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Leasing abitativo e rent to buy: due strumenti dell’attuale diritto della cris

2. PARTE FISIOLOGICA

2.2 OGGETTO : ABITAZIONE PRINCIPALE

2.5.2 Leasing abitativo e rent to buy: due strumenti dell’attuale diritto della cris

A partire dal dopoguerra i giuristi pensano ad un diritto che accom- pagni la crescita economica del paese, tuttavia da alcuni anni si è gra- dualmente assistito ad un’inversione di tendenza, a tal punto che si è iniziato a parlare di un “nuovo diritto della crisi”: nuovo nel senso che il nostro sistema confinava in passato il diritto della crisi all’interno del diritto dell’impresa e quindi alla disciplina fallimentare (241). Oggi in- vece a causa delle incessanti contrazioni della nostra economia che hanno generato fenomeni deflattivi, calo dei prezzi e fenomeno dell’ina- dempimento oramai generalizzato (242), il legislatore ha pensato di ap- prontare una serie di interventi volti ad incentivare e risollevare deter- minati settori del mercato, quale ad esempio nel nostro caso quello im- mobiliare.

Se dalla fine degli anni ‘80 si pensava che il diritto all’abitazione

241 Negli ultimi anni abbiamo una serie di norme dedicate alla crisi delle imprese ma anche alla gestione della crisi in relazione ad un singolo rapporto contrattuale: in materia di concordato preventivo una novella del 2012 (D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) ha introdotto l’art. 169 bis della legge fallimentare, il quale regola l’ipo- tesi in cui il tribunale autorizzi la sospensione o scioglimento di un rapporto pendente; norma di enorme innovatività che consente di incidere nel singolo rapporto contrattuale con una modularità che va dalla sospensione allo sciogli- mento.

242 Nel sistema del Codice non esiste il tema del governo dell’inadempi- mento, ovvero non vi è una disciplina che regoli il pericolo di inadempimento: l’ipotesi in cui una parte ha il fondato timore che l’altra non adempia. Il Codice conosce l’art. 1461, che però esige un mutamento significato delle condizioni patrimoniali della controparte e poi prevede comunque il beneficio del termine. La Cassazione in alcune sentenza recenti (vedi Cass., 22 maggio 2015, n. 10546) ha parlato dell’inadempimento anticipato ed ha richiamato l’istituto dell’anticipatory breach anglo-americano (sul punto vedi: V. PUTORTÌ, Ina-

dempimento e risoluzione anticipata del contratto, Giuffrè, 2008); tuttavia tale istituto non ha base normativa puntuale e la Corte ha fondato tale figura sulle regole di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c., semprechè l’inadempimento sia certo o ragionevolmente tale.

fosse un diritto da tutelare tramite il contratto di locazione (243), e dun- que attraverso agevolazioni destinate ad operare in una logica di godi- mento effettivo del bene, oggi invece il legislatore ritiene che il diritto all’abitazione debba essere tutelato attraverso forme di accesso “gra- duale” (244) alla proprietà immobiliare. Dunque si apprestano meccani- smi alternativi di acquisto, dove strumenti e brandelli della locazione sono mattoni che consento di costruire nuovi canali di accesso alla pro- prietà immobiliare (245). È proprio in quest’ottica che si pongono gli ul- timi due interventi volti all’introduzione nel nostro ordinamento dei contratti di rent to buy e di leasing abitativo.

Tali nuovi strumenti dell’attuale diritto della crisi nascono nello specifico per far fronte ad una problematica diffusa: il nostro sistema

243 Vedi per tutti U.BRECCIA, Il diritto all’abitazione, Milano, 1980. 244 L’espressione è tratta dal titolo dell’opera di un esponente della dottrina pisana che ha approfondito questo particolare tema: D.POLETTI, L’accesso «graduale» alla proprietà immobiliare(ovvero, sui contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili),in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2015.

245 A dire il vero il fenomeno non è affatto nuovo, in quanto già prima dell’avvento della disciplina del rent to buy, la prassi aveva già ideato partico- lari formule contrattuali volte ad ottenere una diluizione del prezzo con imme- diata disponibilità del bene, anticipando o differendo il momento traslativo ri- spetto al momento della corresponsione del saldo finale di acquisto. Quanto alla prima ipotesi si fa riferimento ad alcune figure come: la vendita con con- dizione risolutiva unilaterale (buy to rent) mediante la quale il venditore tra- sferisce immediatamente la proprietà del bene in base all’art. 1376 c.c., ma è titolare del diritto potestativo di risolvere il contratto laddove si configuri un inadempimento del compratore, potendo egli in tal modo ottenere la restitu- zione del bene senza dover avviare la procedure esecutiva (visto il particolare clima di sofferenza del mercato). Quanto alla seconda ipotesi abbiamo una se- rie di fattispecie complesse caratterizzate dalla presenza di collegamenti vari fra vendita, locazione e contratto preliminare, che in questa sede ci limitiamo solamente a richiamare: a) locazione con opzione di futuro acquisto (unilate- rale o bilaterale); b) locazione con preliminare di futuro acquisto (scarsamente diffusa a causa dello stringente termine triennale previsto dall’art. 2645-bis c.c.); c) vendita in forma di locazione (art. 1526, III comma, c.c.); d) vendita con riserva della proprietà (art. 1523 c.c.); e) preliminare ad effetti anticipati ed il c.d. contratto di help to buy (caratterizzato rispetto al primo dalla presenza di una caparra, di un pagamento periodico, una multa penitenziale in caso di recesso ecc.)

conosce un limite all’erogabilità dei finanziamenti tramite mutuo fon- diario (246), tale limite, per una serie di ragioni legate a fenomeni di de- flazionistici (247), oggi è rigorosamente osservato dagli enti erogatori di credito, i quali hanno avviato una serie di politiche prudenziali che se da una parte garantiscono la maggior stabilità dell’ente, dall’altra rendono meno agevole l’accesso al credito per i meno abbienti; se combiniamo questo dato con la sempre crescente disoccupazione, osserviamo come per il quivis de populo sia diventato particolarmente gravoso non sol- tanto accedere ai tradizionali canali di finanziamento, ma anche riuscire a colmare con le proprie sostanze la differenza fra prezzo effettivo e percentuale finanziata. Tramite le due figure in questione, anche se at- traverso modalità sensibilmente differenti, si cerca di far fronte a tale esigenza diffusa, identificata come fattore di blocco e di crisi del mer- cato immobiliare.

246 L’art. 38 del TUB definisce il credito fondiario come l’operazione avente ad oggetto la “concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”; al secondo comma si prevede che la Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, determini l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da realizzare sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisca la concessione di finanziamenti. La delibera del CICR del 22 aprile 1995, e dalle conseguenti istruzioni applicative di Banca d’Italia, fissa l’attuale limite massimo di finanziabilità nella misura pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati (credito fondiario) o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi (credito edilizio); è però prevista la possibilità di elevare tale percentuale al 100 per cento attraverso il rilascio di garanzie integrative.

247 Il limite dell’80% negli anni di sviluppo dell’economia, non era la soglia effettiva perché dopo il trascorrere di alcuni anni, grazie all’inflazione, l’80 diventa ad esempio il 60%, quindi i finanziamenti venivano erogato anche per il 100% o persino il 110%, così le banche con i loro slogan affermavano che con tale contratto si potevano coprire pure le spese notarile ed anche di arreda- mento; si sapeva di poter contare sul fenomeno inflazionistico. Oggi al contra- rio la soluzione dell’irregolarità gestoria non è più praticabile perché si è in- vertito il meccanismo per cui la banca con la deflazione rischia il fenomeno opposto, ed il finanziamento che è oggi all’80% fra qualche anno supererà tale soglia, divenendo pertanto nullo. Ciò dunque ha spinto le banche a tenersi ben al di sotto del limite identificato dalla Banca d’Italia, facendo così sostenere al privato gran parte del prezzo da finanziare.

Ad una ratio comune (248) i due contratti aggiungono un’altra par- ticolare analogia, la quale è data dalla presenza di uno stesso schema negoziale: in entrambi i casi la parte concedente cede in godimento un immobile con diritto del conduttore/utilizzatore di acquistare la pro- prietà al termine pattuito.

La “somiglianza” è a tal punto forte da aver ingenerato nel legisla- tore l’esigenza di precisare che “i contratti di godimento in funzione

della successiva alienazione di immobili” sono “diversi dalla locazione finanziaria” (249). In entrambi i contratti la parte conduttrice/utilizza- trice è titolare di un diritto personale di godimento oltre che di un diritto potestativo di acquisto della proprietà dell’immobile. Ad ulteriore con- ferma di come il legislatore sia ben consapevole dei punti di contatto fra le due figure, basti ricordare che inizialmente l’art. 23 non prevedeva alcun rinvio al procedimento per convalida di sfratto, di modo che, per ottenere la restituzione della res, il concedente avrebbe dovuto fare ri- corso al rito ordinario di cognizione, con notevole dispendio di tempo e di risorse economiche; a seguito dell’entrata in vigore del leasing abita- tivo, la finanziaria del 2016 conteneva invece un esplicito richiamo al procedimento speciale per convalida ed il legislatore, dopo qualche mese, ha provveduto a limare tale disparità di trattamento, inserendo (250) al comma II del suddetto articolo, un rinvio esplicito destinato ad

248 Secondo alcuni studiosi i due contratti sarebbero entrambi funzionali ad agevolare l’acquisto, al fine di risollevare il mercato immobiliare, ma sotto di- verse prospettive: il rent to buy sarebbe pensato per far fronte alle esigenze delle imprese costruttrici che nell’attuale panorama di crisi faticano a ricollo- care i beni su mercato in modo celere onde estinguere quanto prima i finanzia- menti pendenti, finalizzati alla realizzazione dell’opera; mentre il leasing abi- tativo si porrebbe in una preminente logica di tutela della parte acquirente, stante la finalità abitativa principale cui il contratto e è specificamente preor- dinato.

249 La “diversità” cui il legislatore intende alludere sta proprio nella causa di finanziamento che distingue il contratto di locazione finanziaria dal rent to buy, sul punto vedi meglio infra questo paragrafo.

250 Art. 4, comma II-bis, del D.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito con mo- dificazioni dalla L. 30 giugno 2016, n. 119.

operare anche per il rent to buy.

Alla medesima ratio dei due istituti si contrappone però una diver- sità fondamentale, che attiene alla causa dei due contratti: mentre il con- tratto di leasing abitativo, come più volte ribadito, si caratterizza per la presenza di una causa mista di scambio e di finanziamento, il contratto di rent to buy si compone anch’esso di una causa unitaria, la quale con- siste però nel “godimento finalizzato all’acquisto” (251). Ecco dunque spiegata la ragione che ha indotto il legislatore a distinguere le due fat- tispecie negoziali: se da un lato il leasing abitativo contiene in sé anche la causa del contratto di rent to buy, non è vera la reciproca. Possiamo dire che se da un lato quest’ultima fattispecie è stata pensata proprio per evitare il finanziamento (252), l’altra rappresenta un canale alternativo rispetto al tradizionale mutuo fondiario.

Le due figure presentano inoltre una serie di differenze specifiche di disciplina, delle quali tentiamo di seguito una schematica elenca- zione:

251 D.POLETTI, op. cit., p. 43: « Di fronte alla formulazione dell’art. 23, la causa del contratto appare unitaria, anche se l’operazione è racchiusa nel contesto di una sequenza composta da due segmenti, uno dei quali – diversa- mente da ciò che accade nella catena preliminare-definitivo – si presenta solo eventuale. La nuova operazione contrattuale è dunque ascrivibile all’area dei tipi contrattuali caratterizzati dal godimento finalizzato all’acquisto, cui ap- partengono il contratto preliminare ad effetti anticipati, la locazione conver- tibile in vendita e la stessa vendita con riserva della proprietà […] Nonostante queste affermazioni, deve comunque osservarsi che l’art. 23 opera per vero una tipizzazione più di cornice strutturale che di contenuto, dando luogo ad uno schema contrattuale, secondo formule già conosciute con riferimento alla riconduzione al piano normativo di tipi socialmente diffusi. I tratti imprescin- dibili si assestano sul conferimento del godimento, sulla suddivisione del cor- rispettivo versato e sull’attribuzione al conduttore di un diritto all’acquisto, senza correlato obbligo.»

252 Come osservato da D.POLETTI, op. cit., p. 34: « Il c.d. su- percanone compenserebbe il sacrificio della dilazione di pagamento offer- ta dal vendi- tore e la perdita della materiale disponibilità del suo bene, ma dovrebbe con- sentire ai futuri compratori di computare parte di esso in conto prezzo all’atto dell’acquisto differito, in attesa di potere ricorrere più avanti al mercato del credito, dopo avere acquisito un merito crediti- zio e abbassato l’entità mone- taria della richiesta.»

1) da un punto di vista soggettivo, la definizione data dall’art. 23, I comma, dello Sblocca Italia (253) non pone particolari limiti, né dalla parte del concedente e da quella del conduttore (254), i quali possono benissimo consistere in imprenditori, costruttori, privati, persone giuri- diche e persone fisiche. Nel leasing abitativo abbiamo visto che invece la parte concedente è qualificata espressamente dal legislatore e deve pertanto trattarsi di una banca o intermediario finanziario ai sensi dell’art. 106 del TUB. Quanto alla parte utilizzatrice il particolare re- gime fiscale e la finalità abitativa suggeriscono un suo inquadramento in termini di persona fisica (255);

2) il contratto di rent to buy può avere ad oggetto qualsiasi tipo di immobile, a differenza del leasing abitativo che richiede necessaria- mente la destinazione dell’immobile ad abitazione principale dell’utiliz- zatore o di un suo familiare (256); con ciò possiamo azzardarci ad affer- mare dunque che il leasing abitativo presenti una ratio speciale, in quanto strumento ad hoc di accesso alla proprietà immobiliare abitativa. 3) l’art. 23 presuppone implicitamente che nel contratto di rent to

buy il concedente sia già proprietario del bene, mentre per il leasing abi-

tativo la legge fa esplicito riferimento all’obbligo della parte concedente di acquistare o far costruire l’immobile su indicazione della parte utiliz- zatrice (257).

253 D.l. 12 settembre 2014, n. 133 (Decreto Sblocca Italia) coordinato dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

254 Lo stesso impiego del termine conduttore, che marca le somiglianze di tale figura rispetto alla locazione, costituisce una differenza rispetto al leasing abitativo nel quale si parla di utilizzatore, termine che rimanda appunto al lin- guaggio tipico dell’attività di intermediazione e della tutela consumeristica, sul punto vedi meglio cap. II, § 2.1.2.

255 Sulla particolare natura della parte utilizzatrice e della possibile esten- sione del leasing abitativo alle persone giuridiche vedi infra cap. II, § 2.1.2

256 Quanto alla definizione di abitazione principale e le relative distinzioni col concetto di prima casa vedi infra cap. II, § 2.2

257 Riguardo all’eventualità di un leasing abitativo diretto e sulle sue distin- zioni rispetto al contratto di rent to buy, vedi approfondimento infra paragrafo successivo.

4) la disciplina del rent to buy dispone riguardo ad alcuni aspetti di cui il legislatore della finanziaria del 2016 non si è minimamente occu- pato, rinviando di fatto alla completa autonomia dei privati (258): a) al comma 1-bis (259) dell’art. 23 si dispone che “le parti definiscono in sede

contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il conce- dente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acqui- stare la proprieta' dell'immobile entro il termine stabilito” (260); b) Al comma primo vi è una disciplina specifica in tema di trascrivibilità del contratto (261), la quale fa un esplicito rinvio agli artt. 2645 bis e 2643, n. 8) del c.c.; c); c) all’incipit del II comma, una particolare tutela pre- vede una soglia minima pari ad un ventesimo del valore complessivo dei canoni pattuiti (262) al di sotto della quale la parte concedente non può esercitare il diritto di risoluzione del contratto; d) il richiamo al comma III dell’art. 23 alle disposizioni in materia di usufrutto di cui agli artt. 1002-1007, 1012 e 1013 del c.c. oltre a costituire un punto di riferimento importante nella ripartizione dei diritti e degli obblighi a carico delle parti (263), consente anche di individuare una ulteriore differenza con

258 Autonomia privata che come ben sappiamo deve pur sempre muoversi entro la cornice data delle regole generali in materia di contratti di cui al Libro IV, Titolo II del nostro Codice e delle norme imperative del nostro ordina- mento nel suo complesso.

259 Comma introdotto dalla legge di conversione n. 164 del 2014.

260 Per il leasing abitativo la necessità di imputare una quota del canone in acconto del prezzo finale di acquisto è stata ivi ricavata dalla sua appartenenza alla categoria giurisprudenziale del contratto di leasing traslativo. Sul punto vedi meglio infra cap. I, § 1.3.

261 Sul punto vedi cap. II, § 2.4.1

262 Per il contratto di leasing abitativo tale lacuna deve considerarsi colmata in via analogica col richiamo dell’art. 1525 c.c. in materia di vendita con ri- serva della proprietà, la quale impedisce al venditore la risoluzione del con- tratto per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo.

263 Il richiamo alle norme sull’usufrutto abbiamo già visto, infra cap. I, § 1.1, non essere dirimente per affermare la natura reale della situazione giuri- dica soggettiva in capo al conduttore del contratto di rent to buy, avendo sem- plicemente la funzione pratica di escludere, secondo alcuni studiosi (vedi D. POLETTI,op. cit., p. 51), l’accostamento della figura in questione al regime

quanto disposto in materia di leasing abitativo, nel quale si dispone la possibilità in capo alla parte concedente di traslare di tutti i rischi, anche di perimento, in capo all’utilizzatore (264); e) il comma IV dell’art. 23 rinvia espressamente all’art. 8 del D.lgvo. n. 122 del 2005, stabilendo che, laddove si tratti di immobile abitativo, il notaio non possa redigere il contratto di rent to buy se prima “non si sia proceduto alla suddivi-

sione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell'ipoteca a garanzia o del pignora- mento gravante sull'immobile”;

5) non è prevista alcuna possibilità per il conduttore di chiedere la sospensione dei canoni prevista per il contratto di leasing abitativo, di cui ai commi 79 e 80;

6) il contratto di rent to buy gode di una disciplina specifica in caso di risoluzione per inadempimento del concedente, in base alla quale egli è tenuto a corrispondere al conduttore la quota del canone imputata a prezzo di acquisto, maggiorata degli interessi legali; quanto invece all’ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore si prevede una regola inversa rispetto a quella propria dell’art. 1526 del c.c. (265), per cui il concedente oltre alla restituzione del bene si trattiene tutti i canoni a titolo di indennità se non è stato diversamente convenuto nel

contratto. Si tratta come possiamo osservare di una particolare disci-

plina di favore per la parte concedente, mentre il comma 78 della finan- ziaria 2016 dispone un meccanismo nuovo, di natura compensatoria, la

vincolistico della locazione.

264 Vedi al riguardo il combinato disposto degli artt. 1007 e 1006 c.c. 265 L’art. 1526 c.c., in materia di vendita con riserva della proprietà, di- spone, al I comma, che in caso di inadempimento dell’acquirente e conse- guente risoluzione del contratto il venditore ha diritto alla restituzione del bene e deve corrispondere all’acquirente tutti i canoni versati (salvo sempre il risar- cimento del danno ed un equo compenso per l’uso della cosa); in base al II comma poi si consente al venditore, solamente laddove ciò sia espressamente convenuto, di trattenere le rate pagate a titolo di indennità (indennità che il giudice può ridurre in base alle circostanze).

cui ratio è quella di evitare un ingiustificato arricchimento in capo al concedente, il quale però è tenuto, a differenza di quanto stabilito dall’art. 1526 c.c., ad alcuna restituzione dei canoni versati (266); ciò al fine di non gravare eccessivamente sulle sue sostanze. Si tratta in defi- nitiva di una particolare disciplina di equilibrio e di tutela delle contrap- poste esigenze delle parti.

In base a quanto osservato concludiamo dunque che le due figure in questione sono portatrici della medesima ratio di accesso agevolato alla