Per quel che riguarda il mondo psicopatologico va ricordato che solo una parte delle madri che commettono il figlicidio soffrono di una chiara malattia psichiatrica.
Nelle patologie psicotiche franche l’omicidio del figlio può avvenire in un’elaborazione delirante in cui il figlio diventa il ricettacolo massicciamente proiettivo d’esperienze persecutorie interne, sia si tratti di condizioni schizofreniche o di deliri persecutori non schizofrenici come paranoia e oligofrenia.
Nelle condizioni depressive gravi il figlio può essere inglobato in una tematica melanconica o persecutoria melanconica e ucciso nell’ambito di un suicidio allargato animato da istanze paradossalmente protettive (la riunificazione in un mondo migliore).
_________________________________________________
Di Bello et al., 2001, Il rifiuto della maternità
Vi sono madri poi che fecalizzano il neonato o negano la gravidanza e la nascita come in certe psicosi puerperali.
Questa è a grandi linee la classificazione generica del figlicidio compiuto da soggetti affetti da disturbi psichiatrici. Recentemente si è inserito tra questi anche la sindrome di Munchausen per procura, da molti considerata come la versione moderna del figlicidio.
L’espressione sindrome di Munchausen compare per la prima volta nel 1951 per descrivere quelle persone che si rivolgono insistentemente a medici e ospedali riferendo continui e inesistenti disturbi. Alla triste applicazione ai bambini si giunge circa venti anni dopo con la definizione di Meadow
“sindrome di Munchausen per procura”. Si ritiene che la motivazione di tale comportamento sia il bisogno psicologico di assumere, per interposta persona, il ruolo di malato.
Volendo risalire ad una nosografia del figlicidio più accurata ma più addietro negli anni si può citare la classificazione di Delay, Lemperiere, Escourelle e Dereux* del 1957. Essa rintraccia in una delle tre forme di figlicidio, quello impulsive, tre cause: puerperio, stati epilettici, etilismo cronico.
La psicosi puerperale è una delle cause più frequenti d’infanticidio: la psichiatria oggi segnala come categorie nosografiche autonome le forme
___________________________________________________
Levin, La sindrome di Munchausen per procura
*pgg.4069-4080
psicotiche che si realizzano nella gravidanza, nel puerperio e nell’aborto, definendole “psicosi puerperali”. Il quadro clinico delle psicosi puerperali presenta sintomi quali la depressione, gli stati maniacali e depressivi con elementi deliranti, le manie. In queste condizioni cliniche, le infanticide arrivano finanche a negare l’esistenza del figlio e della maternità.
Un disturbo tipico dello “infanticida seriale”, soggetto per fortuna rarissimo che si caratterizza per il ripetersi del reato, è invece la cosiddetta
“pazzia impulsiva”.
Il DSM IV parla del disturbo del controllo degli impulsi, riferendosi all’incapacità di resistere ad un impulso, ad un desiderio impellente o alla tentazione di compiere un’azione pericolosa per sé e per gli altri. In questo caso, si prova una fortissima eccitazione prima di compiere l’azione e, dopo averla compiuta, subentra uno stato di sollievo. Questo disturbo si può inquadrare come un’alterazione permanente della personalità e si manifesta in periodi particolari di cambiamento quali, ad esempio, il periodo così delicato della gravidanza.
La valutazione psichiatrica di donne infanticide ha consentito, tra gli altri, di rilevare alcuni casi di disturbo bordeline di personalità. I sintomi della patologia sono qui di difficile identificazione, in quanto l’intelligenza del soggetto bordeline appare, quasi sempre, ben adeguata e nei limiti della
distribuzione normale, a differenza di quanto capita nella maggior parte di casi d’infanticide. Infatti, in questi casi, è la sfera del sentimento e delle azioni ad essere compromessa: si rileva una sorta di “mancanza di compassione”, accompagnata da una grave confusione della condotta.
La donna infanticida è colei che non riesce a condividere il dolore, non ha la possibilità di sentire nell’anima il dolore dei mali altrui e, quindi, il desiderio di lenirli. In sintesi, è incapace di impietosirsi, di compatire e, infine, di perdonare. Questo tipo di personalità, arriva a progettare un delitto con la massima scaltrezza e notevole freddezza. Per ciò che riguarda nello specifico il figlicidio, colui che uccide il proprio figlio è spesso un soggetto tarato e malato di mente. Generalmente sono soggetti affetti da depressioni gravi di tipo endogeno, che si manifestano attraverso l’autosvalutazione, un senso d’inadeguatezza, la paura della perdita della capacità di svolgere il proprio ruolo genitoriale. In questo senso, il figlicidio, è un suicidio di tipo egoistico. Chi compie questo tipo di reato, di frequente nel passato, ha dovuto combattere contro sentimenti ambivalenti, d’amore e d’odio, vissuti nei confronti del proprio figlio.
Spesso il bambino non è stato desiderato dai genitori, oppure il genitore ha temuto di poter nuocere al proprio figlio, oppure il genitore ha temuto che il proprio figlio fosse portatore di handicap o d’anomalie mentali o che fosse
incapace di crescere e svilupparsi, oppure il genitore ha vissuto il proprio figlio come un limite alla propria libertà, vivendolo, dunque, come un vero e proprio nemico.
Il figlicidio, anche, può essere agito da genitori affetti da caratteropatia o sociopatia. In questi casi il figlicida manifesta anaffettività, insensibilità, incapacità di stabilire rapporti empatici, sia in famiglia sia fuori di essa, aggressività e non adeguamento alle norme sociali.
Si possono descrivere quindi una serie di tipologie situazionali e motivazionali del figlicidio materno, in un continuum che va dall’assenza di patologia, via via verso la patologia più grave.
1. Nell’atto impulsivo delle madri che sono solite maltrattare i figli, non vi è un progetto omicida, quanto un’evoluzione particolarmente infausta della “battered child syndrome”, un agito impulsivo in risposta a pianti o urla del bimbo, da parte di madri affette da disturbi di personalità, con modesta intelligenza, irritabilità, incapacità a mantenere un lavoro stabile.
2. Non dissimili paiono i casi di uccisione per brutalità di madri infastidite dal pianto o dalle esigenze del bambino.
________________________________________________
Merzagora Betsos, 2003, Demoni del focolare
3. Nell’agire omissivo delle madri passive e negligenti nel ruolo materno si è al cospetto di madri incapaci di affrontare i compiti della maternità relativi alle necessità vitali del figlio.
4. Abbastanza simili a quelli testè citati sono quei figlicidi per fatalità, poiché alcuni, rifacendosi al concetto di ambivalenza, avvertono che essi
“trovano nel non insolito accompagnamento di fantasie figlicide un ridimensionamento del ruolo assegnato al destino”.
5. Le madri che uccidono i figli non voluti sono coloro per le quali il figlio rievoca momenti di abbandono, magari violenza sessuale o particolari difficoltà concrete ed esistenziali.
6. Le madri che uccidono i figli trasformati in capri espiatori di tutte le loro frustrazioni reputano, talora in modo delirante, che il bambino abbia
“sformato” attraverso la gravidanza il loro corpo e che le costringa a dover trascorrere tutta la giornata per badare alle malattie reali o presunte, alle necessità fisiologiche ed ai loro capricci.
7. Le madri possono uccidere per motivi di convenienza o di pressione sociale e d’onore, questi ultimi ormai scomparsi.
8. Tra i motivi sociali o forse meglio ideologici, taluni annoverano i casi di madri che, aderendo a sette religiose che prescrivono di evitare
_____________________________________________________________
Palermo, 2002, International Journal of Offendre Therapy & Comparative Criminology, Vol. 46
trasfusioni o medicinali, lasciano che i loro figli muoiano piuttosto che ricorrere a cure mediche che potrebbero salvarli.
9. Un importante contributo al figlicidio materno è poi costituito dalle madri che hanno a loro volta subito violenza dalla propria genitrice e spostano l’aggressività dalla “madre cattiva” verso il figlio.
10. Dinamiche più prettamente patologiche si ritrovano nei neonaticidi attuati in presenza ed a causa di psicopatologie puerperali, che sono descritte in tre diverse forme, tutte caratterizzate da depressione ma con differenti livelli di gravità.
11. Sempre informate a grave depressione ma non così strettamente connesse all’evento del parto, sono le situazioni di quelle madri che desiderano uccidersi e uccidono il figlio (suicidio allargato), delle madri che uccidono il figlio perché pensano di salvarlo (figlicidio altruistico), delle madri che uccidono il figlio per non farlo soffrire (omicidio
“pietatis causa”, eutanasia o omicidio compassionevole o pseudo compassionevole, quando motivato dal desiderio di “liberarsi del fardello” del figlio malato). Sono anche riferiti casi di figlicidio “pietatis causa” commesso dalle madri per sottrarre i figli agli orrori della guerra e delle probabili torture, per esempio di recente in Bosnia.
_____________________________________________________________
Stanton et al., 2002, International Journal of Low and Psychiatry, vol. 25
“Preferirei tre volte, le armi in pugno combattere, piuttosto che una volta soltanto partorire…”
(Euripide, Medea)