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Il WCRF fra le raccomandazioni personali riguardo il consumo di alcol, suggerisce di non consumare più di due bicchieri di alcolici al giorno per gli uomini e uno per le donne. L'OMS, nel merito, raccomanda di non superare i 40 gr/giorno per gli uomini e i 20 gr per le donne, ovvero 3 unità alcoliche per gli uomini e 1,5 per le donne, considerando che un' unità alcolica (UA) è pari a un bicchiere di vino medio, una lattina di birra o un bicchierino di superalcolico.

A livello mondiale, l'alcol è un fattore di rischio responsabile del 3,2% dei decessi e di 1.804.000 morti/anno, fra questi 389'000 decessi (il 3,6%) a causa del cancro, sono totalmente imputabili al consumo di alcol. [68]

Gli studi sulla mortalità generale e sulla mortalità coronarica suggeriscono una relazione che si potrebbe descrivere con una curva a forma di J, con una piccola protezione per un consumo moderato e un rischio crescente all'aumentare delle dosi. E' quello che in epidemiologia viene definito effetto dose-risposta.

della frazione HDL) ed alcuni fattori del sistema emostatico (aumento dell’attività fibrinolitica e diminuzione del fibrinogeno e dell’aggregazione piastrinica).

A fronte di una protezione ben documentata sul versante cardiovascolare, il consumo di alcol, a dosi non moderate, risulta associato, al rischio di patologie ed eventi fatali (alcuni tipi di tumore, malattie epatiche, morte prematura per incidenti).

E' stato avanzato, quindi, il dubbio su un effetto benefico dell’alcol in termini di protezione globale della salute. L’analisi della mortalità totale (per qualunque causa) è sembrata in questo contesto il modo migliore per valutare la consistenza di tale dubbio. [69]

La meta-analisi di 34 studi prospettici "Alcohol dosing and total mortality in men

and women: an updated meta-analysis of 34 prospective studies", che coinvolgevano

oltre un milione di soggetti con circa 95 mila eventi mortali, ha mostrato un ruolo protettivo del consumo di alcol per quantità moderate (massimo a 7 grammi, circa un drink al giorno, ma evidenziabile in modo decrescente fino a dosi di circa 40 grammi giornalieri).

Per dosi più alte (corrispondenti a più di 3-4 bicchieri di vino al giorno) i risultati mostrano un aumento del rischio di mortalità. La stessa meta-analisi ha analizzato l’associazione tra consumo di alcol e mortalità per tutte le cause, separatamente per uomini e donne, osservando che non ci sono differenze importanti tra i due sessi nell’effetto massimo di protezione, mentre le donne raggiungono a dosi più basse il cosiddetto “reversion point”, cioè la dose minima di alcol che non garantisce più alcun effetto statistico di protezione. [70]

E' stato da più parti ipotizzato che la protezione cardiovascolare associata ad un consumo moderato di alcol sia dovuta in gran parte al confondimento non controllato da parte di fattori diversi, come l’inserimento nei gruppi di controllo di ex-bevitori o differenze nello stile di vita dei soggetti studiati; per es., è stato suggerito che i bevitori moderati pratichino uno stile di vita più sano rispetto ai non bevitori, con conseguente riduzione del rischio di malattie ischemiche.

Gli studi epidemiologici, sono concordi nel dimostrare che un'assunzione eccessiva di alcolici è responsabile di un'aumentata incidenza dei tumori della bocca, della faringe e della laringe, dell'esofago (con rischi dell'ordine di 3-5 volte superiori per i forti bevitori rispetto ai non bevitori), del fegato, del colon e anche della mammella (con rischi più modesti, dell'ordine del 50% in più rispetto agli astemi per fegato e colon e del 10% in più per la mammella).

Anche il report del WCRF riporta, con giudizio convincente, l'associazione fra consumo di bevande alcoliche e causa di cancro alla bocca, alla faringe, alla laringe, all'esofago, al colon-retto, negli uomini, e alla mammella; con giudizio probabile, al fegato e al colo-retto nella donna; e con effetto avverso, per il cancro ai reni. [71]

L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato l'etanolo delle

bevande alcoliche e l'acetaldeide, il metabolita che si forma dall'etanolo, come cancerogeni per l'uomo, classificandoli nel gruppo 1. Inoltre le monografie IARC hanno aggiunto che non ci sono differenze consistenti tra il rischio di cancro e il consumo di bevande alcoliche differenti.

In Europa, che è il continente con il più alto consumo di alcol nel mondo, con un tasso di consumo che supera di oltre due volte la media mondiale, è stato stimato che il 10% delle patologie tumorali negli uomini (95% CI: 7%–13%) e il 3% nelle donne (95% CI: 1%–5%), siano imputabili al consumo di alcol. [72]

Tuttavia, il rischio di tumore, per gli uomini che consumano meno di due bicchieri di alcolici al giorno, e per le donne che ne consumano meno di uno, è inferiore del 6% rispetto alle persone che ne consumano ad alte dosi.

Inoltre, secondo uno studio pubblicato nel 2006 su "Lancet Oncology", per il tumore del colon-retto l’alcool ha un effetto che è moderato, per il tumore del fegato, invece, il rischio di sviluppare il tumore è molto elevato per chi beve ed aumenta all'aumentare delle dosi, arrivando ad un rischio sino ad 8 volte superiore di sviluppare il tumore rispetto a chi non beve. Per il tumore della mammella, i forti bevitori, arrivano ad avere un rischio 7 volte più elevato rispetto a chi non beve. [73] L'alcol è un fattore di rischio, che per definizione, aumenta la probabilità d'incidenza di una patologia se associato ad altri fattori, come per esempio il fumo.

In uno studio condotto nel Sud Europa (Italia, Francia, Spagna e Svizzera), il rischio di cancro per i tumori delle vie aero-digestive, ha un effetto sinergico di tipo moltiplicativo, se associato al consumo di tabacco: se bere incrementa il rischio di circa tre volte e fumare di dieci volte, chi beve e fuma può avere un rischio di trenta volte superiore rispetto a chi non consuma ne alcolici ne tabacco.

Inoltre chi è sia un bevitore (più di 4 drinks al giorno) che un fumatore incallito, ha un rischio superiore di 14 volte nel sviluppare neoplasie al tratto aero-digestivo. [74] Tenendo conto delle evidenze scientifiche certe che correlano il consumo di alcolici a un maggior rischio di tumore, anche il Codice Europeo Contro il Cancro, nella sua quarta edizione recita: “ If you drink alcohol of any type, limit your intake. Not

drinking alcohol is better for cancer prevention.”

Lo stesso, raccomanda, di non superare la dose giornaliera di 20-30 grammi per gli uomini in salute, e metà di questa dose per le donne, al fine di evitare le patologie correlate al suo consumo, fra cui il cancro.

Sono diversi i meccanismi biologici che spiegano la cancerogenicità dell'alcol, fra questi l'etanolo e il suo metabolita genotossico, acetaldeide, giocano un ruolo importante.

L'etanolo è metabolizzato, dall'alcol deidrogenasi (ADH) e dal CYP2E1, in acetaldeide, successivamente è ossidato in acetato dall'acetaldeide deidrogenasi (ALDH).

Il primo step, oltre alla formazione dell'acetaldeide, genera, da parte dell' ADH il NADH; mentre, da parte del CYP2E1, le specie reattive dell'ossigeno (ROS) e le specie reattive derivate dall'azoto (RNS).

Queste specie reattive possono essere neutralizzate dal sistema di difesa anti- ossidante (AODS), ma nel caso l'organismo ne sia sovra saturo, ciò non è possibile e di conseguenza, il DNA viene danneggiato.

I ROS, infatti, inducono perossidazione lipidica e la formazione dei suoi prodotti, come il 4-idrossinonenale (4HNE), si legano al DNA per formare addotti mutagenici. Lo stimolo del meccanismo di riparazione avviene con difficoltà, in quanto l'acetaldeide e l'ossido nitrico, prodotto dal sistema inducibile (iNOs), stimolato a sua volta dall'etanolo, ne inibiscono il meccanismo.

Inoltre, l'acetaldeide, promuove il danno mitocondriale sia aumentando la crescita delle ROS, sia mancando ad un'inadeguata riossidazione del NADH, prodotto dal metabolismo dell'alcol-deidrogenasi.

Il danno mitocondrale, stimola, a cascata, l'attivazione di una serie di fattori, come NfKB, che inibisce l'apoptosi e il riparo del DNA, per esempio attraverso la

ossidativo. In aggiunta, CYPE1, porta ad un'aumentata attivazione di vari fattori pro- oncogeni, fra cui quelli presenti nel tabacco e in alcune diete ricche di idrocarburi policiclici aromatici e nitrosammine.

Il fumo e stili di vita alimentari erronei, sono quindi fattori di rischio che giocano un ruolo sinergico nella promozione di patologie tumorali, come, per esempio, i tumori delle vie aereodigestive (UADT).

Un'assunzione cronica di alcol è infatti stata associata ad un aumento della capacità iper-proliferativa della mucosa, probabilmente dovuto ad un locale effetto tossico, per le alte concentrazioni di acetaldeide.

Un'alta concentrazione di acetaldeide, dopo assunzione di etanolo, è stata trovata nella saliva, in concentrazione da 10 fino a 100 volte superiori rispetto a quelle del sangue.

Questo perchè, nella saliva, l'etanolo viene metabolizzato in acetaldeide dai batteri della bocca, che hanno un metabolismo limitato per il successivo step di conversione in acetato.

Una concentrazione nella saliva di acetaldeide di 50-100 µM ha effetto mutageno, essa si ottiene assumendo solo 0,5 grammi di alcol per peso corporeo, pari a circa mezza bottiglia di vino. La concentrazione di acetaldeide nella saliva, decresce dal 30 al 50%, a seguito di trattamento antisettico orale, ciò sottolinea la funzione dei batteri orali nel metabolizzare acetaldeide.

L'etanolo e l'acetaldeide, hanno anche ulteriori meccanismi che promuovono la carcinogenesi, come l'interazione, in diversi step, con il trasferimento di gruppi metilici e la decrescita dei livelli di acido retinoico.

Nel primo caso, l'alterazione del trasferimento metilico, inibisce l'assorbimento dei folati, interagendo sull'enzima MTHFR-metilene tetrafolato reduttasi-, inoltre, è coinvolto nella mancata soppressione di oncogeni e di geni che sopprimono la crescita tumorale, inibendo SAMe (S-adenosin-L-metionina), il donatore universale di gruppi metilici e l'enzima attivatore delle reazioni di metil-transferasi.

Nel secondo caso, una carenza di acido retinoico, porta alla generazione di metaboliti tossici, per un mancato controllo della crescita cellulare e della sua differenziazione, oltre a una mancata trascrizione dei fattori genici che dovrebbero controllare la proliferazione cellulare, ma non essendo presenti promuovono il processo carcinogenetico.

Vi sono numerosi geni, nella famiglia delle alcol e aldeide deidrogenasi, che codificano per le proteine aventi attività di ossidazione dell'etanolo, fra queste, molte ADH e ADLH, sono soggette a polimorfismo (SNPs - Single Nucleotide Polymorphisms), perciò, la produzione e la concentrazione di acetaldeide, è diversa da individuo a individuo.

La popolazione Asiatica, per esempio, è soggetta a una deficienza dell'aldeide deidrogenasi 2, che causa un accumulo di acetaldeide, dopo consumo di alcool, portando ad un RR tra 7.5 e 16, per tumore oro-esofageo, rispetto alla popolazione con livelli normali dell'enzima. Inoltre, sono noti anche i polimorfismi per la variante allelica ADH1B*2 e ADH1C*1.

Nel primo caso, l'allele codifica per un enzima che è 40 volte più attivo rispetto a quello prodotto normalmente, ciò porta si ad una protezione nei confronti dell'alcolismo, ma anche ad una pericolosa sovra-produzione di acetaldeide, correlata ad un aumento del rischio di cancro per i tumori delle vie aero-digestive (RR = 3.47; 95% CI: 2.76–4.36).

In ultimo, la variante allelica ADH1C*1, che ha una frequenza approssimativamente del 40-50% fra la popolazione Caucasica, aumenta di due volte e mezzo il metabolismo dell'etanolo e apporta un rischio del 12% per i tumori testa-collo nei non bevitori, e un rischio del 25%, per la stessa sede tumorale, in chi consuma molti alcolici.

In uno studio tedesco, condotto su soggetti che presentano questa variante allelica, si è registrato un aumento del RR per adenomi al colon retto, in coloro che assumevano più di 10 drinks al giorno; mentre, per il tumore alla mammella tre studi su quattro hanno rilevato una correlazione fra il tumore e questa variante allelica. [75]

I ricercatori del "MRC Laboratory of Molecular Biology" di Cambrige, in un recente articolo pubblicato su Nature, hanno mostrato come l'alcol danneggia il DNA delle cellule staminali aumentando il rischio di cancro.

Gli scienziati, analizzando gli effetti dell'alcol nei topi, hanno trovato che l'acetaldeide può rompere e danneggiare il DNA delle cellule staminali, portando ad un riarrangiamento cromosomiale ed a un'alterazione permanente del DNA.

Queste cellule "difettate" potranno dare origine a tumori specie nelle persone in cui le linee difensive per la protezione dei danni causati dall'alcol, come gli enzimi ALDH e, quando il danno è già avvenuto, i sistemi di riparo del DNA, sono mutati o non perfettamente funzionanti. [76]

Più di cento studi epidemiologici supportano la relazione positiva tra consumo di alcol e rischio di cancro al seno. Molti fra questi osservano un'associazione più forte per il tumore ER+/PR+, rispetto al tumore ER-/PR-.

Una recente meta-analisi riguardo il tumore al seno, ad ogni drink in più, ha dimostrato un aumento del rischio del 12% nei confronti dei tumori ER+, dell'11% per quelli ER+ e PR+, del 15% per quelli ER+ e PR- , del 7 % per quelli ER- e nessuna associazione apparente per quelli ER-/PR-; ciò suggerisce che l'impatto dell'etanolo può essere spiegato con il pathway estrogeno-dipendente.

L'assunzione di alcol è stata associata ad un alta concentrazione di estrogeni nel sangue nelle donne in età pre-menopausale, sebbene alcuni studi osservano questo effetto solo per le donne che assumo contraccettivi orali. Tuttavia, un'alta concentrazione è stata anche osservata in coloro che assumevano da 25 a 100 mg di etanolo al giorno (circa un drink), specialmente, fu notata, nella fase intermedia del ciclo mestruale.

Il meccanismo di questo innalzamento ormonale è sconosciuto. Comunque, gli ormoni steroidei, fra cui gli estrogeni, possono essere metabolizzati da ADH, questo determinerebbe una competizione tra il metabolismo dell'etanolo e quello degli estrogeni.

Questa ipotesi è supportata dal fatto che, un'alta concentrazione di acetaldeide nel sangue, è stata misurata in concomitanza ad alti livelli di estradiolo, durante il ciclo mestruale.

Questo potrebbe avere un impatto sul rischio di tumore al seno, in quanto nella fase intermedia del ciclo mestruale, una concentrazione ematica relativamente alta di estradiolo, sarebbe ulteriormente aumentata dall'etanolo, ciò comporterebbe alte concentrazioni di acetaldeide.

Perciò, in questa situazione, ben due fattori di rischio potrebbero interagire. [77] Sempre ipotizzando la causalità, qualora il consumo di alcol si mantenesse nei limiti fissati dall’European Code Against Cancer, cioè 20 g/die per gli uomini e 10 g/die

per le donne, si eviterebbe il 90% dei tumori e delle morti per cancro alcol-associate negli uomini e il 50% dei tumori nelle donne.

La moderazione nel consumo di alcol diventa perciò una priorità a livello mondiale. 1.7 Limitare il consumo di sale e di cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe, in particolare cereali e legumi.

Questa sezione riassume alcuni dei metodi generali attraverso i quali cibi e bevande possono cambiare la loro natura, come per esempio la conservazione, la trasformazione e la preparazione, che possono agire con effetti protettivi, causali o neutri per il rischio di cancro.

Nel merito, il panel di esperti del WCRF, ha deciso di non esporre giudizi sulla base di soli studi sperimentali che non siano supportati da evidenze epidemiologiche; di non esprimersi su studi riguardo sostanze presenti nei cibi e nelle bevande a bassi livelli; inoltre, afferma che i cambiamenti apportati nella fase di lavorazione, se ben regolati, come previsto dalle tecniche più moderne, non modificano significativamente il rischio di cancro. [78]

Le evidenze più forti sui metodi di conservazione, trasformazione e preparazione, mostrano il sale e il processo di salatura per la conservazione degli alimenti, come causa probabile di cancro allo stomaco.

Sebbene sia difficile stimare l'intake di sale nella sua aggiunta in tavola sugli alimenti e nelle preparazioni culinarie, tuttavia si ritiene che la sua assunzione in quantità elevate, sia dovuta principalmente al consumo di cibi salati, marinati o conservati sottosale.

Questa ipotesi è supportata dal fatto che questi cibi sono di tradizione nelle diete giapponesi ed asiatiche, dove è alta l'incidenza di cancro allo stomaco.

L'assunzione media di sale nel mondo, per gli adulti, varia da meno di 6 grammi fino ai 18 grammi al giorno. Livelli molto alti di assunzione, sono stati trovati in Giappone, alcune parti della Cina, Korea, Portogallo e Brasile, dove le diete sono particolarmente ricche di cibi conservati sotto sale, marinati o salati.

Il consumo medio, per i paesi sviluppati, compresa l'Europa e il Nord-America, si attesta fra i 9 e i 12 grammi, mentre la WHO raccomanda di ridurne l'assunzione a meno di 5 grammi al giorno.

Il WCRF, tra le raccomandazioni personali, scrive "evitare cibi conservati sotto sale,

o cibi salati; conservare i cibi con metodi di conservazione che non prevedano l'aggiunta di sale, quali la refrigerazione, il congelamento, l'essiccatura, la fermentazione, l'imbottigliamento e l'inscatolamento. Limitare il consumo di cibi trasformati con l'aggiunta di sale, per assicurarsi una sua assunzione inferiore a 6 grammi al giorno. Evitare l'aggiunta di sale in tavola".

L'uso del sale come conservante è diminuito con l'avvento della refrigerazione d'uso sia industriale che domestico. [79]

Per quel che concerne la refrigerazione, le evidenze epidemiologiche associano il suo uso a una sostanziale riduzione di cancro allo stomaco, e il report giudica questa evidenza come convincente.

Si ipotizza che questo effetto, sia ad essa attribuibile per casualità indiretta, infatti, insieme al congelamento degli alimenti entrambe hanno apportato benefici sia a livello industriale che domestico, come: la disponibilità di prodotti degradabili, tra cui frutta e verdura, per tutto l'anno; la protezione verso la contaminazione

microbica; una necessità inferiore dell'utilizzo del processo di salatura, come metodo di conservazione degli alimenti.

A tal proposito, il WCRF, consiglia: " In tutte le fasi della catena alimentare, dalla

preparazione all'acquisto e l'immagazzinamento per la preparazione del cibo, preferire metodi di conservazione, trasformazione e preparazione del cibo che mantengano i cibi deperibili relativamente freschi, e che non prevedano l'uso del sale". [80]

In generale, per alimento processato si intende qualunque cibo che è stato volutamente sottoposto a delle trasformazioni prima di essere mangiato.

Il termine trasformazione, è qui usato in riferimento a tecniche e tecnologie, piuttosto che altri metodi di lavorazione, usati dai produttori industriali per la trasformazione degli alimenti. [81]

Secondo l'OMS sono attualmente oltre 5.000 le sostanze che vengono addizionate agli alimenti con lo scopo di: prolungarne la vita conservativa, modificarne alcuni caratteri organolettici, esaltarne le caratteristiche, renderli più graditi al consumatore. La normativa vigente suddivide gli additivi alimentari in categorie, a seconda della funzione che esse svolgono nell'alimento, fra queste le principali sono: i coloranti, i conservanti, gli antiossidanti, gli emulsionanti, gli addensanti, i gelificanti, gli stabilizzanti, gli esaltatori di sapidità, gli edulcoloranti e gli antiagglomeranti.

Ogni sostanza, usata nella produzione, trasformazione e conservazione dei cibi, può essere tuttavia, tossica ed anche cancerogena o mutagena; per questa ragione, gli additivi e i conservanti, come i composti chimici usati nell'industria agricola, sono soggetti a sorveglianza e regolamentazione nazionale ed internazionale.

Ci sono poche evidenze epidemiologiche che valutino il loro impatto sull'essere umano, infatti molti studi tossicologici provengono da modelli animali, sui quali le sostanze vengono testate a dosi molto alte rispetto a quelle che si potrebbero rilevare in cibi e bevande.

Per esempio, tra i composti aromatici, alcuni alchilbenzeni hanno dato cancro al fegato nei roditori, ma a livelli di dosaggio molto maggiori rispetto a quelli assunti in una dieta; tra i coloranti, quelli azoici, sono risultati cancerogeni in studi sperimentali e perciò ritirati dal commercio.

Successivamente, le Nazioni Unite (UN) e altri comitati di esperti, hanno rivalutato il caso stabilendo che questi coloranti, fra cui il caramello ammoniacale e l'eritrosina, classificati dallo IARC come cancerogeni di classe tre, non danno problemi di sicurezza per l'uomo ai livelli attuali di esposizione.

Per quanto riguarda i solventi, sono circa venti, il cui uso è consentito, fra questi il diclorometano e il tricloroetilene, una volta ampiamente usati per decaffeinare tè e caffè, sono stati classificati come probabili cancerogeni per l'uomo.

Perciò il comitato di esperti della FAO e della WHO, ne ha raccomandato la loro restrizione e una loro presenza nelle bevande che sia alle dosi più basse possibili. [83]

I nitriti e nitrati, sono sostanze che vengono addizionate agli alimenti, in particolare nelle carni lavorate per conservarle e conferire loro il caratteristico odore e sapore. Essi interagiscono con ammine libere, anche quelle presenti nell'alimento, dando