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G LI USI OBLIQUI A FINI INVESTIGATIVI I L SUPERAMENTO DEI LIMITI DI INUTILIZZABILITÀ PROCEDIMENTALE NELLA L 7/

costituzionalmente protetti: quello alla riservatezza informatica da un lato e quello alla repressione dei reati dall’altro 207

7. G LI USI OBLIQUI A FINI INVESTIGATIVI I L SUPERAMENTO DEI LIMITI DI INUTILIZZABILITÀ PROCEDIMENTALE NELLA L 7/

Nel genus delle norme atte a potenziare gli effetti delle investigazioni tramite Trojan, figurano quelle disposizioni relative alla spendibilità processuale dei risultati acquisiti mediante captatore, dalle quali discendono le maggiori perplessità degli interpreti a fronte di un ingiustificato ampliamento dei casi di impiego “trasversale” dei dati e delle informazioni così apprese.

Come già anticipato133, il comma 1 dell’art. 270 c.p.p., rimasto immune ai ritocchi normativi

pregressi, subisce una modifica ad opera della l. 7/2020 sotto un duplice profilo: da un lato, si rafforzano le condizioni che legittimano l’impiego dei risultati captativi in procedimenti diversi da quelli indicati nel decreto autorizzativo, attraverso l’introduzione del requisito della rilevanza

130 G. SANTALUCIA, Delitti dei c.d. colletti bianchi e intercettazioni tra presenti su dispositivo portatile:

termine iniziale di efficacie delle nuove disposizioni. Spunti dalla sentenza n. 741 delle Sezioni unite civili, cit., p. 11.

131 Si esprime così R. ORLANDI, Usi investigativi dei cosiddetti captatori informatici. Criticità e

inadeguatezze di una recente riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, f. 2, p. 560.

132 Va precisato che in materia non esisteva alcuna regola ad hoc, per cui la normativa previgente è quella stabilita in via giurisprudenziale, in particolare dalla presa di posizione della Corte di cassazione a sezioni unite nella già citata sentenza Scurato. In questo senso, R. ORLANDI, Usi investigativi dei cosiddetti captatori informatici. Criticità e inadeguatezze di una recente riforma, cit., p. 561.

che completa l’indispensabilità investigativa134; dall’altro, viene introdotta un’ulteriore ipotesi

derogatoria al regime di inutilizzabilità, prevedendo che la trasmigrazione del captato possa considerarsi legittima non solo per l’accertamento dei delitti per i quali l’arresto in flagranza è obbligatorio, ma anche dei reati di cui all’art. 266, comma 1 c.p.p.135.

Pochi ritocchi lessicali per una modifica (s)travolgente.

Per comprendere appieno una simile affermazione appare imprescindibile riferirsi al mutato contesto giurisprudenziale in cui si insinua la novella. Qualche mese prima dell’intervento riformatore, infatti, le Sezioni unite della Suprema Corte si pronunciano sul tema de qua136, al

134 Come precisato, «[…] è ovvio che ciò che è “indispensabile” deve necessariamente essere anche “rilevante”. […] L’impiego della congiunzione “e” significa che il legislatore ha voluto indicare due requisiti tra loro cumulativi, per cui l’utilizzazione nel diverso procedimento deve ritenersi ammessa solo se indispensabile per un reato per il quale l’art. 266, comma 1, c.p.p. ammette l’intercettazione e per il quale sia inoltre imposto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 270, comma 1, c.p.p.). Se invece la disposizione fosse intesa come se ammettesse l’utilizzabilità per qualsiasi reato suscettibile di intercettazione, sarebbe incostituzionale in rapporto alla prescrizione, dettata dall’art. 15 Cost., dell’“atto motivato dell’autori giudiziaria” e rappresenterebbe un’inammissibile “autorizzazione in bianco” ad intercettare […]». Così L. FILIPPI, Intercettazioni: habemus legem!, cit., p. 462.

135 L. n. 7/2020, che modifica l’art. 2, comma 1, lett. g), d.l. n. 161/2019, attraverso l’interpolazione di un nuovo punto “01”. Per un primo commento, A.MARANDOLA, Intercettazioni: una riforma nel segno della “non dispersione”. I nuovi limiti di utilizzabilità ex art. 270 c.p.p., in il Penalista, 24 febbraio 2020.

136 Cfr. Cass., sez. un., 28 novembre 2019, n. 51, in Guida dir., 2020, f. 6, p. 79 ss., con nota di A. NATALINI, Uso obliquo dei flussi: vaglio d'ammissibilità sempre necessario; in Cass. pen., 2020, f. 5, p. 1877, con nota di K. NATALI, Sezioni Unite e “Legge Bonafede”: nuove regole per l’uso trasversale delle intercettazioni. Sul tema, anche, F. ALVINO, Bene captum, male retentum: riflessioni in merito all’art. 270 c.p.p., in materia di circolazione endoprocedimentale delle intercettazioni, e a margine delle sezioni unite Cavallo, in Il dir. vivente, 18 gennaio 2020; G.ILLUMINATI, Utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi: le sezioni unite ristabiliscono la legalità costituzionale, in Sist. pen., 30 gennaio 2020; A. INNOCENTI, Le sezioni unite limitano l’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni per la prova di reati diversi da quelli per cui sono state ab origine disposte, in Dir. pen. proc., 2020, n. 7, p. 993 ss.; F. VANORIO, Il permanente problema dell’utilizzo delle intercettazioni per reati diversi tra l’intervento delle Sezioni Unite e la riforma del 2020, ivi, 12 giugno 2020. Sul punto anche G.PESTELLI, La controriforma delle intercettazioni di cui al d.l. 30 dicembre 2019 n. 161: una nuova occasione persa, tra discutibili modifiche, timide innovazioni e persistenti dubbi di costituzionalità, cit., p. 143 ss.; D.PRETTI, La metamorfosi delle intercettazioni: la contro-riforma Bonafede e l’inarrestabile mito della segretezza delle comunicazioni, cit., p. 102 ss.

fine di dare riposta all’annosa querelle che imperversa in dottrina137 e in giurisprudenza138.

In quell’occasione, la Corte chiarisce la portata del dettato di cui all’art. 270, comma 1 c.p.p., prevedendo che il divieto in esame non operi, oltre che nel caso di reati successivamente emersi che siano ricompresi tra quelli per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, anche con riferimento ai risultati relativi ai reati che sono connessi ex art. 12 c.p.p.139, sempre che rientrino

137 Sul tema dell’utilizzabilità delle intercettazioni in altro procedimento, si vedano, tra i tanti, E. APRILE, Intercettazioni di comunicazioni, cit., p. 482; P. BRUNO, voce Intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, cit., p. 203 ss.; V. CANTONE, L’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in “procedimenti diversi”, in Cass. pen., 1997, f. 5, p. 1431 ss.; F. G. CAPITANI, La Cassazione detta il vademecum per l’utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi, in Dir. e giust., 2016, f. 4, p. 30 ss.; M. S. CHELO, Il procedimento “diverso” ex art. 270 c.p.p. ovvero la portata del divieto di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, in Il Penalista, 17 marzo 2016; M. CIAPPI, Limiti all’utilizzabilità delle intercettazioni provenienti aliunde, in Dir. pen. proc., 1996, f. 6, p. 1242 ss.; C. CONTI, Intercettazioni e inutilizzabilità: la giurisprudenza aspira al sistema, in Cass. pen., 2011, f. 10, pag. 3638 ss.; G. DI CHIARA, Note in tema di circolazione di atti investigativi e probatori tra procedimenti diversi, in Foro it., 1992, f. 2, p. 77 ss.; P. FELICIONI, L’utilizzazione delle prove acquisite in altro procedimento penale: problema interpretativo o necessità di un intervento legislativo?, in Cass. pen., 1992, f. 2, p. 965 ss.; L.FILIPPI, sub art. 270, in Codice di procedura penale commentato, V ed., cit., p. 2571 s.; A. NAPPI, Sull’utilizzazione extrapenale dei risultati delle intercettazioni, in Cass. pen., 2014, f. 1, p. 386 ss.; F. RUGGIERI, Divieti probatori e inutilizzabilità nella disciplina delle intercettazioni telefoniche, Giuffrè, 2001, p. 102 ss. Con precipuo riguardo ai divieti di utilizzo post riforme, A. GASPARRE, Condannato a causa delle intercettazioni autorizzate per reati e soggetti diversi: quelle conversazioni erano utilizzabili?, in Dir. e giust., 2019, f. 49, p. 8 ss.; L. GIORDANO, Divieto di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi: il rilievo dell’unitarietà iniziale, in Il Penalista, 22 maggio 2019; . GALANTINI, Profili di inutilizzabilità delle intercettazioni anche alla luce della nuova disciplina, in AA. VV., L’intercettazione di comunicazioni, cit. p. 227 ss.; L. PIRAS, Utilizzabilità delle intercettazioni acquisite in altri procedimenti: precisazioni della Corte, in Dir. e giust., 2018, f. 62, p. 4 ss.; P. SPERANZONI, Quale sorte per le intercettazioni provanti ipotesi di reato diverse da quelle per le quali erano state autorizzate? Nota a ordinanza Cass. pen. sez. V, n. 11160 del 13.3.2019 (ud. 13.2.2019), in Il Foro Malatestiano, 2019, p. 1. Con riguardo all’utilizzabilità dei risultati ottenuti mediante l’impiego del Trojan, F. ALVINO, La circolazione delle intercettazioni e la riformulazione dell’art. 270 c.p.p.: l’incerto pendolarismo tra regola ed eccezione, in Sist. pen., 2020, f. 5, p. 233 ss.; P.BRONZO, Intercettazione ambientale tramite captatore informatico: limiti di ammissibilità, uso in altri processi e divieti probatori, cit., p. 257 ss.; L. GIORDANO, La disciplina del “captatore informatico”, in AA. VV., L’intercettazione di comunicazioni, cit., p. 271 ss.; W. NOCERINO, Il captatore informatico: un giano bifronte. Prassi operative vs risvolti giuridici, in Cass. pen., 2020, f. 2, p. 826 ss.; G.PESTELLI, La controriforma delle intercettazioni di cui al d.l. 30 dicembre 2019 n. 161: una nuova occasione persa, tra discutibili modifiche, timide innovazioni e persistenti dubbi di costituzionalità, cit., p. 143 ss.; D.PRETTI, La metamorfosi delle intercettazioni: la contro-riforma Bonafede e l’inarrestabile mito della segretezza delle comunicazioni, cit., p. 102 ss.

138 Cfr. nt. 136.

139 Per dovere di completezza, si precisa che il novum legislativo suscita numerosi dubbi e perplessità in dottrina. Più nel dettaglio, sono astrattamente plausibili due interpretazioni dell’explicit dell’art. 270, comma 1 c.p.p., a seconda del significato che si voglia attribuire alla congiunzione (“e”) che separa il riferimento ai delitti ex art.380 c.p.p. dalla menzione dell’art. 266, comma 1 c.p.p. Secondo una prima impostazione, la locuzione de qua avrebbe valore condizionale, nel senso che la pendenza di un diverso procedimento finalizzato all’accertamento di un delitto per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza avrebbe rilievo, ai fini dell’art. 270, comma 1 c.p.p., solo nel caso in cui tale fattispecie integrasse, al contempo, una delle ipotesi di cui all’art. 266 comma 1 c.p.p.: il reato, in sostanza, dovrebbe essere ricompreso sia nel catalogo di cui all’art. 380 c.p.p. sia in quello di cui all’art. 266 c.p.p. Secondo una differente impostazione, sarebbe più logico assegnare alla congiunzione “e” inclusa nella seconda parte dell’art. 270, comma 1 c.p.p. un valore disgiuntivo (e = oppure), sicché le conoscenze ottenute grazie all’intercettazione potrebbero essere utilizzate in un procedimento diverso in due ipotesi, tra loro del tutto equivalenti. Per una ricostruzione

nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge140.

In altri termini, secondo le Sezioni Unite “Cavallo” se si tratta di reati connessi ex art. 12 c.p.p., gli stessi non possono considerarsi “diversi” e, di conseguenza, è sempre consentita l’utilizzabilità dei risultati che emergano durante le operazioni di captazione, purché anch’essi rientrino nei limiti generali di ammissibilità di cui all’art. 266 c.p.p.; se, viceversa, si tratta di reati non connessi, valgono i limiti di cui all’art. 270 c.p.p.

Dunque, il Supremo Consesso, avallando un’interpretazione maggiormente rigorosa della disposizione141, circoscrive la deroga al divieto di impiego extraprocedimentale dei risultati

captativi alle sole ipotesi “eccezionali” al fine di evitare un indebito uso delle informazioni acquisite.

approfondita del dibattito de qua, K. NATALI, Sezioni Unite e “Legge Bonafede”: nuove regole per l’uso trasversale delle intercettazioni, cit., p. 1893 ss.

140 A tale regola fanno peraltro eccezione, come indicato dalle Sezioni Unite “Floris”, le intercettazioni che costituiscano “corpo del reato” (art. 271, comma 3 c.p.p.), ossia quelle comunicazioni o conversazioni che contengano elementi di natura dichiarativa costituenti di per sé illecito penale e che integrino ed esauriscano la fattispecie criminosa (come nelle ipotesi, ad es., in cui nel corso di una telefonata si consumi una rivelazione di segreto d’ufficio o un favoreggiamento personale oppure una simulazione di reato o una minaccia), e che non si riferiscano invece meramente a una condotta criminosa o ne integrino solo un frammento, venendo portata a compimento la commissione del reato mediante ulteriori condotte rispetto alle quali l’elemento comunicativo assuma carattere meramente descrittivo. cfr. Cass., sez. un., 26 giugno 2014, n. 32697, in Dir. pen. proc., 2014, f. 12, p. 1448 ss., con nota di A. INNOCENTI, Le Sezioni Unite aprono all’utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte in “diverso procedimento”.

141 In particolare, un primo orientamento esclude che nella nozione di procedimento diverso vi rientrino i procedimenti che abbiano ad oggetto indagini strettamente connesse o collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato in relazione al quale le operazioni di intercettazioni sono state disposte. Cfr. Cass., sez. III, 28 febbraio 2018, n. 28516, in CED. Cass., n. 273226; sez. V, 20 gennaio 2015, n. 26693, ivi, n. 264001; sez. III, 23 settembre 2014, n. 52503, ivi, n. 261971; sez. II, 10 ottobre 2013, n. 3253, ivi, n. 258591; sez. II, 11 dicembre 2012, n. 49930, ivi, n. 253916; sez. VI, 15 novembre 2012, n. 46244, ivi, n. 254285; sez. VI, 10 maggio 1994, n. 2135, ivi, n. 199917. Un secondo orientamento, di formazione più recente ma che negli ultimi anni si è fatto strada con una certa determinazione, ritiene invece che, una volta che siano state legittimamente disposte le intercettazioni per un determinato titolo di reato riconducibile al catalogo di cui all’art. 266 c.p.p., le risultanze probatorie emerse dalle predette operazioni siano utilizzabili per tutti i reati relativi al medesimo procedimento, posto che la disciplina dell’art. 270 c.p.p. entra in gioco soltanto in caso di procedimento originariamente diverso mentre non si applica all’ipotesi di procedimento successivamente frazionato a causa della eterogeneità delle ipotesi di reato e dei soggetti indagati. In tal senso si vedano Cass., sez. V, 9 febbraio 2018, n. 15288, in C.E.D., n. 272852; sez. VI, 26 aprile 2017, n. 31984, ivi, n. 270431; sez. VI, 1 marzo 2016, n. 21740, ivi, n. 266921; sez. II, 23 febbraio 2016, n. 9500, ivi, n. 267784; sez. VI, 25 novembre 2015, n. 50261, ivi, n. 265757; sez. VI, 15 luglio 2015, n. 41317, ivi, n. 265004; sez. IV, 8 aprile 2015, n. 29907, ivi, n. 264382; sez. VI, 16 dicembre 2014, n. 6702, ivi, n. 262496; sez. VI, 4 novembre 2014, n. 53418, ivi, n. 261838. Un terzo e risalente indirizzo escludeva invece, al di fuori dei casi tassativamente indicati dall’art. 270 c.p.p., la possibilità di utilizzazione delle risultanze captative in diverso procedimento anche in ipotesi di connessione oggettiva o probatoria. Si vedano Cass., sez. III, 3 luglio 1991, n. 9993, in C.E.D. Cass., n. 188356; sez. IV, 11 dicembre 2008, n. 4169, ivi, n. 242836 e, più di recente, sez. II, 11 dicembre 2012, n. 49930, ivi, n. 253916. Tra i diversi orientamenti esistenti, le Sezioni Unite hanno invero optato per una quarta interpretazione, che valorizza il più restrittivo «criterio di valutazione sostanzialistico» incentrato solo sulla connessione ex art. 12 c.p.p. stricto sensu intesa e non più sul mero collegamento investigativo e men che meno sulla unitarietà iniziale del procedimento. In questo senso G.PESTELLI, La controriforma delle intercettazioni di cui al d.l. 30 dicembre 2019 n. 161: una nuova occasione persa, tra discutibili modifiche, timide innovazioni e persistenti dubbi di costituzionalità, cit., p. 144.

Ecco, quindi, la ragione per cui la scelta del legislatore appare quanto mai stravagante, operando un renvirement inaspettato e ingiustificato rispetto ai più ragionevoli approdi giurisprudenziali142, improntati al raggiungimento di un equilibrio tra esigenze investigative e

tutela delle prerogative individuali, nel pieno rispetto della garanzia costituzionale della motivazione del decreto autorizzativo143.

Più precisamente, attraverso la modifica del comma 1 dell’art. 270 c.p.p., l’ultimo legislatore – oltrepassando il monito delle Sezioni Unite “Cavallo” – amplia a dismisura il perimetro di operatività dell’utilizzabilità dei dati captati in procedimenti diversi che, de facto, risulta essere consentita anche per l’accertamento di tutte le fattispecie ricomprese nell’ambito dell’art. 266, comma 1 c.p.p., ossia per l’enorme e variegato catalogo dei reati suscettibili di intercettazione, a cui si aggiunge la nuova fattispecie dei «delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo»144.

Inoltre, ai sensi del riformato comma 1 bis della medesima disposizione, fermo restando il divieto di impiego del prodotto delle captazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali le stesse sono state disposte145, «[…] i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore

informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, se compresi tra quelli indicati dall’articolo 266, comma 2 bis» c.p.p.146, condizionando il loro impiego al canone della

«indispensabilità»147.

Allo stato, dunque, è possibile utilizzare le risultanze delle attività captative condotte mediante

142 A questo proposito non possono trascurarsi le pronunce della Suprema corte che, prima della decisione delle Sezioni Unite “Cavallo”, avevano introdotto un “correttivo” all’impiego processuale dei dati acquisiti in diversi procedimenti. In particolare, si è affermato che nel caso di utilizzo in un diverso procedimento di intercettazioni compiute aliunde, dinanzi alle eccezioni formulate dall’imputato o dall’indagato, il giudice è tenuto ad effettuare in via incidentale il controllo sulla legittimità delle captazioni. Cass., sez. II, 26 aprile 2012, n. 30815, in C.E.D. Cass., n. 253415. Più di recente, sez. VI, 13 giugno 2017, n. 36874, ivi, n. 270812. Con precipuo riferimento alla circolazione dei dati acquisiti tramite Trojan, sez. VI, 13 giugno 2017, n. 36874, in Dir. pen. cont., 27 settembre 2017.

143 Secondo Corte cost., 11 luglio 1991, n. 366, l’utilizzazione delle intercettazioni come prova in altro procedimento trasformerebbe l’intervento del giudice richiesto dall’art. 15 Cost., vanificando l’esigenza più volte affermata dal giudice delle leggi che il provvedimento giudiziale sia puntualmente motivato, in una inammissibile “autorizzazione in bianco”, con conseguente lesione della sfera privata legata alla garanzia della libertà di comunicazione e al connesso diritto di riservatezza incombente su tutti coloro che ne siano venuti a conoscenza per motivi di ufficio. Secondo la Corte dunque la disciplina dettata dall’art. 270 c.p.p. individua un ragionevole punto di equilibrio tra primarie esigenze di tutela dell’individuo, inerenti al nucleo dei diritti fondamentali, e l’interesse pubblico primario all’accertamento dei reati, equilibrio incentrato sull’intervento del giudice, cui spetta di dar conto degli specifici presupposti per autorizzare l’attività captativa, da ritenersi strettamente correlato all’ambito di quella autorizzazione, con la conseguenza che l’utilizzabilità degli esiti non può non dipendere da quella correlazione, in rapporto alla concreta disciplina dettata dal legislatore.

144 Ai sensi dell’art. 266, comma 1, lett. f quinquies, c.p.p. Come precisato, «[L]la nuova ipotesi di intercettazione si aggiunge alla già lunghissima lista dei delitti suscettibili di intercettazione e può riguardare anche reati bagatellari ma aggravati da tale modalità “mafiosa” con una pena che non avrebbe consentito ex se l’intercettazione». Così L. FILIPPI, Intercettazioni: habemus legem!, cit., p. 454.

145 Ex art. 270, comma 1, c.p.p.

146 Cfr. art. 2, comma 1, lett. g), punto 1, d.l. n. 161/2019.

Trojan non solo in procedimenti diversi per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e di quelli di cui all’art. 266, comma 1 c.p.p., ma anche per la prova di reati diversi da quelli contemplati dal decreto autorizzativo, purchè ricompresi tra i gravi crimini di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3 quater, c.p.p. e quelli commessi dai pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione148.

Anche sul punto si avanzano delle riserve, intravedendo nella modifica de qua l’intento del legislatore di ribaltare il rapporto tra norma ed eccezione149. A ben guardare, infatti, la contro-

riforma tende a sgretolare la regola dell’inutilizzabilità probatoria del captato in procedimenti diversi, estendendo il perimetro di operatività del regime derogatorio. Ciò non senza conseguenze

148 Come precisato, la formulazione non appare chiarissima, non risultando facilmente interpretabile il significato della clausola di apertura del comma 1 bis, laddove fa salvo il disposto del primo comma dell’art. 270 c.p.p. Secondo G. PESTELLI, La controriforma delle intercettazioni di cui al d.l. 30 dicembre 2019 n. 161: una nuova occasione persa, tra discutibili modifiche, timide innovazioni e persistenti dubbi di costituzionalità, cit., p. 146, «[N]non è chiaro, tuttavia, se con tale modifica il legislatore consapevole abbia voluto restringere il panorama applicativo dei risultati delle intercettazioni tra presenti mediante captatore informatico rispetto alle intercettazioni “classiche”, superando così il dictum delle Sezioni Unite “Cavallo” attraverso l’enucleazione di un nuovo e diverso criterio per l’utilizzabilità di tali risultati nei confronti di reati diversi, ritenendo non più rilevante il requisito della stretta connessione sostanziale tra i reati e limitando per contro la loro utilizzabilità, oltre che ai delitti per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, alle sole fattispecie indicate dall’art. 266 comma 2 bis c.p.p., ossia ai soli delitti di cui agli artt. 51 commi 3 bis e 3 quater c.p.p. (reati di criminalità organizzata e terrorismo) e ai delitti dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni». Secondo F. ALVINO, La circolazione delle intercettazioni e la riformulazione dell’art. 270 c.p.p.: l’incerto pendolarismo tra regola ed eccezione, cit., p. 238 e 245, «[I]il riferimento al comma primo della disposizione sembra rinviare alla utilizzabilità dei risultati captativi con riguardo ai reati ad arresto obbligatorio emersi nel corso dell’attività e non anche […] ai reati connessi a quello per cui siano state autorizzate le operazioni tramite captatore né, indistintamente, ai reati contemplati dall’art. 266, comma 1, c.p.p. cui oggi il comma primo dell’art. 270 c.p.p […] rinvia […] Alla luce di tali considerazioni […] la soluzione interpretativa, costituzionalmente orientata, appare cogente, nel senso di ritenere che il richiamo al primo comma che opera l’art. 270, comma 1 bis c.p.p. sia limitato ai soli reati ad arresto obbligatorio, cui si aggiungono – quanto alla possibilità di una migrazione del materiale acquisito tramite trojan, ai fini della prova di reati diversi da quello per cui le operazioni siano state autorizzate – i reati di cui all’art. 266, comma 2 bis c.p.p., gli uni e gli altri configurando sottoinsiemi omogenei, quanto a gravità ed offensività, che giustificano ampiamente l’eccezionale deroga alla ordinaria immanenza dei risultati intercettativi al – solo – reato oggetto di autorizzazione, dovendo farsi applicazione, quale criterio di impiego processuale, del requisito della indispensabilità, ai fini della prova del reato diverso, del contenuto auditivo oggetto di captazione nel corso delle operazioni disposte con riguardo al reato per cui erano state autorizzate». In sede applicativa, si è detto che «[D]deve […] ritenersi la disciplina di utilizzabilità delle intercettazioni tramite captatore per i reati diversi da quelli oggetto di autorizzazione sia esaustivamente collocata nel comma 1 bis dell’art. 270 c.p.p., cosicchè i relativi esiti possono essere utilizzati per reati diversi solo alle condizioni ivi stabilite: tali esiti devono essere indispensabili per l’accertamento dei soli delitti indicati dall’art. 266, comma 2 bis c.p.p.». Così Linee- guida della procura della Repubblica di Bologna, La nuova disciplina delle intercettazioni. Profili di interesse per l’Ufficio del pubblico ministero, cit.

149 Come sostenuto, «[I]il risultato finale, apprezzabile agevolmente alla luce della stessa littera legis,