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I L NEBULOSO LIMITE DI OPERATIVITÀ DEL VIRUS NEI DELITTI DEI C D “ COLLETTI BIANCHI ”.

costituzionalmente protetti: quello alla riservatezza informatica da un lato e quello alla repressione dei reati dall’altro 207

6. I L NEBULOSO LIMITE DI OPERATIVITÀ DEL VIRUS NEI DELITTI DEI C D “ COLLETTI BIANCHI ”.

IL TRAMONTO DEL “DOPPIO BINARIO”

Discorso a parte merita la quaestio relativa alle investigazioni compiute mediate captatore informatico per il contrasto dei reati economici commessi dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio ai danni della pubblica amministrazione100.

Come già chiarito in precedenza101, la disciplina stratificatasi nel tempo risente dei

cambiamenti “umorali” del legislatore contemporaneo che, nell’intento di fornire adeguate risposte all’emergenza contingente, provvede a ritoccare freneticamente la normativa de qua: dapprima, provvedendo a creare un modello investigativo “autonomo” per i reati corruttivi, a metà strada tra la disciplina prevista per le indagini relative ai delitti tradizionali e quella sperimentata dalla legislazione speciale per i reati di criminalità organizzata e terrorismo; poi, procedendo all’estensione del «retaggio inquisitorio»102 del c.d. “doppio binario investigativo”,

equiparando, tout court, i reati corruttivi ai più gravi reati “distrettuali”; infine, nell’ottica di differenziare le due tipologie delittuose in ragione del principio di gradualità e proporzione, introducendo un modello “intermedio” – che differisce da quello predisposto per i reati più gravi di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3 quater c.p.p. solo in rapporto all’onere motivazionale dell’autorità giudiziaria – per i reati dei c.d. colletti bianchi.

Il risultato che ne deriva è alquanto insoddisfacente: al di là delle falle riscontrabili nella costruzione della normativa, non possono essere sottaciute le criticità sistematiche che derivano da una simile scelta legislativa.

In primo luogo, è proprio la positivizzazione del doppio binario investigativo a non convincere del tutto l’interprete. La risposta al bisogno di un efficace contrasto al fenomeno corruttivo determina un’ambigua assimilazione tra i reati di criminalità organizzata e terrorismo a quelli commessi contro la pubblica amministrazione: seppure il trend del legislatore sia volto alla parificazione sul piano investigativo delle fattispecie delittuose or ora richiamate103, non può

100 Sul tema, in generale, AA. VV., Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, a cura di A. Marandola-B. Romano, Utet, 2020, passim.

101 La normativa in materia di intercettazioni tramite captatore informatico è stata introdotta dall’art. 6 d.lgs. 216/2017, modificata dall’art. 1, commi 3 e 4, lett. a) e b) della l. n. 3/2019, l. 3 del 2019, ritoccata dall’art. 2, comma 1, lett. f), punto 1, d.l. n. 161/2019, per poi essere definita da art. 1, comma 1, l. n. 7/2020. Per un approfondimento della legislazione in materia, v. Cap. I, §?

102 M. GRIFFO, Il captatore informatico e la filosofia del doppio binario, cit., p. 46, secondo cui «[I]il nostro processo è inquisitorio per la parte in cui si definisce “doppio binario”; che sfrutta la “forza” di una legislazione “speciale” autoritaria e di una organizzazione investigativa mastodontica […] in cui sono ritenute “sopportabili” le limitazioni garantiste normative e giudiziarie in ragione dell’appartenenza “[anti]sociale” dell’autore del fatto».

103 A dire il vero, il legislatore ha già assimilato la categoria dei reati contro la pubblica amministrazione a questa categoria con la l. 17 ottobre 2017, n. 161, recante “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”, in Gazz. uff., 4 novembre 2017, n. 258. In particolare, la novella – che provvede a modificare il codice antimafia – inserisce gli indiziati di reati contro la pubblica amministrazione tra i soggetti sottoponibili alle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria (art. 4, comma 1, lett. i bis, d.lgs. 159/2011). Sul punto, v. M. GRIFFO, Il Trojan e le derive del terzo binario. Dalla riforma Orlando al d.l. 161/2019, passando per la “spazzacorrotti” e il decreto sicurezza bis, cit., p. 67.

sottacersi come la comune prospettiva economica tra le due forme criminogene «non comport[i] identità di fatti né di discipline processuali […]»104.

Come rilevato, «[L]le associazioni per delinquere, sia di stampo mafioso che non, […] presentano una dimensione fisica-spaziale di fondamentale rilievo, che si traduce in concreto sia in manifestazioni più eclatanti come il controllo in forma anti-statale di porzioni di territorio, tramite un sistema di squadre, di picchetti e di vedette, sia in operazioni dal carattere più occulto, come la costruzione di fortilizi o la strutturazione di edifici in modo da favorire costantemente la fuga e il nascondimento degli uomini di spicco delle cosche, o la scelta di interlocutori istituzionali apparentemente insospettabili»105. In questi casi, le intercettazioni virali

rappresentano uno strumento indispensabile non solo per la raccolta di prove ma anche per l’identificazione, la localizzazione e la cattura dei soggetti attivi.

Viceversa, i fenomeni corruttivi, «consistendo il loro nucleo in una sorta di “contratto a causa illecita” – o pactum sceleris – fra il pubblico ufficiale e il suo corruttore, sia esso istantaneo (corruzione in atti) o di durata […], funzionale all’esercizio distorto del potere amministrativo, non presentano una dimensione fisica altrettanto pervasiva connessa alla vita e al funzionamento dell’accordo stesso»106. In questi casi, seppure le comunicazioni fra corrotto e corruttore tendono

a muoversi lungo reti connotate da riservatezza e da rapporti personali diretti – e, di conseguenza, le captazioni a mezzo Trojan risulterebbero maggiormente efficaci nella persecuzione dell’illecito –, si ritiene che non si possa (e non deve) giustificare di per sé il ricorso a mezzi di ricerca della prova ancor più invasivi per la vita del singolo107, perchè «[N]non tutto si può fare in nome

dell’efficacia»108.

In altri termini, una simile scelta - funzionale a facilitare e migliorare la qualità delle indagini - contribuisce ad acuire quella prassi deviata per cui il regime derogatorio di cui all’art. 13 del d.l. 152/1991, inizialmente limitato ai soli delitti di criminalità organizzata e terroristica e poi ampliato a numerose altre categorie delittuose, diventi la “norma”, una regola109.

Come rilevato, l’appiattimento del legislatore sul modulo di cui all’art. 13, d.l. 152/1991 conferma la deriva verso modalità intercettive ben lontane dall’offrire quel necessario ragionato bilanciamento tra esigenze investigative e diritti fondamentali che l’atto richiederebbe anche a seconda dei reati interessati”110, facendo perdere al sistema la sua caratteristica intrinseca della

104 Così M. GRIFFO, Il captatore informatico e la filosofia del doppio binario, cit., p. 31. ID., Rilievi

sull’impiego del trojan nei procedimenti per i reati contro la pubblica amministrazione, in Proc. pen. giust., 2020, n. 2, p. 284.

105 Si esprimono così F. Camplani-O. Calavita, L’estensione dell’utilizzo del captatore informatico

ai reati di corruzione: una prima lettura, in Ist. dir. economia, 2019, f. 1, 7.

106 F. Camplani-O. Calavita, L’estensione dell’utilizzo del captatore informatico ai reati di

corruzione: una prima lettura, cit., 8.

107 In questo senso R. Cantone– E. Carloni, Corruzione e anticorruzione. Dieci lezioni, Roma-Bari, 2018, 67 ss.

108 R. Orlandi, L’emergenza figlia delle garanzie? Riflessioni intorno alle norme e alle pratiche di

contrasto alla mafia e al terrorismo, cit.

109 In questo senso F. RUGGIERI, Le deroghe alla disciplina codicistica, in AA. VV., L’intercettazione di

comunicazioni, cit., p. 108. Come precisa S. FURFARO, voce Intercettazioni (profili di riforma), cit., p. 7 s., «lo statuto delle intercettazioni relative alle indagini concernenti la criminalità organizzata, pur ponendosi evidentemente come legge speciale (ratione materiae) rispetto alla disciplina codicistica, ha assunto connotazioni tali che può pacificamente affermarsi, non solo che su di esso si è affermata (e quotidianamente si conferma) la prassi, ma che proprio le disposizioni ivi previste si pongono come canoni di riferimento degli interventi normativi in tema dei presupposti e di controlli. Secondo un procedere di progressiva estensione del particolare, si sta realizzando la stabilizzazione di tutta quanta la materia delle intercettazioni su ciò che è meno garantito».

gradualità del trattamento riservato all’accertamento dei fatti di reato e al giudizio, tendendo ad un’equiparazione tra fattispecie di differente gravità111.

Una simile scelta produce conseguenze processuali di non poco conto, dal momento che si «autorizza l’interprete alla ricerca delle condizioni di ammissibilità guardando a qualunque reato che, seppur estraneo al numero chiuso che compone la categoria […] abbia quei soggetti attivi e sia lesivo di interessi riconducibili alla pubblica amministrazione»112, con il precipuo intento di

ampliare l’ambito applicativo dello strumento in assenza di una chiara indicazione di campo da parte del legislatore.

In secondo luogo, la normativa così come congegnata acuisce la confusione esegetica nell’interprete circa il modus operandi da adottare nel caso concreto: la riconducibilità alla criminalità mafiosa dei delitti dei colletti bianchi non deve, infatti, far impropriamente ritenere che sia venuta meno una disciplina “intermedia” che continua a vigere in relazione ai procedimenti comunque facenti capo ad un’associazione per delinquere che non rientrano nei reati distrettuali espressamente richiamati dall’art. 266, comma 2 bis c.p.p.

In effetti, tentando una schematizzazione, si può sostenere che allo stato esiste una disciplina “triparita” in materia di captazioni mediante Trojan: 1) da una parte, vi sono i reati distrettuali di cui all’art. 51 commi 3 bis e 3 quater c.p.p., per cui sono sempre consentite le intercettazioni ambientali domiciliari; 2) dall’altra, vi sono i reati “comuni”, per i quali, invece, l’impiego dello strumento soggiace ai limiti di cui al comma 2 del medesimo articolo; 3) infine, esiste una normazione anomala in relazione ai procedimenti facenti capo a un’associazione per delinquere seppur diversa dalle fattispecie contemplate dall’art. 51, commi 3 bis e -quater, c.p.p.113 – nonché

quelli la cui disciplina risulta equiparata all’art. 13 del d.l. n. 152/91114 – per i quali, invece, pur

non essendo previsto un limite all’intrusione domiciliare, non trova applicazione né la disciplina più estensiva del nuovo comma 2 bis dell’art. 266 c.p.p. né le altre disposizioni derogatorie di cui all’art. 267, comma 1 e 2 bis c.p.p.

Ma c’è di più. Dal combinato disposto degli artt. 266, comma 2 bis e 267, comma 1 c.p.p., si evince una quarta categoria “ibrida” che si accomuna (senza sovrapporsi) ai delitti di mafia e

111 Sul tema F. RUGGIERI, Diritto processuale e pratiche criminali, Zanichelli, 2018, p. 167 ss. Nello stesso senso G. TABASCO, Intercettazioni, a mezzo di captatore informatico, nei procedimenti per i delitti contro la pubblica amministrazione, in AA. VV., La legge anticorruzione 9 gennaio 2019, n. 3. Aggiornata alla l. 28 giugno 2019, a cura di M. Del Tufo, Giappichelli, 2019, p. 153 ss.; S. SIGNORATO, Intercettazioni di comunicazioni, in AA. VV., Una nuova legge contro la corruzione. Commento alla legge 9 gennaio 2019, n. 3, a cura di R. Orlandi-S. Seminara, Giappichelli, 2019, p. 245 ss. Secondo R. RAMPIONI, Captatore informatico e delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. Le Sezioni unite civili riconoscono, in modo erroneo, la immediata applicabilità della legge cd. “Spazzacorrotti”, in Arch. pen., 2020, n. 1, p. 9, «[N]non può […] difettare un rapporto di proporzionalità diretta fra il grado di intrusività della specifica misura e il livello di intensità delle garanzie legali, attraverso un equilibrato bilanciamento tra contrapposti “valori” di rilevanza costituzionale».

112 G.SANTALUCIA, Il diritto alla riservatezza, cit., p. 58.

113 Si tratta, più precisamente, dei procedimenti facenti capo ad un’associazione per delinquere, ex art. 416 c.p., correlate alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato, per cui si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, d.l. n. 152/91 in forza di quanto indicato da Cass., sez. un., 28 aprile 2016, n. 26889, cit. Sul punto, si veda D.PRETTI, La metamorfosi delle intercettazioni: la contro-riforma Bonafede e l’inarrestabile mito della segretezza delle comunicazioni, cit., p. 92.

114 Il riferimento è all’art. 9 l. 11 agosto 2003, n. 228 che estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, in relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal Libro II, Titolo XII, Capo III, Sez. I c.p. (al netto delle ipotesi ricomprese nell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p.), nonché a quelli previsti dall’art. 3, l. 20 febbraio 1958, n. 75.

assimilati. Più precisamente, si prevede che il decreto autorizzativo con il quale l’autorità giudiziaria acconsente alle intercettazioni ambientali domiciliari per i delitti “gravi” di criminalità economica, debba indicare non solo le ragioni per che rendono necessario l’impiego della nuova tecnica intercettiva ma anche i motivi che ne giustificano l’utilizzo nei luoghi dell’art. 614 c.p., differenziando ulteriormente la disciplina de qua rispetto a quella prevista per i reati distrettuali. In altri termini, per i reati corruttivi, pur non essendo previsti limiti alle intrusioni nei luoghi di cui all’art. 614 c.p., devono sussistere specifiche ragioni che ne giustificano l’impiego anche in un simile ambiente e che, si badi, non coincidono con la dimostrazione del fondato motivo di ritenere che in quei luoghi si stia svolgendo un’attività criminosa115.

Prima facie, la scelta di aggravare l’onere motivazionale del decreto autorizzativo sembra determinare un regime ancor più speciale e selettivo che tende a differenziare tali fattispecie di reato da tutte le altre categorie delittuose. Tuttavia, la previsione in parola, seppur funzionale ad operare una distinzione tra le due differenti forme di criminalità nell’ottica di una gradualità della gravità, finisce per rappresentare solo un mero esercizio di stile che contribuisce ad acuire quelle difficoltà e quei dubbi applicativi che già prima della riforma del 2020 apparivano insormontabili. A ben guardare, infatti, il requisito dell’“utilità” dell’intrusione domiciliare, non configura quale presupposto di ammissibilità; cosicchè l’eventuale omessa indicazione delle suddette ragioni non sconta certamente la sanzione di inutilizzabilità dei risultati, di cui al primo comma dell’art. 271 c.p.p., in quanto non eseguita al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

Di qui, può ritenersi che l’innesto normativo, di scarso impatto innovativo, sia servito solo quale escamotage governativo per sedare il malcontento di coloro che avevano intravisto nelle scelte legislative pregresse di consentire senza limiti spazio-temporali l’impiego del virus anche per tali fattispecie di reato un «attentato al sistema»116.

6.1. SEGUE: QUESTIONI DI DIRITTO INTERTEMPORALE. IL TERMINE INIZIALE DI EFFICACIA

DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

Altro profilo critico della disciplina relativa all’impiego del captatore informatico quale strumento di contrasto al fenomeno corruttivo, inerisce all’entrata in vigore delle disposizioni riformate che, pur risultando formalmente efficaci, non trovano ancora alcuna compiuta realizzazione in quanto innestate in un testo mai attuato.

Per poter meglio comprendere i termini della questione, occorre ripercorrere brevemente le tappe salienti delle modifiche legislative intervenute in materia.

Come noto, le disposizioni del d.lgs. 216/2017 sull’uso del Trojan per l’intercettazione tra presenti non hanno ancora acquistato efficacia a seguito di numerosi rimbalzi legislativi che ne hanno posposto l’attuazione117. Unica eccezione alla regola è rappresentata dalle previsioni

115 Come precisato, «[È]è da ritenere che, per consentire l’attivazione del microfono nei luoghi di privata dimora, la giustificazione richiesta dalla norma non è solo quella rappresentata dal fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un’attività criminosa, ma è rinvenibile in qualsivoglia altra spiegazione [condivisa dal giudice] a supporto della necessità dell’attivazione del microfono nel domicilio o in altro luogo privato: ad esempio, basterebbe la rappresentazione del fatto che in tali luoghi possano rinvenirsi elementi probatori essenziali, perché solo o principalmente in tali luoghi l’apparecchio “infettato” viene utilizzato». Così Linee-guida della procura della Repubblica di Bologna, La nuova disciplina delle intercettazioni. Profili di interesse per l’Ufficio del pubblico ministero, in www.procura.bologna.giustizia.it, 11 marzo 2020

116 M. GRIFFO, Il captatore informatico e la filosofia del doppio binario, cit., p. 55. 117 V. supra § 1.

contenute nell’art. 6 del decreto, con il quale si è data attuazione alla direttiva per la «semplificazione delle condizioni per l’impiego delle intercettazioni […] nei procedimenti per i più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione»118, che, per espressa

previsione normativa, trovano attuazione contestualmente all’entrata in vigore della novella119.

Su questo impianto, interviene la legge n. 3 del 2019 che (oltre a rendere sempre possibili le intercettazioni ambientali con il captatore informatico per i più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) abroga la norma che vieta l’effettuazione delle captazioni tramite Trojan nei luoghi di privata dimora in assenza di motivi per ritenere in corso attività criminosa.

Di qui, le perplessità, dal momento che l’abrogazione del comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. 216/2017, a differenza della norma codicistica di innovazione, non è stata sottoposta ad alcun termine di efficacia ed è dunque divenuta formalmente operativa con l’entrata in vigore della legge, ossia il 31 gennaio 2019.

Il quesito che a questo punto si pone è se tale abrogazione abbia comportato con effetto immediato, ossia dall’entrata in vigore dell’abrogazione, la piena assimilazione delle discipline nei due diversi ambiti procedimentali. Se cioè, a far data dall’abrogazione – e non dal momento in cui acquisteranno efficacia le disposizioni codicistiche – l’equiparazione voluta dalla legge Spazzacorrotti tra procedimenti di criminalità mafiosa e terroristica e procedimenti per delitti contro la pubblica amministrazione sia divenuta operativa120.

Sul punto, la dottrina è assai confusa, potendosi intravedere due schieramenti antitetici121: c’è

chi122 sostiene che il captatore informatico sia utilizzabile per le indagini relative ai reati dei

pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione già dal 26 gennaio 2018, ovvero dalla data

118 Cfr. art. 1, comma 84, lett. d, l. n. 103/2017. 119 E, quindi, dal 26 gennaio 2018.

120 Sul tema L. GIORDANO, Presupposti e limiti all'utilizzo del captatore informatico: le indicazioni

della Suprema Corte, cit., p. 109 ss.; G. SANTALUCIA, Delitti dei c.d. colletti bianchi e intercettazioni tra presenti su dispositivo portatile: termine iniziale di efficacie delle nuove disposizioni. Spunti dalla sentenza n. 741 delle Sezioni unite civili, cit., p. 6 s.

121 Per una ricostruzione delle posizioni dottrinali, L. GIORDANO, Presupposti e limiti all'utilizzo del

captatore informatico: le indicazioni della Suprema Corte, cit., p. 109 ss.

122 Sostengono una simile posizione L. GIORDANO, Il ricorso al “captatore informatico” nelle indagini

per i reati contro la pubblica amministrazione, in AA. VV., La nuova disciplina dei delitti di corruzione. Profili penali e processuali, a cura di G. Flora-A. Marandola, Pacini, 2019, p. 90 ss.; C. PARODI, Intercettazioni. Come è (ri)cambiata la disciplina dopo i decreti sicurezza e anticorruzione, in Il Penalista, 25 gennaio 2019.

di entrata in vigore del decreto 216/2017123 e chi124, per converso, ritiene che la disciplina de qua

segua inevitabilmente le sorti della riforma nel suo complesso, dovendo la sua attuazione attendere l’operatività delle disposizioni generali sull’uso del captatore informatico.

A sostegno della piena vigenza della normativa, è stato rilevato che «la disposizione transitoria dell'art. 9 del d.lgs. 216/2017 non contemplava l’art. 6, che, pertanto, è da tempo in vigore. […] Inoltre, con la l. 3/2019, è stato abrogato il comma secondo del citato art. 6 – che limitava le “potenzialità” contenute nel comma 1 – così che oggi la disciplina delle intercettazioni in tema di reati di p.a. è equiparata in tutto a quella in tema di criminalità organizzata e terrorismo. Ne consegue che, in attesa della piena operatività delle disposizioni generali sull'uso del captatore, l'esecuzione di tali forme di captazioni in tema criminalità organizzata, terrorismo e p.a. non potranno che essere valutate e eseguite in conformità alle indicazioni del testo originario degli artt. 266 e 267 c.p.p. sulla base delle indicazioni della Suprema Corte»125.

Tale impostazione sembra essere prescelta anche dalla giurisprudenza civile (e, in maniera meno netta, da quella penale)126, la quale legittima l’impiego processuale dei risultati intercettivi

123 Più precisamente: 1) a far data dal 26 gennaio 2018, epoca di entrata in vigore dell’art. 6 del d.lgs. n. 216 del 2017, deve ritenersi ammissibile il ricorso al captatore informatico per le intercettazioni tra presenti nelle indagini per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, in forza del rinvio all’art. 13 d.l. n. 152 del 1991, come interpretato dalla sentenza delle Sezioni unite “Scurato”, contenuto nell’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 216 del 2017; 2) dal 31 gennaio 2019, epoca di entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, è ammissibile l’impiego dello strumento in esame, per i reati indicati, anche in luoghi domiciliari e in carenza della prova che sia in corso l’attività criminosa in forza: a) dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 216 del 2017, che dispone l’applicazione delle disposizioni di cui all'art. 13 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni; b) dell’art. 1, comma 3, della legge n. 3 del 2019 che, abrogando l’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 216 del 2017, ha permesso l’applicazione a tali procedimenti anche dell’ultima parte dell’art. 13, comma 1, del d.l. n. 152 del 1991; c) dei principi espressi da Cass., sez. un., 28 aprile 2016, n. 26889, cit., che, nei procedimenti soggetti alla disciplina di cui all’art. 13 del d.l. n. 152 del 1991, ha ritenuto ammissibile l’utilizzo del captatore informatico per realizzare intercettazioni tra presenti.

124 In dottrina, si veda L. FILIPPI, Riforme attuate, riforme fallite e riforme mancate degli ultimi 30

anni. Le intercettazioni, in Arch. pen., 2019, f. 3, p. 41 ss., secondo cui «la circostanza che ad essi (ai procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) si applichino, in ragione dell’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 216 del 2017, le regole dettate dal citato art. 13, non pare idonea a determinare un’estensione in malam partem del dictum della menzionata pronuncia (la sentenza Scurato)»; S. SIGNORATO, Intercettazioni di comunicazioni, cit., p. 255 ss. secondo cui