MIGRAZIONE E SVILUPPO NELLE POLITICHE
1. Le politiche dell’Unione Europea in tema di migrazione
NELLE POLITICHE
DELL’UNIONE EUROPEA
1. Le politiche dell’Unione Europea in tema di migrazione
L’approccio al tema del rapporto tra migrazione e sviluppo nel contesto europeo33 impone talune riflessioni
preliminari.
È sin troppo semplice rilevare, infatti che, in virtù della esplosione della migrazione di massa soprattutto dal
33 Indicazioni m olto am pie relativam ente all’approccio adottato dai
singoli stati m em bri si trovano nel volum e M igration and developmant polizie and practice, V ienna, 2013.
37 continente africano, drammaticamente impostosi all’attenzione di tutti – e degli italiani in particolare - negli ultimi anni, la gestione dei flussi migratori e la promozione di una politica efficace di “governo” del fenomeno costituisca, oggi, un punto di snodo decisivo per la stessa tenuta del “sistema Europa”34.
Peraltro, il fenomeno migratorio con il quale l’Europa, da sempre ed oggi ancora di più, è costretta a confrontarsi origina da condizioni di estremo disagio sociale, le quali hanno senza dubbio influenzato in misura molto significativa la scelta in ordine alle politiche da attuare.
Sul tema delle politiche europee in tema di rapporto tra migrazione e sviluppo è opportuno innanzitutto segnalare che, come si vedrà, la definizione delle competenze in tema di migrazione è stata oggetto di una evoluzione normativa.
In particolare, il trattato di Lisbona, l’art. 208 del Trattato, contenuto nel Capo relativo ai rapporti tra cooperazione e sviluppo, afferma, con una disposizione di carattere generale che “la politica di cooperazione allo sviluppo
dell’Unione e quella degli Stati membri si completano e si rafforzano reciprocamente”.
Al contempo, la norma citata deve essere letta in combinato con altre norme del Trattato, le quali, ad
34 N el Pream bolo della C om unicazione della C om m issione al Parlam ento
e al Consiglio - CO M (2002) 703 final, 3.12.2002, si legge esplicitam ente che l’em igrazione rientra tra le priorità strategiche dell’U nione Europea.
38 esempio l’art. 21, comma 2, lettera d) indica quale obiettivo prioritario e definitivo a lungo termine quello della eliminazione della povertà – “favorire lo sviluppo sostenibile dei
paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà” - e, a tale fine,
promuove l’impegno dell’Unione ad assicurare “la coerenza
tra i vari settori dell'azione esterna e tra questi e le altre politiche. Il Consiglio e la Commissione, assistiti dall’alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, garantiscono tale coerenza e cooperano a questo fine” (art. 21,
comma 4, del Trattato).
Posta dunque l’obbligatorietà di un approccio sinergico da parte dell’Unione e degli Stati membri, il fenomeno migratorio deve essere inquadrato alla luce delle politiche in concreto adottata dalle istituzioni comunitarie, le quali nel corso del tempo sono più volte ritornate sul tema della migrazione e, in alcune occasioni, con riguardo proprio al tema del rapporto tra migrazione e sviluppo.
Volendo ripercorrere sinteticamente le tappe più importanti dell’evoluzione della politica comunitaria in tema di gestione delle migrazioni, occorre innanzitutto sottolineare che nel Trattato istitutivo della Comunità economica europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed entrato in vigore il 14 gennaio 1958, nessuna disposizione attribuiva alle istituzioni europee competenze in materia di immigrazione.
39 La disciplina della materia veniva pertanto lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, senza alcun riferimento ad una politica comune, in conseguenza del fatto che la priorità dei primi anni della CEE era costituita dalla creazione di un mercato unico e la migrazione era principalmente intra-europea.
Successivamente, con il Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1° novembre 1993, il tema dell’immigrazione viene inserito nel cosiddetto terzo pilastro dell’Unione europea (relativo a “Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale”) che prevedeva la cooperazione intergovernativa nei settori considerati “questioni di interesse comune” ma senza ancora porre neppure in discussione il tema del rapporto tra migrazione e sviluppo.
Un punto di prima svolta nella politica europea si intravede con il Trattato di Amsterdam, il quale contiene innovazioni importanti: con l’introduzione nel Trattato Ce del titolo IV, denominato “visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la circolazione delle persone”, esso sancisce la competenza comunitaria in materia di immigrazione e asilo al fine di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia35.
35 Le m odifiche introdotte dal Trattato di A m sterdam sono state am piam ente com m entate dagli studiosi. Tra questi C.F. Bergström nel suo articolo intitolato L’Europa oltre il mercato interno: commento al Trattato di
40
A msterdam, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1998, p. 3 ss. afferm a che “gli emendamenti introdotti dal Trattato di A msterdam hanno come fine di attribuire un nuovo significato al mercato comune. G razie all’introduzione di disposizioni sui visti, l’asilo, l’immigrazione e altre politiche che riguardano la libera circolazione delle persone, ma soprattutto grazie agli impegni sociali si è cercato di sviluppare una dimensione che va al di là dei quattro settori della libera circolazione. L’intenzione di ampliare la cooperazione è rispecchiata dal chiarimento delle posizioni delle istituzioni e degli Stati membri. Il Consiglio dei ministri, la Commissione e il Parlamento europeo sono tutti stati dotati di responsabilità più evidenti e possono ora agire in migliori condizioni. In questo contesto è difficile valutare l’utilità del nuov o principio di cooperazione rafforzata. E ra all’inizio concepito per incoraggiare la cooperazione nel campo penale, ma va notato che la prospettiva di cooperazione rafforzata nell’ambito comunitario è stata circoscritta in maniera da coprire soltanto i settori dove la competenza è condivisa tra Comunità e Stati membri. Come abbiamo spiegato, questi sono anche i settori di cui si occupa il Trattato di A msterdam. Per quanto riguarda la Corte di giustizia, il suo ruolo centrale è stato confermato e notevolmente esteso per comprendere il compito di trasformare l’U nione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. L e modifiche sostanziali e istituzionali sono completate da garanzie per il significato continuo del processo decisionale nazionale. La responsabilità della Comunità in nuovi settori è per questo stata formulata come coordinamento. In linea con questo, il Trattato di A msterdam ci consente di pensare che in futuro saranno creati un certo numero di organi più o meno autonomi per lo scambio e la valutazione delle opinioni degli esperti. Il Trattato di A msterdam, come anche il Trattato di M aastricht, è l’espressione di un compromesso politico piuttosto che di una regolamentazione giuridica. Questo non significa che il diritto comunitario perderà la sua im portanza. N ella misura in cui la natura della cooperazione sta cambiando, l’utilità del diritto comunitario che conosciamo sarà tuttavia marginalizzata. I principi di supremazia, gli effetti diretti sulla responsabilità degli Stati membri non sono sufficienti dal punto di vista giuridico per un tipo nuovo di cooperazione. Il problema è illustrato dalle nuove procedure giudiziali e dai nuovi tipi di atti giuridici. Q uesto non ci deve sorprendere. La flessibilità rispetto alle domande di cambiamento sono il destino del diritto comunitario. Questo è allo stesso tempo una sfida per noi. Per poter capire e prevedere con successo il nuovo diritto comunitario, il Trattato di A msterdam ci costringe ancora una volta a dare libero corso alle idee”.
41 A partire dunque dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, la Comunità Europea ha inserito le questioni migratorie tra le priorità della sua azione materia di politica estera e ha dato l’avvio alla prassi della programmazione quinquennale delle azioni strategiche da condurre in collaborazione con i Paesi terzi di origine o di transito.
Le novità introdotte con il Trattato di Amsterdam sono state poi sviluppate nell’ambito del Consiglio di Tampere del 15-16 ottobre 1999, che ha segnato una tappa fondamentale nello sviluppo di una politica di migrazione europea.
Ed anzi il programma di Tampere è da tutti considerato come il momento nel quale l’Unione europea, per la prima volta, assume una posizione nuova riguardo le politiche dell’immigrazione36.
Nel documento finale del Consiglio di Tampere vengono presentati i quattro punti fondamentali che, secondo l’Unione, dovrebbero essere posti alla base delle politiche e delle azioni in tema di immigrazione:
1. partnership con i paesi di origine dei migranti
2. un sistema comune di norme in tema di diritto di asilo37
36 S. Lavenex e R. K unz, op. cit., p. 446.
37 In tem a di diritto di asilo occorre evidenziare che già a partire dalla m età degli anni Settanta l’U nione europea ha tentato di costruire una politica com une europea in m ateria di asilo, il quale è stato sem pre cons iderato quale
42 3. un trattamento equo e condiviso dei cittadini di paesi terzi
4. una gestione corretta, efficiente e coordinata dei flussi migratori.
elem ento costitutivo di un’area com une di libertà, sicurezza e giustizia. E tuttavia questa politica com une per diverso tem po è stata caratterizzata soltanto da una cooperazione intergovernativa e, dunque, dall’utilizzo degli strum enti classici del diritto internazionale.
V ale la pena di segnalare, in particolare, la Convenzione di D ublino del 1990 sulla determ inazione dello Stato com petente per l’esam e di una dom anda di asilo presentata in uno degli Stati m em bri delle Com unità E uropee. In questa Convenzione è stata sottolineata l’im portanza di creare uno spazio senza frontiere interne “nel cui ambito, in particolare, sarà garantita la libera circolazione delle persone conformemente alle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità economica europea, modificato dall’atto unico europeo ” e di adottare m isure al fine di evitare che la realizzazione di questo obiettivo determ ini situazioni che lascino troppo a lungo un richiedente l’asilo nell’incertezza quanto all’esito della sua dom anda, appunto, di asilo.
M a è necessario segnalare anche la Risoluzione adottata a Londra il 30 novem bre 1992 sulle dom ande di asilo m anifestam ente infondate dai m inistri dell’im m igrazione dell’allora Com unità europea e, allo stesso tem po, vanno poi m enzionati anche l’accordo di Schengen del 1985 e la Convenzione di applicazione del 1990. In generale, essi rappresentano una form a di cooperazione già più avanzata m a, pur se tali iniziative sono senz’altro im portanti, non si può tacere che è soltanto nel 1992, con il Trattato di M aastricht, che è stata form alizzata ed istituzionalizzata la cooperazione degli Stati m em bri in m ateria di asilo ed im m igrazione: nel Trattato sull’U nione E uropea viene infatti inserito il c.d. terzo pilastro, attraverso la previsione di un Titolo V I intitolato G iustizia e affari interni. Si veda D .U . G alletta, Il diritto di asilo in Italia e nell’unione europea oggi: fra impegno a sviluppare una politica comune europea, tendenza all’esternalizzazione e politiche nazionali di gestione della c.d. emergenza immigrazione, in Rivista italiana di diritto pubblico com unitario, 2010, p. 1449 ss.
43 Per comprendere quale sia l’idea maturata nell’ambito del Consiglio di Tampere è utile trascrivere un passo dei documenti ufficiali redatti dagli Organi istituzionali.
Nel documento finale redatto dalla Presidenza del Consiglio europeo, al punto n. 11, si legge che Unione
europea ha bisogno di un approccio generale al fenomeno della migrazione che abbracci le questioni connesse alla politica, ai diritti umani e allo sviluppo dei paesi e delle regioni di origine e transito. Ciò significa che occorre combattere la povertà, migliorare le condizioni di vita e le opportunità di lavoro, prevenire i conflitti e stabilizzare gli Stati democratici, garantendo il rispetto dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze, delle donne e dei bambini. A tal fine, l’Unione e gli Stati membri sono invitati a contribuire, nelle rispettive sfere di competenza ai sensi dei trattati, a una maggiore coerenza delle politiche interne ed esterne dell’Unione stessa”38.
Tali indicazioni consentono dunque di trarre alcune conclusioni e di affermare, in sintesi, che secondo gli indirizzi impressi dal Consiglio di Tampere le azioni dell’Unione in tema di immigrazione avrebbero dovuto essere ispirate da due principi fondamentali: approccio generale e coerenza.
Alla individuazione dei principi fondamentali fa seguito l’indicazione di serie delle possibili azioni da mettere in campo per garantire la migliore gestione dei
38 Il passo è riportato integralm ente da S. Lavenex e R. K unz, op. cit., p.
44 flussi migratori e, dunque, tentare di raggiungere gli ambiziosi risultati sperati.
L’analisi dei medesimi documenti predisposti nel Consiglio di Tampere sembra, però, rappresentare elementi di contraddizione nelle dichiarazioni e nei programmi dell’Unione.
Ed infatti, il Consiglio europeo, ai punti 22 e seguenti, chiede: “che siano sviluppate, in stretta cooperazione con i paesi di
origine e transito, campagne di informazione sulle effettive possibilità di immigrazione legale, una più stretta cooperazione e assistenza tecnica fra i servizi degli Stati membri preposti al controllo delle frontiere, per esempio mediante programmi di scambio e trasferimenti di tecnologia, in particolare alle frontiere marittime, e la rapida integrazione degli Stati candidati in tale cooperazione al fine di sviluppare l’assistenza ai paesi di origine e transito, e di promuovere il rientro volontario e di aiutare le autorità di tali paesi a rafforzare la loro capacità di combattere efficacemente la tratta degli esseri umani e di adempiere i loro obblighi di riammissione nei confronti dell’Unione e degli Stati membri”.
Ed ancora chiede di concludere accordi di riammissione o
includere clausole tipo in altri accordi fra la Comunità europea e i paesi terzi o gruppi di paesi pertinenti”.
È sin troppo agevole dunque evidenziare che al di là delle dichiarazioni di principio contenute nelle dichiarazioni sopra trascritte, le iniziative concretamente suggerite siano prevalentemente rivolte a garantire una sinergie dei Paesi dell’Unione con quelli di origine dei
45 migranti e quelli di transito, al fine di limitare i flussi migratori anche, se del caso, mediante l’adozione di misure repressive.
Alcuni autori39 hanno tentato di individuare le ragioni
di questo sostanziale “distacco” tra le dichiarazioni di principio e le azioni predisposte ed hanno evidenziato che la spiegazione potrebbe essere rinvenuta nell’assenza di un’adeguata copertura finanziaria, capace di sostenere l’ambizioso programma di azione predisposto dall’Unione europea40.
D’altra parte, le priorità di azione che emerge dai punti del documento appena trascritti hanno ricevuto una sostanziale conferma anche nello sviluppo immediatamente successivo della politica di immigrazione dell’Unione. Ed infatti, se si considerano, ad esempio, la Direttiva del 28 novembre 2002 che definisce il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali41, e la
Decisione quadro 2002/946 del 28 novembre 2002 relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del
39 C. Boswell The “E xternal D imension” of E U Immigration and A sylum Policy, 2003, p. 632 ss.
40 Su questo punto si veda la tesi di dottorato di F. Toso, La dimensione
esterna della politica migratoria dell’U E, tesi di dottorato Bologna, 2013, p. 22, scaricabile dal sito http://am sdottorato.unibo.it/5279, nella quale si da atto anche di altre possibili m otivazioni.
41 Secondo tale D irettiva ciascuno Stato m em bro deve prevedere delle
sanzioni contro chiunque aiuti intenzionalm ente un cittadino di uno Stato terzo ad entrare, transitare o soggiornare irregolarm ente nel territorio.
46 favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegale, si può agevolmente notare che la politica europea successiva al Consiglio di Tampere è stata per lo più ispirata dall’esigenza e dal tentativo di gestire la immigrazione irregolare42, in un’ottica repressiva e di tutela
della sicurezza.
Sul versante dell’immigrazione regolare, che è senz’altro decisiva nel quadro di possibili strategie per la promozione dello sviluppo, le iniziative dell’Unione sono invece state – per così dire – timide e sicuramente poco numerose43.
Di ciò si ha conferma analizzando i documenti del successivo Consiglio Europeo di Siviglia, il quale
42 Tra le m isure adottate si possono m enzionare la D irettiva del 28 novem bre 2002 che definisce il favoreggiam ento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, secondo la quale ciascuno Stato m em bro deve prevedere delle sanzioni contro chiunque aiuti intenzionalm ente un cittadino di uno Stato terzo ad entrare, transitare o soggiornare irregolarm ente nel territorio; e la D ecisione quadro 2002/946 del 28 novem bre 2002 relativa al rafforzam ento del quadro penale per la repressione del favoreggiam ento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegale.
43 Si può forse m enzionare la D irettiva del Consiglio 2003/86 relativa al
diritto del ricongiungim ento fam iliare per i cittadini di stati terzi, la quale è stata adottata nel settem bre 2003 con la finalità di fissare le condizioni per poter esercitare tale diritto; altre iniziative sono state adottate (in particolare con la D irettiva 2003/109) in m erito alle condizioni per la concessione dello status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che soggiornano da tem po e legalm ente in un paese dell’U nione Europea. A ttraverso questa direttiva, vengono concessi una serie di diritti a chi ha soggiornato legalm ente ed ininterrottam ente per cinque anni nel territorio di uno Stato m em bro.
47 costituisce il passo successivo dell’azione politica dell’Unione Europea in tema di migrazione.
In questa occasione, l’Unione ha sottolineato - nelle conclusioni della Presidenza, al punto 33 - che una corretta gestione del fenomeno migratorio richiede un approccio
integrato, globale ed equilibrato, inteso ad affrontare le cause profonde dell’immigrazione clandestina che deve restare l’obiettivo costante dell’Unione europea a lungo termine44.
L’approccio globale espresso nelle dichiarazioni di principio - il quale mediante la predisposizione di politiche, appunto, globali, si pone come alternativo rispetto all’approccio per così dire settoriale, nazionalistico, soventemente utilizzato, in passato, dagli stati membri per affrontare le politiche migratorie – implica, sul piano operativo, l’adozione di un sistema di sanzioni a carico dei Paesi che abbiano ingiustificatamente violato gli obblighi di collaborazione assunti nei confronti dell’Unione Europea in merito alla la gestione comune dei flussi migratori.
44 Il testo originale recita: “the E uropean Council considers that combating
illegal immigration requires a greater effort on the part of the European U nion and a targeted approach to the problem, with the use of all appropriate instruments in the context of the European U nion’s external relations. To that end, in accordance with the Tampere E uropean Council conclusions, an integrated, comprehensive and balanced approach to tackling the root causes of illegal immigration must remain the E uropean U nion’s constant long-term objective. W ith this in mind, the E uropean Council points out that closer economic cooperation, trade expansion, development assistance and conflict prevention are all means of promoting econom ic prosperity in the countries concerned and thereby reducing the underlying causes of migration flows”.
48 La predisposizione di un sistema di controllo e di eventuale sanzione a carico dei paesi si spiega45 nella logica
della c.d. condizionalità46 reciproca.
Le condizionalità esprime la volontà dell’Unione Europea di vincolare i propri rapporti commerciali, l’assistenza finanziaria, la cooperazione allo sviluppo, i rapporti di associazione al rispetto di determinate condizioni.
La condizionalità è dunque espressione del tentativo dell’Unione Europea di assumere il ruolo di interlocutore rigoroso e risoluto dei paesi con cui instaura rapporti negoziali47, sì da essere persino capace di incidere sulla
stessa politica interna ed estera dei paesi terzi
45 In questi term ini si esprim e F. Toso, op. cit., p. 24.
46 Sulla condizionalità si vedano S. A ngioi, G enesi ed evoluzione del “principio di condizionalità” nella politica commerciale e nella politica di cooperazione allo sviluppo della Comunità E uropea , in Rivista internazione dei diritti dell’uom o, 1999, p 458 ss.; S. A ngioi, Il principio di condizionalità e la politica mediterranea europea, N apoli, 2006; F. Belaich, La conditionalité politique dans le partenariat euroméditerranéen, in M .F. Labouz, Le partenariat de l’U nion européenne avec les pays tiers. Conflits et convergences, Bruxelles, 2000, p 89 ss.; F. Fossati, La condizionalità politica nella cooperazione allo sviluppo, in Politica internazionale, 1999 (3), p 11 ss.; G . M affeo, Le condizionalità democratica, ambientale e sociale nella politica di cooperazione allo sviluppo dell’U nione europea, in D U CB, 1996 (2), p. 22 ss; C. M andrino, Politica di prossimità e Stati terzi mediterranei: un sistema innovativo di condizionalità democratica, in Il D iritto dell’econom ia, 2009, p. 365 ss.
47 In questo senso si veda A . D i M arco, Le clausole di condizionalità politica alla luce degli accordi di associazione, Centro di docum entazione europea - U niversità di C atania - O nline W orking Paper, 2011, n. 31, p. 4. Per un