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L’ ANOMALA LIMITAZIONE DEGLI APPARECCHI INFETTABILI : IL CAPTATORE INFORMATICO NEI DISPOSITIVI ELETTRONICI “ PORTATILI ”

costituzionalmente protetti: quello alla riservatezza informatica da un lato e quello alla repressione dei reati dall’altro 207

2. L’ ANOMALA LIMITAZIONE DEGLI APPARECCHI INFETTABILI : IL CAPTATORE INFORMATICO NEI DISPOSITIVI ELETTRONICI “ PORTATILI ”

Nell’ottica di contenere l’area di interesse del virus, in nome delle garanzie fondamentali potenzialmente “attentate” dallo smodato impiego dello strumento in fase investigativa, il legislatore prevede che la peculiare modalità captativa possa avvenire esclusivamente inoculando il malware su un dispositivo elettronico target dotato del carattere della “portabilità”24.

In sostanza, le nuove regole si riferiscono soltanto alla possibilità di “infettare” dispositivi mobili, lasciando privo di tipizzazione e di regolamentazione il possibile impiego del captatore

23 Si esprime così M. GRIFFO, Il captatore informatico e la filosofia del doppio binario, Editoriale Scientifica, 2019, p. 17.

24 Ex art. 266, comma 2, primo periodo, c.p.p. «[L]l'intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita […]». L’emendamento n. 36.4000 al Disegno di legge n. 2067 A.S., intitolato “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole di processi nonché all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena”, approvato dal Senato il 15 marzo 2017, prevedeva di disciplinare le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in «dispositivi informatici e telematici», anziché in «dispositivi elettronici portatili». Cfr. F. RUGGIERI, L'impatto delle nuove tecnologie informatiche: il captatore informatico L’art. 1 c. 84 lett. e del d.d.l. Orlando: attuazione e considerazioni di sistema, in Jus, 28 ottobre 2017, p. 355.

informatico su apparecchiature fisse, come PC connessi ad internet, smart-tv, telecamere di sicurezza dotate di microfono25.

Nella sua ermeticità, la norma presta il fianco a plurime interpretazioni.

Secondo un’esegesi più rigorosa del dettato normativo, si potrebbe ritenere che il silenzio normativo stia a significare che l’inoculazione in dispositivi fissi non possa essere consentita neppure in presenza dei presupposti che giustificano l’intercettazione di comunicazioni tra presenti26.

Viceversa, accogliendo un’interpretazione più flessibile del dictum, si potrebbe ipotizzare che l’omesso riferimento all’inoculazione su dispositivi fissi derivi dalla convinzione del legislatore per cui spia fisica e spia elettronica rappresenterebbero due tecniche assolutamente fungibili; conseguentemente, l’installazione da remoto della cimice elettronica risulterebbe senz’altro consentita dalle norme generali in tema di intercettazione ambientale27.

Differenti ragioni inducono l’interprete ad optare per quest’ultima soluzione.

Intanto, è proprio la littera legis del disposto codicistico a suggerire tale opzione. Invero, l’art. 266, comma 2 c.p.p. consente l’intercettazione itinerante «anche mediante l’inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile». Ed è proprio la congiunzione “anche” a far propendere l’interprete per un’esegesi “allargata” del dettato normativo, quasi come se il legislatore avesse voluto rappresentare ed esplicitare il riconoscimento di un’intercettazione i cui contorni spaziali non sono definibili a priori; nulla quaestio, invece, nel caso di captazioni statiche, dal momento che il virus informatico, perdendo la sua intrinseca itineranza, svolgerebbe la medesima funzione della tradizionale microspia28.

In secondo luogo, sono ragioni di coerenza sistemica a sorreggere la scelta de qua: se è possibile installare una microspia in un determinato luogo, al fine di captare tutte le comunicazioni che avvengono all’interno del “raggio di portata” della cimice, sarebbe irragionevole ipotizzare che al medesimo risultato non si possa giungere tramite la più agevole inoculazione del virus informatico in un dispositivo elettronico fisso, stante la facile indicazione nel decreto autorizzativo del luogo in cui si trova l’apparecchio da sottoporre a monitoraggio.

Inoltre, la limitazione degli apparati infettabili risulterebbe contraddittoria rispetto alla normativa introdotta per regolamentare l’impiego del virus Trojan nei reati corruttivi: a ben guardare, infatti, gli innesti normativi operati dalla l. 3/2019 e dalla l. 7/2020 dimostrano come il

25 Sottolinea l’incongruenza di una simile disposizione, S. ATERNO, Il punto di vista degli operatori. Il

difensore, in AA. VV., Nuove norme in tema di intercettazione. Tutela della riservatezza, garanzie difensive e nuove tecnologie informatiche, a cura di G. Giostra-R. Orlandi, Giappichelli, 2018, p. 331. Si evidenzia, a tal proposito, la proposta dell’Avv. Stefano Aterno presentata presso la Commissione giustizia del Senato il 4 febbraio 2020, per cui sarebbe opportuna l’eliminazione della preclusione in esame in ragione delle attività – che ormai da diversi anni (Cfr. Cass., sez. V, 14 ottobre 2009, n. 16556, in C.E.D. Cass., n. 246954) – si conducono con il captatore informatico anche sui computer fissi. Cfr. S. Aterno, Appunti riassuntivi dell’audizione presso la Commissione giustizia del Senato della Repubblica in relazione alla conversione in legge del d.l. 30 dicembre 2019, n. 161 e, in particolare, per la materia delle intercettazioni per la materia delle intercettazioni attraverso sistemi di captazione informatica, www.senato.it, p. 3.

26 In questo senso P. BRONZO, L’impiego del trojan horse informatico nelle indagini penali, in. Riv. it.

sc. giur., 2017, f. 8, p. 345.

27 Accoglie una simile impostazione O. CALAVITA, L’odissea del Trojan Horse. Tra potenzialità

tecniche e lacune normative, in Dir. pen. cont., 2018, f. 11, p. 69 s.

28 In questo senso D. PRETTI, Prime riflessioni a margine della nuova disciplina sulle intercettazioni, in Dir. pen. cont., 2018, f. 1, p. 217, secondo cui «nessun problema si pone nel caso di infezione di un dispositivo non portatile posto che l’attivazione del microfono garantisce comunque la sicura determinabilità del luogo in cui avvengono le captazioni. Diversa è la questione nel caso di apparati che, in ragione della loro portabilità, consentono intercettazioni ubiquitarie».

legislatore abbia inteso legittimare senza inibizioni l’uso del captatore informatico in relazione ai delitti commessi ai danni della pubblica amministrazione. Di qui, l’esclusione dell’operatività del malware dagli apparati fissi – di cui normalmente sono dotati gli uffici pubblici – sembra stridere con la ratio che sottende l’intervento riformatore29.

D’altra parte, il divieto di inoculare il virus sui dispositivi fissi avrebbe un certo “costo”, non pienamente giustificato in termini di efficienza investigativa: come precisato, «esso renderebbe inevitabile – ove l’intercettazione ambientale sia indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini – l’impiego delle tecnologie “tradizionali”, e dunque il posizionamento all’interno del luogo oggetto di indagine di un una cimice “fisica”, il che può comportare un certo rischio per gli operanti, e può presentare un più alto margine di fallimento rispetto alla metodica del malware informatico»30.

Di qui, pur nella consapevolezza del rischio di legittimare un utilizzo “libero” dei malware, l’impiego del virus deve ritenersi consentito sia per infettare apparati fissi che mobili: al fine di evitare illogicità sistemiche, sembra possibile fornire un’interpretazione adeguatrice del rinnovato apparato codicistico e ammettere le intercettazioni virali (non itineranti) anche se effettuate ai danni di un dispositivo fisso installato (anche) in un luogo di privata dimora, a condizione che, in questo ultimo caso, vi sia il fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un’attività criminosa o che si proceda per uno dei gravi delitti di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3 quater c.p.p, ovvero per quelli commessi dai pubblici ufficiali o dagli incaricati di pubblico servizio.

3. L’OSSIMORO ORDINAMENTALE: L’ESTENSIONE DEI REATI INTERCETTABILI E LA