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Le reliquie di San Procolo: l’antico “veronese” »

In questo ordine di idee, va ricordato un avvenimento che coinvolse l’area di San Zeno, e precisamente la piccola chiesa di San Procolo, dove, nel 1492, ven- nero scoperte le reliquie di quattro protovescovi veronesi94. La celebrazione del-

l’avvenimento fu affidata, oltre che alle immancabili pagine di Pietro Donato Avogaro, a due due trittici lapidei, che, nella loro impaginazione, si ponevano in una genealogia diretta dalla pala Correr, di cui riprendevano la tripartizione e la cima ad arco ribassato, riecheggiante la tipologia ad ara95.

Che tale forma ben si adattasse alla funzione e al senso dei trittici è conferma- to dal fatto che questi, sistemati nella cripta, dovevano essere insieme deposito per i sacri resti, segnacolo della loro sepoltura e parte integrante degli altari su cui erano posti. Nel contempo, però, la decisione di celebrare l’evento per via scultorea, tanto più evidenziando le figure dei singoli santi, trovava una curiosa corrispondenza cronologica e semantica con la scelta di porre le effigi di alcuni Uomini illustri veronesi sulla facciata della Loggia del Consiglio: se nell’edificio pubblico svettavano i campioni della classicità, a San Procolo si ergevano gli eroi della Chiesa veronese.

Del resto, poi, intervengono altre somiglianze, sicché un medesimo valore formale accomuna i due gruppi: a San Procolo, come sulla Loggia, i tipi appaio- no infantili e bamboleggianti, i panneggi rigidi ed elementari; i gesti sono ripetu-

93 Questo “terzo livello” è l’interpretazione che FERRETTI (1982, pp. 578-585) propone per le tarsie.

L’esigenza di aggiungere altri livelli interpretativi nasce dalla constatazione per cui anche i concetti universa- li non sono inesistenti, ma devono convivere con altre simbologie, come rivela la decodificazione degli ani- mali o di alcune immagini. Un’interpretazione siffatta per i programmi delle tarsie è suggerita anche da DANIELE 1998, pp. 42-48.

94 La successione degli eventi di San Procolo è stata ricostruita da BRUGNOLI 1988, pp. 42-47. 95 L’intervento letterario di Avogaro è commentato e pubblicato da LODI 1994 (a). Per l’inserimento dei

trittici nella scia mantegnesca si rimanda a MAOLI 2001, pp. 52-53. La scelta di echeggiare la pala di Mante- gna, del resto, risulta diffusa in seno alle operazioni collegabili a San Zeno, a segno di una precisa qualifica- zione: la stessa forma, infatti, si rinviene per il trittico di San Dionigi di Parona (chiesa dipendente dall’abba- zia veronese), la cui esecuzione è collegata al 1476, per opera di un pittore di nome Bernardino, identificato in Butinone: DE MARCHI 2006, pp. 91-92.

ti di personaggio in personaggio senza modifiche sostanziali, mentre le espres- sioni sono vacue e meschine. Tanto da far pensare che l’autore delle sculture di San Procolo sia quello stesso Alberto da Milano, cui vennero demandate le sta- tue della Loggia del Consiglio e che pertanto si trovava ben inserito nel milieu dei committenti comunali96. E che tuttavia dell’antico (evidente soprattutto nei

tralci delle lesene, negli ovoli che incorniciano gli archi e le quadrature sottostanti) faceva soprattutto un episodio ornamentale, il quale, a sua volta, se della classicità coglieva spunti esteriori e decorativi, finiva al tempo stesso per metterne da parte il senso della misura, della costruzione e delle proporzioni anatomiche.

Eppure questo – si badi bene – non significava assegnare un ruolo meno importante al recupero dell’antico: a confermare l’attenzione per la cultura clas- sica in quell’ambiente basterebbe leggere (guardandone anche i caratteri capita- li) l’iscrizione del 1502 nella cripta, ove la chiesa – con un colto appello alla terminologia classica – veniva chiamata aedes.

Ma soprattutto, mentre l’arretratezza formale dei trittici potrebbe far pensa- re a un’iniziativa di basso livello, le circostanze della commissione inducono a formulare giudizi più cauti e ben diversi, da soppesare magari a fronte dell’even- tuale chiamata dello stesso artigiano impegnato nella Loggia. Lungi dall’essere un fatto periferico o popolare, la scoperta delle reliquie di San Procolo aveva attirato su di sé l’attenzione non soltanto dei fedeli, bensì pure di una parte dell’éli- te e degli amministratori cittadini. Anzi, proprio per l’alto interesse devozionale, l’intervento si proponeva come un ennesimo tentativo di incanalare le manifesta- zioni dell’orgoglio civico: illuminante è che, per l’occasione, il Consiglio nomi- nasse quattro notabili (Cristoforo Pellegrini, Verità Verità, Clemente Clementi, Tealdo Trivella) affinché si occupassero delle reliquie e del flusso di offerte che sarebbe derivato dall’evento97. Un’ingerenza questa, che la dice lunga sull’im-

portanza annessa agli eventi di San Procolo da parte delle autorità cittadine; nei quali eventi, dunque, il rimando antico era impiegato con l’intento di donare alla città un’ulteriore forma di celebrazione. Il tutto, poi, ancor più giustificato dal fatto che San Procolo poteva essere considerata, grazie alla necropoli romana lì affiorante, anche un’importante testimonianza del patrimonio classico della cit- tà. La lastra con l’iscrizione della FORTUNA ADIUTRIX sicuramente ebbe un ruolo non irrilevante nell’assicurare l’interesse per un tema che l’etica umanista stava portando in auge, e che avrebbe trovato vasta eco nei motti apposti agli ingressi dei palazzi98. Così come va ricordato che fu probabilmente San Procolo a fornire

i modelli per numerose riprese antiquarie locali. Nella cappella Medici di San Bernardino, diversi motivi ornamentali trassero origine dai reperti visibili nella

96 DONISI 2000-2001, pp. 71-72; A. ZAMPERINI, in Dizionario anagrafico 2007, pp. 230-231. 97 BRUGNOLI 1988, p. 42.

GLIORDINIRELIGIOSI. L’ANTICODELLERELIQUIE

7.5 Fregio romano a tema vegetale, Verona, San Procolo

7.6 Fregio romano con grifoni, Verona, San Procolo

7.7 Trittico di San Giovanni Evangelista, Verona, San Procolo

7.5

7.6

piccola chiesa: ed erano le are dipinte sui pilastri, i fregi, dove compaiono le maschere fitomorfe e i grifoni affrontati, per i quali esistono puntuali riscontri in due architravi della chiesa, pure essi di reimpiego99. Così come nell’architrave di

un palazzo quattrocentesco di via San Mamaso venne ripetuto giusto il tema dei grifoni affrontati. Ma pure a Santa Anastasia si tenne conto dei reperti di San Procolo, giacché Antonio Badile aveva ripreso il fregio con i volti fitomorfi in una delle nicchie laterali all’ingresso della cappella Pellegrini. E soprattutto, an- cora una volta, il transito dell’antico verso le istanze contemporanee avveniva all’interno di luoghi appartenenti a un medesimo circuito, che in questo caso – come si è visto – si riallacciava a quello del Comune.

99 Le immagini dei reperti romani si vedono in FRANZONI 1988 (b), pp. 18, 20-21.

[7.5, 7.6]

Gli eventi sin qui ricordati suggeriscono di fissare l’attenzione su due artisti (Antonio Badile e Giovanni Maria Falconetto) rappresentativi di altrettanti modi di rapportarsi con l’antico, ciascuno da porre in corrispondenza con una fase distinta nella maturazione della sensibilità per l’arte classica.