Analisi di un caso
4.3 E’ possibile prevenire il fenomeno?
Negli ultimi mesi la stampa ha riportato episodi di figlicidio e spesso è stata indicata la depressione come causa di questi gravissimi episodi.
Da più parti è stato lanciato l’allarme e si è parlato subito di “centri d’ascolto”. Queste strutture, su base territoriale, dovrebbero monitorare i comportamenti delle persone che hanno problemi depressivi per coglierli in fase precoce ed evitare che si arrivi alle estreme conseguenze. La depressione nelle giovani mamme è una delle patologie, legata ai tempi moderni, in aumento e che sta creando problemi seri a tutto il mondo sviluppato . L’obiettivo che è già contenuto nel piano sanitario nazionale dovrebbe estendere questi centri di ascolto su tutto il territorio italiano coinvolgendo le Regioni.
Al fine di individuare il maggior numero di donne con segni di depressione post-natale è necessario fare attenzione ai sintomi riferiti, ai sentimenti e pensieri negativi espressi, ma anche alla loro persistenza e all'intensità con cui sono vissuti.
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Il mancato riconoscimento di una depressione aumenta il rischio di conflitto nella coppia ,oltre ad incidere sul benessere del neonato e di altri figli.
Lo strumento di screening più comunemente utilizzato in periodo postnatale è la Edimburg Postnatal Depression Scale (EDPS) o Scala di Edimburgo* che andrebbe utilizzata in tutte le donne alla prima visita di controllo (approssimativamente sei settimane) dopo il parto e che, nei casi incerti, è consigliabile utilizzare nuovamente a distanza di due settimane.
Una seconda valutazione può essere fatta tre mesi dopo il parto.
La Scala di Edimburgo, che non individua le madri con nevrosi d’ansia, fobia e disturbi di personalità, non può essere considerata come un unico criterio clinico, ma permette di individuare la popolazione per la quale è indicato un accertamento accurato. In altri termini la Scala di Edimburgo dovrebbe essere offerta alle donne in periodo postnatale come parte di un programma di screening e non deve essere considerata uno strumento diagnostico. La scala comprende dieci affermazioni. Le madri scelgono tra quattro possibili risposte quella che corrisponde meglio allo stato d’animo provato durante gli ultimi sette giorni. Il suo valore predittivo positivo varia dal quarantaquattro al settantatrè per cento, dipendentemente dai limiti di soglia che vengono scelti.
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*Cox et al, 1987
I fattori di rischio aumentano la probabilità di sviluppare una depressione postnatale ma non sono necessariamente fattori causali. Una revisione sistematica distingue i fattori di rischio in certi e probabili.
Il settantacinque per cento degli studi considerano fattori di rischio certi :
• storia personale di depressione
• depressione durante la gravidanza
• difficoltà di rapporto col partner
• mancanza di sostegno pratico ed emotivo
• accumulo di eventi stressanti
Tra il quaranta e il sessanta per cento degli studi includono come fattori di rischio probabile:
• psicopatologia nella storia familiare
• essere ragazze madri
• post partum blues severo
• caratteristiche personali (pessimismo, eccessiva sensibilità)
• esperienza della nascita e complicanze ostetriche ( mancanza di sostegno ed aiuto da parte dello staff medico)
• stile cognitivo negativo ( bassa stima di sé in relazione al ruolo di madre, visione catastrofica della vita)
• livello di depressione del partner
• salute del bambino
• fattori genetici e neurotrasmettitoriali.
Non esiste una lettura univoca sulle modalità di sviluppo di una depressione postnatale, per cui risulta improbabile che una singola modalità di trattamento sia valida per tutte le donne.
Un trattamento multifattoriale , che combina fattori psicologici e biologici, è verosimilmente il più efficace, in quanto riconosce le origini multiple della depressione postnatale.
Gli interventi biologici come i trattamenti ormonali e la terapia elettroconvulsiva sono stati largamente sostenuti senza un’adeguata dimostrazione della loro efficacia o applicabilità.
Per le forme lievi o medie sono indicati trattamenti psicologici ( counseling individuale, psicoterapia individuale o di coppia, terapia di gruppo).
Ai farmaci antidepressivi si continua ad attribuire un ruolo di primo piano e, proprio per il risultato curativo ottenuto sulla madre, sono state fatte diverse indagini sugli effetti possibili sul neonato. A partire da quella fondamentale di verificare se e, nel caso, in che misura i farmaci passano nel sangue fetale e con quali conseguenze. Gli SSRI* si sono confermati come le risorse curative più affidabili in termini di rischio.
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* Inibitori selettivi per la ricaptazione della serotonina
Il Dipartimento di Psichiatria del Neuropsychiatric Institute di Los Angeles ha condotto un’indagine per verificare se e in quale misura i farmaci assunti dalla madre fossero rintracciabili nel latte materno e hanno preso in considerazione cure con paroxetina, fluvoxamina e sertralina.
Il risultato pubblicato sul British Journal of Psychiatry è stato che nel primo e nel secondo caso non c’era traccia di farmaco nei neonati, eventualità che si verificava nel ventiquattro per cento dei casi con sertralina e tanto più probabilmente quanta più alta era la dose del farmaco, in particolare con quantità di 100 mg o più. Così, la conclusione degli autori è stata che i tre farmaci studiati comportano un’esposizione minima del neonato allattato se ne fa uso la madre.
Trattamento per la depressione postpartum
Note. TCC= terapia cognitivo-comportamentale; PTI= psicoterapia interpersonale; NA= non applicato;
SSRI= inibitori selettivi ricaptazione serotonina; AT= antidepressivi triciclici.
Esistono comunque altri atrumenti di screening oltre all’Endimburg Post Natal Depression Scale. Condon , usando la Maternal Antenatal Emotional Attachment Scale (MAEA), ha proposto un modello di attaccamento materno prenatale. Il MEAE predice quattro differenti stili: ognuno rappresenta una particolare combinazione di sottostanti dimensioni di attaccamento e di potenziale aggressività verso il feto e il neonato.
Il Child Abuse Potential Inventory (CAP) è costruito per identificare coloro che potrebbero abusare fisicamente dei figli.
Uno studio di Todd e Gesten dimostra che il CAP è un’utile e valida misura delle caratteristiche di personalità comuni alle vittime di abuso che hanno un’accresciuta possibilità di commettere abusi fisici in futuro. Il CAP è un’eccellente strumento per identificare donne a rischio trattate per una sottostante psicopatologia.
Il fenomeno infanticidio potrebbe trovare una possibile via di prevenzione anche nelle molteplici organizzazioni italiane ed estere.
Le organizzazioni dedicate a disordini psichiatrici associati al parto e alla salute madre-bambino evidenziano la fondamentale necessità di individuare donne con depressione o altre malattie mentali e prevenire le conseguenze che un precoce rapporto madre-bambino deteriorato può portare.
La Marcè Society è nata nel 1980 quando professionisti di diverse discipline stavano lavorando sui disordini del post partum ma mancava di un forum per condividere idee e conoscenze.
Per rispondere a questo problema alcuni professori dell'Università della Gran Bretagna e degli Stati Uniti fondarono una società internazionale per la comprensione ,prevenzione e trattamento di disordini mentali collegati alla nascita. Essi chiamarono la società come il fisico francese Louis Victor Marcè che aveva descritto per primo la relazione tra disordini mentali e parto (1858).
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Spinelli, 2003, Infanticide
Gli esperti di ogni parte del mondo si incontrano ogni due anni per scambiare conoscenze cliniche. Il focus della società è cresciuto fino ad includere disordini prima del parto e dopo il parto, l’attaccamento materno, l’abuso e l’infanticidio.
Negli Stati Uniti , alcune donne hanno dato vita ad un movimento per rimediare al fallimento nell'identificazione dei disordini postpartum. Nancy Berthold, per esempio, dopo la sua esperienza di psicosi postpartum, ha riunito donne che hanno sofferto di alterazioni dell'umore legate al puerperio in un gruppo chiamato Depression after Delivery (DAD).
Oggi la “Depressione dopo il parto” fornisce supporto di gruppo ed individuale ed educa donne donne e famiglie con disordini puerperali.
Sulla scia della Marcè Society, Jane Honikman ha fondato il Postpartum Support International (PSI) nel 1987 per riunire donne che hanno bisogno di informazioni e riferimenti. I membri sono i rappresentanti di gruppi di autoaiuto e professionisti in questo campo.
Altre organizzazioni internazionali sono il Postnatal Depression Support Association (Sud Africa), Meet a Mum Association (Regno Unito) e Prenatal Association Of Canada (PASSCAN).
Per ciò che concerne l’Italia, non esistono organizzazioni di questo tipo ma un po’ dovunque si vanno diffondendo centri di ascolto e di assistenza al puerperio.
La psicoterapeuta Gabriella De Simone, dell'università di Tor Vergata, è stata la prima in Italia ad organizzare il primo programma di assistenza al puerperio della durata di un anno in un centro pubblico.
Spesso infatti servizi di tale tipo non vengono offerti in centri specializzati ma fanno capo a consultori familiari, servizi materno –infantili e dipartimenti di ostetricia-ginecologia negli ospedali.
Sebbene esista un progetto di legge secondo il quale deve essere assicurata assistenza domiciliare alla madre e al neonato nel periodo del postpartum, tale azione è legata all’iniziativa di poche associazioni no-profit, dove le Regioni non abbiano ancora stanziato fondi per progetti in tal senso.
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www.naturalismedicina.it
ALLEGATO