismesse dai soci

232 Cfr. DI MARTINO, La fusione “concordataria” delle società di capitali,

in una operazione di debt equity swap233; poiché le partecipazioni

sociali non vengono messe a disposizione di terzi e creditori, ma vengono sottoposte a una operazione di concambio a favore dei soci234, non può configurarsi in astratto un trasferimento del controllo a favore dei creditori, cosa che non esclude però che questo possa in concreto verificarsi. Una ipotesi potrebbe essere quella in cui sia avanzata una proposta di concordato preventivo avente ad oggetto la fusione per incorporazione della società debitrice con una società controllata da uno o più creditori, in questo caso, stante il valore delle partecipazioni sociali dell’incorporata, è concretamente possibile che la determinazione del valore di concambio porti all’esclusione dei soci di questa dalla compagine sociale della risultante o comunque ad una presenza degli stessi tale da non modificare la maggioranza assembleare, facendo passare così di fatto le risorse e i valori della società debitrice sotto il controllo dei suoi creditori; in questa ipotesi la ratio dell’art. 185, co. 6 L.Fall.

233 Ovvero quella che DI MARTINO, La fusione “concordataria” delle

società di capitali, AGR editrice, 2012, 21 e 24 definisce una fusione

concordataria “pura”.

234 E non è escluso che di fatto questo possa comportare la loro dismissione

a causa della determinazione del valore di concambio. Cfr. DI MARTINO

La fusione “concordataria” delle società di capitali, AGR editrice, 2012,

potrebbe forse essere estesa fino a permettere l’applicazione del meccanismo sostitutivo dell’organo di amministrazione e coercitivo della volontà sociale alla delibera di fusione, ma resterebbe comunque compito del Tribunale valutare caso per caso, se in concreto possa essere integrato quel trasferimento di controllo dai soci della debitrice ai suoi creditori, tale da giustificare un’ulteriore espansione del meccanismo istituito dal comma 6. L’unica cosa che può essere affermata con relativa certezza è che la soluzione prevista dall’ultimo comma dell’art. 185 L.Fall. non può essere applicata a tutti quegli schemi di fusione che prevedano una riorganizzazione strutturale della società insolvente senza però stabilire anche un trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei creditori.

Nonostante le differenze tra i due istituti, considerazioni analoghe possono essere fatte in riferimento all’operazione straordinaria di scissione. Dall’abolizione del divieto prima contenuto all’art. 2504-quater, co. 2 c.c, la prassi applicativa ha mostrato un ampio ricorso a questa operazione, soprattutto in virtù del “polimorfismo” che la caratterizza235 e che la rende uno

235 Cfr. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, in in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 7.2, Torino, 2004, 64 – 68.

strumento particolarmente duttile, idoneo a perseguire molteplici finalità e a realizzarsi attraverso schemi diversi236.

Alcuni di questi schemi consentono anche un trasferimento delle partecipazioni sociali a favore dei creditori, in particolare nell’ipotesi di una scissione volta ad ottenere una ridefinizione dell’assetto proprietario237. Nei casi dove in concreto, tramite una proposta concordataria che preveda la scissione della società sottoposta a procedura, si realizzi un’acquisizione di partecipazioni sociali da parte dei creditori, idonea a consentire il trasferimento del controllo sulla società risultante dalla scissione, sembra opportuno ritenere che sia possibile un’applicazione del meccanismo coercitivo ex art. 185, co. 6

236 Cfr. GUERRERA - MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di “riorganizzazione” pubblicato nella rivista Studi e Materiali

CNN, Milano, 2/2007, 49 (versione digitale); SCOGNAMIGLIO, Le

scissioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale,

7.2, Torino, 2004, p. 14 e ss. Modalità di esecuzione principali della scissione sono la c.d. “scissione in senso stretto”, che realizza la costituzione di nuove società, e la c.d. “scissione per incorporazione” dove si ha l’assegnazione di elementi patrimoniali a una società beneficiaria preesistente; v. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, tomo 2. Diritto delle

società, nona edizione a cura di M. Campobasso, UTET Giuridica, 2009,

669.

237 Sul punto cfr. OIC-4 Fusione e scissione, nei Principi Contabili Nazionali

redatti dell’Organismo Italiano di Contabilità, 46, lett. a) che espone il caso in esame, dove sia nel caso di beneficiare nuove, che di beneficiarie preesistenti, si ha una “attribuzione non proporzionale delle loro azioni o

quote e ove ogni socio della scissa diviene destinatario delle azioni di una distinta beneficiaria. In questo caso si ha il trasferimento del controllo del patrimonio della scissa, in quanto i suoi soci o gruppo di soci assumono il controllo su un distinto patrimonio che prima faceva parte dell’unitario patrimonio della società scissa”.

L.Fall. anche alle deliberazioni necessarie per dare esecuzione al progetto di scissione, ma spetterà al Tribunale, chiamato a nominare l’amministratore giudiziario, verificare la presenza in concreto di tutti i requisiti necessari per estendere la portata del comma 6 fino a ricomprendere anche queste ipotesi.

CONCLUSIONI

In queste pagine è stato analizzato l’impatto che il D.L. 27 Giugno 2015, n. 83 (convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 6 Agosto 2015, n. 132) ha avuto sulla procedura concorsuale del concordato preventivo, concentrandosi soprattutto su due delle maggiori innovazioni apportate alla disciplina: l’introduzione dell’istituto delle proposte di concordato concorrenti all’art. 163 del R.D. 16 Marzo 1942, n. 267, e l’ampia modifica dell’art. 185 L.Fall., che è stato arricchito di 4 commi volti a garantire l’esecuzione della proposta di concordato omologata.

Si è visto come la riforma abbia ampliato notevolmente l’area di intervento dei creditori ammessi alla procedura e abbia raccordato il profilo sostanziale della sopportazione del rischio con quello formale, legittimandoli a porsi in concorrenza con il debitore e, se ne ricorrono i requisiti, a presentare proposte concorrenti, alternative rispetto a quella avanzata dall’impresa debitrice, in modo da tutelarli contro proposte di concordato eccessivamente lesive delle loro pretese, o comunque suscettibili di attribuire un immeritato guadagno al debitore, anche attraverso un processo di moral suasion nei confronti del

debitore. Particolarmente rilevante, si è notato, è l’impatto che queste proposte possono avere nel caso in cui debitrice sia una società per azioni o a responsabilità limitata, in questa ipotesi infatti al creditore è permesso inserire nel proprio piano un aumento di capitale anche con limitazione del diritto di opzione, essendo di fatto legittimato ad avanzare una proposta di concordato avente come contenuto l’acquisizione a suo favore di una partecipazione sociale, anche di controllo, della società debitrice.

Questa possibilità per il terzo è stata dovuta tutelare in maniera puntuale dal Legislatore, che ha introdotto a questo fine l’ultimo comma dell’art. 185 L.Fall., il quale prevede la possibilità che un amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale, vada a sostituire non solo l’organo amministrativo, nel caso questo risulti inadempiente ai suoi obblighi relativi all’esecuzione della proposta omologata, ma anche i soci stessi nell’assemblea avente ad oggetto la delibera di aumento di capitale prevista dal piano, di fatto coartando il loro voto al fine di assumere tale deliberazione senza il rischio di comportamenti ostruzionistici da parte della compagine sociale. Questo meccanismo, perfettamente in linea con i restanti commi del riformato art. 185 L.Fall. che attribuiscono un carattere di doverosità all’esecuzione

della proposta e, quindi, alle attività necessarie per dare attuazione al concordato omologato, impatta notevolmente i rapporti tra diritto societario e diritto fallimentare, facendo venire meno il c.d. principio di neutralità dell’organizzazione sociale rispetto alle procedure concorsuali a cui una società può essere sottoposta, e sollevando ragionevoli dubbi sulla tutela che viene in questo caso accordata ai soci.

Sul punto, si è potuto vedere come la disciplina post riforma favorisca nettamente i creditori, ai quali sono dati molteplici strumenti di tutela oltre a quelli già previsti dall’ordinamento, mentre l’unica garanzia in più accordata ai soci è il ricorso all’art. 175, co. 2 L.Fall. che legittima il debitore ad esporre già in sede di adunanza dei creditori le ragioni per cui ritiene inammissibili le loro proposte, ritenendo sufficienti alla tutela dei loro interessi gli strumenti già a loro disposizione. Tuttavia si è stati portati ad affermare che, nonostante questa differenza nei livelli di tutela accordi ai principali partecipanti alla procedura di concordato, non possa ritenersi che l’art. 185, co. 6 L.Fall. violi in alcun modo i canoni di tutela della proprietà privata previsti da fonti nazionali o sovranazionali, in quanto bisogna tenere presente che, versando la società in uno stato di crisi tale da non permetterle di garantire ai creditori chirografari neppure il

pagamento del 40% o del 30% dei loro crediti (a seconda che abbia optato per una soluzione liquidatoria o per una che contempli la continuazione dell’attività d’impresa), molto difficilmente le partecipazioni sociali avranno un valore che non sia tendente allo zero, troncando così in radice ogni dubbio circa la legittimità dell’espropriazione delle stesse.

Per questo motivo, non presentando la disposizione palesi profili di illegittimità e offrendo comunque la disciplina del concordato preventivo adeguate tutele sia ai soci, sia soprattutto ai creditori, si è ritenuto opportuno indagare su una possibile applicazione del meccanismo coercitivo fuori dai casi previsti dalla lettera del comma 6 dell’art. 185 L.Fall., verificando, per prima cosa, che la dottrina maggioritaria e gli sviluppi normativi prospettati dai lavori della c.d. commissione Rordorf portano a ritenere che tale istituto possa essere applicato anche nei casi in cui proponente del concordato omologato sia l’organo amministrativo della società sottoposta a procedura, in quanto, anche in questa ipotesi, si può avere uno sfasamento tra la volontà del soggetto proponente e quella del soggetto assembleare che deve assumere le delibere necessarie