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“Song of My Modern Sorrow”: Decostruendo Orpheus Emerged

2.4 La lezione di Joyce

Joyce fu uno dei più significativi sperimentalisti del modernismo e molto della sua lezione si coglie in Orpheus Emerged di Kerouac. In Vanity of Duluoz, Kerouac racconta di come avesse scoperto Joyce e lo stream of consciousness e credeva nei suoi scritti di stare imitando Ulysses, per accorgersi più tardi invece di emulare Stephen

Hero132.

La magistrale e celeberrima opera di Joyce Ulysses è costellata di allusioni, citazioni, eventi, che restano oscuri, richiamando a un nesso che è altrove, fuori dal testo. Il linguaggio infantile ed i suoi corollari creano familiarità, mentre gli enigmi privati, colti e sottili, creano estraneità133. Allo stesso modo, in Orpheus si può cogliere un continuo senso di estraneità ed ambiguità che proietta il lettore continuamente fuori dal testo,

129 Ibidem, p. 31. 130 Ibidem, p. 293. 131 Ibidem, p 301. 132

Jack Kerouac, Vanity of Duluoz, cit., p. 106.

133

Su Ulysses di Joyce, si veda, tra gli altri, Francesco Binni, Modernismo letterario anglo-americano.

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suggerendo una realtà frammentaria ed elusiva, che per essere colta nella sua interezza, qualora fosse possibile, richiede un continuo sforzo di visione polimorfa delle cose e del loro senso, un continuo essere ʻdentro e fuoriʼ.

Secondo Amalfitano, il grande e dilatato spazio interiore di Ulysses è connotato da una scrittura che pare avere fretta, da una sintassi sincopata che ricorda il linguaggio dei bambini, discontinuo, opaco, interrotto134. Un simile linguaggio, che segue i ritmi del rapido parlato e le impressioni dell’immediato, affamato di vita, è precisamente quanto si trova nella potente prosa spontanea a cui approderà Kerouac, specie nelle opere più mature. In Joyce nomi propri, personaggi, ricordi, frasi e luoghi si accumulano e ritornano in un gioco di rimandi e somiglianze135, allo stesso modo le opere di Kerouac, in generale, ritornano frequentemente su se stesse, dilatando, approfondendo, eventualmente mascherando alcuni nomi, ma continuando ad aprire squarci sul passato e sul presente, offrendo ogni volta un nuovo tassello interpretativo, indissolubilmente legato al tutto. Proseguendo con le analogie, si noti inoltre che i titoli di entrambi i romanzi – Ulysses di Joyce e Orpheus Emerged di Kerouac – fanno riferimento alla mitologia: se il titolo joyciano, per quanto ironico, è un’ambigua indicazione di lettura, che allude al testo omerico o comunque al mito del viaggiatore che fa ritorno a casa, quello di Kerouac allude alle tematiche. Nell’opera di Joyce vi è una relazione allusiva tra testo e titolo136 e sta al lettore indovinare, intuire la chiave di lettura. Nell’opera di Kerouac il titolo allude al mito di Orfeo, ma l’opera non è precisamente una nuova versione del mito: piuttosto, dal riferimento mitologico si intuiscono e si evincono la letterarietà e l’intertestualità dell’opera, nonché le tematiche portanti, quali l’arte, la poesia, la musica, l’amore e la felicità, o meglio, l’infelicità. Dunque, nel riferimento esplicito sin dal titolo ad Orfeo, Kerouac suggerisce una chiave di lettura dell’opera anticipandone i temi.

Tuttavia, ancor più che Ulysses è A Portrait of the Artist as a Young Man – che Kerouac lesse agli inizi degli anni Quaranta – a condividere molte analogie con Orpheus. In

Portrait Stephen Dedalus è il protagonista adolescente che rifiuta la carriera

ecclesiastica per seguire la vocazione artistica, ma al fine di perseguire il suo sogno è costretto ad auto-esiliarsi e a lasciar dunque la natia Irlanda per la Francia. Portrait traccia la crescita e lo sviluppo artistico e sessuale di Stephen dall’infanzia fino al suo

134 Sul linguaggio di Joyce in Ulysses, si veda, tra gli altri, Paolo Amalfitano,“Spazi segreti nell’Ulisse di Joyce”, in Id., La configurazione dello spazio nel romanzo del Novecento, Roma, Bulzoni, 1998, p. 78.

135

Ibidem, p. 82. 136 Ibidem, p. 82.

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esser uomo, fino alla decisione di distaccarsi dalla famiglia. L’opera si collega per due macro-motivi a Orpheus Emerged: in primis per la discussione sul ruolo dell’artista, sulle sue difficoltà, sul senso di inadeguatezza, sulla ricerca della felicità intesa anche come realizzazione, in secundis per il riferimento al mito (di Dedalo e Icaro nel caso joyciano, di Orfeo, per Kerouac).

È inoltre possibile ravvisare ulteriori somiglianze ed elementi in comune tra le due opere, che avvicinano simboli e protagonisti. Ad esempio, dal punto di vista socio-relazionale ed affettivo, come Michael in Orpheus, Stephen Dedalus è più interessato a se stesso che alle donne, ad Emma137 in particolare, che viene rievocata nella sua mente solo come occasione di riflessione e poesia. A livello simbolico, molti sono in Portrait i riferimenti all’acqua, specie al mare come simbolo doppio (il luogo fisico che condurrà verso una nuova vita e che al contempo sarà una barriera che separerà Stephen dalla sua terra natale). Allo stesso modo, in Orpheus l’elemento acqua costituisce un’importante fonte di rimandi alla doppiezza (si veda il quarto capitolo di questo studio). L’attraversamento dei ponti, come sottolinea Blamires, rappresenta spesso in A Portrait la presa di una decisione, in un clima di dubbio ed incertezza, fisicamente e spazialmente rappresentato da una Dublino intessuta di stradine labirintiche138. Anche in

Orpheus il climax tragico viene raggiunto sul ponte, in cui Michael medita di suicidarsi.

In Portrait l’allusione al mito di Dedalo ed Icaro e al volo volge l’immaginario a riferimenti legati a uccelli, pipistrelli e a Lucifero stesso. Tindall sottolinea l’identificazione di Stephen con Lucifero che cade per orgoglio139, ricordando che

Portrait termina con frammenti di diario, senza nessun trionfo140. Qualcosa di molto simile accade in Orpheus: dopo le lotte interiori di Michael, dopo il suo tormento per essere uomo ed artista, dopo il suo struggimento e la sua presa di coscienza, il romanzo si conclude con una partenza frettolosa ed un rimando all’antico Egitto, legando quindi anche un eventuale senso di riuscita alla necessità della fuga, dell’abbandono, della rinuncia, in qualche modo dunque ad un sacrificio, come se l’arte richiedesse sempre un ʿdi piùʾ che implica la perdita di qualcosa.

È precisamente in questa relazione tra arte e vita, in ciò che si desidera e si vive, in questa frizione tra ciò che le vette della cultura promettono e la prosaicità del reale che

137

Si veda James Joyce, A Portrait of the Artist as a Young Man (1916), a cura di Harry Blamires, New York-Beirut, Longman, 1984, p. 23.

138 Ibidem, p. 56.

139

Sulla simbologia si veda, tra gli altri, William York Tindall, A Reader’s Guide to Joyce, London, Thames and Hudson, 1971, p. 77.

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si può inscrivere il disagio di Stephen, così come quello di Michael. Attridge spiega che, in Portrait, Stephen alterna visionario e materiale, fantasie interne e realtà esterna, mettendo sostanzialmente in pratica il concetto blakiano “without contraries is no progression”141. Ciò sembrerebbe confermare dunque che la crisi così come la creazione hanno origine precisamente nel rapporto contrastivo e al contempo dialogico tra arte e vita.

141

Si veda Derek Attridge, James Joyce, The Cambridge Companion, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, p. 104, p. 116.

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Capitolo 3

“Can You Imagine That Music?”

Tempo, musica e linguaggio

Words move, music moves Only in time. T.S. Eliot, Burnt Norton Time is the secret of the moment. J. Kerouac, The Road Novels Man is an instrument. P.B. Shelley, Defence of Poetry