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4. Revisione della letteratura

5.7. Limiti degli stud

Le revisioni utilizzate per questo lavoro hanno individuato diversi limiti. (Abdelhamid et al., 2016; Droogsma et al., 2014; Herke et al., 2018)

Quello che sembrerebbe essere il principale che le accomuna è la quantità e la qualità limitata delle evidenze disponibili rispetto al tema. A causa di questo non è stato possibile identificare prove definitive sull’efficacia, o sulla mancanza di efficacia, degli interventi specifici (Abdelhamid et al., 2016); fornire conclusioni definitive sull’effetto degli interventi nutrizionali e individuare l’approccio migliore da offrire ai pazienti (Droogsma et al., 2014); riconoscere specifiche modifiche ambientali e comportamentali per migliorare l’assunzione di alimenti e di liquidi (Herke et al., 2018). Una revisione (Abdelhamid et al., 2016) riferisce che alcuni studi potrebbero non essere stati considerati in quando presentavano una scarsa indicizzazione o non vi era una specificazione dei partecipanti lo studio negli abstracts. Inoltre, gli interventi potenzialmente efficaci potrebbero non aver messo in luce tali risultati a causa della sottodimensione dello studio in cui sono stati analizzati. Un’altra revisione (Droogsma et al., 2014) riferisce che la maggior parte delle prove fornite sono supportate da singoli studi: la qualità di quest’ultimi è stata valutata bassa o molto bassa, solo in alcuni casi era moderata e ciò è dovuto da problemi nel metodo di studio e dalla dimensione ridotta del campione.

Gli altri studi considerati per la presente revisione della letteratura hanno dichiarato altrettanti limiti. (Johansson et al., 2017; Mole et al., 2018; Murphy et al., 2017; Suominen et al., 2015)

Uno studio (Suominen et al., 2015) ha riferito che uno dei limiti è la dimensione piuttosto piccola del campione considerato; oltre a ciò, vi sono stati diversi abbandoni. Un altro studio (Murphy et al., 2017), invece, ha valutato un campione di persone che però potrebbe non essere rappresentativo della popolazione generale; così come anche un altro (Johansson et al., 2017) ha riferito lo stesso limite. Quest’ultimo ha aggiunto che le valutazioni nutrizionali sono state eseguite a distanza di tempo variabile e da differenti persone. Ciò potrebbe aver influenzato i risultati e limitato le conclusioni e l’affidabilità dello studio. Infine, l’ultimo studio (Mole et al., 2018) ha riferito che alcune informazioni rilevanti potrebbero non essere state prese in considerazione a causa dell’utilizzo di criteri d’inclusione ed esclusione; ad esempio sono stati eliminati studi non in lingua inglese o che non valutavano solamente persone affette da demenza.

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6. Discussione dei risultati

Questo Lavoro di Tesi, il cui obiettivo principale era quello di identificare le strategie e gli interventi da offrire a persone affette dalla malattia di Alzheimer, valutate a rischio di malnutrizione o malnutrite, per migliorare e mantenere il loro stato nutrizionale, ha riscontrato che vi sono limitate evidenze scientifiche nella letteratura rispetto alla tematica specifica, sia nella quantità che nella qualità. Ciò è uno dei motivi per cui non è stato possibile identificare quale sia esattamente la strategia ottimale e quali siano gli interventi ideali da offrire; tuttavia, qui di seguito verranno riassunti e discussi i principali concetti emersi.

Dai risultati presentati nei vari articoli si può notare che l’utilizzo di integratori nutrizionali orali, in aggiunta a una dieta bilanciata, può portare a miglioramenti nello stato nutrizionale nelle persone affette da demenza. Nonostante ciò, è emerso che questo tipo di intervento va ad agire a breve termine e non è invece ancora chiaro quali siano i possibili risultati a lungo termine. Nel caso in cui vi fossero delle specifiche carenze nutritive, viene raccomandato di utilizzare degli integratori dei nutrienti specifici. (Abdelhamid et al., 2016; Droogsma et al., 2014; Jansen et al., 2015; Volkert et al., 2015)

Per quanto riguarda la distribuzione di spuntini, vi sono due articoli in cui emerge l’incertezza sugli effetti provocati; invece, in altri due viene consigliato di avere alimenti e bevande sempre disponibili e offrire piccoli pasti frequenti sull’arco dell’intera giornata. (Abdelhamid et al., 2016; Herke et al., 2018; Jansen et al., 2015; Murphy et al., 2017) Sia per gli spuntini, che per gli integratori, è necessario che il paziente venga incoraggiato e sostenuto, in quanto potrebbe dimenticarsi di assumerli.

Inoltre, è stato valutato l'utilizzo di diete apposite per persone con problemi nella deglutizione o nella masticazione, in cui viene modificata la consistenza degli alimenti ed esse hanno mostrato risultati positivi su vari indicatori nutrizionali. (Abdelhamid et al., 2016; Murphy et al., 2017)

Sono stati, poi, valutati alimenti finger food per le persone che, ad esempio, presentano difficoltà a utilizzare le posate o hanno problemi a rimanere seduti al tavolo e, anche in questo caso, è stato possibile evidenziare dei risultati positivi sull’autonomia e sull’assunzione di alimenti. (Jansen et al., 2015; Murphy et al., 2017)

Nello studio di Murphy et al. (2017) è emerso che la presentazione di menù flessibili con alimenti che favoriscono la stimolazione dei cinque sensi e, quando necessario, arricchiti di energia e proteine, può facilitare il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali. Infine, l’alimentazione artificiale viene suggerita unicamente per un periodo di tempo limitato in pazienti con una demenza lieve o moderata, la cui situazione è stata approfonditamente analizzata. (Jansen et al., 2015; Volkert et al., 2015)

L’assistenza fornita alle persone affette da demenza nell’assunzione di alimenti e bevande è risultata una parte fondamentale nella presa a carico nutrizionale. Essa può essere fisica, con feedback positivi vocali, tattili o tramite incoraggiamento, ma la pazienza e la disposizione di tempo sono due aspetti importanti per poter permettere al paziente di sentirsi a proprio agio. Inoltre, il supporto deve essere ponderato rispetto alle esigenze e alle risorse del paziente per poter favorire la sua autonomia e per rispettare la sua dignità. (Abdelhamid et al., 2016; Herke et al., 2018; Mole et al., 2018; Murphy et al., 2017; Volkert et al., 2015)

Dagli articoli analizzati sono venuti alla luce vari fattori ambientali che possono essere modificati per creare il luogo ideale, dove le persone affette da demenza possano consumare i propri pasti, ossia luoghi in cui vi è un’atmosfera rilassata e familiare con il

minor numero di distrazioni possibili. Gli interventi a livello ambientale hanno portato a diversi effetti positivi. (Jansen et al., 2015; Murphy et al., 2017; Volkert et al., 2015) Inoltre, è emerso che vi sono vari interventi che permettono di favorire l’interesse verso il cibo e di stimolare il senso della fame grazie all’anticipazione dei pasti: per esempio attraverso la diffusione di profumi di cucina o la proposta di discorsi e attività inerenti l’alimentazione. (Murphy et al., 2017)

In seguito, sono stati valutati anche diversi interventi per promuovere l’aspetto sociale che ruota attorno all’alimentazione: tra questi vi è, ad esempio, la formazione di gruppi per attività di cucina. Sono stati ottenuti effetti positivi in vari aspetti della qualità di vita e nella partecipazione ad attività significative nel contesto dell’alimentazione. (Abdelhamid et al., 2016; Murphy et al., 2017)

Inoltre, è stata analizzata la condivisione del momento del pasto con familiari, con operatori sanitari e con altri pazienti. Questo ha portato a risultati diversi: i familiari hanno, in alcuni casi, favorito la rievocazione di ricordi passati e sono stati fonte di incoraggiamento nell’assunzione di alimenti e liquidi, mentre in altri hanno provocato involontariamente una certa pressione sul paziente; gli operatori sanitari hanno potuto instaurare una relazione di fiducia e diventare i soggetti da poter imitare; la vicinanza con altri pazienti ha avuto effetti contrastanti. (Abdelhamid et al., 2016; Jansen et al., 2015; Murphy et al., 2017)

Prima di pensare, di proporre e di attuare qualsiasi tipo di intervento vanno tenuti in considerazione vari aspetti. Innanzitutto, è necessario conoscere approfonditamente la persona: questo significa essere a conoscenza anche delle sue relazioni sociali e della sua biografia, poiché varie attività che fanno parte della sua storia passata potrebbero interessare di più il paziente e avere più successo. Inoltre, è fondamentale considerare e rispettare i desideri, le preferenze e le abitudini della persona. Vanno valutati anche quali sono i suoi ritmi, in quanto sarebbe buona pratica proporre gli interventi nei momenti in cui il paziente è maggiormente interessato. Oltre a ciò, vanno presi in considerazione attentamente i bisogni, i limiti e le risorse della persona e quindi gli interventi dovrebbero poter soddisfare i primi, ma nel contempo favorire il mantenimento dell’autonomia. Infine, ma non da ultimo, la dignità della persona deve essere sempre rispettata, fino alla fine della sua vita.

Gli articoli considerati nella revisione propongono anche interventi a componenti multipli. È stato notato che l’attuazione di molteplici interventi nutrizionali può portare al paziente diversi benefici; ad esempio, vi sono stati risultati positivi rispetto allo stato nutrizionale, all’assunzione di proteine e calcio, al tasso di cadute, alla qualità di vita e, oltre a ciò, ha permesso di ridurre il carico di lavoro del caregiver. Gli interventi a componenti multipli, che agiscono su vari fattori, possiedono la flessibilità necessaria e fondamentale per potersi adattare alle esigenze di ciascuna persona. (Abdelhamid et al., 2016; Mole et al., 2018; Suominen et al., 2015)

Pertanto, la cura centrata sulla persona è un aspetto di grande rilevanza per la presa a carico nutrizionale di pazienti affetti da demenza. (Murphy et al., 2017)

Anche il tema dell’educazione è stato trattato da diversi articoli e in vari modi.

Sono stati ottenuti risultati contrastanti per quanto riguarda i programmi di educazione nutrizionale e di promozione della nutrizione per le persone affette da demenza. Anche gli studi che hanno analizzato programmi di formazione per abilità di auto-alimentazione hanno mostrato effetti misti. (Herke et al., 2018)

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Invece, è emersa chiaramente l’importanza che ha l’educazione di caregivers formali e informali su vari aspetti della nutrizione, compresa la spiegazione dei cambiamenti che le persone con demenza potrebbero presentare e la fornitura di informazioni basate sull’evidenza scientifica. Un’adeguata educazione, oltre a portare i caregivers ad offrire una migliore assistenza con conseguenti benefici nutrizionali sul paziente, potrebbe permette di prevenire le difficoltà e ridurre così il loro stress. (Jansen et al., 2015; Mole et al., 2018; Murphy et al., 2017; Volkert et al., 2015)

Infatti, un infermiere con ampie conoscenze rispetto al tema della malnutrizione nelle persone affette dalla malattia di Alzheimer potrà muoversi più facilmente tra creatività ed evidenze scientifiche, al fine di migliorare e mantenere lo stato nutrizionale e favorire la qualità di vita dei pazienti.

In conclusione, non è stato possibile identificare quale sia la strategia o l’intervento ottimale da impiegare per le persone affette dalla malattia di Alzheimer, valutate a rischio di malnutrizione o malnutrite, in quanto quest’ultime sono uniche e complesse. Come infermiere, affrontare una situazione complessa, significa anche doversi confrontare e cercar di rispondere a problemi e a bisogni anch’essi complessi. Tali circostanze fanno in modo che il professionista si scontri con una situazione ambigua, dove vi è la mancanza di una chiara miglior soluzione e vi è una limitata possibilità di basare le proprie decisioni sulle evidenze scientifiche. (Tarabra, s.d.)

Prendersi cura di persone affette dalla malattia di Alzheimer, oltretutto valutate a rischio di malnutrizione o malnutrite, necessita di competenze che permettono di sviluppare un pensiero ampio e sistemico; nonostante nella nostra società regni un sistema sanitario basato su un paradigma riduzionistico con servizi assistenziali frammentati. Inoltre, le situazioni complesse, come per esempio quella trattata nel presente Lavoro di Tesi, in genere richiedono la coordinazione e la collaborazione fra più operatori sanitari per poter offrire una continuità nelle cure e di conseguenza una migliore gestione dei pazienti, benché questo aumenti a sua volta la complessità della situazione. (Tarabra, s.d.)

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