GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE MIGRAZION
1. Le mobility partnership
Dopo aver tentato di inquadrare il fenomeno delle migrazioni nella sua portata e dopo aver sintetizzato come questo sia approcciato nel contesto internazionale e nel contestoeuropeo, è necessario gettare uno sguardo più approfondito in ordine agli strumenti di gestione del fenomeno stesso, con particolare riguardo al contesto europeo.
Iniziamo con il porre l’accento sui c.d.
mobilitypartership.
Con questo termine si è soliti indicare una dichiarazione non vincolante, mediante la quale l’Unione Europea ed un Stato terzo, tendono a raggiungere una migliore gestione dei flussi migratori, la quale normalmente è attuata attraverso una maggiore opportunità di accesso
73 per la migrazione legale ed una politica di contrasto severo per quella illegale68.
Il funzionamento di questo strumento è fondato su due presupposti essenziali: innanzitutto il Paese terzo
68 In m erito alla im m igrazione illegale è stato osservato che dopo la fine
della G uerra Fredda e specie dopo il conflitto arm ato nell’ex-Iugoslavia, gruppi num erosi di m igranti si sono riversati nei Paesi dell’E uropa O ccidentale, con l'intenzione di rim anervi. In un prim o tem po, l’im m igrazione illegale aveva preso la form a di un abuso nelle richieste di asilo; m a in seguito, dopo che gli Stati più interessati avevano m odificato la propria legislazione in m ateria di asilo, tale fenom eno ha assunto altre form e più insidiose, com e, ad esem pio, il tentativo di varcare clandestinam ente le frontiere o di esibire docum enti falsi o di affidarsi ad organizzazioni di trafficanti di m igranti o di restare illegalm ente nel Paese oltre il periodo autorizzato. Secondo indagini recenti, nell’U nione Europea vi sarebbero dai 3 agli 8 m ilioni di im m igrati clandestini. Il problem a dell’im m igrazione illegale nell’U nione E uropea è ovviam ente assai com plesso da un punto di vista politico, poiché incide sulla politica generale di ciascuno Stato dell’U nione in m ateria di asilo ed im m igrazione, di integrazione econom ica, sociale e culturale degli stranieri, e di sicurezza ed ordine pubblico. M a esso è m olto com plicato anche dal punto di vista giuridico, per vari m otivi. Innanzitutto, non è facile pervenire ad una definizione esatta di im m igrazione illegale o di im m igrazione clandestina. In secondo luogo, sono cam biate continuam ente, nel tem po, le basi giuridiche delle com petenze rispettive degli Stati m em bri e dell’U nione E uropea in tale m ateria. In terzo luogo, sono in una certa m isura cam biati anche i principi generali su cui si fonda la politica com unitaria contro l’im m igrazione illegale. In quarto luogo, non è facile ricostruire in m aniera sistem atica il contenuto dell’azione com unitaria in questo settore, poiché la legislazione è assai fram m entaria e differenziata. Infine, si pone anche il problem a di rinvenire dei lim iti all’azione com unitaria, soprattutto nell’ottica del rispetto di certi diritti um ani, che devono essere riconosciuti anche ai m igranti clandestini o irregolari. Su questo argom ento si veda R. Pisillo M azzeschi, Strumenti
comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in D iritto
74 interessato deve in concreto essere pronto a collaborare in materia di riammissione.
Sotto altro profilo, l’Unione Europea e gli Stati devono impegnarsi, nel rispetto delle reciproche competenze, a che sia resa possibile la collaborazione in tema di inserimento del migrante, agevolando l’accesso al mercato del lavoro dei cittadini del paese con il quale si sottoscrive l’accordo e prestando assistenza tecnica e finanziaria per lo sviluppo delle sue capacità del lavoratore stesso.
In altri termini, il partenariato per la mobilità è (potenzialmente) idoneo a fornire un quadro stabile e duraturo per una collaborazione proficua tra l’Unione Europea, gli Stati membri partecipanti e un Paese terzo su tutti gli aspetti del fenomeno migratorio (migrazione illegale e legale e nesso migrazione/sviluppo)69.
I primi mobility partership sono stati siglati a cavallo degli anni 2008 e 2009, e hanno riguardato in particolare gli stati della Moldova, Capo Verde e Georgia.
La struttura di questi accordi è simile, e consta di un preambolo e di una parte (per così dire) operativa, nella quale vi sono spesso espliciti riferimenti al tema del
69D ocum ento di lavorodellaCom m issione, M obility partnerships as a tool of
75 rapporto tra migrazione e potenzialità di lavoro nei Paesi di accoglienza e, dunque, di sviluppo.
Ed infatti, per fare un esempio, nell’accordo con Moldova si prevede proprio esplicitamente la necessità di sfruttare le opportunità del mercato del lavoro; di fornire ai migranti la necessaria informazione in merito alle possibilità di impiego.
Non va neppure trascurato il ruolo assunto, in questi accordi, dalla formazione e qualificazione professionale, là dove si prevede, sempre in una logica di positivo impiego lavorativo dei migranti, appunto di promuovere formazione professionale prima della partenza.
Sotto questo ultimo profilo, è utile evidenziare che l’accordo sottoscritto con la Georgia prevede il supporto della Fondazione Europea per la formazione professionale (ETF), la quale è stata costituita nel 1994 e, come si legge nei documenti ufficiali70 aiuta i paesi partner a
modernizzare i rispettivi sistemi di istruzione e formazione affinché possano trasmettere ai loro cittadini le competenze e le capacità necessarie in un’economia e una società dinamica.
76 Una seconda fase di accordo ha invece interessato gli stati dell’Armenia, Marocco, Tunisia, Azerbaigian e Giordania.
Questi “nuovi” accordi, pur ricalcando lo schema fondamentale dei precedenti, se ne differenziano là dove hanno ampliato e rafforzato taluni aspetti e, tra questi, anche quello del rapporto tra migrazione e sviluppo.
In particolare, nella mobility partnership siglata con il Marocco, si legge espressamente della necessità di rafforzare la cooperazione in materia di migrazione e sviluppo, al fine di sfruttare il potenziale della migrazione e i suoi positivi aspetti per lo sviluppo del Marocco e dei Paesi europei.
L’accordo con il Marocco, che appare come il più dettagliato di tutti ed è stato apprezzato71 soprattutto
perché ogni azione proposta è direttamente e esplicitamente collegata alla parte generale, così da apparire come un documento molto coerente, prevede inoltre (all’art. 23) alcune azioni direttamente rivolte a favorire l’acquisizione, per gli immigrati marocchini, di competenze professionali o accademiche da poter reimpiegare in Marocco una volta rientrativi.
71 I. G jergji, op. cit, p. 87
77 Alcuni autori hanno evidenziato che nella predisposizione di questi accordi ha giocato un ruolo anche l’IOM, giacché ha sempre contribuito in maniera decisiva fornendo informazioni ed indicazioni importanti riguardanti le migrazioni nelle aree interessate dai mobility
partnership72.
Da ultimo, nell’anno in corso, è stato siglato l’Accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e le Filippine (Partnership and Cooperation Agreement - PCA).
Tale accordo è preordinato ad avviare la cooperazione in settori quali la lotta al terrorismo, lo sviluppo sostenibile ed i diritti umani, nonché di sviluppare un partenariato di ampia portata strategica.
In questo Accordo - il quale prevede anche le per così clausole standard dell’Unione europea in materia di diritti umani, ed attua altresì le politiche dell’Unione europea in materia tributaria e sulla migrazione - è stata dedicata una attenzione specifica alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, in materia fiscale.
72 C. Potaux, The current role of the International O rganization for M igration in
developing and implementing M igration and M obility Partnerships, in R. K unz, S. Lavenex, M .Panizzon, M ultilayered M igration G overnance. The promise of partnership, Londra/N ew-York, 2011, p. 183 ss.
78 Quanto alla sua struttura l’Accordo è organizzato in 58 articoli suddivisi in 8 titoli.
In particolare, il Titolo II si occupa degli aspetti di dialogo politico e di cooperazione, in particolare in tema di diritti umani, di giustizia internazionale, di lotta al terrorismo.
Il Titolo III è invece incentrato sul commercio e sugli investimenti ed è preordinato alla intensificazione dei rapporti commerciali bilaterali, mentre il Titolo IV è dedicato alla cooperazione in materia di giustizia e di sicurezza, e contiene l’impegno verso il contrasto alle droghe illecite, al riciclaggio di denaro, al finanziamento del terrorismo e alla criminalità organizzata.
Ed ancora, il Titolo V si occupa della cooperazione in materia di migrazione e lavoro marittimo, ed il successivo Titolo VI disciplina la cooperazione economica e quella dei diversi ambiti settoriali, che vanno dall’occupazione alla gestione del rischio di catastrofi, dall’energia all’ambiente, dall’agricoltura alla pesca e allo sviluppo rurale, dalla politica industriale al sostegno alle piccole e medie imprese, fino al settore dei servizi finanziari.
79 Occorre ora fare cenno ad un altro strumento della politica dell’immigrazione dell’Unione Europea: l’accordo di riammissione73.
Per quanto riguarda la competenza a concludere tali accordi, occorre segnalare innanzitutto che l’art. 79.3 del TFUE prevede testualmente che “l’Unione può concludere con i
paesi terzi accordi ai fini della riammissione, nei paesi di origine o di provenienza, di cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni per l'ingresso, la presenza o il soggiorno nel territorio di uno degli Stati membri”.
In sede di ricostruzione della competenza sono state tuttavia prospettate in dottrina tesi diverse, tra le quali sembra prevalente quella orientata a riconoscere una competenza di carattere concorrente tra l’Unione e gli Stati membri74.
73 F. Pastore, L’obbligo di riammissione in diritto internazionale: sviluppi
recenti, in RD I, 1998, p. 968 ss.; B. N ascim bene, Relazioni esterne e accordi di riammissione, in L. D aniele, Le relazioni esterne dell’U nione europea nel nuovo M illennio, M ilano, 2001; G . Cellam are, G li accordi di riammissione dell’U nione europea, in Studi sull'integrazione europea, n. 2, 2010, p. 369 ss.
74 D iverso è invece il caso delle clausole di riam m issione contenute in
accordi dal contenuto generale, le quali non sem brano essere destinate ad assum ere la stessa efficacia degli accordi di riam m issione in senso proprio: su questi argom enti v. am piam ente, e nel senso della com petenza concorrente, G . Cellam are, Lezioni su la disciplina dell’immigrazione irregolare nell’U nione Europea, Torino, 2011, p. 76 ss.
80 Sulla base di tale accordi75, ciascuna parte contraente
s’impegna a riammettere76non soltanto i propri cittadini
emigrati ma, a determinate condizioni, anche i cittadini di Paesi terzi e gli apolidi, presenti sul territorio della parte richiedente e che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso o di soggiorno ivi applicabili.
In altri termini, l’accordo di riammissione è uno strumento mediante il quale ciascuna parte si assume le proprie responsabilità nella gestione del fenomeno in conseguenza della sussistenza dello status di cittadino del migrante e, allo stesso tempo, in ragione delle lacune del proprio sistema di controllo delle frontiere esterne.
L’obbligo di riammissione viene meno soltanto in alcune ipotesi, e cioè quando sussiste un legame particolare tra lo Stato richiedente e lo straniero ovvero quando quest’ultimo dispone di più di un visto o permesso di soggiorno rilasciati da diversi Stati membri.
75 A ccordi bilaterali di riam m issione sono stati conclusi con H ong K ong
e M acao (nel 2004), con lo Srilanka (nel 2005), con l’A lbania (nel 2006), con la Russia (nel 2007), con la Bosia-Erezegovina, la M acedonia, la M oldova, il M ontenegro, la Serbia, e l’U craina (nel 2007), con il Pakistan e la G eorgia (nel 2010) e, infine, con la Turchia (nel 2012).
76 V a com unque ricordato che l’obbligo di riam m ettere i propri cittadini
rappresenta un principio di diritto internazionale desum ibile dall’art. 13 della D ichiarazione U niversale dei D iritti dell’U om o e dall’art. 3, paragrafo 2, del protocollo n. 4 della Convenzione E uropea dei D iritti dell’U om o (CE D U ).
81 E stato osservato77 tuttavia che la natura reciproca
dell’obbligo assunto rappresenta un mero pro forma, ed è dunque inidonea a compensare il Paese terzo (di origine o di transito) dello sforzo collaborativo profuso; questo Paese è in verità soggetto ad un onere gravoso ed è costretto ad affrontare conseguenze economiche e sociali importanti a tutto beneficio dell’interesse alla sicurezza dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri.
A tale “problema” l’Unione Europea cerca di porre rimedio, assumendo nei confronti del Paese terzo interessato degli impegni “solidali” di aiuto tecnico e finanziario.
Quanto alla struttura di questi accordi, anch’essi sono formati da un preambolo da una parte relativa alle azioni da mettere in campo per realizzare gli obiettivi esplicitati nel preambolo.
Tralasciando gli aspetti di minore interesse, in questa sede occorre menzionare in particolare l’accordo concluso con il Pakistan, nel quale l’Unione si è impegnata espressamente, sia a livello tecnico che finanziario, a sostenere “i legami tra migrazione e sviluppo, l’organizzazione e
promozione della migrazione economica regolare, la gestione di
77 C. Billet, EC Readmission A greements: A Prime Instrument of the External
D imension of the EU ’s Fight against Irregular Immigration. A n A ssessment after Ten Years of Practice, in E uropean journal of m igration and law, 2010, 12, p. 68.
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quella irregolare, nonché la protezione dei migranti dallo sfruttamento e dall’esclusione”.
A questo proposito è stato previsto che il rifiuto alla riammissione debba essere sempre motivato e, nel caso in cui non è data risposta alla domanda nei termini prescritti, la domanda si considera accettata; allo stesso tempo, il trasferimento della persona interessata deve avvenire entro tre mesi dall’approvazione della domanda.
Il Pakistan si è inoltre impegnato ad autorizzare il transito di un cittadino di paesi terzi o di un apolide, nei casi in cui non sia possibile la riammissione direttamente nello Stato di destinazione; pur se soltanto dopo avere accertato l’impegno dello Stato di destinazione ha riammettere l’interessato.
Anche lo strumento degli accordi di riammissione non ha tuttavia mancato di sollevare molteplici critiche78, là
dove esso, pur essendo in linea di principio idoneo a far assumere agli stati le proprie responsabilità nella gestione del fenomeno migratorio e, come abbiamo visto per il Pakistan, anche nella promozione dello sviluppo, sembra però incapace di garantire una effettiva protezione dei diritti dei migranti e, in particolare, dello stesso diritto al
78 C. Cournil, La politique de réadmission de l’U E avec les Pays tiers:
diversification et expansion del’externalisation des controlesmigratoires , in L. D ubin, La légalité de la lute contre l’immigration irrégulière par l’union européenne, Bruxelles, 2012, p. 228
83 non respingimento, che ovviamente è condizione preliminare per qualunque altro ragionamento in tema di possibile sviluppo connesso alla migrazione!79.
È sin troppo agevole rilavare infatti che il respingimento del migrante sembra negare in radice la possibilità di considerare la migrazione come strumento e/o fatto di possibile sviluppo.
3. La direttiva sui lavoratori stagionali e la